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Autore: cabol    11/05/2010    1 recensioni
Dietro una porta ermeticamente chiusa può celarsi un pericolo misterioso, un favoloso tesoro, un terribile segreto. Aprirla può voler dire trovare tutto questo o chissà cos'altro. Ma certamente ci troveremo sempre l'avventura.
Mille e mille sono le leggende che i bardi raccontano, sull’isola di Ainamar. Innumerevoli gli eroi, carichi della gloria di imprese epiche. Eppure, in molti cantano anche le imprese di un personaggio insolito, che mosse guerra al suo mondo per amore di giustizia.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I misteri di Ainamar'
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Capitolo 6: Corruzione

Un bel pomeriggio d’autunno, tiepido, ricco di luci e profumi. Il capitano Tyron bussò al portone del palazzo di Brook. L’ufficiale era decisamente di buonumore. Le sue indagini stavano procedendo bene e nella sua mente si andava componendo sempre meglio l’intrigo del rubino.
 
«Buonasera Algernon! Posso entrare?».

«Buonasera capitano. Siete sempre il benvenuto qui dentro. Avete scoperto qualcosa?».

L’ufficiale entrò sorridendo nell’ampio vestibolo del palazzo, osservato con scarsa simpatia da una guardia dall’aria afflitta, forse quella stessa che era di ronda quando il rubino era scomparso. Certo, pensava il giovane capitano, aveva molto più l’aspetto di un malfattore che di un sorvegliante.

«Credo di sì, Algernon. Il signor Brook è in casa?».

«Sì, capitano. È rientrato presto oggi. Volete essere annunciato?».

«Grazie, Algernon. Vi attenderò qui».

Il solerte maggiordomo risalì rapidamente l’ampia scalinata che conduceva al museo e scomparve nell’ampia sala, chiudendosi la porta dietro le spalle. Dopo pochi minuti era di ritorno.

«Il signor Brook vi attende, capitano».

L’ufficiale seguì il maggiordomo su per le scale, attraverso il museo, fino alla porta dell’appartamento del padrone di casa.  Questo correva parallelamente al corridoio dove si trovava la stanza del tesoro. L’ultima stanza, illuminata da due ampie finestre, era proprio lo studio di Brook.
Il mercante era seduto dietro un’ampia scrivania ma, appena Algernon introdusse l’ospite, si alzò e gli venne incontro, stringendogli vigorosamente la mano.

«Benvenuto, capitano. Pensavo proprio a voi, poco fa. Avete scoperto qualcosa di nuovo?».

L’ufficiale osservò incuriosito il mercante. Pareva davvero felice di rivederlo ma poche ore prima pareva impaziente di liberarsi di lui. Cosa poteva essere cambiato?

«Credo di sì, signore».

«Algernon, potete andare. Qui ho tutto quanto mi occorre. Potete occuparvi della cena, grazie».

Il maggiordomo fece un inchino e uscì dalla stanza. Se era rimasto male per essere stato congedato così rapidamente non lo diede assolutamente a vedere.

«Bene, capitano. Quali novità mi portate?».

«Penso di aver capito alcune cose, signore. Su come quel ladro è entrato nella vostra stanza nonostante la protezione magica».

«Davvero? Mi incuriosite capitano. Volete bere qualcosa?».

Brook si diresse verso un armadio, alla destra della porta d’ingresso, vicino al quale era un pregiato tavolino di marmo e due comode poltrone. Aprì l’armadio rivelando le numerose bottiglie che vi erano contenute.

«Un frizzante di Mirlond? A quest’ora è l’ideale».

«Siete anche un collezionista di vini pregiati, signor Brook? Complimenti davvero!».

«Amo trattarmi bene, capitano. E mi faccio un dovere di trattare nel modo migliore possibile i miei collaboratori. Soprattutto quelli abili e fedeli».

La voce di Brook indugiò un attimo sulla parola “fedeli”, poi riprese a parlare, indicando una delle due poltrone.

«Accomodatevi, capitano, così potremo parlare con maggior agio».

Il giovane ufficiale si sedette un po’ rigidamente sulla poltrona, senza smettere di osservare con curiosità il mercante. Si chiedeva dove volesse andare a parare con tutta quella gentilezza. Pareva che dovesse intavolare una trattativa d’affari, anziché parlare delle indagini che riguardavano il furto subito. Assaggiò il vino, apparendone decisamente soddisfatto.

«Prego, capitano, raccontatemi i vostri progressi».

«Credo, come vi stavo accennando, di aver capito come ha fatto il ladro a entrare».

«Davvero? E come avrebbe fatto, secondo voi?».

«È molto semplice, signor Brook. Non è affatto entrato».

«Cosa?».

«So che sembra assurdo, ma è l’unica spiegazione ragionevole, seguite il mio ragionamento e ditemi cosa ne pensate».

«Vi ascolto, capitano, mi state incuriosendo davvero».

«Bene. Abbiamo una porta chiusa magicamente, i cui incantamenti sono perfettamente attivi, eppure nella stanza c’è un biglietto e né voi né il vostro maggiordomo avete rivelato a chicchessia la formula di apertura della stanza, senza la quale bisognerebbe annullare gli incantamenti per passare, siamo d’accordo?».

«Sì. Proseguite, prego».

«Immaginiamo che questo ladro abbia pianificato il furto con attenzione, sia arrivato davanti a quella porta e si sia reso conto che non c’era modo di aprirla. Nessuno sapeva degli incantamenti, dunque supponiamo che il ladro ne sia rimasto sorpreso e che non avesse mezzi magici a disposizione».

«D’accordo».

«Bene. Cosa fa il nostro ladro, di fronte a quell’ostacolo apparentemente insormontabile? Chiunque getterebbe la spugna e progetterebbe di tornare con qualche oggetto magico ma il nostro ladro ha un’idea che potrebbe permettergli di entrare, facendosi aprire la porta da un complice involontario».

«Cioè?».

«Ora mi spiego. Quando il vostro maggiordomo è entrato nella stanza ha subito visto il biglietto sul pavimento, poco oltre la porta, vero?».

«Sì, è proprio quello che ha raccontato, poi, quando l’ha letto, si è precipitato fuori dalla stanza per chiamare aiuto».

«Infatti. E così l’ho incontrato. Ma perché quel biglietto era per terra? Questa cosa mi ha lasciato perplesso. Io lo avrei lasciato al posto del rubino, nella nicchia. Voi no? E perché ha preso solo il rubino? Voi non avreste preso anche qualcos’altro, avendo buona parte della notte a disposizione?».

«Beh… sì, immagino di sì».

«D’altra parte, Algernon ha reagito in maniera assolutamente prevedibile, vista la fama di quel ladro. Ed è scappato fuori senza nemmeno guardare cosa era stato rubato. Lo ha fatto solo dopo che siamo entrati, una decina di minuti dopo».

«Non vi seguo…».

«Supponiamo che questo Blackwind abbia vergato il biglietto e lo abbia fatto scivolare sotto la porta… Gli incantesimi si attivano solo se entra qualcuno o si apre la porta, vero? Supponiamo poi che si sia nascosto da qualche parte e abbia aspettato. Quando Algernon è scappato fuori, è entrato approfittando della porta aperta e degli incantesimi inattivi, ha preso il rubino ed è fuggito. Non ha preso altro perché il tempo a sua disposizione era brevissimo e doveva sfruttarlo nel modo più… redditizio».

«Per gli Dei! Ci avrebbe giocato così, secondo voi? Certo ha un bel sangue freddo quel tipo! E se lo avessero scoperto?»

«Il rischio era poco maggiore di quello di essere scoperto durante il tentativo di furto fatto durante la notte. Ha tentato una mossa disperata e gli è riuscita».

«In effetti, mi sembra un’ipotesi molto intelligente… complimenti, capitano credo che siate davvero sulla buona strada».

«Sono lieto che troviate ragionevole la mia ipotesi».

«La trovo più che ragionevole, capitano. La trovo geniale. Siete veramente un uomo dalle qualità non comuni. Un uomo che merita ben più del grado che portate».

«Sono lusingato, signore. Temo, però che potrei ambire a una promozione solo se dovessi mettere le mani su quel Blackwind. Temo che non sarà facile».

«Non per uno in gamba come voi, capitano. Io però pensavo a qualcosa di diverso, per voi».

La voce di Brook, si era fatta melliflua, insinuante.

«Temo di non capirvi, signor Brook…».

«Non vi potrebbe interessare un incarico… molto ben remunerato… compatibile col vostro impegno di ufficiale?».

«Eh?».

L’ufficiale pareva meravigliato ma niente affatto irritato. Guardava con attenzione il volto di Brook, Nel suo sguardo comparve un nuovo interesse.

«Si tratterebbe solo di collaborare con me… per rendere più semplice e sicura la mia attività mercantile… nulla di disonorevole, badate bene. Solo qualche piccolo servizio…».

«Volete comprarmi, signor Brook? Un ufficiale della Guardia di Elos?».

La voce di Tyron sembrava più che altro divertita, senza alcun tono di minaccia.

«Comprare è un verbo poco appropriato alle persone… Siete un soldato di ventura. La vostra spada è in vendita. Il vostro onore no di certo… Vorrei la vostra collaborazione, ben retribuita, per certi miei affari».

«Retribuita… quanto?».

Una luce avida si accese negli occhi dell’ufficiale.

«Mille monete d’oro se Blackwind morirà nel tentativo di catturarlo. L’onore della sua cattura sarà comunque vostro».

«Questo si può fare. Non vedo alcuna difficoltà… tranne che non so ancora come catturarlo».

«E altre mille se farete in maniera che un carico di opere d’arte possa essere imbarcato domani sera, senza… eccessive formalità».

«Questo mi piace meno, signor Brook. Volete che diventi complice di un contrabbando d’arte?».

«Non mi avete compreso, capitano. È tutto perfettamente in regola. È solo che… vorrei evitare ispezioni che potrebbero danneggiare le merci che tratto. Molte opere d’arte sono estremamente delicate e certi vostri colleghi, perdonatemi, hanno modi più adatti a dei taglialegna».

«Beh… se si tratta di questo… allora…».

«Allora capitano? Sì o no?».

L’ufficiale chiuse gli occhi. Sembrava assorto in qualche profonda meditazione. Brook lo osservava ansioso, quasi trattenendo il respiro. La faccenda delle opere d’arte lo incuriosiva oltremodo. La versione del mercante aveva poco di credibile e mille monete d’oro erano una cifra spropositata per una cosa tanto banale. Dunque, c’era molto di più in ballo.

«D’accordo, Brook. Sono con voi».

  
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