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Autore: S a r e t t a    05/05/2010    3 recensioni
Le mie dita accarezzavano le sue labbra. I nostri nasi si sfioravano. Il suo respiro si infrangeva contro il mio. I nostri cuori battevano insieme, allo stesso ritmo, per l’ultima volta. Non pensavo a niente. Non volevo pensare a niente. Ci parlavamo con gli occhi, ci facevamo promesse inpronunciate, promesse che volevamo mantenere in un modo o nell’altro. Non resistetti più quando lei si avvicinò al mio orecchio. Sentivo il suo respiro sul collo.
Con un filo di voce roca mi sussurrò un piccola e semplice frase che mi mandò in tilt.
Genere: Romantico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alien
5. Un Passo Avanti.

La vidi alla fermata del pullman.
Lo doveva prendere anche lei.
Il cuore mi si fermò in gola, dovevo prendere coraggio.
Iniziai a camminare lento osservando il suo viso. Aveva gli occhi castani, non li avevo notati. Sembravano fatti di cioccolata.
La sua pelle sembrava perfetta, marmorea.
Le labbra carnose, leggermente screpolate per il freddo che tirava.
L’unico filo di trucco che aveva era agli occhi. Li aveva contornati con la matita nera.
Stava benissimo, le risaltava gli occhi.
Era vestita abbastanza bene.
Il suo cappottino nero, i jeans scuri con ai piedi stivali neri.
Ogni minimo particolare era mio, cercavo di coglierne il più possibile avvicinandomi.
Aveva una sciarpa nera, una collana d’oro e un paio di orecchini, sempre neri.
Bassa. Era bassa.
Sorrisi e velocizzai il passo, l’analisi era terminata.
Raggiunsi la fermata e mi misi accanto a lei.
Presi un respiro profondo chiudendo gli occhi per poi riaprirli quasi immediatamente.
«Kaulitz!» sentii urlare da qualche parte.
Lei mi guardò per qualche secondo. Sapeva della mia esistenza, ne ero più che certo in quel momento. O meglio, sapeva com’ero fatto esteticamente.
Iniziò a cercare, come me, chi mi aveva chiamato. Piegò la testa di lato arricciando le labbra.
Sorrisi.
Era buffa.
La girò dall’altro lato.
Cosa stava facendo? Sorrise e mi guardò nuovamente.
«Guarda.» disse allungando il braccio verso la scuola e puntando con il dito una finestra.
Mi aveva parlato, non potevo pensarci in quel momento, mi sarei spaventato troppo.
Guardai verso il punto che indicava.
Era Daniel.
Piegai la testa di lato e sorrisi compiaciuto.
Era a scuola, non poteva uscire, era impotente.
Eravamo solo lei ed io.
«Uhm, tu devi essere l’altro Kaulitz!» affermò girandosi pimpante verso di me. Avevo un sorriso ebete stampato sulla faccia, dovevo stare calmo, dovevo parlare, subito.
Annuii.
Idiota che non ero altro.
«Bill,giusto?» chiese pensandoci su.
Era così carina.
Quando pensava arricciava le labbra e guardava o in aria, o in basso per poi tornare a guardare, ancora una volta, dritto nei tuoi occhi.
Aveva una bellissima voce, era bella, gentile, simpatica, sembrava dolce.
Annuii un’altra volta.
Doppio idiota.
«Allora piacere, io sono Sara.» disse allungando la mano verso di me.
Mi bloccai.
Toccarla?
Non ero pronto per toccarla, ma sarei sembrava maleducato, dovevo fare una buona impressione.
Non sapevo cosa avrei provato toccandola.
Se solo vedendola il cuore iniziava a impazzire, toccandola, non osavo immaginare, ma dovevo scoprirlo.
Allungai la mano verso la sua e appena le mie dita sfiorarono le sue un brivido mi percosse la schiena. Calma.
Era un altro sintomo, almeno dai racconti di mia madre.
Ne avevo solo due, aspettavo di vedere gli altri, ma sarebbe stata lunga.
Aveva le mani congelate ma la sua pelle era morbida.
Notai la sua espressione un po’ persa durante la stretta di mano.
Un dubbio venne a galla. Lo sapevo cos’era.
Era ovvio, non poteva essere altro.
Lasciai la sua mano e guardai le mie per poi strofinarle tra di loro.
«Scusa, ho le mani congelate.» dissi continuando a strofinarle.
L’espressione vuota fece spazio a una risata e ai suoi occhi felici.
Aveva una risata splendida.
Non era stridula, ti trasportava. Ti faceva venire voglia di ridere con lei, ma sorrisi e basta.
Non volevo fare la figura dello scemo, anche se probabilmente gli avevano già raccontato di me oppure avevo già fatto qualcosa per farmi considerare scemo.
«Figurati, le mie sono dei ghiaccioli. In Germania fa così freddo.» ribatté con il sorriso sulle labbra e muovendo un po’ la schiena.
Mi ero già dimenticato. Non era tedesca, parlava così bene. Arrivava dall’Italia, ma non ne ero sicuro. Ad ogni modo non potevo permettermi di interrompere la conversazione, non avrei saputo come iniziarne un’altra. Ero bravo a cambiare argomenti, ma non a iniziare la conversazione, quello no.
«Vieni dall’Italia giusto?» domandai cercando di guardarla in viso.
Annuì.
Notai le sue guancie rossastre per il freddo, non era abituata, un’altra cosa che notai ancora una volta era la sua altezza. Mi arrivava appena al mento.
Ridacchiai.
Forse in Italia erano tutte di quella statura.
Non volevo interferire, magari per lei era un punto sensibile, ma mi piaceva. Mi dava un senso di sicurezza sapere che lei era più bassa perché sapevo che da me, in quel modo, avrebbe trovato più sicurezza.
«Milano.» rispose sorridente.
Milano.
Non ero mai stato a Milano.
Mia madre ci aveva portato solo in posti marittimi come Capri o cose così.
Mi sarebbe piaciuto vederla, per sapere come aveva vissuto, cosa faceva, com’era il clima, le persone. Soprattutto le persone. Se erano tutte come lei allora mi sarei trasferito di corsa ai miei diciotto anni.
«Com’è?» domandai incuriosito.
Mi sorrise un’altra volta.
Il mio cuore perse un battito.
O aumentava o rallentava, non teneva un ritmo costante.
Se mai si sarebbe fermato, sarebbe bastata la sua presenza per farlo battere ancora, ne ero più che sicuro.
«Beh, qualcosa di migliore, in certi aspetti, rispetto a dove sono ora.» rispose convinta.
«Dove sei ora?» gli chiesi incuriosito.
Sapere dove abitava mi avrebbe fatto comodo.
Solo Tom ed io abitavamo in quel paesino del cavolo chiamato Loitsche, e se non l’avevo mai notata lì era grave, anche se effettivamente non ci uscivo molto.
 Amburgo era la mia meta preferita, ed era proprio lì che mi scolavo tutti gli alcolici che avevo sotto mano. Non era una cosa positiva, ne ero consapevole, e forse avrebbe dovuto saperlo, ma non in quel momento.
«Un paesino chiamato …» si bloccò di colpo. Non si ricordava come si chiamava. Risi.
«Che fermata è?» domandai per capire.
«L’ultima!» rispose ridendo. «E’ per questo che non mi perdo.»
Ridemmo insieme, per la prima volta forse.
Mi sentivo bene, sentivo che era in grado di farmi tornare il sorriso, come era appena successo.
Sapevo che in sua presenza avrei dimenticato quasi tutti i miei problemi, stava accadendo. Stavo socializzando, con lei.
«Non sono pratica in queste cose.» concluse scuotendo la testa.
Sorrisi.
Afferrai solo in quel momento che la sua era l’ultima fermata. Loitsche, la mia fermata.
Abitava dove abitavo io.
Daniel non avrebbe potuto interferire.
Lui prendeva un altro pullman, anche se tutti si aspettavano nello stesso piazzale.
«Anche io scendo all’ultima.» la informai annuendo.
Lei mi guardò piegando la testa, si sentì un rumore abbastanza forte.
Il pullman aveva beccato una buca, al solito. Ci girammo verso il pullman che stava arrivando e mi posizionai accanto a lei.
Era troppo bello per essere vero.
«Come si chiama il paese?» mi chiese perplessa.
«Loitsche.» risposi ridendo. «E se ti può consolare, non c’è proprio niente da fare in quel paese.» continuai facendo notare l’odio per quel maledettissimo posto in cui vivevo.
L’autista frenò e ci aprì le porte.
Era il solito pullman bianco e squallido.
Non vedevo l’ora della patente, non avrei più dovuto prendere treni o pullman. Al massimo aerei.
«A primo impatto l’avevo capito.» continuò sedendosi.
Non sapevo cosa fare, dove sedermi.
Rimasi scettico per un paio di secondi, non volevo sembrare invadente. Preferii sedermi nei sedili accanto ai suoi, mollai la cartella sul sedile vicino al finestrino e mi accomodai su quello del corridoio, sedendomi verso di lei, per cui tutto storto.
Lei fece esattamente lo stesso.
Lentamente il calore faceva il suo effetto, le mani diventarono meno fredde, potevo risentire la punta del naso.
Era un passo avanti.




I Bla Bla Dell’Autrice*

Eccomi Qui :)

La Scuola Assorbe Troppo, Ma Davvero Troppo Tempo.
Voi Tutto Bene?
Spero Che Questo Capitolo Vi Piaccia!
Piccolissima Anticipazione Dal Prossimo Capitolo Per La Vostra Gioia! :)


" Non c’era un cazzo di niente. Non c’era nessuno. Solo nel mondo. Entrai in casa, lanciai la cartella a terra e tolsi la giacca. Dovevo alleviare tutto. Tutto. Non dovevo pensare. Andai in camera e presi la mia bottiglia di rum. Tolsi il tappo in modo frenetico. Non vedevo l’ora di accarezzare la bottiglia con le mie labbra. Lei non mi poteva rifiutare. La poggiai sulle labbra e iniziai a bere. Lo sentii scivolare in bocca, accarezzarmi la lingua, bruciarmi la gola. Tra un paio di minuti sarebbe passato. "


Grazie Mille Per Aver Letto E Soprattutto Grazie Mille A Chi A Commentato!


Roby_DamnImperfect : Sono Contenta Che Ti Piaccia :) Spero Di Poter Postare Più Spesso! Grazie Mille Per La Recensione :)

Dragona : Per Te Ho Messo Questo Piccolissimo Pezzo Del Prossimo Capitolo! Spero Sia Tutto Di Tuo Gradimento! Grazie Anche A Te! :)

A Presto!
Un Bacione!

Saretta.

 

  
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