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Autore: cabol    21/05/2010    1 recensioni
Un ricco e odiato mercante assassinato e derubato. Molti sospetti, molti possibili moventi. Ma perché uccidere i suoi pesci rossi?
Mille e mille sono le leggende che i bardi raccontano, sull’isola di Ainamar. Innumerevoli gli eroi, carichi della gloria di imprese epiche. Eppure, in molti cantano anche le imprese di un personaggio insolito, che mosse guerra al suo mondo per amore di giustizia.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I misteri di Ainamar'
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CAPITOLO 3

Il capitano Cragg e messer Holverius avevano consumato un pranzo frugale, servito direttamente nello studio dal solerte e silenziosissimo maggiordomo. Dopo poco sarebbero arrivati i coniugi Berifaol e i due uomini intendevano predisporre accuratamente l'interrogatorio.

«Francamente, capitano, credo che dovremmo essere cauti. Conosco bene questa gente. Viator non è un angioletto ma non lo credo affatto capace di uccidere. Non direttamente, almeno. Per quanto riguarda sua moglie, so per certo che è stata per anni l'amante di mio padre e, anche in questo caso, dubito fortemente che sarebbe mai arrivata a tanto».

«Questo la rende ancora più sospettabile. Certamente conosceva bene la stanza di vostro padre e lui l'avrebbe probabilmente ricevuta anche durante la notte senza insospettirsi troppo. Se dovessi dar retta a voi, nessuno potrebbe aver commesso questo delitto. Ma messer Siverius è morto. Comunque è meglio se sentiamo cosa ha da dirci questa signora».

«Avete dato disposizioni perché si verifichi come ha trascorso la notte mio cognato?».

«Lord Boxis? Ma certo. Anche se non credo che scopriremo nulla d'interessante, ho incaricato alcuni miei uomini di investigare».

Holverius si alzò per parlare brevemente col maggiordomo che era appena ricomparso. Un attimo dopo tornò a sedersi accanto all'ufficiale.

«Sono arrivati. Chi facciamo passare prima?».

«La signora. È anche la nostra sospettata principale, meglio farci subito un'idea».

Il mercante si rivolse al maggiordomo.

«Bartholomeus, avete capito?».

«Perfettamente signore». L'anziano servitore fece un perfetto inchino e scomparve dietro la porta. Poco dopo, Petra Berifaol comparve nello studio. Al contrario della sera precedente, era vestita molto semplicemente, con una lunga veste di velluto nero, non portava gioielli e sul bellissimo volto completamente struccato gli occhi arrossati facevano chiaramente comprendere il turbamento del suo animo.

Cragg non parve particolarmente impressionato dall'espressione tragica della donna. Si alzò per accoglierla con rigida e fredda educazione.

«Perdonate il disturbo, signora. Purtroppo sono costretto a farvi qualche domanda».

La donna sedette compostamente davanti all'ufficiale. Gli occhi pudicamente rivolti in basso.

«Comprendo perfettamente capitano. Chiedete pure». La voce era piatta, atona ma ferma.

«A che ora avete lasciato questa casa, ieri sera?».

«Poco dopo mezzanotte. Ho atteso le campane per brindare, poi ho raggiunto mio marito sulla carrozza».

«Scusate, se vostro marito era nella carrozza, con chi avete brindato?».

Gli occhi guizzarono verso l'ufficiale per tornare immediatamente a rivolgersi al piano della scrivania.

«Con nessuno, capitano. Ero da sola».

«Perché avete brindato da sola? Perché vostro marito non era con voi?».

«Viator era già sulla carrozza, da circa un quarto d'ora. Subito dopo mezzanotte l'ho raggiunto e siamo tornati a casa».

«Perdonatemi ma non capisco il motivo. Potevate attendere la mezzanotte con vostro marito».

«Non questa volta. Dovevo brindare con Siverius». La voce della donna era incrinata dall'emozione. Gli occhi si fissarono in quelli del capitano Cragg, stavolta senza abbassarsi.

«Ma non avete detto che eravate sola?».

«Ho brindato davanti al suo ritratto, quello sopra il camino del salone».

Cragg la guardò con aria scettica.

«Scusatemi ma non capisco ancora».

«Siverius ha estromesso mio marito dalla società. L'ha fatto con spietatezza, dopo che erano stati soci per quarant'anni. Gli ho augurato un anno di sofferenza e rovesci finanziari. Ma non la morte, se è questo che pensate».

L'ufficiale sorresse freddamente lo sguardo.

«Mi pare di comprendere che i motivi per odiarlo non vi mancavano. Perché non avreste dovuto augurargli qualche disgrazia?».

«Perché Siverius avrebbe sofferto di più vedendo andare a rotoli i suoi affari. Lo so perché lo conoscevo assai bene. Cercate di capirmi, l'aspetto economico non c'entra. Viator è ricco, non abbiamo motivi di temere da questo punto di vista. Quello che ci ha fatto male è stato il tradimento nei nostri confronti. Ha scaricato Viator semplicemente perché non lo assecondava più come un tempo. Con l'età mio marito si è fatto più prudente, mentre Siverius è diventato ancora più spregiudicato».

Sul volto dell'ufficiale comparve un ghigno astuto.

«Dunque è stato l'affronto subito a causare il vostro odio».

«Affronto? Potete anche chiamarlo così. Io lo chiamo tradimento».

«Vi siete sentita tradita?».

La donna guardò il capitano con aria di commiserazione. L'espressione non passò inosservata e Cragg perse quel poco di simpatia che ancora poteva nutrire nei confronti di Petra Berifaol.

«Io? Siverius ha tradito Viator, un uomo infinitamente migliore di lui».

«Capisco. Dovete amare molto vostro marito». La voce dell'ufficiale si era fatta insinuante.

«Non credo capiate, capitano. Viator e io ci vogliamo bene e ci rispettiamo. Ma la nostra è più una bella amicizia che un matrimonio. Ognuno ha conservato la propria libertà sentimentale ma siamo uniti e fondamentalmente leali fra noi».

«Avete ragione, signora, non riesco a capire».

In fondo, Cragg era piuttosto tradizionalista e quel modo disinvolto di vivere il matrimonio gli pareva indice di perversità d'animo.

«Lui era ricco e io bella. Questo fu il nostro primo accordo. Poi scoprì che ero anche sveglia e abile nel procurarmi informazioni. E questo fu il nostro secondo e più duraturo accordo. Insieme siamo stati in grado di affrontare chiunque e abbiamo contribuito enormemente allo sviluppo della società di Siverius. Che ci ha ripagati così».

Mentre la dama stava parlando. Holverius si era alzato e diretto verso la porta dalla quale aveva fatto capolino il maggiordomo. Confabulò un attimo col servitore, dopodiché tornò alla scrivania, ancora più pensieroso di prima. Passando davanti alla vasca dei pesci, si soffermò un attimo a osservare l'acqua vagamente torbida. Il volto si era fatto ancora più scuro. Gli occhi di Petra lo avevano seguito costantemente.

«Cosa ti angoscia, Holv? Tu sai che ho ragione, eri l'unico che non fosse completamente soggiogato da tuo padre». La voce della donna si era addolcita parlando col giovane Nilboloc. Questi la fissò negli occhi, rispondendole.

«Era un gran filibustiere, Petra. E anche per questo ti affascinava tanto. Ma era mio padre. A modo suo mi voleva bene e mi stimava. Penso di dovergli qualcosa, quantomeno mi sento in dovere di mettere le mani su chi lo ha ammazzato».

«Non penserai che sia stata io? Sai bene che non avrei mai potuto, gli volevo bene anch'io».

Lo sguardo di Holverius era pieno di tristezza.

«Lo so. Ma ieri sera lo odiavi. Comunque non credo che sia stata tu. Però mi devi dire la verità. Dopo la cena gli hai parlato?».

«Era occupato». Nella voce era comparsa una nota rabbiosa. «Immagino che tu lo sappia». L'uomo annuì.

«Non avrebbe mai trascorso la notte nella stanza di una serva. Finito di fare i suoi comodi sarebbe tornato in camera. E tu lo sapevi».

Gli occhi di Holverius si fissarono in quelli di Petra. Lei sorresse lo sguardo per pochi secondi prima di tornare a fissare la scrivania.

«Lo immaginavo ma non intendevo aspettare i suoi comodi, come li chiami tu. Ho brindato e sono andata via».

Il mercante le si avvicinò con aria minacciosa.

«Sei andata alla carrozza e hai mandato a casa Berifaol. Poi sei rientrata. Bartholomeus ti ha vista. Stai mentendo, Petra!».

«Cosa? Quell'impiccione? Credi più a un servo?».

«Conoscendoti, sì. Raccontaci tutto, Petra, altrimenti sei nei guai».

La donna si eresse in tutta la sua statura, la voce suonò stridula.

«Io ... mi meraviglio di te, Holverius Nilboloc. Questo è un altro oltraggio che devo subire dalla tua famiglia».

Holverius sbatté con violenza un pugno sul tavolo.

«Ora piantala! Mia madre ne ha subiti di ben peggiori, da te. Dicci cosa hai fatto quando sei rientrata qui, ieri sera».

«E va bene! Sono ... andata da tuo padre. Volevo farlo riflettere. Fargli capire che non avrebbe dovuto comportarsi così. Ma lui non ha voluto sentire ragioni».

Il capitano la interruppe con voce fredda.

«E allora, lo avete eliminato. Così avete avuto la vostra vendetta per vostro marito e per il vostro amor proprio di amante tradita!».

«Capitano, con la morte di Siverius, mio marito non recupera il suo ruolo. Le quote della società passano tutte nelle mani di Holverius, che quindi aveva un movente migliore del mio. Perché non sospettate di lui, allora?».

Il giovane Nilboloc era pallidissimo.

«Petra, finiscila! Io non credo che tu sia colpevole. A che ora hai lasciato mio padre?».

«Circa un'ora e mezza dopo mezzanotte».

«Aveva bevuto il vino dal boccale?».

«No. Non l'aveva toccato. Era ancora vestito, sai che lui beveva il suo vino solo dopo essersi preparato per la notte».

Gli occhi di Holverius vagarono nel vuoto.

«Sì. È vero. Quindi l'hai lasciato vivo».

«Vivo e cattivo più che mai».

Il mercante sospirò e si rivolse all'ufficiale.

«Capitano, avete altro da chiedere?».

«No. Mi dispiace, signora ma devo pregarvi di non lasciare la casa, vi farò sorvegliare da due guardie, finché la vostra posizione non si sarà completamente chiarita».

Petra fece un balzo all'indietro, come una belva impaurita.

«Non mi credete! Non l'ho ammazzato io! Capitano, dovete credermi!».

«Io devo credere ai fatti, e questi vi mettono in una posizione difficile. Comunque, se siete innocente, non avete nulla da temere».

L'ufficiale congedò la dama senza consentirle ulteriori repliche e diede ordine ai suoi sottoposti di sorvegliarla, poi tornò alla scrivania. Holverius lo guardava perplesso.

«Cragg, siete sicuro che sia stata lei? Ho fondati motivi per dubitarne».

«Ah sì? E quali, di grazia? Ha il movente ed è stata l'ultima persona a vedere vivo vostro padre. Non fatevi ingannare dalla sua recitazione, messere. Fra tutti è l'unica che possa avere commesso il delitto. Aveva il movente e l'occasione. Cosa vi fa pensare che non sia stata lei?»

«Vorrei che fosse stata lei. Ma ne dubito».

«Messere, siete sicuro di non nascondermi qualcosa?».

Holverius scosse il capo e si diresse rapidamente alla porta, chiamando il maggiordomo.

«Facciamo passare Viator, forse ci aiuterà a chiarirci le idee».

Bartholomeus spalancò la porta e fece entrare il socio di Siverius Nilboloc. Cragg avrebbe voluto dire qualcosa ma l'uomo entrò immediatamente nella stanza rivolgendo un freddo saluto a Holverius.

«Benvenuto, messer Berifaol. Accomodatevi».

L'anziano mercante era molto alto ed estremamente magro. L'andatura dinoccolata e le spalle cadenti mortificavano l'autorità dei suoi occhi scurissimi. L'apparenza innocua nascondeva un carattere collerico e autoritario.

«Io non c'entro. Non farei mai una cosa tanto orribile. Cercate altrove, capitano».

L'ufficiale sorrise.

«Ma di questo non ne dubito affatto. Raccontatemi di ieri sera, forse avete visto o udito qualcosa che potrebbe esserci utile».

«Mi sono annoiato a morte tutta la sera. Poco prima di mezzanotte sono andato in carrozza. Mia moglie mi ha raggiunto subito dopo che si era spenta l'eco delle campane del senato. Tutto sommato non credo di aver altro da dire».

La sicumera del mercante pareva assai meno solida di quanto non cercasse di dimostrare. Il capitano parve accorgersene e un sorriso malizioso comparve sulle sue labbra.

«Siete tornato a casa con vostra moglie?».

«Si capisce. Dove sarei dovuto andare?».

«Siete certo che vostra moglie sia tornata con voi?».

«Come vi permettete?».

L'ufficiale si piazzò davanti a Viator, con le mani sui fianchi.

«Messere, ci state raccontando una quantità di frottole. Sappiamo che le cose non sono andate così. Sarà meglio che mi diciate la verità».

«Come osate ...».

Cragg esplose.

«Ora basta! Sono un ufficiale incaricato di questa indagine, signore! State insultando l'intera Repubblica con questo vostro atteggiamento. Vostra moglie non è tornata con voi. Perché?».

Il mercante era impallidito. Non molto coraggioso, si era reso conto che quell'uomo stava facendo sul serio. Conveniva collaborare, almeno per il momento.

«E va bene. Voleva parlare con Siverius. Voleva convincerlo a tornare sulle sue decisioni e rendermi il mio ruolo nella nostra società».

L'ufficiale non pareva granché rabbonito dal cambio di tattica del suo interlocutore e la sua voce risuonò ancora alterata e brusca.

«Ma non c'è riuscita. Vostra moglie aveva con sé del veleno?».

Messer Berifaol spalancò gli occhi.

«Cosa? Ma non crederete davvero ...».

«Vostra moglie aveva il movente e l'occasione di commettere quest'omicidio. Aveva il veleno?».

«Ma quale veleno? E dove lo avrebbe tenuto? Su di sé? Abbigliata com'era?».

«Le donne hanno mille modi per nascondere le cose. Un'ampollina di veleno non è grande».

«Ma è una follia! Se l'ampolla si fosse rotta?».

«Ma non si è rotta. E vostra moglie l'ha versata nel bicchiere di messer Nilboloc».

«Holverius, non crederai a questa assurdità?».

«Io non so più cosa credere ... ogni ipotesi sembra assurda ma qualcuno l'ha ammazzato. E io voglio sapere chi».

Voci concitate si udirono nel corridoio. Un rumore di lotta e la porta si spalancò con violenza.

«Come avete osato?».

Daniel Berifaol irruppe nello studio. Era un giovane sui vent'anni, non molto alto ma dalle spalle larghe e il torace muscoloso. La mandibola volitiva e gli occhi di ghiaccio facevano supporre un carattere autoritario, uso a farsi valere e a scivolare facilmente nell'arroganza.

«Come avete osato arrestare mia madre? Come potete accusarla di una cosa simile?».

L'ufficiale avanzò verso il giovane con occhi fiammeggianti.

«Come osate voi, signore, irrompere in questo modo? Abbiamo tutti gli elementi per accusarla».

«Ma che elementi? Ma lo sapevate che la moglie di Nilboloc aveva un anello col castone pieno di veleno?».

«Cosa?». Cragg trasecolò. Guardò Holverius senza capire, poi ne scorse l'espressione imbarazzata. «Messer Nilboloc, ne sapevate qualcosa?».

«Io ... insomma, personalmente non l'ho mai visto ... me ne hanno parlato per la prima volta ieri».

«Lo sapevate e non me ne avevate parlato? Messere, questa è una cosa grave».

«Ma io non l'ho mai visto!». Messer Nilboloc pareva molto agitato e la voce, solitamente pacata, aveva preso un tono più acuto. «Non sono nemmeno sicuro che esista».

Cragg pareva furioso.

«Lo vedremo presto. Farò perquisire immediatamente la stanza di vostra madre».

Holverius cercò di recuperare un poco di autocontrollo.

«Ma voi, Daniel, come avete fatto a venire a conoscenza di qualcosa che anch'io ignoravo?».

«Me l'ha confidato quella stupidella di vostra figlia, messere. Non permetterò che voi Nilboloc versiate altro fango sulla mia famiglia. Abbiamo già sofferto abbastanza per cagione vostra».

«Ascoltatemi, Daniel, io non intendo permettere che a vostra madre venga fatto alcun male e il capitano vi potrà riferire che io non la ritengo colpevole. Ma non è addossando la colpa a qualcun altro che si risolve il problema. Dobbiamo trovare il colpevole, non un capro espiatorio».

Il giovane rispose con tono sprezzante.

«Il colpevole è già stato trovato. Solo con quell'anello si sarebbe potuto avvelenare il boccale di messer Nilboloc senza che se ne accorgesse. Quell'anello esiste e anche se l'avete nascosto, la colpevolezza di vostra madre è lampante».

«Capitano, fatelo ragionare!». Messer Nilboloc pareva decisamente allarmato.

«Questo ragazzo sta già ragionando piuttosto bene. Ora basterà trovare l'anello».

Con uno sforzo sovrumano, Holverius riprese il controllo delle proprie emozioni. Doveva restare lucido. A ogni costo.

«Dubito che troverete qualcosa».

L'ufficiale gli si rivoltò contro, inviperito.

«Questo, se permettete, è affar mio. Voi evitate di mettermi i bastoni fra le ruote e lo troverò».

Un sospiro rassegnato sfuggì al mercante.

«Fate pure, capitano. Credo che stiate perdendo tempo».

Poi, scuro in volto, uscì a grandi passi dalla stanza. Il maggiordomo lo raggiunse immediatamente.

Il pomeriggio trascorse fra ricerche affannose quanto inutili. L'anello non si trovò e, nonostante le pressanti richieste del giovane Berifaol, il capitano Cragg non volle sentire ragioni, tenendo sottochiave le due donne fino a che non fosse emerso qualcosa da quelle indagini.

Fu solo all'ora di cena che Holverius ebbe la possibilità di parlare ancora con Cragg, la cui frustrazione aveva toccato vette straordinarie.

Questa volta, l'ufficiale lo ascoltò con la massima attenzione.

  
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