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Autore: MakeSomeNoise    12/05/2010    1 recensioni
Non avrei mai immaginato di arrivare a questo punto. Tanto meno con lui. "Come un uragano sei entrato nella mia vita, lasciandomi spaesata e portandomi via tutto per fare di te il mio mondo, il mio tutto. Ti amo."
Genere: Romantico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che questo capitolo non mi piace per niente, non è venuto come volevo..
Scusatemi se ci sono degli errori ma non ho tempo di rileggere.
Fortunatamente è solo un capitolo di transizione : )

 

 

 

Capitolo 14

 

 

Tom si ritrovò davanti al cancello della casa di quella ragazza, quella ragazza che era entrata nelle loro vite senza preavviso, quella ragazza che desiderava tra le sue braccia, quella ragazza che lo faceva sentire bene.
Tom Kaulitz si sentiva bene quando c'era lei.
Lei gli donava il sorriso.
Lei gli provocava il formicolio all'altezza dello stomaco.
Lei gli faceva sudare le mani.

Scrollò la testa per scacciare alcuni pensieri, aprì il cancelletto davanti a lui, percorse il piccolo spazio coperto di ghiaia che lo divideva dalla piccola villetta ed infine suonò il campanello.
Sperava in una sua risposta, sperava di vederla aprire la porta, sperava di vedere il sorriso sulle sue labbra rosse che ogni volta gli provocavano i brividi e la voglia di assaporarle e farle sue, sperava anche in un cazzotto che in fondo era consaspevole del fatto che se lo meritava, ma sperava di vederla.
Rimase immobile davanti a quella porta rossa per circa due minuti buoni ma dalla casa non proveniva alcun rumore.
- Lì, apri ti prego. Lo so che sei lì dentro. - bussò alla porta.
Niente.
Eppure lui ne era sicuro, lei era dentro a quelle mura.
Sconfitto e amareggiato tornò a casa da Bill ammettendo la sua sconfitta.
- Sono a casa - annunciò non appena varcò la porta d'ingresso.
Bill si trovava comodamente spaparanzato sul divano di pelle bianca immerso nella lettura di Vogue e non appena udì la voce del gemello si inginocchiò e si girò verso di lui.
- Com'è andata? Avete risolto? - chiese lui tutto speranzoso.
Tom scosse la testa. - No, non mi ha nemmeno aperto la porta, non si è nemmeno affacciata alla finestra. - continuò.
- Mi dispiace, Tomi. Vedrai che le passerà. -


Erano trascorsi ormai 3 giorni da quando si erano visti l'ultima volta.
Ne aveva parlato con Isa, che le consigliò una volta per tutte di parlarci e chiarire, ma l'orgoglio era troppo.
Era stata lei a lasciarlo lì così, a scappare dalla realtà per nascondersi tra le mura di casa.
Ogni giorno spiava Tom dalla piccola finestrella del bagno che vi era al piano di sopra, sapeva che ogni giorno era passato a suonarle puntualmente alle 13.30.
Guardò l'orologio, 13.29, si alzò dal divano e salì le scale ed entrò nel bagno.
Prese il piccolo sgabello che vi era tra la lavatrice e il lavandino, lo mise in piedi con due gambe sul bordo della vasca e con le altre due sulla cesta dei panni sporchi.
Vi salì sopra attaccandosi alla piccola sporgenza dove vi era la finestrella, aprì il vetro e rimase a fissare fuori in attesa di vederlo.
Gli era mancato, strano a dirsi ma le era mancato veramente, ogni giorno lo spiava per imprimersi la sua immagine nella mente per non lasciarla andare più via, voleva sentire ancora le sue grandi mani sul suo corpo.
Semplicemente lo voleva.
Eccolo, arrivò come ogni giorno puntuale, jeans scuri, maglietta nera, camicia a quadri verde, nera e bianca, air force bianche.
Il suono del campanello la spaventò, era talmente presa ad osservarlo che non si accorse che lui era già arrivato alla porta di ingresso, lo sgabellò cedette e andò a sbattere la testa contro la sporgenza di muro azzurro che aveva davanti.
Finì con il sedere a terra ed urlò dal dolore, si rialzò in piedi piano massaggiandosi la parte battuta e si guardò allo specchio, una scia di sangue scorreva lenta sulla sua testa proseguendo verso la sua fronte.
Un Tom preoccupato urlò fuori dalla porta.
- Lìììì, aprimi per l'amor di Dio! Cos'è successo? - il moro continuava a sbattere i pugni sull'enorme porta rossa.
Lily scese piano le scale cercando di non cedere, il sangua l'aveva sempre nauseata, raggiunse la porta e con una mandata di chiave aprì la porta che la divideva da lui.
- Lì, Lì tesoro stai bene? Ma.. - la parole gli morirono in bocca quando la vide sanguinante.
La spinse dentro e la fece sedere sul divano, le tolse delicatamente la mano e scrutò la ferita che si era provocata in testa.
- Cosa.. cosa ti è successo? - chiese Tom con la voce tremante dalla preoccupazione.
- Io.. io.. No, nulla -
Non aveva intenzione di dirgi che lo stava spiando, anzi che lo spiava da giorni. No no, si vergognava troppo.
Tom sicuramente le avrebbe riso in faccia e scappato a gambe levate o magari si sarebbe arrabbiato.
La mora aprì gli occhi e si trovò a pochi centrimeti il viso del chitarrista, poteva sentire il suo respiro caldo sulla sua pelle, cercò di sfuggire a quel contatto visivo ma le sue grandi mani glielo impedirono.
- Mi dici come hai fatto? - domandò Tom.
- Sono solo andata a sbattere, nulla di che - rispose un pò scocciata lei.
- Dov'è il bagno? Vado a prendere qualcosa per disinfettarti -
- Di sopra, la prima porta sulla sinistra - rispose.
Appena finì la frase vide il moro schizzare sulle scale verso il luogo del misfatto, di certo non lo reputava scemo sapeva anche lui fare due più due.
Sgabello. Finestra aperta. Sangue vicino alla finestra. Spionaggio.
E ora cosa gli avrebbe detto?
I passi del treccinaro si fecero sempre più vicini e sapeva che lui adesso le avrebbe chiesto spiegazioni.
- Lì.. mi spiaghi una cosa? -
Eccolo!
La mora rispose con un grugnito.
- Cosa ci facevi arrampicata alla finestra? -
Tadaaaaaaan!
E adesso?
- Oh, nulla.. volevo solo aprirla - rispose tradita però dal suo colorito rosso.
- Non me la racconti giusta e poi ti stai tradendo da sola, peperone - la prese in giro Tom avvicinandosi pericolosamente.
I due si ritrovarono sdraiati uno sopra l'altro su quel divano, occhi negli occhi, voglia di aversi mentre il moro disinfettava lentamente la ferita.
- Ok ok. - non ne valeva la pena di continuare quella stupida pagliacciata, tanto lei sapeva che l'aveva scoperto voleva solo farselo dire da lei.
- Ti stavo spiando - continuò veloce la ragazza.
- Da quanto tempo va avanti? - chiese tranquillo.
- Da circa 3 giorni, da.. da quando sono scappata quel giorno - ammise lei.
- E perchè? Cè insomma.. sono venuto qui per 3 giorni per parlare con te, cosa ti costava aprire quella porta? - domandò Tom in tono tranquillo.
- Ma.. ma non sei arrabbiato? -
- No.. però mi fa piacere che tu mi abbia spiato, significa che un minimo ti interesso - sorrise. - Ma non mi hai ancora detto il perchè -
- Orgoglio, Tom. Solo quel fottuto e dannatissimo orgoglio. Ho ceduto alla tentazione e un pò mi vergognavo - disse Lily guardandolo negli occhi.
Tom posò il disinfettante e il cotone sul tavolino di vetro accanto al divano, coprì la ferita con un pò di garza e si accoccolò tra le braccia della mora che lo accolse volentieri, da tempo aspettavano entrambe quel contatto.
- Tom.. - lo chiamò la mora mentre con le dita percorreva quelle treccine color pece.
Il moro alzò la testa posando il mento sul seno, la guardava negli occhi, quei bellissimi occhi color cioccolato che lo facevano perdere.
- Dimmi piccola - rispose posando un bacio delicato sulla pelle di Lily.
- Cosa ti spinge a fare tutto questo? Insomma, ogni giorno sei venuto qui, non ti sei mai arreso.. eppure tu puoi avere chi vuoi -
- Lo vuoi proprio sapere? - chiese e notando la curiosità della mora continuò il suo discorso. - Tu, tu perchè sei diversa, perchè non ti sei lasciata abbindolare da me, sento che.. non so è tutto diverso. E' come se tu stessi tirando fuori un altro me -
La mora rimase spiazzata, non sapeva che dire, non sapeva come comportarsi ma Tom la precedette.
Con un piccolo strattone decisivo, lui se la accostò al viso e la baciò.
- Tom ma che .. - mormorò lei, assecondandolo.
Lo sentì sorridere, le labbra ancora impegnate con le sue.
Tom si sfilò rapidamente la maglietta gettandola a terra accanto ai piedi del divano.
- Toom.. ma non possiamo - cercò di bloccare la situazione la mora.
- Shhh - Le intimò lui, catturando nuovamente le sue labbra.
Riprese a baciarla, con più foga, levandole la canottiera.
Lily avvertì una certa e ben nota pressione tra le proprie gambe, e non poteva negare che la cosa la stimolasse non poco.
- Tom aspetta. Io.. io non posso - e detto questo la mora si alzò dal divano e andò in cucina a bere un pò di thè alla pesca.
Dalla sala provenì il forte sbuffare del chitarrista un pò deluso, era la 2° volta che lo rifiutava.
- Io devo andare - disse Tom entrando in cucina dove la mora era seduta su una sedia. - Ci.. ci vediamo - la salutò con un cenno della mano e proseguì verso la porta di ingresso.
- Tom - lo richiamò Lily raggiungendolo facendolo voltare verso di sè.
- Grazie mille - lo ringraziò e con un piccolo bacio a fior di labbra lo salutò e rimase sulla porta ad osservare la sua figura che lentamente spariva.

Tom, ma cosa mi fai?

Decise che era arrivato il momento di parlarne con qualcuno, qualcuno che conoscesse la situazione, qualcunoc he dapesse cosa sarebbe stato giusto fare.
Isa era andata fuori città per passare un piccolo week-end romantico con il suo Andreas quindi non rimaneva altro che Bill.
Bill.
Salì le scale raggiungendo la mia camera, aprì l'armadio ed estrasse dei pantaloncini della tuta verdi acqua dell'Adidas e una canottiera bianca, si infilò le sue air force bianche uguali a Tom, si sistemò leggermente i capelli e si avviò verso casa loro.
Davanti a lei si ritrovò un Bill sorridente.
- Che fai mi spii? - chiese divertita.
- No.. stavo venendo da te. Ma che hai fatto alla testa? - chiese facendola entrare in casa.
- Adesso ti raccondo tutto - rispose mentre insieme si accomodarono sul divano.
Sarebbe iniziata la confessione.




E se succedesse qualcosa adesso?
E se si formasse un triangolo?

  
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