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Autore: Barsine    27/08/2005    14 recensioni
Si meravigliò ad accorgersi che il suo tocco un tempo tanto bramato gli provocava un acuto fastidio.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fianchi rotondi

Fianchi rotondi

Epilogo

 

 

 

 

 

   Una decina di giorni dopo, come previsto, Efestione era di nuovo in piedi, aveva riacquistato colorito e forma fisica, tuttavia la cicatrice era ancora fresca e il dolore non era del tutto estinto. Camminava lentamente e Alessandro gli era sempre al fianco, lo sorreggeva quando si sentiva male, lo circondava di ogni tipo di cure e attenzioni.

- Sarò in forma perfetta per il banchetto – disse una mattina, mentre sul suo letto, assieme con Alessandro, cercava di tradurre un papiro persiano – e, questa volta, starò attento a non bere troppo.

Nel frattempo, una bellissima ragazza di nome Narda fece capolino nella stanza portando la colazione.

- Bella – commentò Efestione – è una nuova serva?

- Direi di sì, non l’ho mai vista prima. Ragazza, aspettami qui, ho una cosa da darti – e sparì dietro la porta. Tornò qualche minuto dopo, con un vassoio e due coppe di vino in mano. – Tieni, portala a Bagoas. E, se vorrai, l’altra è per te.

Narda si piegò in un lieve inchino – Magnanimo Re, ti ringrazio. – si inchinò anche davanti ad Efestione ed uscì.

Il re si voltò verso il suo amante – Guarda. I servi, in questo palazzo, sono così amabili e rispettosi.

 

 

   - Vino?

- Sì. Ho portato la colazione al re e ad Efestione, e loro mi hanno offerto queste due coppe.

- Iskander è magnanimo, te l’avevo detto. – sorseggiò il vino – Ma sono sicuro che non potrà mai perdonarci quello che abbiamo fatto. Niente sarà più come prima, ormai. E spesso, durante la notte, mi ritrovo a piangere, solo nel mio letto, e pensare alla mia stupidità. Se non fossi stato così sciocco, ora potrei ancora dormire con il mio re, potrei ancora stargli vicino, in qualche modo.

Anche Narda bevve il suo vino. – Questo vino è veramente particolare. Chissà da dove viene.

- Hai ragione! Ha un sapore aromatizzato. Sono sicuro che Iskander l’ha fatto pervenire da una regione lontana. 

E alzò gli occhi verso Narda, che, a sua volta, lo stava guardando con un’espressione piuttosto strana. Era forse l’aria mattutina, era forse quella linea di bistro nei suoi grandi occhi scuri, o quell’abito di lino che fasciava il suo corpo perfetto, che la facevano apparire così bella? Ed era soltanto una sua impressione, o lei lo stava guardando in quel modo? Cos’era quella smania che sentiva addosso di prenderla e farla sua lì, in quel momento? Lei rise, imbarazzata, ma sembrava pensare le stesse cose. Cosa stava succedendo? Perché all’improvviso l’amato nome Iskander gli rimandava semplicemente l’immagine di un re? Un re magnanimo, un re clemente e coraggioso, ma che mai avrebbe potuto perdonare un simile affronto.

Ah, miseri loro, ora capivano tutto. E povero Bagoas, che avrebbe preferito morire piuttosto che soffrire pene d’amore, che si struggeva nel suo letto, pensando al suo amato re tra le braccia di Efestione, e Narda, che l’amore mai l’aveva conosciuto, e che solo ora si rendeva conto di quanto doloroso avrebbe potuto essere. Quanto desiderava quel bellissimo ragazzo dagli occhi a mandorla, profumato e dal corpo agile e sinuoso, dai capelli di seta, lunghi e corvini; e lui, quanto desiderava quella splendida ancella dalle labbra carnose, dalle gambe lunghe e snelle, dai fianchi rotondi? E quanto era crudele Eros, che concedeva loro un amore di cui mai avrebbero potuto godere? Come avrebbe potuto Bagoas sopportare l’ennesima sofferenza amorosa? Si guardavano ancora, uno sguardo misto tra desiderio e rassegnazione.

Lei si alzò piangendo e uscì, coprendosi il volto con le mani. Lui si abbandonò sul letto e si tirò i capelli.

Avrebbe dovuto aspettarselo, da Iskander. Non avrebbe mai potuto perdonarli, era giusto che fosse andata così, ma avrebbe preferito mille volte morire, piuttosto che soffrire d’amore. Quella splendida ragazza, così desiderabile, che ora tanto l’attraeva, come avrebbe potuto amarla? Lui, che per sua natura mai avrebbe potuto amare una donna; e ora l’avrebbe vista sempre, lei l’avrebbe guardato con occhi innamorati, e avrebbero desiderato accoppiarsi, ma mai avrebbero potuto farlo. Perché l’Amore è crudele, l’Amore fa soffrire, l’Amore l’aveva fatto impazzire, e quella era la sua punizione. Che senso avrebbe avuto, ora, la sua vita? Avrebbe ora pianto nel suo letto pensando a quanto gli sarebbe piaciuto poterla prendere, poterla amare, e avrebbe pensato a lei, sola nel suo letto.

E lei avrebbe pianto, pensando a quel bellissimo ragazzo che mai avrebbe potuto amarla, e a quanto fosse crudele re Alessandro. Non aveva mai provato un sentimento tanto intenso per un uomo, mai aveva così tanto desiderato stringerlo così forte da sentirsi parte di lui, e purtroppo non avrebbe mai, mai, potuto farlo.

   La loro vita si sarebbe conclusa tra le mura di un palazzo, a servire il crudele Iskander, a struggersi di un amore impossibile.

 

 

   I festeggiamenti ebbero inizio dopo qualche giorno.

Al banchetto furono invitati tutti, ed Efestione si risentì del fatto che nessuno gli chiedesse se stesse meglio.

- Tutti sanno – gli disse Alessandro, sempre accanto a lui – che ti sei ripreso. Nessuno dubita delle forze di un uomo come te.

- Sì, hai ragione. Ma, la cortesia…

Lo sguardo di Alessandro si spinse in là nella folla, dove vide due splendidi persiani guardarsi languidamente e, persino da così lontano, poteva avvertire i loro sconsolati sospiri.

- Guarda là, Efestione. Bagoas è attratto da quell’ancella.

- Ma non dire sciocchezze! E’ un eunuco. E, anche se fosse, non riuscirebbe mai a soddisfarla – e si lasciò sfuggire un risolino malizioso.   

- Hai proprio ragione.

Aristandro si fece loro incontro, e li salutò con un rispettoso cenno del capo. – Stai meglio, Efestione?

- Sì, grazie. Mi sento pieno di forze.

- Stai solo attento a non esagerare col vino. – e strizzò l’occhio ad Alessandro, prima di portarsi la coppa alla bocca.

   Quando l’euforia si diffuse tra generali, soldati, filosofi, storici, architetti, veggenti, schiavi e concubine, il grande salone sembrò bruciare di fuoco vivo, e nessuno più si curò di due insignificanti sguardi scuri e malinconici, persi nell’aria mite della sera di Babilonia.

  
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