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Autore: Annoiata    07/05/2010    3 recensioni
Sono arrivati gli Americani. E nel piccolo paesino di Lovino, la realtà cambia. {LovinoXAlfredXAntonio}
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Avrei voluto scrivere di più, ho potuto finire solo questo capitolo. Godetevelo!

La sala era piena di gente.

Per quanto il locale fosse fatiscente, per quanto ci fossero solo poche sedie, pochi tavoli, poche luci ad illuminarlo facendone risaltare l’atmosfera cupa, un sacco di ballerini volteggiavano in pista. Oh beh, perlopiù coppie formate da gente dello stesso. Il resto invece era distribuito uniformemente ai lati della pista. Era quasi comico: uomini da un lato, intenti a girarsi i pollici, e donne dall’altro, a far tappezzeria. Entrambi aspettavano –i ragazzi con occhi impazienti, le ragazze sospirando annoiate- il momento propizio per chiedere a qualcuno di ballare. Segretamente tutti però, speravano che qualcuno o qualcuna, il più coraggioso tra tutti, si facesse avanti così da rendere meno scomodo per gli altri rivolgere a qualcuno il fatidico “ti va di ballare?”. Se lo fanno tutti, perché non farlo anche tu? Facile, no? Ovvio, c’era chi, sicuro di sé, si lanciava in pista con la propria fidanzata.  Ma per te, da sfortunato scapolo, prima di chiedere ad una ragazza sconosciuta di ballare, prima di evitare gli sguardi di rimprovero degli uomini che l’avevano adocchiata prima di te e delle vecchie pettegole,  sarebbe stato più facile improvvisare un tango con un’amico. Veloce ed indolore.

 Al ritorno a casa Dopo la “lezione di ballo” Marinella aveva insistito perché tutti e tre si fermassero lì anche la sera.

“Ci sarà più gente! Ci divertiremo!” aveva detto strattonandolo per la camicia.

Più gente, non è così?

Marinella. Vai. Al. Diavolo.

Era questo che avrebbe voluto dirle. Ballare con Antonio –per la verità, se qualcuno li avesse visti, non avrebbe chiamato quello che stavano facendo in quel modo- era più semplice. Era normale. Per quanto fosse normale che due ragazzi danzassero stretti assieme.

Ma Antonio era Antonio. Un’amico. E poi durante le “prove” non c’era nessuno che potesse spiare il terzetto. Nessun orecchio indiscreto poteva posarsi su Marinella, che pazientemente batteva le mani a tempo di valzer e talvolta le muoveva a mo’ di direttore d’orchestra, o su Lovino, che imprecava ogni volta che l’amico per sbaglio gli pestava i piedi ogni tre passi. L’unica ch poteva ridere dei loro strafalcioni, quella era Marinella, un’amica, come Antonio.

Ed ora invece eccolo qui, seduto tra i tanti ragazzi, galletti ruspanti che attendevano solo di abbordare una gallinella. Sua madre aveva insistito perché per quell’occasione speciale indossasse i vestiti di suo padre, gli abiti che si era fatto fare su misura dal sarto, così sarebbe stato più elegante. “Vestito così troverai sicuramente una zita.” Gli aveva detto fiera, poi gli aveva pulito uno sbaffo di terra che aveva sulla guancia con l’indice inumidito di saliva. Lovino si era scansato, infastidito, sfregandosi la gota.

Il completo era era grigio fumo, il sarto gli aveva persino regalato il giusto cappello da abbinarci. L’unica occasione nella quale suo padre lo aveva indossato era stato il funerale di suo zio. Ricordava che suo padre si asciugava le lacrime strofinandosi continuamente gli occhi con la manica della giacca, a cui mancava un bottone ed ormai era zuppa. Ricordava anche che avevano seppellito lo zio nel cimitero del paese vicino, dove migliaia di cipressi solitari facevano a guardia e compagnia agli spiriti dei defunti. Lui era allergico ai cipressi. Gli si gonfiavano gli occhi e gli prudeva il naso. Si rivide bambino, la vista offuscata dalle lacrime che gli rigavano il volto per il fastidio e per la perdita del parente stretto. 

Quando zu’Mimmo veniva a trovarli lo sollevava sulle sue spalle e lo portava in giro correndo e ridendo come un ragazzino. Quando si era ammalato di tifo, la malattia che lo aveva portato alla morte, aveva appena la forza per adagiare la sua mano su quella del nipotino che stringeva le candide coperte del suo letto di morte.

Tentando di togliersi dalla testa quei macabri pensieri, si concentrò sulla gente che  piroettava in pista. Vide Marinella ed Antonio che si cimentavano in una scatenata quadriglia. Adesso si tenevano a braccetto, avanzando adagio,  adesso intrecciavano le loro mani assieme a tutti gli altri partecipanti, lui da un lato e lei dall’altro, come un ponte. Le coppie vi passavano sotto una ad una.

Lovino cominciava ad annoiarsi, finchè non vide, con la coda dell’occhio, da sotto il “ponte” uscire una ragazza che teneva per mano un anziana ma piacente signora.

La ragazza aveva un vestito blu lungo fino ai piedi che lasciava intravedere le sue forme. I suoi capelli erano biondi, ed inusuale era anche il colore della sua pelle, bianca come il latte. Rideva di gusto chiudendo gli occhi, quando li aprì, Lovino vide che erano di un intenso color azzurro. La ragazza scambiò qualche parola, interrotta dallo sforzo di reprimere le risate, con la donna anziana che si sorreggeva a lei. non capì quello che si dissero, forse erano troppo lontane, forse c’era troppo chiasso, con l’orchestrina che, imbracciati gli strumenti, aveva iniziato a suonare un movimentato doppio passo. E poi gli era parso di sentire una cadenza diversa nella voce delle due donne, un accento diverso dal suo. Certamente, con quegli strani tratti somatici che si ritrovava, non era una del paese.

Era tedesca?

Lovino si rese conto di stare a seguirla con gli occhi. La guardò congedare la donna che stava con lei tra risatine e salamelecchi, poi abbandonarsi su una seggiola a pochi metri di distanza da lui. Sbuffava, stanca e accaldata, facendosi aria con la mano. Tentò invano di sistemarsi i capelli dietro le orecchie ma questi continuavano a sfuggire al curato fiocco blu che portava a mo’ di cerchietto. Li aveva vaporosi, che le saltellavano di qua e di là ad ogni mossa del capo. Seguì il regale profilo della fronte, del piccolo naso, delle labbra sottili. Sbirciò anche la generosa scollatura.

Altri ragazzi, ammucchiati alle pareti, la stavano fissando da lontano, lanciandole di nascosto occhiate lascive.

<< Lovino! >> due mani amichevoli artigliarono le sue spalle facendolo sussultare. << Vieni a ballare? >>

Tirò un sospiro di sollievo. Era solo Antonio.

<< No >> disse liberandosi sgarbatamente dalla presa dell’amico << C’è troppa gente >>

Antonio si abbandonò su una sedia accanto a lui

<< Oh, por favor! Non ti noterà nessuno! >> disse esasperato

<< Ho detto di no >> troncò Lovino. Tornò a fissare la donna, oggetto delle sue attenzioni e di quasi tutti gli uomini della sala. Per fortuna, era ancora lì, poco lontano da lui, ad aggiustarsi le ciocche ribelli che non stavano ai suoi ordini. Quel suo modo di aggrottare le sopracciglia indispettita ogniqualvolta un ricciolo sfuggisse al suo tocco lo fece sorridere.

<< Marinella vuole ballare con te >> esordì Antonio di punto in bianco.

Lovino non distolse lo sguardo dalla ragazza.<< Che? Perché? >> chiese.

<< E che ne so io >> asserì << mi ha solo chiesto di dirtelo. È strana stasera >>

<< Bah, le donne… >>

<< Già… >> Antonio e Lovino si davano le spalle, uno batteva nervosamente il piede sulle mattonelle incrinate, stonando con il ritmo della mazurca che l’orchestrina stava strimpellando. L’altro, una mano a sostegno del mento, sbuffava guardando la pista da ballo e alla donna davanti a sé.

<< Vuoi invitarla a ballare? >> domandò Antonio.

<< Chi? >>

<< La muchacha. Quella che stai fissando da ore  >>

Lovino si girò a guardare l’amico.

<< E tu come… >>  

<< Ti ho visto, sai? Come la guardavi. Ti ha visto anche Marinella, poi mi ha chiesto di voler ballare con te. Credo fosse arrabbiata >> lo interruppe Antonio

<< E perché? Che ho fatto? >> chiese stranito Lovino

<< Non lo so. Te l’ho detto che è strana >> rispose Antonio

<< Voglio invitarla a ballare >>

<< Chi? >>

<< La ragazza. La tedesca. >>

<< Oh beh… è… molto bella >> Antonio prese a picchiettare il bracciolo della sedia con insistenza. Mignolo, anulare, medio, indice, pollice. Lovino non colse la nota storta che c’era nella sua voce. Antonio era nervoso.

<< Bueno >> gli battè un’amichevole pacca sulla spalla << che aspetti? Chiediglielo >>

<< Sei pazzo?! >> disse Lovino a denti stretti << non voglio fare malafiura >>

<< Smettila di farti problemi. Chiediglielo e basta. Di sicuro dirà di no, ma tu prova lo stesso >>

<< Ehi! >> esclamò indispettito Lovino.

<< Che c’è? >> chiese Antonio sornione. Conosceva perfettamente il punto debole dell’amico. Il suo orgoglio.

<< Credi davvero che non riuscirei a fare una cosa così semplice? E che lei dirà di no? Si tratta solo di andarle a parlare, devo solo farle una domanda! E semplicissimo! Ora ti faccio vedere io! >>

Lovino Aveva alzato la voce e gli prudevano le mani. Per tutto il discorso, fatto di frasi interrotte a metà, d’imprecazioni e di minacce –campate in aria- contro l’amico, aveva gesticolato in preda alla rabbia. Si tirò su a sedere.

<< Aspetta >> Antonio lo trattenne per la manica della giacca << Se vai davvero, ricorda di… >> e attirandolo a sé gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Lovino arrossì.

<< Perché dovrei fare una cosa del genere? >> chiese imbarazzato.

<< Perché sì. Fallo. Alle donne piace. Ma scommetto che non ne hai il coraggio. Tienes miedo? >> rispose Antonio.

Lovino mise il broncio, e con stupore dell’amico, si diresse a passo deciso verso la bionda.

La ragazza stava bevendo del vino da un bicchiere di vetro.

<< Ciao… vuoi…v…vuoi >> iniziò a balbettare Lovino. Antonio si era avvicinato a Marinella, l’amico lo indicava divertito, mentresi poteva dire che Marinella stesse quasi incenerendo con lo sguardo la giovane straniera. Lovino non si diede per vinto

<< Vu… ti andrebbe di… ballare? >>  riuscì finalmente a farfugliare.

La ragazza lo guardò dritto negli occhi. si era portata il bicchiere al petto. Il vino, scuro, quasi cremisi, aveva ondeggiato senza però sgocciolare fuori. Sorrise.

<< Certo >> disse pacatamente. Lovino non riuscì a distinguere il suo accento. Non era tedesca. La ragazza gli tese la mano, che Lovino afferrò imbarazzato e la aiutò, da bravo cavaliere, ad alzarsi. Era poco più alta di lui.

Assieme, attirando gli sguardi di tutti i presenti, iniziarono a danzare sulle note di un lento. La ragazza avvicinò il volto a quello di Lovino. Le sarebbe bastato sporgersi solo un altro po’ e avrebbe potuto schioccargli un bacio sulle labbra corrucciate.

<< Mi chiamo Bella >> si presentò.

<< Io sono… sono Lovino >>

Bella gli appese le braccia al collo. Lovino notò che aveva il naso spruzzato di lentiggini e che da vicino, l’azzurro dei suoi occhi era meno intenso, somigliante quasi più al verde.

<< Sei tanto bello, Lovino. Speravo mi chiedessi di ballare >> gli sussurrò languidamente.

Lovino deglutì.

<< Io ti piaccio? Sono… come dite qui? >> si portò un’indice alle labbra, pensierosa  << carina? >>

I loro nasi si sfioravano, tanto si era avvicinata. Le sue labbra, le sue occhiate sdolcinate, i suoi fianchi ben torniti erano un invito ad andare “oltre”. Lovino lanciò uno sguardo disperato ad Antonio.

L’amico, il braccio attorno alla spalla di Marinella, mimò con le labbra la parola “hazlo”. Fallo.

Lo faccio, scemo. Giuro che lo faccio. E poi vediamo chi riderà. Ora lo faccio” pensò

Indugiò ancora sulle curve morbide dei fianchi della ragazza e lasciò scivolare la mano sul suo sedere. Un attimo dopo si ritrovò a massaggiarsi la guancia alla quale la ragazza, indignata, aveva appena dato un sonoro schiaffo. Gli parve che la musica in sala si fosse fermata, così come le coppie che danzavano. Invece, solo qualcuno aveva intuito cosa fosse successo, mentre chi aveva assistito chiaramente alla scena, oltre a due sconcertati Marinella ed Antonio, era stata la donna che aveva fatto da compagno a Bella durante la quadriglia. Guardava Lovino con occhi di fuoco.

Oh madonna. È la madre.” Pensò impaurito.

La ragazza sussurrò arrabbiata qualcosa nella sua lingua, di certo nulla di gentile. Si rassettò le pieghe del lungo vestito blu e si avviò stizzita verso l’uscita, accompagnata dalla donna anziana che continuava a squadrare Lovino.

***

Marinella, la giacca di Antonio sulle spalle, aspettava gli amici che bighellonavano seduti sul marciapiede. Non c’era un filo di vento quella sera. Il cielo era cosparso di stelle e il brulichio sommesso della gente che ancora si scatenava in pista era stranamente piacevole, quasi come una ninnananna. Le luci soffuse che provenivano dalle finestrelle e dalla fessura della porta del locale servivano a creare ciò che qualcuno avrebbe chiamato “l’atmosfera giusta”. Per che cosa, non lo sapeva. Forse per un bacio. Due amanti che si scambiavano quel gesto d’amore, magari un po’ brilli, entrambi con le gote arrossate dall’alcool, i loro respiri e le loro mani che s’intrecciavano.

Tornò a fissare sconsolata i suoi due migliori amici, che si spintonavano e ridevano come due idioti.

<< L’hai fatto davvero. Sei incredibile, amigo >>  

<< Certo. Cosa credevi? Nessuno può chiamarmi codardo. Nemmeno tu. >>

<<  Tu sei proprio loco, Lovì >>  Antonio gli poggiò una mano sulla spalla << Andiamo a casa, dai >>

Si alzarono sgranchendosi le gambe, quando un ragazzo uscì dal locale. Guardò Lovino sgranando gli occhi e disse:

<<  Ehi, Casanova. Ti ho visto con la straniera. Ti è andata male! >> disse ridacchiando.

Marinella ed Antonio dovettero correre a trattenere Lovino, che in men che non si dica aveva già afferrato il ragazzo per il bavero del cappotto, pronto a prenderlo a pugni.

*La malafiura è la figura di merda *La zita è la fidanzata *Bella, la straniera, è nientepopodimeno che BELGIO ^_____^

  
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