Non
ho molto da dire, anzi direi assolutamente niente.
Solo
che la voglia di scrivere è talmente tanta che a volte non riesco a staccarmi
da word, mentre ci sono dei giorni che entro totalmente in crisi e mi vien da
piangere, perché vorrei sfogarmi in qualche modo, ma non ci riesco.
Questa
piccola storia nasce come un’ OS, poi ci ho ricamato un po’ su. Risale all’estate
scorsa, solo ieri però mi sono ritrovata il file davanti agli occhi e ho
trovato le parole giuste per poter metter in piedi il prologo. Ed ora eccolo a
voi…
Grazie
anticipatamente a chi sprecherà un po’ del suo tempo, per leggermi…<3
Prologo
Se
la vita ti dona un sogno, coglilo al volo e vivilo fino infondo…
Ci
sono momenti in cui potrai voltarti indietro e sorridere di quel ricordo felice
che ancora ti scalda il cuore. Nonostante i turbamenti e i dolori siano
permeanti nella tua esistenza, ci sarà sempre quella persona in grado di farti
sentire felice, anche se il tempo passa…
Questo
Matilde lo sapeva bene.
Erano
trascorsi diversi anni da quando Matilde aveva vissuto la sua adolescenza a
Malubre, un piccolo paesino toscano a picco sul Mare Tirreno. La sua vita era
stata sempre serena fin quando c’era sta sua madre, con la sua morte le cose
erano peggiorate e oggi ne viveva ancora le conseguenze.
Quella
mattina si era alzata più stanca del solito, era una settimana che la febbre la
costringeva a stare lontana dall’ufficio. Un lavoro che non avrebbe dovuto mai
fare, ma anche quella era una conseguenza delle sue scelte. Scelte che aveva
preso col tempo, con la giusta dose di riflessione. Non poteva negare che
l’amore l’aveva influenzata parecchio, ma non se ne pentiva. No, non poteva,
perché era serena quando aveva deciso del suo futuro.
Si
diresse in cucina, estrasse un pentolino dall’armadietto beige e lo riempì
d’acqua poggiandolo poi sul fuoco. Si sarebbe preparata un the caldo con un
pezzo di limone, magari questo l’avrebbe aiutata a rinfrancasi la gola arsa. Si
portò stancamente una mano sulla fronte: era bollente! Odiava sentirsi così
fragile, lei che si era mostrata sempre determinata e forte, non poteva
abbattersi in quel modo per una semplice influenza. Ma si sa: il corpo non lo
comandiamo noi!
Matilde
era testarda, la cocciutaggine era la caratteristica che l’aveva sempre distinta
dal resto della famiglia, anche se era brava a nasconderlo sotto la sua
infinita dolcezza. Si, perché era una persona deliziosa, buona e solare.
L’amica ideale. Sua madre le diceva sempre che aveva tanto desiderato da
giovane, un’amica come lei, ma non era mai stata capace di averne una, un po’
per il suo carattere introverso, un po’ perché le sue frequentazioni non erano
mai frutto di una libera scelta, bensì di quella dei suoi genitori. Forse era questo che
più di tutto tormentava sua madre e il pensiero di non averlo capito prima, le
metteva tristezza. Matilde sospirò pensando ai suoi genitori, in particolare a
suo padre. Chiuse gli occhi sentendoli lucidi e doloranti. L’acqua nel
pentolino bollì richiamando la sua attenzione, preparò la tazza con la bustina
di the e vi versò dentro il liquido bollente. Un cucchiaio e mezzo di zucchero,
uno spicchio di limone e il the era pronto. Sorrise e si diresse sul divano del
piccolo soggiorno della casa dove viveva da un anno. L’indipendenza l’aveva
sempre elettrizzata, a differenza di molte sue coetanee ventenni, non aveva
avuto un minimo di paura nel prendere la decisione di lasciare la casa paterna.
Non l’aveva fatto solamente per la voglia di farsi una vita propria, ma anche
perché non poteva sottostare al volere del padre, non alle condizioni che le
erano state imposte.
Sorseggiava
tranquilla il suo the, quando il suo sguardo si posò sulla libreria di fronte a
lei, i suoi occhi sfiorarono i numerosi libri sulle mensole, senza in realtà
soffermarsi a guardarli, ciò che però attirò più di tutti la sua attenzione, fu
quella copertina blu, nascosta appena da un portafoto d’argento, regalo di
qualche lontano zio, messo lì apposta per coprirlo. Si guardò le mani per
qualche istante, incurante del loro tremolio appena accennato, poi rassegnata
si alzò, poggiò la tazza sul tavolino di vetro e si diresse verso la libreria,
tirò fuori l’album delle foto e si riaccomodò sul divano, avvolgendosi nella
coperta di plaid.
Stavolta
il tremore del suo corpo non era dovuto soltanto all’influenza…
Con
le dita accarezzò la copertina di velluto, seguendo il percorso delle pieghe,
poi con il dito indice sollevò la prima pagina e si immerse nel suo passato. Un
passato piuttosto recente...