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Autore: ellii    15/05/2010    1 recensioni
Una famiglia troppo nobile alle prese con passioni umane. Una madre separata, una figlia trasparente e un ragazzino confuso. Milano, la mia Milano, è lo sfondo. < br > E' la mia prima fic pubblicata in assoluto, vi prego siate clementi e recensite! Grazie
Genere: Generale, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cari lettori, scusate l'interminabile attesa per questo capitolo. Dire che scuola, amici e Stephe King mi stanno impegnando, è poco. Comunque eccomi, con questo aggiornamento che giudico uno scempio :(

Aspettatevi un altro aggiornamento entro la fine della scuola, però!

Intanto, un ringraziamento davvero speciale a dancy184, che tutti i santi giorni mi aiuta con la trama, lo sviluppo dei personaggi, le ambientazioni, i concetti poco chiari.. non ho bisogno di un beta-reader se ci sei tu!

Quindi, mi sembra chiaro e dovuto dedicarle questo capitolo, con tutto il cuore Browny :D

E voialtri, visitatori, r e c e n s i t e! Un bacione e grazie anche a voi che leggete soltanto!

Elena

 

Quattordici

Il fidanzatino ideale

“Scusa ero” sentì una dolce e familiare sensazione al bassoventre che lo costrinse ad interrompere la frase. Alberto lo stava letteralmente massacrando, e non avevano nemmeno raggiunto il letto; senza contare che Lod aveva ancora camicia, cravatta allacciata e giacca. I pantaloni invece, erano volati da qualche parte.

“In ritardo” concluse in un soffio, abbandonandosi allo spigolo di divano che stava usando come appoggia-testa.

Perse quasi subito la cognizione del tempo, e il controllo sui suoi gemiti (particolare piuttosto imbarazzante, ma non poteva proprio farci nulla); comunque, stava da dio. I capelli di Al gli pizzicavano un punto indefinito tra l'ombelico e il bassoventre, era il solletico più straordinario che avesse mai ricevuto. Insieme a tutto il resto, ovviamente.

Non diceva una parola, non l'aveva nemmeno salutato. Gli era soltanto saltato addosso.

Clio diceva sempre che amore è saper condividere con qualcuno tante altre cose, oltre al sesso. Lui e Al erano andati al cinema, un paio di volte.. era finita male. Molto male.

Le inservienti del bagno maschile avevano intimato loro di non presentarsi mai più.

Ma lui, Lod, si sentiva amato – nonostante lo squallore del sesso orale nei bagni del cinema.

Alberto era rilassante, aveva imparato a dosare a sufficienza le battutine sagaci in sua presenza. Si era anche abituato ai suoi silenzi, alle sue espressioni cupe, ai suoi mugolii indistinti in risposta alle domande. E, sorprendentemente, ne sembrava contento.

In più, era bravo in un milione di cose. Sapeva fare tutto, era maestro in ogni futile cazzata.

Aprire e accendere il suo fedele zippo in un gesto solo(*), rollare ad occhi chiusi, fischiettare motivi complicati, suonare la chitarra, la danza del ventre, attorcigliare la lingua, fare il ponte dall'alto.

Un brivido che partiva dritto da quel punto e che arrivava al cervello lo riscosse dalle sue inappropriate riflessioni. Dannazione, aveva davvero bisogno di pensarci adesso?

Ah, già. C'erano un altro paio di cosette di cui Alberto era un esperto.

 

*

Nel cuore di Achille Anchisi c'erano due cose: i soldi e l'onore. Erano i suoi valori, gli scopi, i fini ai quali era stato educato fin da bambino.

Le persone che sedevano intorno a lui, avevano lo stesso codice morale, la stessa meta, lo stesso bruciante, disperato desiderio di vendetta. Eppure, non si poteva dire che avessero tutti lo stesso stile.

Moana, che si fingeva una prostituta coinvolta in un giro di escort, finiva col somigliare alla sua “copertura” ogni giorno di più.

Luke era inglese, iscritto alla facoltà di medicina a Milano, ci provava con il rettore per trovare cedimenti nel sistema universitario.

Sara portava gli occhialetti e lavorava alle dipendenze di un importante politico, Jewel si fingeva sacrestano e Monika era la ragazza per cui un ricco industriale aveva preso una sbandata.

Nonostante fossero tutti di estrazione sociale diversa, ciò che li accomunava era, appunto, il bisogno di soldi, la convinzione morale che il loro lavoro fosse giusto, e ovviamente la recita.

Erano spie, tutte selezionate da un'Ente non meglio identificato. Ovviamente non lavoravano per il governo, non per un'altra organizzazione legalmente riconosciuta. In effetti, si poteva dire che non lavorassero per nessuno, facevano tutto da soli, senza aiuti.

Era senza aiuto che, qualche mese prima, Achille aveva smascherato la più grande truffa industriale di cui ci si ricordasse in Russia, senza aiuto che aveva ricattato i responsabili, in cambio del suo silenzio per la stampa. Da solo, aveva messo via un bel gruzzoletto. Bastante per una decina di ville, diciamo, ma lui al momento non era interessato.

E poi, l'Achille che interpretava era un sempliciotto, di una famiglia qualsiasi, che si innamora della ricca ereditiera Clio Cetto Gabrio eccetera.

Era soddisfatto, per adesso, nessuna rogna e nessun sospetto da parte di Clio, e soprattutto da suo nonno.

Lodovico Cetto eccetera, era il proprietario di una decina di aziende import-export, di tre o quattro fabbriche alimentari, ed era socio onorario di un'associazione calcistica, oltre a possedere metà di un'azienda di telefonia. Sua figlia era importante nel campo del teatro moderno, di cui Lodovico senior era da sempre un grande mecenate.

Aveva le mani in pasta ovunque, e un nome del tutto rispettabile. Non c'erano prove che stesse compiendo qualcosa di illecito, ma la teoria di Achille era che chiunque avesse così tanto potere fosse avido. E gli avidi, si sa, non solo si tengono stretto ciò che hanno, ma ne vogliono sempre di più, e sono disposti perfino al crimine, per una montagna d'oro.

Prevedeva di rubare a breve qualche documento dalla scrivania di Marta, farsi invitare nella tenuta dei nonni in campagna, magari. Insomma rendere la sua presenza nota, diventare uno di famiglia.

Al patetico ricevimento di pochi giorni prima, non aveva trovato molto. La cassaforte conteneva qualche lingotto d'oro e certificati di nascita.

Comunque si considerava già a buon punto. Adesso, il problema era un altro.

In Russia, si sa, non è molto impegnativo trovare compagnia per una notte. Achille soleva infilarsi in qualche bordello, per dimenticare le ansie del suo mestiere.

La verità è che, in Russia, gli abitanti sono freddi come il loro schifo di clima. Non gliene frega niente se di giorno sei una spia schifosa e senza scrupoli, sono sempre pronti ad offrirti le loro puttane (a prezzo maggiorato, per gli stranieri). Quello che contava, in Russia, erano i quattrini, se non si voleva finire con una pallottola nello sterno.

Ma in Italia, l'ipocrisia supera di molto la venalità, soprattutto a Milano, in quei quartieri, con quella gente.

Non poteva scopare con Clio, perchè lei riteneva fosse un disonore. Avrebbe voluto insegnarle a godere di ciò che la vita offre subito, senza stare a farsi troppi problemi. Avrebbe voluto sottrarre davvero Clio dalla distruzione della sua famiglia, quella distruzione che avrebbe indotto lui stesso.

Avrebbe voluto aiutarla a rifarsi una vita, dopo, non lasciarla nella merda fino al collo.

Ma ovviamente, Achille Anchisi tenero-ed-impacciato non avrebbe mai potuto fare un discorso del genere, mai. Lui aveva il massimo rispetto per le manie reazionarie ed inutili di Clio.

 

Stava parlando con Monika di viagra, reggicalze e politica (argomenti più vicini di quanto si possa immaginare) quando sentì il cellulare vibrare in tasca.

“Pronto?”

“Achille? Sono Clio, ti disturbo?”

Si schiarì la voce, parlando di un tono più alto.

“Ciao, nessun disturbo figurati! Dove sei?”

“A casa, da sola, mi annoio. Puoi venire a vedere un film con me?”

Achille guardò Monika, la sua faccia intelligente e troppo truccata.

“Solo se ci sono i pop-corn”

“Ma certo!”

Riattaccò e avvertì lo sguardo pesante di eyeliner di Monika su di sé.

“Vai a mangiare pop corn con la bella ereditiera?”

“Non chiamarla così, non è mica Paris Hilton!”

“Ti piace?”

Eccome

“Certo che no”.

Lavoro e vita privata sempre separati, è la regola d'oro di alcuni agenti dell'FBi nei film di seconda categoria. In teoria, Achille non avrebbe nemmeno dovercela avere, una vita privata, ma tant'è. E senza sesso era anche più facile affezionarsi a Clio, alle sue manie, alle gonne da scolaretta, alla doppia personalità e alla verginità.

*

Alla fine l'avevano raggiunto il letto, ma Lod ci aveva rimesso una camicia fresca di sartoria, ora un ammasso di stoffa stracciata.

La guardò con una leggera malinconia, sentendo Alberto accanto a sé, insonnolito nella sua petite morte, respirare sulla sua pelle.

“Al, credi che per costruire un rapporto bisogna basarsi su qualcosa di più, oltre al sesso?”.

Sentì un fruscio di lenzuola e gli occhi del suo ragazzo incollati ai suoi.

Cominciò a risalirgli la pressione.

Seguire l'esempio di Clio e parlare, fare cose insieme, girare per la città mano nella mano...

Non era nel suo stile, anche perchè non poteva cominciare a dare la mano ai maschi senza che a qualcuno venissero dei sospetti.

E per giunta, era molto difficile concentrarsi su un discorso serio o su un film, o su un libro mentre i suoi ormoni di diciottenne impazzito ritornavano alla carica.

Per la terza volta.

“Io credo che, prima di tutto, bisogna essere consapevoli di ciò che si vuole costruire. Ma sai, è uno stress”

“E..?”

“E credo che sia meglio vedere come si evolvono le cose senza fare nulla, piuttosto che stressarsi troppo per diventare un ottimo fidanzatino da telefilm.

“Finchè non si è stanchi, finchè non si ha più nulla di cui parlare, finchè non si sopportano più i modi di fare del perfetto fidanzatino da telefilm. A quel punto, rompi e arrivederci, senza rancori e senza stress, soprattutto”.

Lod avvertì un certo disagio. Non era quello che avrebbero detto sua madre e sua sorella.

“Quindi stressarsi per una storia è sbagliato?” rivolse lo sguardo al soffitto. Una crepa sottile era nascosta da un disegno di un libro sanguinante.

“Ho l'impressione che tu non stia parlando in generale, mmh?”.

Silenzio. Non poteva farsi lasciare da Al perchè era un isterico con un sacco di ansie.

“Lod”

“E' una mia fisima, prendo alla lettera tutto quello che dici. Va bene?”

Il calore di prima venne sostituito da una spiacevole sensazione di gelo.

“Lod”

“Non mi sono preso male!”

“Lod”. La sua faccia sconvolta dalla fatica e dal sonno gli si parò davanti, coprendo il murale del libro insanguinato. “Ti succede spesso, di entrare in ansia per niente, dolcezza?”.

Non riusciva a capire se lo stava prendendo in giro o no.

“Abbastanza, da quando nascondo al mondo di essere gay”.

Al sorrise. Aveva questa capacità – o difetto incorreggibile – di non lasciarsi mai scoraggiare da nulla.

“Ti va di fumare?”

“Prego?”

“Oh, andiamo. Ci rilassiamo, parliamo dei vecchi tempi e ti facciamo passare l'ansia. Credo sia il modo migliore” si allungò ad estrarre qualcosa dal cassetto del comodino. Cartine e un sacchettino d'erba. “anche se ti adoro quando ti prendi male, baby. Hai un biglietto del tram?”.

Lod avrebbe voluto chiedergli di quali vecchi tempi avrebbero parlato, se i suoi vecchi tempi lui li stava costruendo adesso. Ma non lo fece.

*

Il clima cominciava a scaldarsi, ma nella vita di Marta la neve fioccava.

 

     

 

*un giorno ce la farò!

 

 



  
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