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Autore: Annoiata    05/05/2010    3 recensioni
Sono arrivati gli Americani. E nel piccolo paesino di Lovino, la realtà cambia. {LovinoXAlfredXAntonio}
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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moniko chan: questa di Marinella è la storia veeeeeera, che scivolò nel fiume a primaveeeeeera, ma il vento che la viiiidee così beeeeella, dal fiume la portò sopra una steeeella XD Sì, il nome l’ho copiato da lì, e poi è un nome tipico della Sicilia (almeno nella zona di Trapani-Palermo) aggiorno velocemente perché questa storia ha “preso” anche me. Credo che domani continuerò a scrivere, stasera (quando tutti dormiranno, eheheh) butterò giù i prossimi due capitoli (farò entrare in scena Alfred). Antonio è bellissimo :Q___ ma anche Lovino ha un suo perché. E Ludwing è un kattifo zoldato. I tedeschi non erano proprio cattivi, ma a differenza degli americani, che si comportavano da bambinoni, erano molti ligi alle regole. E in tempi di guerra capitava che qualche bambino sgraffignasse qualcosa, qualsiasi cosa. Sapessi quanti calci si è beccato mio nonno :P

lullaby3: beh, grazie davvero! Sia tu che moniko chan mi state spronando a continuare a scrivere. E la Sicilia è meravigliosa. Sono un po’ patriottica in questi ultimi giorni.

Un enoooooorme grazie anche a Datura e Robuccia :D


Lovino viveva in una coorte costituita da sei o sette abitazioni addossate tra loro, due di queste a due piani. Davano tutte su un cortile esterno che dava sulla strada, a pochi isolati dalla drogheria. Dietro, in quello spiazzo che i muri bassi delle case nascondevano alla vista, vi era un altro cortile, più piccolo, in terra battuta, dove il padre di Antonio vi coltivava -si fa per dire- i suoi amati pomodori. Era proprio qui che Donna Mannina, data la bella giornata, aveva apparecchiato, ed ora se ne stava tranquilla a ricamare in un angolo all’ombra, aspettando che gli uccellini tornassero al nido.

Feliciano tornò prima del previsto. Le corse incontro agitando le braccia per richiamare la sua attenzione, gridando felice: “Mamma, mamma! Ho guadagnato cinque lire, cinque!” Arrivato al suo cospetto, le consegnò orgoglioso le monete, poi le stampò un sonoro bacio sulla fronte e due sulle guance.

<< Cinque lire! Cosa mi ci posso comprare, mamma? >> chiese, adocchiando le monete che la madre faceva tintinnare passandosele di mano in mano.

<< Cosa? >> disse sgomenta Donna Mannina << Comprare? Neanche per songo! Questi li sarvamu, poi si vede, cosa ci compreremo. Intanto vanno messi da parte  >>

<< Però… pensavo che… >> cerò di difendersi Feliciano.

<< Che né a te, né a tuo fratello venga in mente di toccare questi soldi. Quel che ho detto ho detto. Non si toccano >> lo interruppe la madre.

Un flebile “si” uscì dalle labbra dell’amareggiato Feliciano. Si lasciò scivolare a terra, appoggiandosi al muro. La madre riprese a cucire, ma stavolta con scatti d’ira, nervosa. Lo si capiva dalle continue punture d’ago che si procurava. Non era da lei, aveva dita molto capaci. Stettero in silenzio per un po’, finché Feliciano decise di rivolgere alla madre una domanda che gli premeva fare da un po’, che lo assillava.

<< Che si mangia? >> chiese.

<< Ah, un banchetto da re >> rispose sarcastica la madre, senza staccare gli occhi dai ferri << Pani e cipuddra. E un po’ di acitu >>

Bleah. Aceto. Mentre a Feliciano veniva l’acquolina in bocca pensando a montagne di piatti di spaghetti al pomodoro,  tocchi di manzo appena tagliati e pesci sfrigolanti sulla brace, sentì avvicinarsi gli zoccoli di un cavallo. Si alzò per andare a vedere cosa stesse succedendo, senza mai abbandonare il pensiero di quei cibi deliziosi per qualcos’altro che non fosse un fumante piatto di pasta.

In fondo alla strada vide Marinella che giudava il carretto, mentre il ronzino arrancava esausto, quasi che avesse fatto chissà che. Di tanto in tanto la ragazza lanciava sguardi preoccupati alle balle di fieno. Scoprì il motivo di quello strano comportamento quando il calessino si fermò davanti casa loro e Marinella scese elegantemente dalla cavalcatura con un semplice balzo, e indicò, alzando gli occhi al cielo, Lovino ed Antonio che se le stavano dando di santa ragione, facendo oscillare pericolosamente il carretto, spargendo biada dappertutto.

<< Meglio dividerli, questi due>> disse sorridendo, accarezzando il muso del cavallo che nitrì stanco. Feliciano si avvicinò ai due con passo cauto.

<< Che state facendo? >> domandò titubante. Lovino ed Antonio si voltarono all’unisono

<< Mi ha dato una testata! >> gridò Antonio mentre Lovino gli tappava la bocca.

<<  Ha cominciato lui! >> si giustificò Lovino.

Feliciano rise, e, aiutato da Marinella e dalla madre, che era prontamente intervenuta, divise i due amici. Donna Mannina buttò la testa all’indietro e si rassettò i capelli raccogliendoli in una crocchia. Mentre armeggiava con la sua acconciatura, non potè fare a meno di notare Marinella ed Antonio. Con una forcina tra le labbra biascicò:

<< E voi? Ancora qui siete? Volete fermarvi a pranzo? >>

Marinella stava per fare cenno di no con la testa, stando attenta a ringraziare lo stesso come le avevano insegnato, ma Antonio voleva proprio mangiare un boccone, ed entusiasta, strinse vigorosamente la mano a Donna Mannina, e senza tante cerimonie, si sedette a tavola.

<< Che c’è da mangiare? >> chiese raggiante.

Antonio e Marinella si complimentarono per il buon cibo, lodando le doti che Mannina aveva in cucina, sapendo che la donna, come tutte le comari del paese, si scioglieva alle lusinghe. Che fossero sulla pulizia della casa, sulle calzette di lana cucite a maglia o sulla buona cucina, non importava, ad una donna di casa come Mannina. Lusinghe erano, anche se talvolta si avvicinavano di più a  patetiche sviolinate, e venivano accettate con un sorriso. I complimenti dei due ragazzi però sembravano sinceri. Forse perché, mangiando in compagnia dei loro migliori amici non gli importava che il pane fosse duro, privo di quella fragranza che aveva il pane appena uscito dal forno, si sbriciolasse e t’impastasse la bocca ad ogni morso, che le cipolle fossero insipide e che l’aceto riuscisse a malapena a donargli un po’ di sapore. O forse perché Marinella, mossa dalle preghiere di Feliciano, aveva portato a tavola un fiasco di vino. L’aroma era forte, quasi inebriante.

Donna Mannina faceva continue domande ad Antonio e Marinella,  chiedendo delle loro famiglie.

<< E come sta la sorellina, eh? Come sta? >> chiedeva insistente a Marinella.Questa rispondeva imbarazzata che stava benissimo, cominciava già ad andar carponi, aveva messo quasi tutti i dentini e sapeva già articolare qualche parola. Lei avrebbe preferito tornare a casa, almeno vi avrebbe trovato un po’ di pace. Antonio sembrava parecchio a suo agio, seduto accanto a Lovino, rispondeva cortesemente ogni volta che veniva interpellato, ridendo e scherzando, strappando, come solo lui sapeva fare, un sincero sorriso a Lovino. Feliciano chiacchierava con Marinella, smettendola solo per addentare dell’altro pane e tracannare vino.

<< Marinella, finito qua mi aiuti a sparecchiare? >> chiese Mannina

<< Beh, veramente io… ecco… avrei da… >> farfugliò la ragazza << ma se proprio insiste… >>

<<  Devi fare qualcos’altro? E che cosa? Vai dal maestro di ricamo, per caso? >> e le versò un altro bicchiere di vino, che lei però non bevve.

<< Veramente… ho lezione di ballo >>

I tre ragazzi al tavolo si voltarono all’unisono, gli occhi sgranati.

<< Ballare? Tu? >> esclamò stupito Lovino.

Marinella arrossì di rabbia. Sapeva che i suoi amici avrebbero reagito in quel modo nel sentire lei, che da sempre si era unita alle loro scorribande tra i campi, parlare di scuola di danza. Ma avrebbero dovuto aspettarselo, prima o poi. No? Lei era una ragazza. Sì, in passato, da bambina, preferiva giocare con i bambini maschi piuttosto che con le bambine della sua età. Trovava più divertente salire sugli alberi e giocare alla guerra invece d’indossare di nascosto i vestiti e le scarpe eleganti della madre, o impiastricciarsi di trucco e adornarsi di perle.

Perciò intimò a Lovino di stare zitto. Era stata sua madre ad insistere tanto perché lei imparasse a ballare. “ Ormai sei diventata una signorina” le aveva detto “ed è bene che tu faccia quello che fanno tutte le signorine della tua età” .

Stava per dirgliene quattro, quando Donna Mannina, furbescamente, seppe riparare al danno.

<< mio figlio ed Antonio potrebbero venire con te >> disse. Antonio, che fino a quel momento aveva seguito l’esempio di Feliciano, e cioè lasciar correre ingozzandosi di quello che era rimasto, ingollò in un sol colpo il sorso di vino dal bicchiere che si era appena accostato alle labbra, strozzandosi. Lovino prese a battergli una mano sulla schiena, ridendo.

<< Cosa? >> disse Antonio con voce rauca

<< Pensavo… sarebbe carino da parte vostra accompagnare Marinella. Magari potreste prendere lezioni anche voi. Feliciano ha da lavorare, quindi non può >> precisò Mannina. E aggiunse poi, con tono di rimprovero:  <<  Ma voi due siete liberi per oggi, giusto? >>

I due ragazzi, tra le proteste di Lovino e i colpi di tosse di Antonio, furono costretti ad accettare.

***

La sala da ballo si trovava in un locale adiacente al cinema intitolato a Mussolini, il LITTORIO. Era un piccolo auditorium dove la banda di ottoni del paese veniva a provare e a riporre gli strumenti. Di solito veniva ingaggiata per partecipare alla processione dei misteri che si teneva nel paese vicino. Era per consuetudine e religione che la banda accettava di parteciparvi. E anche per il cospicuo compenso, che non mancava mai. Tranne quell’anno. A Trapani non c’era spazio per i misteri. La guerra si era portata via anche quel brandello di tradizione, durante uno dei quotidiani bombardamenti della capitale, dove una basilica che conteneva alcune delle sculture da far sfilare in processione era andata distrutta.

Il pavimento della saletta era in marmo, a scacchi bianchi e neri. L’intonaco cadeva a pezzi e sul tetto, se il tuo partner ti faceva esibire in un caschè, potevi notare chiazze d’acqua sparse qua e là. C’era anche un palchetto su cui probabilmente tempo addietro vi si esibiva un’orchestra, o la stessa banda musicale della cittadina e, addossate al muro, erano state provvisoriamente sistemate le sedie che prima intralciavano gli aspiranti ballerini.

Lovino si abbandonò su un mucchio di quelle seggiole pericolosamente impilate.

<<  Io non ballo >>  disse corrucciato.

<<  Oh Lovì, non fare lo stupido >> sbuffò Marinella << Devi ballare >>

<< Non voglio. Non mi piace. Le ragazze ballano >>

<< Ma lo farà anche Antonio! >>

<< Non so ballare >>

<< Oh. >> commentò Marinella. << Posso insegnarti io. Antonio? Vieni qui >>  prese per mano Lovino, che si tirò su a sedere di malavoglia, e lo gettò tra le braccia di Antonio.

<< Tu, Antonio, metti la mano qui >> e giudò delicatamente  la mano dell’amico a tastare la schiena di Lovino.

<< Ehi! >> si ritrasse Lovino  << Che stai facendo? Pensavo che mi dovessi insegnare a ballare! >>

<< È quello che sto facendo. Ora su, mettigli la mano su una spalla >> disse con calma

<< Ma… ma… >>  

<< Che c’è di strano? Alle prove facciamo sempre così. I maschi con i maschi e le femmine con le femmine >>

<< Ma... >>

<< E smettila di lamentarti! Nino non fa una piega! >> Antonio non ebbe il tempo di protestare che Marinella svelta intrecciò le mani dei due. Entrambi s’irrigidirono.

<< Avanti Nino. Conduci tu >> spiegò

<< Perché non posso condurre io? >> si lagnò Lovino <<  non voglio fare la donna! >>

Antonio scoppiò a ridere, e Lovino credette di arrossire dalla punta dei piedi fino a quella delle orecchie.

 

*credo che il cinema Littorio esista davvero. Molte cose venivano intitolate a Mussolini, persino i bambini. Se chiamavi tuo figlio Benito venivi pagato.
*A quell'epoca i ragazzi ballavano con i ragazzi e le ragazze con le ragazze. Sul serio XD Era imbarazzante vedere un uomo e una donna assieme, specialmente nelle scuole di ballo. Ovviamente c'era chi ballava con la propria ragazza, ma invece di chiedere di ballare ad una sconosciuta, facevi prima ad improvvisare un tango con un amico.
  
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