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Autore: Karyon    12/05/2010    6 recensioni
Il Mondo era totalmente bianco, quella sera, come immerso in una tazza di latte freddo.
Dopo una leggera spruzzata di fiocchi lanuginosi sul terreno brullo, le nuvole cineree continuavano a vorticare pigramente nel cielo coperto.

Partecipa al "A year together" del Collection of starlight.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Z | Coppie: Sanji/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, questa volta vi scrivo all’inizio, nella speranza che dopo aver letto non vi salterà l’improvvisa voglia di decapitarmi.
Questa storia era partita con tutt’altra idea, ma poi si è trasformata (infatti ho pubblicato con un giorno di ritardo). Comunque.
Le note della storia verranno messe alla fine, spero che il mio tentativo di ricreare un minimo di mondo tradizionale non sia stupido.
Tutta al storia non ruotava intorno a Thriller Bark, ma Sanji ha preso l’iniziativa su di me – a quanto pare.
Il discorso tra i due è davvero folle e così anche il finale, ma  l’ispirazione si è un po’ bloccata a metà strada: mi farò perdonare!  *sparge cuori*
Oh, tecnicamente la storia si svolge dopo Thriller Bark e Kuma (quindi spoiler per l’anime in tv) e – quindi – dopo che il Marimo si è fatto dilaniare.
Per il resto… uh, partecipa a “A year together” del Collection of Starlight. Con il prompt:
183. Vetri appannati nel bagno di un motel.
So che molti mi ammazzeranno per il mancato yaoi, prometto che la prossima sarà assolutamente una NC_17.
Ora pubblico e cerco di dimenticare il prima possibile questo orrore. Amen.
 
 
 
 
 
{  Yuki  }

N e v e
 
Il Mondo era totalmente bianco, quella sera, come immerso in una tazza di latte freddo.
Dopo una leggera spruzzata di fiocchi lanuginosi sul terreno brullo, le nuvole cineree continuavano a vorticare pigramente nel cielo coperto.
Usopp sbuffò per l’ennesima volta – alla vista di Rufy che cercava di legarsi da solo l’obi1 del kimono scuro – e guardò in alto.
«Sta per mettersi a nevicare di nuovo?»
«No, la temperatura è troppo alta» fece Nami, attraversando il piccolo ponte dall’intarsiata balaustra rossa. «Questi abiti sono magnifici!» Esclamò poi, mentre si legava i corti capelli alla base della nuca; indossava un elegante Furisode2 chiaro dai ricami aranciati e l’obi scura le fasciava strettamente la vita.
Avevano attraccato sull’isola di Hanfu3 qualche giorno prima, seguendo il Log Pose che li aveva portati verso Nord-Est rispetto a Triangle Florian ed erano rimasti abbagliati dalla bellezza di quel posto: l’isola era punteggiata da un gran numero di rivoli dall’acqua limpida e fresca, sormontati da ponti e passerelle decorate oppure percorsi da imbarcazioni sottili e aggraziate.
Il villaggio era formato da piccoli raggruppamenti di case a uno o due piani, con alberi di ciliegio – in quel periodo rivestiti di neve – tutt’intorno. Da quello che gli abitati avevano raccontato loro, quella era una delle rare isole della Grand Line a possedere un clima quasi normale, nonostante il tempo sembrasse scorrere lentamente come acqua di montagna.
Il silenzio quasi innaturale di quel luogo venne sospeso dal solito guastafeste che ancora si lamentava contro tutti i vestiti tradizionali dell’Universo.
«Rufy, la pianti?» Sbuffò la navigatrice, guardandolo disfare la lunga cintura rossa e rischiando tra l’altro di spogliarsi davanti al Mondo.
«Ahh, ti ho detto di smetterla!» Sbottò ancora, tirandogli un pugno nel frattempo che arrossiva come il sole al tramonto.
E addio pace, pensò il cecchino infilando le mani nelle lunghe maniche del kimono verde.
«Ma Nami, non è colpa mia se questo coso è scomodissimo!» Si lamentò lui, accigliandosi.
«Non capisci proprio niente di raffinatezza, tu. Il solito cafone… vieni qui!» Rispose la ragazza, mentre gli sistemava la cintura all’altezza dell’ombelico, rischiando di segarlo in due.
E il loro elegante Capitano non era l’unico ad avere problemi con le tradizioni e le memorie di quell’isola fuori dal tempo, così come poté costatare Sanji mentre mugugnava all’aria tutto il suo disprezzo.
«Cuoco finiscila di borbottare, mi fai venire il mal di testa» grugnì Zoro, prima di rallentare il passo per girarsi a guardarlo. «Cosa c’è?» Chiese poi, accigliandosi allo sguardo incredulo dell’altro.
Sanji emise un versetto di disgusto, mentre si appoggiava al parapetto dell’ennesimo ponte sul largo sentiero innevato che stavano percorrendo.
«Non hai fatto altro che lamentarti per tutta la giornata, abbi almeno la decenza di non rimproverarmi ora!» Sbottò e Zoro sbuffò «Che ci posso fare se questo posto non mi piace?»
Il biondo si girò a contemplare il tortuoso fiume che scorreva sotto di lui, fino a raggiungere la foce che si gettava nel mare tranquillo all’orizzonte: davvero non si capacitava della mancanza totale di una qualche forma di delicatezza in quella testa bacata.
«Marimo, ti ho già detto oggi che sei insensibile come un tronco di legno?» Fece ironicamente.
«Mmh, non ricominciare. Dico solo che questo posto sembra finto» ribatté lo spadaccino. «E l’isola è tutta uguale» continuò, allargando le braccia.
Sanji ghignò «Ah, solo? E comunque non capisci un cazzo di eleganza tu».
«Beh, complimenti Signor Finezza» fece l’altro, appoggiando le mani all’obi chiara che cingeva il kimono nero-verde che indossava. «Me ne vado alle terme!» Continuò a voce alta, ritornando a camminare.
«Ma perché diavolo urli, idiota…»
«Almeno così non c’è tutto questo noioso silenzio
Pochi minuti dopo, Zoro si ritrovò placidamente immerso nell’acqua bollente delle terme Fujiyama, scavate naturalmente nelle rocce laviche che costeggiavano la parte Ovest dell’isola. “Placidamente” almeno fino a quando il solito pazzo sclerotico in slip indecenti non annunciò la sua presenza, urlando come un ossesso.
«Yaah! Testa Verde spostatii!»
Fece a malapena in tempo a salvarsi, che una buona quantità d’acqua andò a invadere il terreno circostante, mentre una capigliatura azzurra galleggiava sulla superficie ancora agitata.
«Franky non potevi immergerti come una persona normale?»Domandò, in via puramente retorica s’intende.
Il cyborg emerse sputando acqua «Così è più divertente» replicò logicamente, con un ghigno a trentadue denti. Ovviamente Zoro non fece in tempo a lamentarsi che anche Chopper e Brook li raggiunsero, facendo più casino possibile e approfittando del fatto che gli abitanti avevano – evidentemente – deciso di voler preservare la propria sanità mentale.
«Yohohoh, che belle le terme!» Stava esclamando Brook, con la solita risata trascinante.
«Tutta questa neve e i ciliegi mi ricordano Drum» fece invece Chopper, emozionato, appoggiandosi al bordo della vasca.
«Oi piccoletto, vedi di non affogare!» Sbottò Franky, mentre gli altri ridevano.
Sanji si avvicinò lentamente, fumando la solita sigaretta «La piantate di fare tutto questo casino?» Provò a dire, lanciando un’occhiataccia ovviamente alla Testa D’Alga.
«Suuuper, Torciciglio! Vieni anche tu a divertirti con noi!» Urlò Franky, schiaffeggiando l’acqua davanti a sé.
Sanji li fissò per un attimo «No, grazie. Credo proprio che andrò ad annoiarmi un po’ in camera» sibilò, entrando nel piccolo ryokan4; si tolse i sandali di legno e si avviò verso la sua camera.
A guardare quel mondo bianco aveva la sensazione di essere immerso in un limbo di percezioni attutite, come se la realtà si fosse diluita nella neve l’istante stesso che avevano attraccato.
O forse semplicemente non era abituato a tutta quell’assenza di colore.
Non si era mai soffermato a pensare che un panorama così diverso da quello a cui era abituato avrebbe potuto causargli quelle strane sensazioni; dopotutto  avevano visto infinite terre e isole, tuttavia neanche l’isola del Cielo gli aveva causato tutta quell’ inquietudine.
«Oi, cuoco…»
Zoro aprì la porta socchiusa con una spalla, nel frattempo che si sistemava l’asciugamano e sbadigliava a pieni polmoni.
«Idiota!» Esplose il cuoco, tirandogli dietro uno dei sandali in legno che venivano offerti agli ospiti del piccolo albergo.
«Ahia! Ma cosa diavolo ti è preso?!» Sbottò lo spadaccino, massaggiandosi la parte lesa – come al solito la fronte, dove l’altro presumeva ci fosse il vuoto totale.
«Già hai osato definire noioso un posto del genere e ora te ne torni seminudo in camera, mentre sto pensando? Termine che tra l’altro tu non sai neanche cosa significa!» Proruppe Sanji, alzandosi a fronteggiarlo.
Nonostante la sua bellezza, Hanfu era un’oasi sconosciuta e priva di turisti; quella era in assoluto l’unico albergo dell’isola e loro erano stati costretti a dividersi le poche camere esistenti. Per inciso, lui era ancora lì a chiedersi quale maledizione lo avesse portato a condividere qualcosa con l’essere più rozzo e più insopportabile del pianeta.
«Oh, scusami se ho interrotto il tuo profondo pensare, cuoco, ma questa è anche camera mia ed io vado in giro come diavolo mi pare» grugnì Zoro, buttandosi sfrontatamente sul futon, senza darsi certo la pena di rivestirsi.
Sanji alzò gli occhi al cielo con uno sbuffo «Mi chiedo ancora perché non sia capitato con Nami-chan o Robin-swan, invece che con un Uomo-Alga».
«Perché tu sei un maniaco bavoso» replicò l’altro, mentre si passava un asciugamano sui corti capelli ancora bagnati.
«Va al diavolo» lo liquidò il biondo, ritornando a dedicarsi al suo paesaggio imbiancato, incorniciato dai vetri inumiditi.
«Si può sapere cosa ci trovi di tanto bello nella neve?» Mugugnò brusco Zoro, dopo qualche minuto di silenzio; il cuocastro isterico gli rompeva le scatole da due giorni con la bellezza e la delicatezza di tutto quello, ma lui proprio non ci vedeva niente.
Sanji sospirò lievemente, poi si sdraiò sul futon, abbandonando le braccia lungo il corpo «Non lo so, però la neve mi piace… è così delicata e leggera, ma al contempo abbagliante e forte. Salta tanto agli occhi che fa male» spiegò, socchiudendo gli occhi contro il soffitto color pastello.
Zoro lanciò un’occhiata alla finestra, soppesando le sue parole, poi tornò a fissarlo «A me sembra solo… piatta».
Sanji fece un versetto, seguito da una risata sempre più forte «Marimo sei davvero un caso perso!» Esclamò, mentre si alzava. «Magari è solo una mia impressione…» continuò, mentre andava verso il bagno.
Zoro sentì il getto d’acqua che scivolava nella vasca e la voce del cuoco che intonava sommessamente qualcosa, attutita dalla porta scorrevole. Effettivamente una singolare sensazione di quiete lo aveva colto già qualche ora prima; quiete che non era più noia, ma qualcosa di diverso: starsene lì a parlare tranquillamente col cuoco, a fare riflessioni, a sentirlo cantare, mentre si muoveva delicatamente per la stanza, facevano parte di quel mosaico d’impressioni.
Tuttavia non era da lui fermarsi a ragionare sulle sensazioni e le percezioni che particolari attimi gli causavano, soprattutto perché lui non era davvero portato a rimuginare sulle cose. Molto spesso accadeva solo che lui – semplicemente – decidesse e basta; agiva e faceva cose, cose che lo facevano stare bene e quello bastava.
«Marimo, vieni un attimo qui».
La voce scazzata del cuoco arrivò a interrompere l’esile filo dei suoi pensieri, ovviamente senza sprecarsi a domandarlo con un minimo di garbo.
«Che gentilezza, cuoco, davvero!» Sbottò, mentre indossava un kimono da camera blu scuro.
«Non rompere e muoviti o ti prendo a calci!»
Maledicendo la strega che li aveva costretti a convivere, Zoro spalancò la porta del bagno con un cipiglio, ritrovandosi un cuoco alquanto schifato che reggeva il suo reggipancia tra due dita.
«Allora?» Grugnì Sanji, con espressione disgustata.
«Allora?» Ripeté Zoro, appoggiando una spalla alla parete di legno.
«Perché questa cosa è qui?!» Sbottò l’altro, perdendo la pazienza.
«Perché è mia» replicò lui, con la faccia di chi comunica qualcosa di molto logico.
«Mi pare di averti detto che fine faceva, se la ritrovavo in giro nella mia camera».
«Nella nostra camera, intendi dire» ribatté lo spadaccino, già sul sentiero di guerra.
Sanji sospirò «Marimo, ho la sventura di condividere un buco di stanza con te e dobbiamo stare qui altri tre giorni, vorrei evitare di doverti spaccare il cranio…» provò a dire, con somma sopportazione.
Zoro ghignò «Non farmi ridere, casomai sono io che dovrei sprecarmi ad usare le mie katane su di te, cuoco da strapazzo».
Stallo.
Si fissarono per un po’, poi lo sguardo del biondo scivolò sull’altro, squadrandolo «Ora non hai le spade» gli fece notare con leggerezza.
«Credi davvero che abbia bisogno delle spade per darti una lezione?» Chiese sinceramente sorpreso lo spadaccino, allontanandosi dalla parete.
Le soluzioni erano due: cominciare il solito giro e passare le successive ore a mandarsi morsi e calci, rovinando definitivamente quella magnifica giornata, o lasciare correre – almeno per una notte.
Tutto sommato a Sanji piaceva credere di essere intelligente, qualche volta.
«D’accordo, tieniti questa roba e lasciamo stare» rimbrottò stizzito, tornando a smanettare col rubinetto.
Zoro fissò alternativamente panciera e cuoco, come per decidere il da farsi, poi ghignò «Peccato cominciavo a divertirmi…»
L’altro lo liquidò con un frettoloso gesto della mano «Gioca da solo per stanotte Marimo, ora voglio rilassarmi» scandì, infilando una mano per controllare la temperatura dell’acqua, mentre l’altro lo guardava.
Successivamente avrebbe attribuito la colpa all’Universo intero, dalla neve – assolutamente colpevole di aver reso schifosamente delicato l’animo già profondamente instabile del cuoco  ̶ , ai vapori annebbianti del suo maledetto bagno che gli avevano, senza alcun dubbio, mandato in avaria il cervello. In ogni caso, qualunque giustificazione adducesse a quell’insignificante momento durato meno di un battito di ciglia, la verità era che un calore che aveva poco a che vedere con il vapore, stava gradualmente avendo la meglio sulle sue residue capacità intellettive.
Quel posto era contagioso.
L’animo da fiero spadaccino non gli avrebbe certo permesso di tirarsi indietro, peccato che lui non avesse la più pallida idea di cosa fare e, una volta tanto, si ritrovò a pensare senza una meta ben precisa.
«Le alghe che hai nel cervello si sono rinsecchite per caso?» Gli fece Sanji, guardandolo perplesso.
A lui non fregava un accidente della presenza più o meno silenziosa del Marimo, ma essere fissato per più di dieci secondi all’interno di un ambiente così piccolo gli dava su i nervi.
«Devi dirmi qualcosa?» Provò di nuovo, sarcastico.
Zoro batté le palpebre un paio di volte, probabilmente rimettendo in moto la materia grigia, e lo guardò «Eh? No, niente. Muoviti» riuscì a biascicare, prima di dileguarsi con suprema dignità.
Sanji sospirò, immergendosi finalmente nella vasca invitante.
Ora, lui era un guerriero dedito al sacro Bushidō5 non una donnicciola malamente travestita da cuoco megalomane, quindi non aveva idea di quanto dovesse esattamente durare un “bagno rilassante”.
In linea generale Zoro era particolarmente convinto che due ore fossero troppe.
«Cuoco, sei vivo?» Chiamò a occhi chiusi, senza ottenere risposta. «Oi è ritornata anche la tua dannatissima neve!» Gridò ancora, mentre all’esterno una leggera nevicata cominciava a posarsi sul villaggio.
Dopo aver tentato un altro paio di volte, soprattutto per ricordargli che il bagno non era di sua esclusiva proprietà, mandò la tregua a farsi benedire e si avvicinò alla porta – porta che si aprì abbastanza facilmente, senza neanche il bisogno di sfiorarla quasi.
«Un pesce in ammollo…» commentò con un ghigno, alla vista dell’altro inabissato fino al naso nell’acqua bollente – e nel vapore che aveva inondato la stanza.
«Dimmi, perché mi rompi le palle, anche se per una volta non sono io a infastidirti?» Domandò Sanji, davvero troppo sereno anche solo per pensare di litigare con chiunque e, soprattutto, non con lui che gli faceva venire l’emicrania ogni volta.
«Mi annoio e tu sei l’unico diversivo vivente da queste parti» ribatté lo spadaccino, scrollando le spalle.
Il biondo aprì un occhio, resistendo al violento impulso di alzarsi e affogarlo, poi sospirò «Parla quanto vuoi, tanto ho il cervello scollegato».
Zoro rise «Quest’isola ti fa davvero uno schifoso effetto, cuoco. Peggio di una donna!» Esclamò, incrociando le braccia e inclinando il capo.
«Meglio essere una donna che un Essere insensibile» replicò lui.
«Credi davvero che io sia insensibile?»
D’accordo non era stata una domanda intelligente, soprattutto perché sapeva già la risposta. Sempre per colpa della situazione vagamente surreale però, quel pensiero gli si era formulato sulla lingua, quasi prima ancora di pensarlo.
Sanji si rizzò contro il bordo della vasca e lo guardò senza quella familiare voglia di prenderlo in giro, tanto per cambiare. Anzi, senti quasi di poter parlare con lui – cosa che avrebbe felicemente negato fino alla morte, fuori da quella stanza.
«Mah, alla fine ognuno ha un suo tipo di sensibilità… e tu sei uno spadaccino, quindi non ci si può aspettare poi tanto da te» rispose con fare saccente.
«E che cazzo centra?» Borbottò Zoro, lanciandogli un’occhiataccia.
Sanji scrollò il capo, sorridendo «Tutte quelle regole che ti dai per vivere non ti aiutano di certo».
Zoro sospirò: aveva capito fin dall’inizio dove sarebbe andato a parare quel discorso.
«Non sono regole vere e proprie, però mi fanno vivere bene. Anche tu hai delle tue regole, no?» Grugnì, appoggiandosi al basso ripiano in legno scuro.
«Però le mie regole non m’impediscono di provare emozioni» replicò il biondo, allungando una gamba nuda sul bordo della vasca.
«Non prendermi in giro, io provo emozioni e tu lo sai».
«Sì…» replicò fievolmente Sanji, ripensando a quel preciso momento lì, a Thriller Bark: quando quel cretino aveva deciso di fare l’eroe e lui aveva smesso di respirare per due giorni interi.
«Però non mi faccio controllare» continuò aspro lo spadaccino, mentre l’altro si accendeva una sigaretta, con un sorriso amaro: quel giorno si era buttato tra le braccia dello Schichibukai seguendo ciecamente proprio il suo stupido orgoglio, senza permettersi di guardare altro.
Senza pensare che la sua decisione potesse fare male a qualcun altro.
«Non è vero» decise di dire, mentre espirava il fumo. «Quando segui le tue emozioni, ti fai prendere e non pensi ad altro, anzi proprio non pensi, testa vuota» disse, fissandolo severamente.
Zoro lo guardò indecifrabile per qualche istante «Magari è proprio il mio scopo, cuoco, ci hai mai pensato?»
«Allora vuol dire che sei egoista» ribatté lui, sfidandolo con un’occhiata arrogante.
Dopotutto le azioni in cui quell’idiota si era lanciato, rischiando di farsi affettare, non erano nemmeno numerabili: al Baratie, a Whiskey Peak, ad Alabasta, a Skypiea, a Thriller Bark; aveva sempre anteposto le sue azioni ai sentimenti dell’intera ciurma.
Zoro si passò una mano nei capelli, con nervosismo «Non capisco dove vuoi andare a parare, non mi sembra che ci siano mai state conseguenze negative, no? Sono sempre stati tutti bene!»
Sanji represse un mugugno di rassegnazione «E questo che diavolo centra? Io parlo di sentimenti non di azioni. Hai sempre rischiato più del necessario, anche quando non serviva e non hai mai pensato a nient’altro!»
«Non è vero, pensavo a combattere!» Insorse Zoro, avvicinandosi alla vasca.
Sanji sospirò, chiudendo gli occhi «Lasciamo perdere… ora esci che devo vestirmi» borbottò, appoggiando le mani ai lati della vasca. Dopotutto a discutere con la sua testa cava non ci guadagnava un bel niente.
Peccato che quello fosse più cocciuto di un mulo.
«No, adesso mi spieghi, cuocastro!» Sbottò, infatti, mettendosi in mezzo.
Sanji lo guardò di sotto in su come se si fosse rimbecillito «Non posso stare in ammollo solo perché tu non capisci una cosa tanto semplice, Marimo!»
Non finì la frase che un candido asciugamano gli volò in faccia.
«Muoviti» grugnì Zoro.
Sanji emise una sorta di ringhio «Devi per forza rovinarmi le giornate, spadaccino idiota» rimbrottò, alzandosi tranquillamente in tutta la sua nudità e circondandosi la vita con l’asciugamano.
Tranquillamente era una parola grossa, così come lo era chiamare “indifferenza” quella che stava ostentando l’altro in quello stesso momento. Per la precisione, uno desiderava ardentemente liquefarsi nella stessa acqua che gli lambiva le caviglie, mentre l’altro avrebbe volentieri optato per un’onorevole e veloce uscita di scena.
«Cuoco non ti avevo ordinato di fare presto? Mica devi fare una sfilata!» Sbottò Zoro, che si chiedeva stupito quanto diavolo durassero due secondi.
Sanji sbuffò «Stupido Marimo, se sei così vergognoso vattene di là!» Ribatté, mentre assumeva una vaga colorazione rosata.
«No, dobbiamo finire il discorso! E nell’altra stanza te ne andresti!»
«Come se fossi io quello che tronca i discorsi a metà, Signor “non voglio mai parlare”. E almeno girati!»
Zoro si girò di spalle con un profondo sospiro d’immane sopportazione «Donnicciola…» bisbigliò, ma a voce abbastanza alta.
«Fino a prova contraria, sei tu che hai fatto l’isterico» replicò Sanji, infilandosi velocemente il kimono azzurro.
«Io?! A me non ha fatto assolutamente niente, mi lamentavo per la lentezza!» Sbottò, girandosi di scatto e con la voglia di farlo fuori. «E poi, non è che tu sia proprio un bello spettacolo!»
Sanji scosse il capo per la duecentesima volta «Come se a me interessasse la tua opinione…»
«Però sei arrossito» commentò, con un ghigno brutalmente sincero.
Sanji arrossì – visibilmente stavolta – cosa che non fece altro che aumentare la sua voglia di prenderlo a calci «E’ il vapore!»
Quella l’aveva già sentita. Soprattutto perché era stato lui ad inventarla.
Toccò a Zoro scrollare il capo spazientito, tuttavia si ritrovò a sogghignare per la stramba e irreale situazione in cui si trovavano.
«E poi come mai tu puoi andartene in giro nudo ed io no?» Continuò ancora la voce del cuoco, mentre lui lo fissava.
«Io non ero nudo, sei tu che sei facilmente impressionabile, grande conquistatore» precisò Zoro.
«Non è che tu sia proprio come Nami-chan, brutto scorfano verde» rimbeccò Sanji, mentre si stringeva l’obi alla vita con tocco esperto.
«Ti ho già detto che non sei un bello spettacolo?» Ripeté lo spadaccino, squadrandolo da capo a piedi.
Uno scocciatore che lo fissava come merce in esposizione all’interno di uno spazio ristretto riuniva decisamente tutte le cose che più detestava al Mondo, dopo lo spreco di cibo.
«Non guardarmi in quel modo! E comunque c’è un sacco di gente che non la penserebbe come te, ci scommetti?»
«Non penso proprio» tagliò corto lui, con tono pungente.
Sanji lo guardò per qualche istante, soppesando la sua espressione arcigna «Cos’è quella faccia?»
«E’ la mia faccia, cuoco, non è cambiata negli ultimi dieci minuti che abbiamo discusso» ironizzò l’altro.
«Idiota, dicevo l’espressione» ribatté il biondo, senza che i suoi occhi lo abbandonassero.
Zoro emise una specie di grugnito «Mi risparmierai la tua visione nuda in giro per l’isola, vero?»
«Scherzavo, Marimo deficiente».
«Bene» terminò lui, portando lo sguardo verso la vetrata appannata dal calore della stanza. «Dovremmo far passare dell’aria. Vado di là» annunciò dopo una piccola esitazione, con il solito tono da capo-gorilla e mollandolo a chiedersi cosa diavolo gli fosse passato nel cervello.
Sanji gli mandò qualche maledizione mentale, prima di svuotare la vasca a rendersi conto di quanto male avesse indossato il kimono, tutto per colpa dello sguardo da pesce lesso del Marimo urticante.
Dall’altra parte Zoro sospirò, pensando lietamente di aver evitato la realizzazione di un incubo; perché il cuoco che andava in giro nudo in un albergo affollato di gente doveva senza dubbio essere in suo incubo più ricorrente – ritornando al fatto che il corpo del cuoco non era esattamente una bell’immagine.
«Allora Marimo, qual’era il discorso folle che stavamo facendo prima della parentesi “nudità”?»  Gli fece il cuoco, uscendo dal bagno con un asciugamano a scompigliarsi i capelli bagnati.
Di certo non era una cosa da tutti i giorni vederlo disordinato e, soprattutto, non insopportabilmente studiato come capitava sulla nave. E doveva essere proprio per quel motivo che Zoro si ritrovò a parlare, ancora una volta senza aver prima collegato la lingua al cervello.
«Così sembri quasi umano».
Frase che non poteva far altro che riportare alla cara discussione che avevano così amenamente iniziato in un bagno.
Sanji si bloccò in mezzo alla stanza «Non avevamo detto che sei tu l’androide?»
«Questo è quello che dici tu, cuoco. Io seguirò anche delle regole che non ti piacciono, ma non è che tu sia il massimo della naturalità» commentò, avvicinandoglisi.
«Ma che cazzo stai dicendo?»
«Che sei un damerino sdolcinato e melenso» lo prese per il culo, con un ghigno.
«Il fatto che io sia dotato di buona educazione non è la stessa cosa di te che fai la prima donna!» Sbottò lui.
Zoro sospirò, stanco dei giri di parole che loro due erano soliti usare quando incautamente si lanciavano in quelle discussioni.
 «Perché?»
Sanji sospirò «Perché non sei più un Cacciatore di taglie solitario, c’è un intera ciurma che ti segue. E non puoi buttare al vento la tua esistenza tutte le volte che vuoi, perché questa volta ci sarebbero persone che soffrirebbero per te» buttò fuori, giusto perché quel discorso lo aveva stancato.
L’altro lo guardò stupito «Io non rischio la vita a caso, lo faccio per aiutare la ciurma, lo sai».
«Cazzo, Marimo, cerca di seguirmi: Rufy si butta come un pazzo in ogni situazione, ma lui è di gomma, tu no. Potresti usare di più il cervello, invece dei muscoli!» Ribatté Sanji, mollandogli un calcio ad una gamba.
«Guarda che non sono imbecille, io uso il cervello!» Sbottò Zoro, ma il biondo rise «Oh, quella mossa sacrificale con l’orso lì è stata geniale davvero!» Ironizzò, tornando verso il bagno.
«Era l’unico modo per salvare Rufy e comunque eravate tutto svenuti, quindi ho pensato che nessuno di voi avrebbe potuto stare male» rimbeccò in difesa Zoro, seguendolo.
Sanji gettò a casaccio l’asciugamano e si girò a fronteggiarlo «E una volta che ci saremmo svegliati senza trovarti? Che cazzo di ragionamento! E io mi sono svegliato, pensa se lo avesse fatto Rufy e avrebbe capito che ti stavi sacrificando per lui!» Lo aggredì, tirando fuori tutto quello che avrebbe preferito dimenticare, almeno per un po’.
«Lui… lui non poteva svegliarsi, era troppo ferito».
«Non ci hai pensato vero?» Fece il cuoco, lanciandogli un’occhiata.
«E comunque è andata tutto bene alla fine: lo Schichibukai ci ha risparmiato e io ho rimediato solo qualche ferita» replicò cocciuto Zoro,appoggiandosi al lavello dove Sanji lasciava scorrere l’acqua.
«Ancora con questo discorso idiota…» ribatté, roteando gli occhi.
«No, sei tu che ragioni come un idiota. Con i ‘se’ e i ‘ma’ non si agirebbe mai!»
Sanji lo inchiodò sul posto con sguardo furioso «Ma io ho visto e questo non cambia» tagliò corto, chiudendo il rubinetto.
Nel silenzio del bagno, Sanji sentì il suo cuore battere in modo inconsulto e la sua mente mandargli segnali di pericolo: aveva esagerato, aveva detto persino troppo al Marimo, tuttavia non poteva farci nulla: l’immagine di lui che gocciolava sangue in una radura completamente schizzata di rosso gli affollava i sogni.
«Allora è questo il problema? Ti sei spaventato?» Gli domandò sprezzante Zoro, allungando un braccio che il cuoco gli schiaffeggiò via «Potevi anche ucciderti, non mi interessa quello che fai della tua vita, però tieni conto che ci sono altre sette persone che possono piangerti. Non devi farle soffrire inutilmente» disse in un sussurro roco, dandogli le spalle per sparire verso la camera.
Zoro gli tirò un lembo del kimono, trattenendolo «Mi dispiace cuoco, ma io l’ho fatto per salvarci tutti, per salvare la ciurma, non per me. E’ per quello che ti ho colpito, non volevo che tu o qualcuno altro fosse lì, ma soprattutto tu».
Sanji sospirò «Mi hai colpito perché non volevi che ti convincessi?»
«Io… non volevo che ti sacrificassi, non avrei avuto la forza di guardare» rivelò, con la voce che si abbassava di qualche tono.
«Però io te l’ho permesso, mi sono fatto colpire e sono svenuto. Non ho visto» continuò il biondo, passandosi una mano sugli occhi lucidi.
Zoro scrollò il capo, mentre lo faceva girare «E’stata colpa mia, io sono quello egoista. Tu volevi solo aiutarmi».
«Ma mente io perdevo i sensi, tu stavi soffrendo per tutti noi, cazzo. Potevi morire mentre io dormivo!» Sbottò Sanji, cercando di liberarsi dalla sua stretta.
Zoro gli strinse un braccio, mentre l’altra mano gli circondava la vita «Non devi sentirti in colpa, non è stata colpa tua» ripeté, con sguardo fisso su di lui.
«Non ripeterlo come se fossi davvero un isterico!» Proruppe Sanji, mollandogli un calcio. L’altro strinse la presa e lo avvicinò, fino a quando non se lo ritrovò quasi addosso «Tu non sei isterico, ti preoccupi per tutti
e questo è bello».
Sanji smise di agitarsi e lo guardò, scoprendolo sorprendentemente vicino. Se il cuore non avesse smesso di battere, probabilmente avrebbe cominciato a sentirlo pure lui «Sono un idiota» disse atono, come se solo in quell’istante si rendesse conto di tutto quello che gli aveva detto.
Zoro ghignò «Lo sapevo già!» Esclamò, poi il sorriso gli scivolò via dal viso, mentre gli afferrava una ciocca di capelli umidi. «Scusa» fece solo.
Sanji lo guardò sconvolto e – sebbene fosse la prima volta che lo sentiva scusarsi – tutta la sua attenzione era mentalmente rivolta alle misere due dita che scivolavano giù per quella maledetta ciocca di capelli.
«N-niente. Prova a non suicidarti, la prossima volta» balbettò l’altro, sentendosi ancora più idiota nel frattempo.
Si guardarono in silenzio, mentre mille istanti che non avevano il coraggio o la forza di vivere scivolavano tra loro, aleggiando nella piccola sala umida.
«Io voglio andare a vedere la neve. Hai detto che è tornata a cadere, no?» Annunciò Sanji, liberandosi dalla sua presa per correre alla finestra. «Mi chiedo ancora come diavolo possa non piacerti! Sarai anche sensibile, in fondo, ma non apprezzare uno spettacolo del genere è da rozzi cavernicoli!» Esclamò, con tono vagamente nevrotico.
In realtà il suo pensiero preciso era quello di rimuovere qualsiasi azione, cosa, pensiero e parole fatti o pronunciati meno di due ore prima e – ovviamente – cancellare il fotogramma che vedeva loro due incastrati tra il lavello e la parete di un bagno.
Zoro fece qualche cauto passo verso la soglia del bagno, nel caso di altri sandali dalla suola dura volanti, poi si avvicinò alla finestra «Comincio a credere che tu abbia ragione, cuoco» fece, mentre quello lo fissava circospetto. «La neve sembra davvero leggera e forte come dici… e, oh, abbagliante».
«Non prendermi per il culo, Marimo!»
Zoro lo guardò con aria terribilmente seria «Non sto scherzo, solo pensavo… se ti piace tanto dovrà pur avere qualcosa di bello, altrimenti risulteresti davvero stupido!» Replicò, scocciato.
«Vuoi che ti prenda a calci?» Ringhiò Sanji, girandosi a fronteggiarlo.
Tuttavia il Marimo doveva essere già stato malmenato da qualcuno o comunque doveva aver battuto la testa, perché quell’espressione strana non abbandonava i suoi occhi scuri.
Sanji continuò a sentirli addosso per parecchi secondi, mandandogli non pochi brividi - colpa sempre del solito vapore che gli aveva causato di certo una sorta di scompenso termico -, prima di abbandonarlo per ritornare a guardare fuori, dove le terme e il villaggio sembravano scomparire sotto il bianco illuminato da una timida luna.
«Parlami della neve, cuoco».
«Ancora?!» Sbottò lui, incredulo.
Zoro annuì, senza arrabbiarsi come faceva ogni volta. «Sì, ancora».
 
 
 
               Per le note:
 
1 L’obi è la cintura tradizionale per i kimono giapponesi. Qui tutte le informazioni.
2 Il Furisode è un tipo di kimono femminile dalle maniche molto larghe, indossato di solito dalle giovani nubili. Per altre informazioni, here.
3 Hanfu è il vestito tradizionale cinese. Cosa centra? Beh, è da qui che è nato e si è sviluppato il kimono giapponese, quindi ho deciso di chiamare l’isola in questo modo. Ancora, per informazioni, qui.
4 Il Ryokan è un albero tradizionale giapponese, spesso creato proprio nei pressi delle terme (onsen). Proprio per questo ho parlato di futon, terme, eccetera. Anche nella descrizione ho provato a ricordare la tradizione.
 
In più volevo sottolineare che il nome delle terme deriva dal famoso monte Fuji, simbolo del Giappone, il cui nome completo è Fujiyama.
Beh, non ho altro da dire, aspetterò le vostre recensioni di morte. XD
Buona lettura!  
 
 
 
   
 
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