Capitolo
2
L’uomo
fece di
nuovo guizzare gli occhi sul ragazzo, poi ammise.
Aprì
la porta con
un movimento fluido e la richiuse dopo aver fatto passare i due ragazzi.
Era
un monolocale
dall’arredamento piuttosto moderno ma allo stesso tempo dava
una sensazione di
sporco e putrido come il resto dell’edificio.
Il
proprietario
fece segno ai due visitatori di sedersi su un divanetto che stava sotto
ad una
finestra che dava sulla strada. I due si sedettero, restando
abbracciati l’un
l’altra come se anche solo un minimo distacco avesse potuto
causare seri danni.
L’uomo
si sedette
poi davanti a loro.
“Che
vi serve?”
esordì, la voce dura e piuttosto intimidatoria. Nel farlo
guardò sua figlia
negli occhi. Sapeva che era lei quella che doveva parlare.
Il
ragazzo era lì
solo come supporto.
“Papà,
voglio che tu
ti trasferisca a Toluka Lake” richiesta chiara, diretta.
Forse
detta con un
po’ di timore.
Continuò
ad
osservare sua figlia negli occhi.
Odiava
vivere
lontano da lei.
Ma
l’errore che
aveva commesso ancora gli comprimeva lo stomaco.
Si
era sentito …
rifiutato.
“No”
Sul
viso della
diciassettenne si dipinse stupore e delusione allo stesso tempo.
Non
riusciva a
capacitarsi di come suo padre preferisse vivere in quella topaia, da
solo.
Senza nemmeno l’appoggio delle sue figlie.
Lui
viveva in quel
minuscolo monolocale di un sobborgo Newyorkese mentre
dall’altra parte degli
Stati Uniti avrebbe potuto godere di lusso sfrenato e di compagnia.
Dopotutto
che le
aveva fatto?
Un
ricordo le balzò
in mente, forse la chiave per risolvere tutti quei perché.
“Una
bambina di 10 anni si trovava in un’aula semi-circolare.
Davanti
a lei un tavolo enorme. Seduta stava una signora di colore, con una
veste nera
ed i capelli corvini raccolti in uno chignon alto.
Mamma
le aveva detto che era un giudice.
Voltò
appena lo sguardo alla sua sinistra.
Ed
ecco il suo amore.
Tutto
ciò di cui un bambino a bisogno a
quell’età. Colei che sai che non ti
abbandonerà mai.
La
sua mamma.
Le
sorrideva serena, anche se un po’ malinconica.
Dopotutto
stava aspettando una sua risposta.
E
di fronte a quel sorriso lei non ebbe dubbi su quale scelta prendere.
“Io
sto con la mia mamma, signora giudice” sentenziò,
sicura.
Si
voltò felice verso il suo papà. Era sicura che
sarebbe stato fiero di lei. Come
sempre.
Ma
non sapeva che invece gli aveva appena spezzato il cuore.
Fece
appena in tempo a vederlo alzarsi e dirigersi verso l’uscita,
il volto scuro e
contratto dalla delusione.
“E
con questo l’udienza è chiusa”
decretò la giudice, picchiando lievemente il suo
martelletto nero sulla superficie di legno scuro. ,,
“Demi,
cucciola …”
Joe la liberò da quel ricordo.
Era
preoccupato per
lei dato che non aveva visto nessuna reazione da parte sua alla
negazione del
padre.
“E’
per quello che
dici no?” urlò sicura all’uomo che aveva
davanti, ignorando per un momento il
suo ragazzo.
“A
cosa ti
riferisci?” mormorò lui in risposta. Era
però sicuro che ci fosse arrivata.
“All’udienza
di
sette anni fa papà, alla mia decisione di vivere con la
mamma”
Sì,
aveva
indovinato.
“Ci
hai messo sette
anni per arrivarci”
“Ma
ero solo una
bambina! Come puoi avercela con me per questo?”
“Mi
sono sentito
solo in quel momento, Demi!”
“Avevo
dieci anni
papà” urlò lei, con tutta la forza che
aveva in corpo.
Non
era
assolutamente giusto, no
Non
era giusto
essere condannata per uno stupido errore infantile.
“Dieci
o venti, mi
hai fatto del male Demi”
“E
non pensi al
male che mi hai fatto tu? Te ne sei andato da Dallas, ti sei fatto
sentire solo
tramite qualche sms!”
L’ultima
parte del
discorso fu solo un sussurro. Il padre non seppe come rispondere,
questa volta.
“Se
posso
permettermi, signore …” Joseph attese il permesso
di poter parlare. Di fronte a
nessun gesto continuò.
“Secondo
me tutti
gli errori vanno perdonati. Specialmente se commessi da un
bambino”
“Papà,
penserò io a
comprarti la casa, ovvio. Starò da te tutte le notti a
dormire, te lo prometto!”
Demi
riacquistò un
po’ di coraggio, dopo aver sentito il suo ragazzo appoggiarla.
E
per completare il
quadro, prese dalla borsa dei dépliant immobiliari di Los
Angeles e li poggiò
sul tavolino di fronte a loro.
“Papà,
per favore”
fu solo un singhiozzo sommesso.
Ma
alle orecchie di
un padre, il singhiozzo di una figlia, per quanto lieve possa essere,
giunge
sempre come un tuono.
Alzò
appena lo
sguardo su di lei, che però si era tuffata tra le braccia
del suo Joseph, che
non aveva atteso un attimo a stringerla a sé.
“Fammi
vedere un
po’ questi cosi và” disse infine,
prendendo un dépliant ed incominciando a
sfogliarlo.
Abbozzò
poi un
sorriso: “Sappi che però ho intenzione di
svuotarti il conto, superstar”.