Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: cabol    16/05/2010    1 recensioni
Dietro una porta ermeticamente chiusa può celarsi un pericolo misterioso, un favoloso tesoro, un terribile segreto. Aprirla può voler dire trovare tutto questo o chissà cos'altro. Ma certamente ci troveremo sempre l'avventura.
Mille e mille sono le leggende che i bardi raccontano, sull’isola di Ainamar. Innumerevoli gli eroi, carichi della gloria di imprese epiche. Eppure, in molti cantano anche le imprese di un personaggio insolito, che mosse guerra al suo mondo per amore di giustizia.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'I misteri di Ainamar'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 7: una cena fra amici

La locanda “La Corona d’Oro” era il locale più ricercato a Elosbrand. Era considerato dai cittadini e dai viaggiatori più abbienti che capitavano in città il posto ideale per condurre gli affari di più alto livello. A questo si prestavano perfettamente i molti salottini che era possibile riservare per pranzi e cene fra amici o gente d’affari.
La locanda era una vecchia e lussuosa casa affacciata sulla Piazza Antica, proprio di fronte al Senato. In precedenza, era stata l’abitazione di un senatore appassionato d’arte e in effetti sui soffitti e sulle pareti dei saloni si potevano ancora vedere alcuni affreschi di fattura estremamente pregevole. L’edificio era circondato su tre lati da uno splendido giardino, la cui parte meridionale guardava sulla Casa della Giustizia, il severo tempio di Varëos, dalla caratteristica pianta rotonda, identico in ogni città di Ainamar.
Sull'architrave dell'ingresso principale vi era il bassorilievo di una corona ducale che dava il nome alla locanda.
Davanti all’edificio, una bellissima giovane elfa, vestita con la semplice eleganza della sua razza, pareva attendere qualcuno. Era snella, con un portamento eretto, lievemente altezzoso, che ne tradivano l’abitudine a trarsi d’impaccio coi propri mezzi e la notevole sicurezza in se stessa. I lunghi capelli biondi le ricadevano morbidamente sulla corazza di cuoio che le proteggeva il busto flessuoso. Portava, appesi alla vita sottile, una spada corta e un pugnale da caccia. Chiunque l’avrebbe identificata con certezza come un’avventuriera. Una delle tante donne d’arme che circolavano per quelle terre.
 
«Salve, bellezza!».

La giovane si voltò lentamente, la destra sull’elsa della spada, il volto attraente assolutamente tranquillo eppure (o proprio per questo) decisamente minaccioso. Immediatamente un cordiale sorriso illuminò il suo viso.

«Calyon! Ti piace rischiare, eh? E  se avessi risposto con un colpo di spada?».

«L’avrei parato. Ma ti conosco troppo bene. Tu guardi sempre in faccia prima di colpire. Sarà che frequenti certa gente…».

Elowen arrossì leggermente ma la sua voce apparve tranquilla nel rispondere.

«Alaum è un caro amico. Se diventerà qualcos’altro, mi premurerò di informarti».

Calyon scoppiò in un’allegra risata.

«Va bene, va bene. Non te la prendere, bellezza. Piuttosto, il nostro mutevole capobanda dove si è ficcato? Sarebbe dovuto essere già di ritorno».

L’espressione allegra scomparve dal volto della leggiadra elfa, sostituita da un’ombra di preoccupazione.

«Pensavo foste insieme. Hai idea di cosa intendeva fare?».
   
«Ficcanasare dalle parti del palazzo dell’eccellentissimo signor Brook… almeno credo».

«Brook? Ma chi? Il mercante d’arte?».

«Sì, proprio lui».

«Ma non è quello che aveva venduto armi agli orchi dei boschi occidentale? O ricordo male?».

«Ricordi benissimo. E il nostro amico ha una memoria da elefante per queste cose. Lo ha messo sotto tiro ma pare che abbia rimediato un bel fiasco. E lui non accetta facilmente di essere imbrogliato…».

«Imbrogliato? Avanti, racconta!».

«Ci dovrebbe essere una saletta prenotata a nostro nome. Forse è più prudente andare lì a parlare, non credi?».

«D’accordo, forse hai ragione. Però se ritarda troppo, lo andiamo a cercare, va bene?».

Calyon si strinse nelle spalle e si diresse verso la locanda. Chiaro che sarebbero andati a cercarlo se avesse ritardato troppo! E che avrebbero trovato un bel po’ di guai, era altrettanto certo.
Entrarono nella locanda e un cameriere in elegante livrea li accompagnò premurosamente ma con discrezione alla saletta riservata a nome di lord Bailey Winström. La tavola era già apparecchiata per tre, al centro della stanza ricavata sul retro dell’edificio, alla quale si accedeva solo attraverso una porticina e che prendeva aria e luce da una finestra posta a circa due metri d’altezza. Calyon controllò discretamente le pareti ma si rese subito conto che il loro spessore e la boiserie di legno non avrebbero permesso a orecchie indiscrete di ascoltare quanto poteva essere detto nel locale. Il cameriere si informò se avesse dovuto provvedere immediatamente alla cena. Elowen, con la sua consueta ferma gentilezza, gli disse che stavano aspettando ancora una persona e lo congedò.

«Bene. Ora che ne diresti di raccontarmi tutto?».

Calyon si sedette su una delle tre poltrone con aria soddisfatta, piazzò gli stivali sul bracciolo della poltrona accanto e cominciò a raccontare quanto aveva saputo.
Dopo un’ora, i due amici cominciavano a essere veramente preoccupati per il ritardo dell’audace ladro. Si chiedevano cosa mai lo avesse potuto trattenere e il timore che gli fosse capitato qualcosa di serio stava diventando sempre più angosciante.

«Al diavolo! Io vado a cercarlo!».

Improvvisamente, la porta della saletta si spalancò.

«Buonasera, ragazzi!».

Sulla porta era comparso Blackwind, per l’occasione nei panni di Ardis, il cacciatore elfo.

«Alla buon'ora! Dov'eri finito? Cominciavamo a preoccuparci davvero».

«Sono stato in esplorazione e ho consultato il mio servizio segreto».

Quello che Ardis chiamava scherzosamente il suo servizio segreto era in realtà una formidabile combriccola di vecchie pettegole, capitanate dalla signora Adelaide, vedova Calverton.
Quando era arrivato a Elosbrand ed era solamente Ardis il cacciatore, il giovane elfo aveva trovato alloggio presso un'anziana vedova che gli aveva affittato l'appartamento ricavato dal sottotetto. Dopo il suo trasferimento presso il palazzo del suo alter ego lord Bailey, il giovane cacciatore era rimasto in termini di amicizia con l’arzilla vecchietta. Un po' per simpatia, un po' per l'enciclopedico suo sapere dei fatti altrui. A capo di un piccolo ma efficiente gruppo di comari che quotidianamente si aggiornavano sulle dicerie cittadine, la signora Adelaide Calverton era a conoscenza pressoché di tutti i pettegolezzi che giravano in città. Quando il giovane Ardis passava a trovarla, era sempre felicissima di intrattenerlo con le sue chiacchiere e i suoi biscotti. Anche quel giorno, l'anziana vedova si era dimostrata all'altezza.

«E cosa avresti scoperto?».

«L'illustre signor Brook, impenitente seduttore, ha fatto lungamente la corte alla figlia di Irlentree, la quale pare sia piuttosto sensibile al fascino maschile, ma fu messo alla porta in malo modo quando il geloso genitore l'ha beccato abbarbicato alla figlia proprio in casa sua».

«Interessante... E questo cosa c'entra con i nostri affari?».

«Le porte della villa erano e sono sempre sorvegliate. Eppure Brook si è introdotto in casa. Irlentree è convinto che Brook abbia corrotto qualcuna delle sue guardie per entrare in casa sua e le ha sostituite tutte».

«Vuoi dire che le ha cacciate senza nemmeno sapere chi era onesto e chi no?».

«Niente affatto. Il vecchio ha un pessimo carattere ed è gelosissimo della sua adorata figliola ma è un uomo fondamentalmente giusto. Le ha destinate ad altri incarichi. Siccome Brook non si è più fatto trovare in casa sua, si è convinto di aver fatto la cosa più giusta per difendere la dubbia reputazione della sua erede. Io, invece, sono convinto che deve esserci una comunicazione fra le due abitazioni».

«Ma perché fantasticare di una comunicazione fra le due case se ci può essere una spiegazione più semplice?».

«Avresti ragione se non fosse che ci sono altre novità emerse dalla mia sfortunata impresa dell’altra notte. Avanti, ragazzi, facciamoci servire la cena e vi racconterò tutto mentre mangiamo».

Il servizio era eccellente e molto raffinato. Nella locanda si potevano degustare raffinate specialità di mare e una grande varietà di vini. Gli amici mangiarono con appetito ma si limitarono alquanto nel bere.
Quando uscirono dalla locanda era notte fonda.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: cabol