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Autore: Annoiata    03/05/2010    1 recensioni
Sono arrivati gli Americani. E nel piccolo paesino di Lovino, la realtà cambia. {LovinoXAlfredXAntonio}
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Beh Robuccia, sono contentissima che ti piaccia. Molti degli episodi raccontati nella fic sono tratti da varie storie che i miei nonni mi raccontavano (e mi raccontano ancora XD) Ecco un'altro capitolo.

Quell’inverno la madre di Lovino partorì una bambina morta.

Il parto era stato difficile, e la bambina aveva avuto seri problemi a respirare. Il dottore non era riuscito ad arrivare in tempo, Lovino, alle prime doglie della madre, si era precipitato per le strade a cercare una levatrice, invano. Le donne del luogo si erano offerte per dare una mano, ma le conoscenze mediche erano scarse anche se tutte si erano messe di buona lena a preparare suffumigi e a bollire acqua, lavorando alacremente. Ma invano.

Teresa, così avevano deciso di chiamarla lei, Feliciano e Lovino se fosse stata una bambina, venne al mondo senza un vagito. Per tutto il giorno ai vicini toccò sentire il suo straziante pianto. Feliciano singhiozzava, stretto tra le braccia del fratello, che per una volta non si sarebbe burlato del suo pianto.

Il funerale per la bambina venne organizzato in fretta e furia, dai genitori di Antonio, vecchi amici di famiglia. Il tabuto della bambina consisteva in una cassetta da frutta male inchiodata. Quando c’era un funerale la gente era solita intrecciare corolle di fiori  da portare, durante la messa, sulla bara del defunto. Adesso sulla bara c’erano solo una candela la cui fiamma tremula stava per spegnersi al vento ed un appassito crisantemo giallo. Né una foto, scattata ormai quando la bambina era già morta, come spesso accadeva, né un voluminoso mazzo di fiori adagiati sulla bara come esequie. Non c’era nemmeno la chiesa. La gente si era riunita in cortile, al freddo, e il prete, mosso dalla compassione per quella povera donna, si era generosamente offerto di recitare una piccola omelia per la bambina. In paese sapevano tutti che Donna Mannina aveva già perso il marito. Ed ora era stata privata della felicità che una nuova bocca da sfamare comportava. Il prete si era chiesto se forse quella neonata avrebbe potuto portare un po’ di allegria a lei e al suo figliolo, quel bambino sempre imbronciato, quel Lovino. “ Chetatevi, Donna Mannina. Ci penserò io a dire qualche parola, così che vostra figlia  possa essere accolta nel regno dei cieli” aveva detto.              
Dopo aver recitato una sbrigativa preghiera, il pastore congedò i paesani e prese in disparte la madre di Feliciano e Lovino, per rassicurarla, consigliandole di riporre tutte le sue speranze, la sua già cieca fede in Dio, che tutto vede e tutto può. Poi si accordò con il padre di Antonio, assicurandogli che un suo lontano cugino, tale Peppino, lo avrebbe accompagnato al cimitero col suo calessino senza fargli pagare una lira. Era un favore per un amico e per –aveva abbassato la voce, indicando- quella povera donna.

Al funerale piangevano tutti. Feliciano, abbarbicato al grembo della madre, singhiozzava affondando la testa nel suo seno. Marinella, gli occhi rossi, che si lisciava nervosamente le trecce, per l’occasione legate da nastrini neri. E Antonio, accanto a lui, che si asciugava le gocce che di tanto in tanto gli rigavano le guance con la manica della camicia.

Lovino invece no. Non ci riusciva. Sapeva che sarebbe stato opportuno farlo, però, in un momento del genere. Quel fagottino meritava davvero le sue lacrime? Si erano mai azzuffati, loro due? La bambina gli aveva mai strappato un sorriso? Aveva mai rubato i limoni dal campo dello sciancato, fatto i tuffi dal molo, giocato a biglie, alla guerra, al nascondino, ai pirati, con lui?

Se fosse morto Antonio, Lovino sì che avrebbe pianto. E anche se se ne fosse andato via Feliciano. Ma quella che avrebbe dovuto essere la sua sorellina ora non c’era più, e Lovino non era in grado di piangere per lei. Era come un’estranea. La cosa però, non gli quadrava affatto. Ricordava che una volta suo padre lo aveva portato in spiaggia, mentre gli aerei bombardavano Palermo. Gli diceva “Guarda il cielo”.  Lui si stendeva sulla sabbia e assieme al padre guardava gli aerei andare a venire dalla capitale. Una volta ci era persino andato, a Palermo. Il padre lo aveva portato con sé al mercato a vendere le pecore. Il padre si era fermato al banco di un macellaio a parlottare con un paesano che portava una mucca al guinzaglio e un otre colmo d’acqua sulle spalle. Si diceva che al molo avessero ammazzato un tale, e che nessuno fino a quel momento aveva avuto la decenza di rimuovere il corpo. “Furono i soliti disonesti ad ammazzarlu. Ma s’un ni stamu muti, ccà finisce male” Lovino allora, da bravo monello qual’era, era scappato di soppiatto. Al porto non c’era nessuno. Solo quella che il lontananza pareva una carcassa, abbandonata sul pontile. Si era avvicinato curioso, ed aveva scoperto un ragazzo piuttosto giovane, con una vistosa macchia di sangue sul petto. Aveva il volto sfregiato e pieno di lividi. Stava per sfiorarlo, quando si sentì afferrare per la camicia. “Vattene via! Questo non è posto per te!” gli aveva urlato in faccia un uomo. Lovino, spaventato, era fuggito via, ma aveva avuto il tempo di vedere quell’uomo abbracciare il morto tra le lacrime. Le grida lancinanti di quell’uomo gli straziarono il cuore, rendendone insopportabile la sola vicinanza. Non conosceva quell’uomo, e prima ne aveva avuto persino paura. Eppure quella era stata la prima volta che Lovino aveva pianto per un estraneo.

Lovino sentì una mano rassicurante poggiarsi sulla sua spalla.

<<  No te preocupes, Lovì. È dura, lo so. Piangerai anche tu, come tutti >> Antonio lo guardava con commiserazione, un sorriso sconfortante sulle labbra piene. Se c’era una cosa che Lovino odiava, quella era la compassione. Orgoglioso com’era, non sopportava la pietà della gente.

<< Nino, va fa’ ‘nto culo, va’ >> commentò aspro. 

* Sono stati i soliti disonesti ad ammazzarlo. Ma se non stiamo zitti, qua finisce male.  Non avrei voluto parlare di mafia in questa fic, ma mi limiterò solo a questo riferimento. Ai tempi dei nostri nonni c'era, eccome se c'era, come c'è ancora oggi. Ma per una volta, voglio parlare delle bellezze della mia terra e di episodi che spero vi facciano sorridere.

  
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