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Autore: cabol    16/05/2010    1 recensioni
Dietro una porta ermeticamente chiusa può celarsi un pericolo misterioso, un favoloso tesoro, un terribile segreto. Aprirla può voler dire trovare tutto questo o chissà cos'altro. Ma certamente ci troveremo sempre l'avventura.
Mille e mille sono le leggende che i bardi raccontano, sull’isola di Ainamar. Innumerevoli gli eroi, carichi della gloria di imprese epiche. Eppure, in molti cantano anche le imprese di un personaggio insolito, che mosse guerra al suo mondo per amore di giustizia.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I misteri di Ainamar'
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Capitolo 9

Capitolo 9: una luce nel buio

La porta si aprì al primo tentativo. Blackwind ringraziò Yavië, la sua memoria e il suo talento di imitatore. Gli era bastato sentire quella parola una volta per saperla pronunciare correttamente. Girò la clessidra. Ora si passava alla seconda parte del piano. Corse alla finestra del museo e la spalancò. Gettò poi una lunga fune giù nella strada e la assicurò a un reggitorcia infisso nel muro. Poco dopo, la snella figura di Elowen comparve nella luce della finestra. Un attimo ancora e anche Calyon raggiunse i suoi amici.
Chiusero la finestra e seguirono Blackwind fino alla stanza del tesoro. Attraversarono il museo sorpresi dalle magnifiche opere d’arte che vi erano raccolte e rapidamente percorsero il corridoio che portava alla stanza blindata. Appena entrati, Blackwind chiuse la porta e accese la lampada a olio che si trovava sullo scaffale lì accanto. Si misero a cercare sulla parete di fondo e, dopo una decina di minuti, Calyon emise un lieve fischio di evidente soddisfazione e parlò sottovoce.

«Trovato. Era il reggitorcia di centro».

Tirò, prima delicatamente, poi più decisamente, il supporto metallico che cedette facilmente e un pannello della parete scivolò verso l’interno scorrendo silenziosamente su guide invisibili dalla stanza.

«Bel lavoro. Roba da nani, immagino».

Calyon sbirciò nell’apertura comparsa nel muro. Dietro di lui, la voce di Blackwind era un sussurro appena percettibile.

«Maghi per la porta, nani per il passaggio. Non bada a spese il nostro illustre signor Brook. Mi pare chiaro che la posta in gioco sia veramente qualcosa di importante».

Elowen sorrise ammiccando. La faccenda si stava rivelando veramente intrigante e la fanciulla elfa si stava appassionando al mistero nascosto da quel passaggio segreto. Anche se ormai aveva fondate ragioni per ritenere di sapere cosa si nascondeva in fondo alla rampa di scale che s’intravedeva nel buio del vano nascosto.

Blackwind si fece avanti.

«Vado avanti io. Seguitemi e cercate di essere il più silenziosi possibile. In fondo a queste scale potrebbe esserci gente pericolosa».

L’audace ladro ricambiò il sorriso di Elowen e si diresse verso la scalinata con passo sicuro. In fondo, era la passione per l’avventura che lo aveva reso quel che era.

«A testa bassa in mezzo ai guai. Va bene. Che gusto c’è a vivere senza rischi, tranquillamente, senza follia?».

Calyon sospirò e si dispose alla retroguardia. Posò la mano sull’elsa della spada e si avviò dietro la bellissima elfa che era già sparita nel buio della scalinata.
Le scale scendevano parecchio e ben presto i tre amici si resero conto di trovarsi ben  al di sotto del livello della strada. Curiosamente, non c’erano tracce di umidità in quel sotterraneo, piuttosto un’aria secca e una temperatura decisamente superiore a quella esterna.
Al termine della scala, giunsero in una stanza piuttosto piccola, dalla quale l’unica via d’uscita pareva essere una grossa porta di legno. Silenzioso come un’ombra, Blackwind si era già dedicato a studiare la serratura che la chiudeva.

«Sembra aperta».

La voce era un impercettibile sussurro. Si avvicinò alla porta e vi appoggiò l’orecchio, ascoltando attentamente per alcuni minuti che ai suoi amici parvero interminabili.

«Deve essere un corridoio. Sembra che in lontananza qualcuno stia picchiando contro un’incudine».

Elowen rimase un attimo pensierosa, poi sussurrò:

«Forse ho capito. Quel che si innalza dal giardino di Irlentree non è tutto vapore. Ci deve essere una forgia laggiù e scommetto che si trova all’incirca sotto le sorgenti calde. I fumi della forgia si mescolano ai vapori caldi e nessuno se ne accorge. Ecco da dove veniva quella fuliggine!».

«Quale fuliggine?». Chiesero all’unisono i suoi due compagni.

«Mentre ero nel giardino, vicino alle sorgenti… prima di vedere quella donna… mi sono trovata le mani sporche di fuliggine… non capivo come potessi essermele sporcate ma ora immagino che fosse sulla corteccia e sulle foglie degli alberi intorno alle sorgenti».

Blackwind si esibì in un perfetto inchino.

«Complimenti, mia affascinante cacciatrice. Credo proprio che tu abbia intuito il segreto del signor Brook. Abbiamo trovato la forgia dove vengono realizzate le armi che impinguano le casse del nostro stimato mercante».

«Ma non è un po’ esagerato tutto questo per una semplice forgia? Quante armi dovrebbero costruire e contrabbandare per ripagare tutta questa spesa?».

Calyon era  decisamente perplesso.

«Amico mio, dimentichi che in questa storia dovrebbe pure esserci un mago. Il cui ruolo potrebbe non essere semplicemente quello di incantare le porte. Piuttosto: hai legato bene quell’affascinante sicario?».

«Come un salame. E per buona misura, le ho fatto bere una fiala di sonnifero. Ne avrà per qualche ora».

Blackwind socchiuse la porta e guardò nel corridoio.

«Tutto bene.  Possiamo muoverci».

Si inoltrarono nel corridoio camminando silenziosamente come tre felini in caccia. La vista da elfi permetteva loro di amplificare al massimo il tenue chiarore che proveniva dal fondo del corridoio che appariva lungo un centinaio di metri.

«Qui dovremmo già essere nella proprietà di Irlentree».

Proseguirono nel più assoluto silenzio, muovendosi lentamente, con tutti i sensi all’erta. A un tratto si accorsero che il corridoio era interrotto da una porta di legno su ciascuna parete. Si fermarono e Blackwind accostò l’orecchio prima a una, poi all’altra porta.

«Sembrano deserte. E sono entrambe aperte».

«Vediamo che c’è qui dentro».

Elowen era ormai preda della curiosità e non vedeva l’ora di scoprire cosa stesse succedendo in quei locali sotterranei. Si avvicinò a una delle porte, la aprì prudentemente e guardò dentro. Si voltò con un’espressione delusa.

«Quattro giacigli e una gran puzza. Mi pare ci sia poco d’interessante».

Blackwind si strinse nelle spalle.

«Saremo più fortunati con l’altra. Intanto sappiamo che ci sono almeno quattro persone che vivono quaggiù».

 «Persone è una parola grossa. Dal fetore potrebbero essere goblin o bestiacce simili».

Calyon pareva alquanto disgustato. Detestava, come molti elfi, quelle creature e, all’idea di trovarsele di fronte, la sua mano era corsa all’elsa della spada. Elowen, però, non pareva molto d’accordo sull’interpretazione del cacciatore elfo.

«Non credo che affiderei un lavoro di forgiatura a goblin o simili. Deve essere qualcos’altro».

Blackwind li chiamò dal corridoio.

«Vediamo l’altra stanza, venite».

Il ladro aprì prudentemente la porta sulla parete opposta e guardò dentro. Si voltò raggiante.

«Tombola. Guardate qui».

Entrarono nella stanza buia ma i loro occhi impiegarono un attimo ad adattarsi e videro che il locale era pieno di statue antiche e anfore preziose ma, sulla parete di fondo, una serie di rastrelliere sostenevano numerose splendide armi.

«Santi Numi, che meraviglia! Queste armi valgono un patrimonio! Ma le statue e le anfore? Non capisco perché siano insieme alle armi».

Elowen si aggirava nella stanza con le sue movenze eleganti, esaminando tutti quei tesori con un’espressione incantata.
Blackwind si dedicò immediatamente a studiare quelle opere d’arte, mentre Calyon esaminava le armi sulle rastrelliere.

«Falsi. Di discreta fattura, ma falsi. E piuttosto recenti, direi. Forse ho capito il giochino di Brook».

«Queste, invece, sono vere. E tutte incantate, direi. Armi veramente superbe».

Calyon stava impugnando una spada meravigliosa, la cui lama pareva soffusa di una luce argentea. La roteò nell’aria e mimò alcuni fendenti. Era leggera e straordinariamente equilibrata. Il giovane elfo non aveva mai maneggiato un’arma simile. Sorrideva decisamente soddisfatto.

«Spiacente per l’eccellente signor Brook, ma io da questa spada non mi separo più».

«Bene. Credo che faremo tutti lo stesso, se troviamo un’arma che ci vada bene. Poi faremo meglio a muoverci».

Blackwind si mise a studiare uno scrittoio che si trovava in un angolo della stanza. Dopo che ci ebbe brevemente armeggiato, lo aprì e cominciò a esaminarne il contenuto. Rimase un bel po’ assorto a leggere carte e aprire buste.
Nel frattempo, Elowen aveva individuato una spada corta dalla lama splendidamente istoriata, curiosamente tiepida al tocco. Anche quell’arma pareva meravigliosamente equilibrata e maneggevole. Quando provò a colpire una delle rastrelliere, la ragazza rimase sorpresa nel vedere guizzare una lingua di fiamma lungo la lama.

«Per gli Dei! Questa spada arde quando colpisce! È meravigliosa!».

«D’accordo ma gira al largo da me: non ho voglia di finire arrosto per qualche tuo movimento inconsulto!».

Calyon ridacchiò guardando la giovane elfa che ammirava la spada con lo stupore di una bambina.

«L’unica occasione in cui farei movimenti inconsulti sarebbe quando tu mi sbucassi improvvisamente di fronte dal buio. Non sono sicura di essere preparata a simili spaventi…».

«Simpaticona!».

«Bene, ragazzi! Se avete finito di divertirvi, credo proprio che possiamo andare».

Blackwind aveva terminato di esaminare le carte trovate nello scrittoio e si era avvicinato ai due amici. Rapidamente scelse uno splendido stocco da una delle rastrelliere e, senza nemmeno guardarlo, si avvicinò alla porta, ascoltando attentamente. Dopo qualche istante, fece segno che tutto era a posto, aprì la porta e i tre amici uscirono dalla stanza per avviarsi lungo il corridoio.
Ripresero a muoversi in assoluto silenzio, fidando nella loro vista notturna e nei loro sensi sempre all’erta.
Mentre avanzavano, il chiarore incerto si delineava sempre più manifestamente come la luce di grandi fornaci, davanti alle quali si muovevano alcune figure massicce ma di bassa statura. Il clangore di alcuni martelli giungeva ritmicamente alle loro orecchie.

«Nani?».

Blackwind si avvicinò con prudenza alla grande sala che si apriva in fondo al corridoio. Dopo pochi istanti, i due amici lo videro tornare, scuro in volto.

«Allora?».

«Nani Grigi. Sono in quattro. E c’è anche un mago di Uytolgoth[8]».

[8] Isola a occidente di Ainamar, retta da una casta di principi-stregoni
  
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