Libri > Cronache del mondo emerso
Segui la storia  |       
Autore: shining leviathan    14/05/2010    4 recensioni
" Devi capire, Reis" ringhiò " che la bellezza è tutto" da allora sarà la sua ossessione e la sua maledizione. Amerà un unico uomo tra tanti. Colui che venne chiamato in seguito, il Tiranno. il primo capitolo è un pò corto ma sono a buon punto del secondo!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aster, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Pain of a woman'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Dopo molto tempo, rieccomi! Per scrivere l’ultima storia della mia serie. Eh sì, questa è proprio la fine.

Soana non la farò perché non avevo idee, scusate. Questa storia non è all’altezza della altre, lo dico già, perché mi concentrerò su un ipotetico passato di Reis, una cosa senza pretese che mi è venuta dal cuore, Sinceramente.. A voi la lettura ora, grazie a chi mi ha seguito fino adesso! L’ho apprezzato veramente molto, grazie, grazie di tutto ^_^

Ah ecco, dividerò la storia in due capitoli: infanzia e maturità, non saranno bellissimi ma….. cercate di capirmi…. Comunque buona lettura.

 

 

 

 

Cento colpi di spazzola.

I miei capelli sembrano rilucere alla debole luce delle torce. Il color oro è più accecante  che mai nonostante siano settimane, forse mesi che non li lavo. Districo con forza una matassa di sudiciume sulle punte, stringendo i denti in una smorfia di dolore e rabbia, osservando i crini ingarbugliati finire sul pavimento lordo di sangue. Il mio sangue.

Un piccolo prezzo da pagare per il peccato di un’intera vita.

Provi a fermarmi, adesso.

 

 

Ricordare con precisione il momento ,per me, è sempre stato difficile.

Era una mattina d’estate inoltrata, il caldo ci aveva raggiunto anche alla residenza nella Terra dell’Acqua, ed io correvo per il giardino cintato a piedi nudi, per non dover sopportare la stretta terrificante di quelle scarpine dalla punta triangolare e dall’improbabile tacco.

A cinque anni volevo vivere come una qualsiasi bambina. Coi capelli sciolti nel vento profumato e l’erba ad accarezzarmi le piante dei piedi, incurante dei problemi del mondo finchè ne avevo la possibilità.

Allora avevo solo la preoccupazione di esistere e giocare con mio fratello maggiore, assillandolo con i miei continui capricci che lui, con buon cuore, esaudiva sempre.

Mio padre disapprovava che un ragazzo dell’età di Avel si dilettasse a giocare con sua sorella piuttosto che adempiere agli obblighi di camerata, quali allenarsi a tirar di spada e sopportare la vita rude da militare.

Lui non aveva la stoffa del guerriero , me ne accorgevo anch’io. Avel poteva essere di tutto tranne che un cavaliere.

Mi ricordo che aveva un viso gentile, dai tratti finemente cesellati, e due occhi grandi e placidi. Una persona che ispirava serenità, un rifugio sicuro dopo che le ramanzine di mio padre scuotevano nel profondo l’animo indomito con cui mi ritrovavo a convivere. Le sue carezze erano più dolci dell’aria che respiravo, forse l’unica cosa che mi sia rimasta di lui dopo tanti anni passati a contemplarne il viso nella mia mente. Disfatto dalla nebbia dell’oblio.

Nei miei ricordi corriamo insieme, nel prato punteggiato di giallo, coi piedi nudi e una risata spontanea a riempire l’aria, complici come si poteva essere solo tra fratelli.

Mi appesi al ramo di un albero vicino al porticato, lasciando il mio corpo a dondolare come un salame. Le braccia sottili erano tese nello sforzo, pallide come il resto dei miei arti, e i capelli dorati, sciolti dall’insopportabile crocchia, ricadevano come un manto sulle mie spalle ,odorosi di mughetto.

Le mie labbra si piegarono in un sorriso quando un filo di brezza me li fece danzare attorno al viso, eliminandomi la visuale quando una ciocca si posizionò fastidiosamente sui miei occhi. Sbuffai, avvertendo in un attimo la stanchezza accumulata nella mattinata, ed accolsi con piacere quella frescura che mi accarezzava la fronte umida.

Con i muscoli indolenziti mi lasciai cadere a terra, atterrando però col didietro nella polvere.

Imprecai, sovrastata dalle fragorose risa di Avel, e solo quando rialzai lo sguardo dalla scucitura della gonna mi accorsi che non eravamo soli.

Gli occhi chiari di mia madre ci fissavano gelidi, accusandoci di qualche eresia celata dalle lunghe ciglia scure. Mi irrigidii.

Ero sporca, in disordine, e con un fratello che sembrava  aver perso il dono della parola vedendo la piccola donna poggiata a braccia conserte sul transetto del passaggio.

Per attimi che ci sembrarono interminabili, squadrò i nostri vestiti, i capelli, oscurandosi disgustata per le pietose condizioni in cui ci eravamo ridotti.

“ Reis” il mio nome sulle sue labbra suonò terribile, pieno di un’ira che lo faceva somigliare ad un’imprecazione inaccettabile. Io mi alzai, abbassando umilmente gli occhi  sui piedi, accorgendomi solo in quel momento che le scarpe si trovavano in mano a mia madre, che le sventolava come un ripugnante trofeo.

“ Vieni qui immediatamente. E tu, Avel, corri subito da tuo padre. Ti sta cercando”

Avvertì il silenzioso assenso di mio fratello, che mi passò accanto toccandomi un spalla. Ruotai un poco gli occhi per notare il sorriso mesto che mi dedicava, e risposi con un sospiro.

Fu l’ultima volta che lo vidi. Sparì dentro casa per non uscirci mai più. L’ombra della stanza che affacciava sul giardino non me lo avrebbe mai più restituito.

Così credevo nella mia mentalità infantile, ma solo anni più tardi venni a sapere che il suo drago l’aveva incenerito con una fiammata.

Lo piansi sempre nel segreto del mio cuore.

“ Reis” ripetè mia madre impaziente, così mi affrettai ad afferrare le mano che mi porgeva per seguirla nella sua stanza.

 

 

Mia madre dormiva in una stanza separata da quella di mio padre, circondata da mobili talmente pesanti che sarebbe stato impossibile spostarli anche solo per dare una spolverata. Innumerevoli boccette colorate se ne stavano sui ripiani delle mensole, ingombrando anche il ripiano in madre perla della specchiera. Quello era il regno incontrastato di mia madre, avvolta nella presunzione che quei prodotti potessero donarle la bellezza diafana delle ninfe, sopprimendo la sua naturale “gnomezza” come la chiamava  lei.

Odiava ciò che era. Non potersi confrontare con altri umani alla pari, ma sempre dal basso all’alto,  la umiliava nel profondo.

L’ altezza non era stata mai un problema per me. Ero fiera di essere quello che ero.

Ma ciò che disse mia madre quel giorno mi cambiò nel profondo . Forse non era niente di eclatante o particolarmente sconvolgente, ma nella mia mentalità puerile lo presi come un ordine. Un ordine che avrebbe determinato il mio destino futuro.

Si avvicinò a me, dopo un silenzio che parve durare un eternità, e mi prese per un braccio stringendolo fino a farmi male. Gemetti, con gli occhi pieni di lacrime, e cercai di divincolarmi  dalla morsa ferrea ,ma lei non mi lasciò scampo.

Mi trascinò verso lo specchio intarsiato di madreperla e ,nonostante scalciassi come un’ossessa,  mi sollevò con forza incredibile e mi depose sullo sgabello. Ebbi solo il tempo di vedere il volto angosciato e pallido del riflesso prima che me  lo coprisse con una pezza umida dall’odore ributtante. Sfregò la pelle con violenza, facendomela bruciare come un carbone ardente, e la puzza insopportabile mi salì su per le narici, soffocando i miei singhiozzi con il suo effluvio nauseabondo.

“ Devi  imparare, Reis” ringhiò passandomi il panno sulla fronte “ Che la bellezza che ti è stata data non devi sprecarla!Sei una sciocca, una sciocca bambina!!”

Singhiozzai, non più per fastidio, ma per le parole dure che mi stava rivolgendo. Come poteva dirmi queste cose?

“ Basta…” mormorai con voce rotta e allungai la mano per bloccare la sua, ma lei me la schiaffeggiò, continuando la sua opera di pulizia, inondandomi di severe nozioni.

“ Una gnoma se non ha la bellezza è perduta! Chi vuoi che ti sposi, piccola e brutta, eh? Rispondimi!”

La prima volta che aprii bocca, sentii sulla lingua il sapore amaro della stoffa, ma cercai ugualmente di difendermi, cercando di divincolarmi.

“ Avel mi sposerà, ha detto che lo farà!!”

Mia madre emise una risata secca, togliendomi finalmente la pezza dalla faccia.

“ Non ci si sposa più tra fratelli, allora come farai? Rimarrai zitella?”

Scossi la testa, pigiandomi le mani contro le orecchie.  Non volevo ascoltarla, volevo solo andarmene.

Cosa poteva interessarmi la bellezza? Io era troppo piccola per capire queste cose, non volevo nemmeno ascoltarla mentre parlava dei suoi amanti con me, come se fossi la sua confidente preferita, come potevo capire?

A cinque anni non sapevo com’era fatto un uomo, ne mi importava. Ero ad un’età in cui i maschi sono solo compagni di giochi, non mariti, amanti e fidanzati.

Cosa voleva da me?

Dopo questa tortura mi circondò con le sue braccia pallide, profumate. I capelli neri mi solleticarono il viso, bagnato da lacrime di umiliazione e schifo.

Mi baciò la guancia, delicatamente, e mi accarezzò i capelli con il poco spirito materno che le rimaneva.

“ Reis” disse dopo un po’. Il suo alito dolce si insinuò nelle mie orecchie, melenso e spesso come nebbia “ Io voglio solo che tu sia felice”

Tremai.

“ Io sono felice”

“ Lo so amore, ma presto non sarà più così. Crescerai e allora la vita ti parrà sempre meno bella. Lo dico per esperienza personale ,Reis. Anch’io avrei voluto correre e giocare come te in eterno, ma ho dovuto sposarmi e sopravvivere in un mondo non mio. Piccola, essere diversi ha sempre il suo prezzo.

La tua bellezza può salvarti, sarà un ottimo affare per chi sarà degno di te”

Nella visione contorta della realtà, mia madre ha sempre cercato di preservarmi da un destino simile al suo.

Ad anni di distanza posso affermarlo con sicurezza. Anche se non ha scelto il modo più giusto per sostenermi.

Dopo quella conversazione la Reis bambina non esisteva più. Era diventata donna all’improvviso, maestra delle arti amatorie apprese dai racconti di mia madre. Una gnoma che fece della bellezza il suo punto di forza e la sua maledizione.

Colei che anni più tardi si sarebbe concessa all’unico uomo che non avrebbe mai dovuto amare.

Aster.

Cento colpi di spazzola, un nodo. Un urlo.

La bella è diventata bestia.

 

 

 

 

 

 

Oddio che schifo ed è pure corto…

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Cronache del mondo emerso / Vai alla pagina dell'autore: shining leviathan