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Autore: Lely1441    16/05/2010    10 recensioni
«Perché… Perché… Perché non puoi uscire con lei! Sarebbe un incesto, andresti in galera!», esclamò Tamaki, ormai in lacrime. «Recheresti la peste nella nostra scuola e per risolverla dovresti andartene con i frutti del vostro amore, mentre lei si suiciderebbe per la disperazione e tu dovresti accecarti per non vedere oltre l’orrore da te provocato!»
«Tamaki, temo che tu stia confondendo la storia. Giocasta ed Edipo erano madre e figlio, dopotutto».
Tamaki spalancò la bocca, fissandolo sconvolto.
«Vorresti dirmi che saresti disposto a compiere un incesto con tua- con
nostra figlia?!»
Kyoya spense sorridendo la schermata del suo portatile.
«Sapevi che i faraoni egizi si sposavano fra consanguinei?»

[KyoHaru, a sort of. Dedicata a Rob]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Rob.
Be’, sono schifosamente in ritardo, ma famo finta de nulla ù_ù
Fortunatamente non lo sono mai troppo per dirti che ti voglio un mondo di bene, ma questo lo sai ♥ (Bleah, schifosamente melensa oggi. Nah, non solo oggi, vero? ♥ XDDD) Quindi di nuovo un buon compleanno,  tesoro (l’unica in grado di farmi scrivere una KyoHaru, ricordo) ♥ Mi sarebbe piaciuto fare di più, ma temo che avrei la stessa sensazione anche se scrivessi la Divina Commedia. Quindi boh .-. Be’, mi conosci! XD
Finisco lo sproloquio, sì, tanto faccio schifo anche con le dediche (però questa è speciale!).
X3
 
 
 
Shadowing
 
 
 
Dopo praticamente un anno di frequentazione dell’Ouran, c’era una cosa che Haruhi continuava ancora a domandarsi, ed era una di quelle domande esistenziali che non la lasciavano in pace; ovvero chi fossero le principesse fan del fantomatico Re dell’Ombra dell’Host Club.
Se infatti Tamaki rimaneva pur sempre il più gettonato tra le ragazze, tutti gli Host avevano il loro bel gruppetto di sostenitrici e persino Haruhi poteva vantare il suo discreto successo dovuto alla spontaneità e alla sua ingenuità… Ma Kyoya?
L’erede Ootori, infatti, non era mai stato visto intrattenere attivamente delle ragazze. Che non avesse ammiratrici?
«Oh, ovvio che ne abbia», le rispose Kaoru.
«Sì, so che parla con le ragazze del club, però non l’ho mai visto sedersi ad un tavolino e prendere un tè con loro, ecco quello che intendevo», ribatté Haruhi, fissando da lontano il re nell’ombra prendere appunti sulla sua agenda. «Voglio dire, a parte Renge non ho mai visto una ragazza dichiararsi oppure dire chiaramente di preferire lui al resto degli Host…»
«Questo è perché in realtà è molto timido», si intromise Tamaki, pienamente convinto. Hikaru e Kaoru si guardarono e scoppiarono a ridere fragorosamente, accasciandosi a terra e cominciando a battere i pugni sul pavimento.
«Ahahah, Tono! Questa sì che è bella!», esclamarono, con le lacrime agli occhi.
«Ma è vero!», replicò Tamaki, irritato.
«Ma Kyo-chan non chiederebbe mai ad una ragazza di uscire, a meno che da questo non ne derivassero dei vantaggi… Non è così, Takashi?»
«Ah», rispose Mori-senpai. I gemelli si rialzarono da terra, smettendo di ridere e sorridendo solamente.
«Haninozuka-senpai ha ragione. Kyoya-senpai è gentile con tutte le nostre clienti, ma probabilmente accetterebbe di uscire con loro soltanto se ne ricavasse un qualche beneficio di sorta… Per il resto, preferisce farci pubblicità e vendere nostri gadget, sfruttando noi», rispose Kaoru, e Honey si fece pensieroso.
«Chissà cosa risponderebbe se glielo chiedessi tu, Haru-chan…», mormorò, e per un attimo tra i sei regnò il silenzio totale. Poi Tamaki e gli Hitachiin’s Brothers iniziarono a piangere per il troppo ridere, mentre Haruhi era rimasta sconvolta dalla proposta.
«Ah, Haninozuka-senpai ha un grande senso dell’umorismo», singhiozzò il Lord, asciugandosi gli occhi. «Kyoya uscire con la nostra bambina! Temo di averle sentite proprio tutte…»
I gemelli si guardarono sornioni e si misero ai lati della ragazza.
«Ne, Haruhi, cosa ne dici di chiederglielo veramente?»
«Co- NO! Nonononononono, assolutamente no!», strillò lei, indietreggiando lentamente.
«Ma sì, Haruhi, fallo, tanto ti direbbe sicuramente di no. Non potrebbe mai uscire con sua figlia, lo conosco!»
«Haruhi, Haruhi, fallo, dai! Fallo per noi!»
Et voilà, il gatto ed il topo. Anzi, i gatti ed il topo.
«Vi ho detto di no!»
 
Un’ora e due ricatti morali più tardi – che comprendevano un buffet gratuito di prelibatezze da ricchi e l’abbassamento di un quarto del suo debito contratto con l’Host Club – Haruhi si stava dirigendo verso Kyoya come una vittima verso l’ara sacrificale. L’unica cosa che la rincuorava è che i gemelli avevano ragione: lui non avrebbe mai accettato un suo invito, dal momento che non aveva nessun interesse specifico ad uscire con lei. Sicuramente non poteva essere attratto dalle sue ricchezze o dalla sua potenza economica!
«Ehm, Kyoya-senpai…», balbettò, in difficoltà.
«Sì, Haruhi?». Kyoya sollevò lo sguardo dalla schermata del pc e lei sognò di voltarsi e scappare. «Devi dirmi qualcosa?»
«Ehm, sì… Ti… Ti andrebbe di uscire con me?», sputò fuori, cercando con lo sguardo una pala per sotterrarsi immediatamente. Tanto, lì dentro c’era sempre di tutto!
«Quando?», rispose lui, tornando a trafficare con la posta elettronica. Poco ci mancò che alla ragazza cadessero le braccia.
«… Stasera?», propose. Non aveva nemmeno pensato che lui potesse acconsentire, figurarsi se aveva programmato il giorno!
«Va bene», rispose lui. Non udendo risposta, tornò a guardarla e lei si riscosse dalla trance in cui era caduta.
«Ah. Bene», replicò lei, voltandosi e camminando come un automa verso il gruppetto che l’attendeva dall’altra parte della classe.
«Haru-chan, Haru-chan, cosa ti ha detto?», le domandò subito Honey, notando la rigidità dei suoi movimenti.
«Lui… Lui, ecco…»
«Oh, povera Haruhi, non preoccuparti della bruschezza della tua okaa-san, l’ha fatto solamente per preservare la purezza e l’innocenza della sua piccola…», cercò di consolarla Tamaki, appoggiandole un braccio intorno alle spalle. Lei lo guardò frastornata.
«Veramente ha detto di sì…»
 
***
 
«Kyoya, non puoi!», urlò per l’ennesima volta Tamaki lungo i corridoi ormai deserti dell’Ouran. Ancora non riusciva a capacitarsi di come fosse potuto accadere: che Kyoya fosse frustato dalla poca attenzione che lui gli dedicava e stesse cercando di attirare la sua attenzione in quel modo?
«Perché non posso?», si limitò a domandare l’altro, serafico.
«Perché… Perché… Perché non puoi uscire con lei! Sarebbe un incesto, andresti in galera!», esclamò Tamaki, ormai in lacrime. «Recheresti la peste nella nostra scuola e per risolverla dovresti andartene con i frutti del vostro amore, mentre lei si suiciderebbe per la disperazione e tu dovresti accecarti per non vedere oltre l’orrore da te provocato!»
«Tamaki, temo che tu stia confondendo la storia. Giocasta ed Edipo erano madre e figlio, dopotutto».
Tamaki spalancò la bocca, fissandolo sconvolto.
«Vorresti dirmi che saresti disposto a compiere un incesto con tua- con nostra figlia?!»
Kyoya spense sorridendo la schermata del suo portatile.
«Sapevi che i faraoni egizi si sposavano fra consanguinei?»
E lo lasciò nel corridoio, boccheggiante e in ginocchio, avvolto da un nero manto di depressione ed incredulità.
 
***
 
Tre ore dopo…
 
«Va bene, questo è il piano», disse Tamaki, improvvisatosi stratega, rivolto agli altri che pendevano letteralmente dalle sue labbra. «Li seguiremo!»
Tre mascelle caddero per terra, mentre Mori confermò la sua aria impassibile di sempre.
«Sì, Tono… Mi spiace deluderti, ma temo non sia sufficiente. Insomma, è sempre di Kyoya-senpai che stiamo parlando! Non possiamo semplicemente pensare di seguirlo
«Ma è l’unica cosa che possiamo fare per essere sicuri che non si approfitti della nostra Haruhi!», ribatté Tamaki con enfasi. «E poi sono arci-sicuro che Kyoya non sospetterebbe mai una manovra del genere da parte nostra… È una mossa troppo intelligente».
I gemelli si guardarono perplessi, ma nessuno degli altri osò contraddire il loro Lord.
«Va bene, e quindi cosa dovremmo fare? Attaccargli una microspia e visionare i suoi movimenti dal satellite?», domandò Kaoru, pensieroso.
«Assolutamente no! Se ne accorgerebbe subito», rispose l’altro con sufficienza. Honey assunse un’espressione perplessa e diede adito ai suoi dubbi:
«Ne, Tama-chan… Non credi che a maggior ragione si dovrebbe render conto di quattro persone che lo seguono?»
«No! Perché lui si aspetterebbe qualcosa di scontato come questo, chi penserebbe mai ad un vero e proprio pedinamento vecchio stile? Come nei telefilm che piacciono tanto ai plebei!», e qui il Lord iniziò a blaterare come suo solito sul fantastico mondo del popolino.
«Kaoru, penso proprio che ci divertiremo stasera…»
E l’unica risposta che ricevette Hikaru fu un sorriso complice e, a dirla tutta, abbastanza inquietante da parte del gemello.
 
***
 
Haruhi non era ancora riuscita a capacitarsi di ciò che era successo. Continuava a fissare piuttosto sconcertata il proprio riflesso allo specchio del bagno, sperando forse che lei e la ragazza dall’altra parte riuscissero a scambiarsi di posto e lei non dovesse essere costretta ad andare a quell’appuntamento. (*)
Per tutti i tonni pregiati del mondo! Lei non diceva sul serio quando gli aveva proposto di uscire, e che diamine! Dove l’avrebbe portata, ai confini del mondo? Alle porte dell’inferno? Con lui tutto era possibile…
«Tesoro, io vado!», disse suo padre, sistemandosi la borsa sulla spalla e schioccandole un sonoro bacio sulla fronte.
«Va bene, papà…», mormorò lei, distratta. Ranka si avviò sculettante verso la porta di casa, ma prima di uscire, sghignazzante, si voltò e disse: «E vedi di non fare troppi danni, stasera!»
Haruhi nemmeno si chiese come facesse ad esserne al corrente. Con il senpai di mezzo, era davvero meglio non sapere. Si massaggiò perplessa la fronte, pensando che non aveva la più pallida idea di come vestirsi, dato che non era a conoscenza della destinazione finale. Forse era meglio qualcosa di leggero, però: si sa che all’inferno fa sempre un gran caldo.
Suonarono alla porta, e Haruhi immaginò che suo padre si fosse accorto di aver lasciato le chiavi a casa, cosa che avveniva piuttosto spesso. Quando aprì, tuttavia, si accorse di aver sbagliato le sue considerazioni; davanti a lei c’era una giovane donna, poco più alta di lei, con un sorriso entusiasta sul volto. Sembrava quasi in adorazione.
«Desidera…?», chiese Haruhi, esitante.
«Tu sei Fujioka-san, non è così?», domandò l’altra, con il sorriso che si andava velocemente allargando.
«Sì, sono io», rispose.
«Ah, lo sapevo! Non sai quanto sono contenta di conoscere la fidanzata di mio fratello!», squittì la donna, abbracciandola di slancio, quasi soffocandola. «Posso entrare, vero?»
Haruhi fece segno di sì, sconvolta. Soprattutto perché l’altra era già entrata in casa. Era la fidanzata di qualcuno? E da quando?
«Mi scusi, temo ci sia un errore…», provò a dire, sperando che quello fosse solo un brutto sogno.
«Tu non sei Fujioka Haruhi?», domandò l’altra, voltandosi a fissarla confusa. Lei fece segnò di sì con la testa. «Allora nessun errore, sei proprio tu la persona che cercavo», ridacchiò, e solamente allora Haruhi notò le enormi borse fresche di boutique che l’altra portava al braccio. Oh! Possibile che…?
«Potrei sapere il suo nome?», chiese con voce flebile, iniziando ad intuire la verità.
«Oh, sì, sì, scusa! Sono Ootori Fuyumi, ma chiamami pure onee-chan
«Non credo di esserne in grado», mormorò Haruhi, accasciandosi sul piccolo divano del salotto. Avere la sorella del suo senpai in casa era più pericoloso che tenere una bomba ad orologeria sotto al letto. Soprattutto quando la suddetta parente sembrava avere lo stesso entusiasmo di una fan girl in venerazione! «Temo ci sia un errore», ripeté, scegliendo con cura le parole da utilizzare: poteva saltare in aria da un momento all’altro. Fuyumi la guardò perplessa, sbattendo un paio di volte le palpebre sugli enormi occhioni scuri. «Io non sono la fidanzata di Kyoya-senpai», continuò, con lentezza, sperando di disinnescare il meccanismo. Era il momento più delicato di tutto il processo, lo sapeva bene.
Fuyumi la fissò ancora per un po’, prima di scoppiare a ridere.
«Sì, sì, lo so, ora non si dice più fidanzati… Devi scusarmi, non frequento più il liceo da qualche anno, ormai», ridacchiò, minimizzando con un gesto della mano.
«Ma in realtà…», tentò di dire Haruhi, prima di venire interrotta:
«Oh, come è tardi! Dobbiamo iniziare a prepararci, Haruhi-chan! Sono qui proprio per questo!»
La ragazza guardò il suo orologio: mancavano ore prima dell’appuntamento. Ore.
Sarebbe stato un lunghissimo, estenuante pomeriggio.
 
***
 
Fuyumi aveva fatto un ottimo lavoro, notò Kyoya con soddisfazione. I capelli erano stati lasciati corti, e questo gli ricordò il loro primo appuntamento “involontario” di mesi addietro, quando si erano incontrati al supermercato. L’abito che sua sorella le aveva scelto era estremamente semplice: l’unica donna della famiglia Ootori aveva capito perfettamente come la sobrietà le si addicesse meglio di qualsiasi pizzo e merletto.
O meglio, come il fratello l’avrebbe apprezzata di più in quelle vesti.
La ragazza si avvicinò e Kyoya riuscì a vedere chiaramente l’aria concentrata e seria, quasi preoccupata, sul suo volto. Si chiese remotamente se fosse messa in difficoltà proprio dalla sua presenza.
«Qualcosa non va, Haruhi?», le domandò, sentendo il suo sopracciglio contrarsi appena, pur mantenendo una maschera di serena impassibilità.
«Ehm…». Haruhi era in procinto di rispondere, poi sembrò ricordarsi di qualcosa e le sue labbra tornarono mute. «Nulla, senpai».
Kyoya rimase in silenzio; si sentiva contrariato, ma d’altra parte ora voleva assolutamente scoprire cosa gli stesse nascondendo la ragazza. Per quale motivo fare tanto la misteriosa?
Attese che entrasse nella limousine per entrare anche lui nella vettura, mentre l’autista chiudeva la portiera e tornava al suo posto.
«Dove… Dove siamo diretti?», si decise a chiedere lei, sperando mentalmente che quella loro uscita non comprendesse viaggi in jet privati ed espatri all’estero, dato che non aveva con sé i documenti di identità, e rincuorandosi da sola: era impossibile.
Un momento: conoscendo Kyoya-senpai ed i suoi ottimi rapporti con il padre tutto era possibile!
Il re nell’ombra dell’Host Club ghignò sottilmente.
«Pensavo all’Outo Theatre, se ti piace l’idea: danno la rappresentazione de Il ponte di pietra (**)».
Haruhi si fece pensierosa: eppure, aveva già sentito il nome di quel teatro… Ma dove?
«Per me va bene», rispose, lisciandosi una piega del corto abito nero e giocherellando con la sciarpa di seta nera. C’erano troppe stranezze nell’aria, come il fatto che l’ultimogenito degli Ootori non stesse trafficando come suo solito su un palmare o un’agenda…
«Signore», intervenne una voce dall’abitacolo della limousine, seguita da un tossicchiamento. «I… I cacciatori di procioni (***) ci stanno seguendo».
Haruhi spalancò gli occhi, sorpresa. Cacciatori di procioni in città? Kyoya sorrise.
«Procedi pure con il piano B», rispose.
«Come desidera, signore», rispose Tachibana. La ragazza guardò Kyoya, in attesa di risposte, ma lui si limitò a dire, scrollando le spalle:
«Cacciatori di frodo. Non li sopporto».
Ah be’, se lo diceva lui…
 
***

«Cosa significa che la strada è bloccata?», sbraitò Tamaki al suo autista, agitandosi sul sedile.
«Si è appena verificato un incidente poco più avanti: sembra che un uomo si sia gettato sotto ad una macchina, hanno interrotto temporaneamente il traffico per facilitare l’arrivo dell’ambulanza e medicarlo; nel frattempo non possiamo far altro che aspettare».
«Ma così li perderemo!», si lamentò Hikaru, mentre Honey fissava con le lacrime agli occhi il luogo dell’incidente.
«Dite che si sarà fatto molto male?», chiese agli altri, e di nuovo l’autista rispose per dare delucidazioni in merito.
«Non credo… L’impatto non mi è sembrato molto forte, ma ciò che mi lascia perplesso è la dinamica dell’incidente: come se l’uomo si sia gettato volontariamente sotto la macchina, ma questa abbia iniziato a rallentare molto prima di poter capire le sue intenzioni… È molto strano».
Honey annuì, mentre un lieve sorriso di comprensione si disegnava ora sulle sue labbra.
«Tama-chan, Tama-chan, cosa possiamo fare ora?»
«Hikaru! Kaoru! Chiamate immediatamente per avere un elicottero, ora
«Sì!», si misero immediatamente sull’attenti i gemelli, prendendo in mano il cellulare e iniziando il giro di chiamate. Honey guardò Morinozuka: avrebbe scommesso che anche le vie aeree erano state interdette per qualche misterioso motivo.
Ovviamente, non si sbagliava.
 
***
 
«Siamo arrivati, signore».
L’autista fermò la limousine e andò ad aprire la portiera dalla parte della ragazza. Ragazza che guardò piuttosto perplessa l’asfalto sotto di sé. Fece un profondo sospiro e si mordicchiò le labbra prima di risolversi a scendere dalla vettura, barcollando appena. Kyoya, sceso dietro di lei, capì finalmente il motivo di tanti pensieri e gli venne quasi da ridere; l’avrebbe anche fatto, ovviamente se non fosse stato un Ootori.
«Problemi con i tacchi?», le domandò all’orecchio una volta congedata la macchina. Lei avvampò, ricordandosi qualche strano monito (uno dei tanti) datole da Fuyumi-san. Comprendeva anche il fatto di soffrire in silenzio.
«Ehr… No, assolutamente», rispose lei, pregando che i suoi tacchi dodici non l’abbandonassero all’improvviso. Non sapeva perché, ma aveva il terrore di quei cosi; e pensare che secondo la sorella del ragazzo – futura cognata, amava definirsi lei – erano addirittura bassi!
Kyoya non commentò, ma la sua lieve espressione soddisfatta era più eloquente di mille parole, soprattutto agli occhi di Haruhi.
«Ciò significa che se ti chiedessi di attraversare la strada saltellando su un piede solo riusciresti a farlo senza problemi?»
La ragazza roteò gli occhi al cielo e non rispose: Dio, quanto sadismo in un’unica persona! Si avviò da sola verso la mastodontica facciata dell’Otou Theatre, illuminata a giorno: si fermò incantata a guadarla, chiedendosi remotamente perché i ricchi avessero sempre tutto quel bisogno di esagerare in qualsiasi cosa facessero, dicessero o costruissero.
«Vuole darmi il braccio, signorina?», le chiese ironicamente Kyoya, raggiungendola e fermandosi accanto a lei. Haruhi sospirò e lo accontentò, quindi entrarono insieme nell’enorme edificio.
 
***
 
«Sì, sono senz’altro un genio», disse per la quarta volta Tamaki in quella serata. Avendo perso di vista la limousine di Kyoya e non potendo usufruire di elicotteri, aveva pensato bene di chiamare casa Ootori per parlare con Fuyumi, sperando che potesse sapere dov’era andato il fratello. Lei gli aveva riferito che l’aveva sentito parlare di un certo teatro, al telefono: sicuramente doveva trattarsi di quello della prefettura opposta a quella verso cui erano diretti.
«Tono, secondo me stiamo sbagliando qualcosa», borbottò Hikaru, mentre il gemello si strofinava pensosamente il mento.
«Impossibile! Il mio intuito non sbaglia mai!», rispose il Lord, portandosi melodrammaticamente una mano alla fronte.
«Tama-chan, Tama-chan, ma Kyo-chan non avrebbe mai detto ad anima viva la sua destinazione… Non è da lui!»
«Haninozuka-senpai ha ragione, Tono», prese le sue parti Kaoru. «È tutta la sera che ci penso… Perché prendere la strada opposta alla meta?»
«Ma per confonderci, ovvio! E ora godetevi il viaggio, stiamo assaporando il brivido di un trasporto da plebei, non capiterà più!»
Gli altri quattro scossero la testa (o meglio, Mori-senpai si limitò a corrucciare lievemente le sopracciglia) ricordando la scena di mezz’ora prima. Il Lord li aveva costretti a scendere dalla limousine, fare quei pochi metri per superare il luogo dell’incidente a piedi e, una volta trovatisi sani e salvi dall’altra parte, bloccare un taxi e salirci (in cinque!) all’urlo di: “Tassista, segua quella macchina!”. L’autista in questione si era girato, piuttosto seccato, e aveva domandato a Suou se per caso credesse di essere in un telefilm americano. Tamaki avrebbe voluto ritirarsi in un angolino a fare cerchietti per terra, ma il poco spazio che c’era non gliel’aveva permesso: anche se Mori aveva preso il posto accanto all’autista stesso, dietro rimanevano in quattro a condividere lo spazio di tre.
«Tama-chan, Tama-chan, quale teatro troveremmo se seguissimo la direzione di prima?», continuò Honey. Tamaki si fece pensieroso e poi scoppiò a ridere.                   
«Solamente l’Otou Theatre, ed è la dimostrazione che non può essersi diretto lì: è proprietà della mia famiglia!»
«…», fu il commento di Mori-senpai.
«Autista, giri immediatamente la macchina!», fu quello dei gemelli.
 
***

Effettivamente, il terzogenito degli Ootori non l’aveva portata all’inferno, però ci si era avvicinato. Chissà se era stata una mera coincidenza che in quei giorni ci fosse la rappresentazione di un dramma sui demoni.
Anche se doveva ammettere che Kyoya sapeva essere più spaventoso di qualsiasi manifestazione terrena demoniaca, se solo l’avesse desiderato.
«L’hai mai visto?», le chiese Kyoya, una volta sedutisi davanti al palco di legno. Haruhi fece cenno di no, e fu allora che si rese conto che quei posti erano veramente ottimi. Come diamine era riuscito a procurarseli con solo poche ore di anticipo…? «È molto celebre, e questa compagnia dovrebbe essere una delle migliori in giro, se non la migliore», continuò lui, sistemandosi meglio sulla poltroncina.
«Non avrebbe potuto essere altrimenti», si lasciò sfuggire Haruhi, e Kyoya sorrise.
«Stiamo pur sempre parlando di un Ootori. Sarebbe strano se non avessi programmato tutto nei minimi dettagli, d’altronde».
 
***
 
«La rappresentazione è già iniziata, non possiamo entrare», riferirono i due gemelli, di ritorno dal giro di ricognizione. Tamaki assottigliò gli occhi, mentre tentava di capire cosa potesse fare. Sicuramente, dentro al teatro, attorniata da tutta quella gente, la sua Haruhi non poteva essere in pericolo… Poi, si ricordò con chi aveva a che fare. Kyoya.
«Dobbiamo entrare, dobbiamo entrare!», ululò, avventandosi contro le porte a vetri dell’entrata; fortunatamente i gemelli riuscirono a placcarlo prima che potesse fare qualche pazzia.
«Tono! Ormai non c’è nient’altro da fare, possiamo solo aspettare che il dramma finisca e che loro escano per seguirli ancora; abbiamo già chiamato la limousine, sarà qui fra poco».
«Sì, ma… Ma…»
«Tama-chan, sono sicuro che Kyo-chan uscirà da quella porta! Dobbiamo solamente attendere… E vorrei tanto una fetta di torta…»
«Mitsukuni, c’è una pasticceria qui vicino», disse Mori, sempre pronto ad esaudire gli improvvisi sbalzi di glicemia del cugino. Cugino che lo guardò adorante per quell’affermazione.
«Oh, vi prego, andiamo a prendere qualcosa di dolce, vi prego, vi prego!»
Nessuno sapeva resistere agli occhi dolci di Honey, figurariamoci Tamaki.
«Però… Perderemo di vista l’entrata del teatro…», mormorò flebilmente.
«Oh, ma saremo di ritorno prima che escano, lo prometto!»
«… Andiamo…»
 
***
 
«Senpai, perché stiamo usando l’uscita di sicurezza?», domandò perplessa Haruhi, osservando Tachibana, apparso dal nulla, scortarli fino alla limousine.
«Una piccola precauzione, Haruhi. Piuttosto, non ti va di andare a mangiare qualcosa?»
Dopotutto, Kyoya conosceva bene i propri polli. E soprattutto, come mettere a tacere le loro coscienze.
 
***
 
«Cosa significa che li abbiamo persi?», domandò Tamaki, ormai in piena crisi isterica da donnetta incinta.
«Scusa, scusa, Tama-chan! È colpa di Usa-chan se abbiamo fatto tardi, ma voleva assolutamente un’altra fetta di torta!»
«Non preoccuparti, Haninozuka-senpai, forse abbiamo ancora qualche speranza…», rispose Tamaki, testardo.
«Tono, ormai dobbiamo accettare la sconfitta: non si può cercare di ingannare Kyoya-senpai…», sospirò Hikaru, mentre gli altri tre sospiravano e gli davano ragione (persino Mori annuì gravemente).
«Ha ragione Hikaru, Tono… Torniamocene a casa, ormai è tardi, e tentare di rintracciarli è impossibile…»
Tamaki annuì piagnucolando e rientrarono nella limousine, diretti verso le rispettive abitazioni, mentre il Lord continuava a gemere – non tanto in silenzio –.
 
***
 
«Ranka è rientrata, vero?», chiese Kyoya, davanti all’appartamento di Haruhi.
«Temo che tu lo sappia meglio di me, dato che conosci i nostri spostamenti meglio di noi stessi», ribatté sospirando Haruhi, e questa espressione fece nascere un lieve sorriso sul volto di Kyoya.
«Non sono ancora in grado di controllare eventuali imprevisti, pur se mi piacerebbe farlo».
«Oh, ne sono certa. Sebbene non me la senta di condividere questa tua affermazione, a volte ho l’impressione che tu riesca ad essere a conoscenza di qualsiasi avvenimento inatteso».
«Sicuramente non tutti», sussurrò Kyoya, e Haruhi lo fissò incuriosita.
«Tutto bene, senpai?»
«Certamente», rispose lui, riacquistando immediatamente il suo solito sorriso enigmatico. La ragazza aggrottò un sopracciglio, ma decise di non indagare oltre. «E ora mi spiace lasciarti, ma debbo trovare il modo di sistemare alcuni cacciatori di frodo particolarmente fastidiosi e seccanti. Ti ringrazio della compagnia della serata e ti auguro la buonanotte».
«Anch’io ti ringrazio, senpai. Buonanotte».
Haruhi lo salutò con la mano ed entrò in casa, togliendosi le scarpe senza accendere le luci per non svegliare il padre. Inaspettatamente, quella serata le era piaciuta: di sicuro un tranquillo diversivo al subbuglio abituale del Club le serviva, di tanto in tanto!
Ma c’era ancora una cosa che non sapeva spiegarsi: chissà che cosa intendeva il senpai con quel riferimento ai cacciatori di procioni… La stagione della caccia era chiusa, e poi… In città? Avrebbe fatto meglio a chiederlo direttamente a Kyoya-senpai, stavolta.
 
 
«Tamaki, che sia chiaro: un altro tiro del genere e…»
«Ahhh! Okaa-san, okaa-san, non arrabbiarti, l’ho fatto solamente per il bene della nostra bambina! Kyo- Metti giù quel coso!!»
 
 
 
 
 
 
 
L’angolo dell’Asterischiamo insieme:
(*) Evidentissimo riferimento ad Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, di Lewis Carroll, seguito de Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie.
(**) Il ponte di pietra: uno dei più famosi drammi incentrati sui demoni del teatro Nō, che è ben diverso da quello Kabuki, sua volgarizzazione. [Fonte: Wikipedia, se ne volete sapere di più andatevelo a cercare ù_ù XD]
(***) Cacciatori di procioni = pedinatori di Haruhi (vabbé, questa era ovvia XD)
Il Teatro Outo viene nominato nella puntata 14 dell’anime proprio da Kyoya. Io poi ho deciso di nominarlo anche Outo Theatre, all’americana, perché fa più figo ù_ù (XD)
 
Angolo personale dell’autrice:
Sì, questa storia fa schifo. Sì, sono dannatamente condizionata dal Liceo Classico, quindi fate finta che Tamaki e Kyoya conoscano le tragedie di Sofocle perché sono intelligenti e acculturati. Sì, anche io ho i miei dubbi sul primo, ma che volete farci: i fatti ce lo dimostrano (e d’altronde, all’Ouran il corso di greco antico c’è!).
Il riferimento ai tacchi è del tutto casuale, ovviamente *ghigna*
Per il resto, boh. Sono una frana con le KyoHaru, a me piace leggerle ma non so scriverle, sono un’impedita con tutto ciò che inizia per Host e finisce con Club. Quindi amen, almeno non mi sentirò più ‘sto maledetto peso sullo stomaco (o sarà tutta la panna che mi sono mangiata in ‘sti giorni? C’è da chiederselo).
Il titolo però è una genialata. Shadowing significa pedinamento, ma ricordo che Kyoya è lo Shadow King… ^^
 
Per il resto, sono graditi i commenti: sono sempre in tempo a cambiare e a modificare dei pezzi che possano risultare troppo brevi/incongruenti/da spazzatura. Basta saperlo ^^”
E ditemi tutto ciò che vi passa per la testa. Magari non quello che avete mangiato per pranzo, ma ci siamo intesi XD
See ya, guys ♥
 
   
 
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