“Cosa
significa commissario?” chiese Dragon apparentemente
tranquillo.
“E’
probabile che vogliono concludere in fretta. C’è
stato troppo rumore,
probabilmente. Di solito, i tempi sono molto più lunghi;
parlo però di quei gruppi
ben organizzati. Ci
sono più gruppi:
quello che compie materialmente il rapimento, quello che lo consegna
hai
carcerieri, e uno appunto che tengono l’ostaggio. Poi
c’è l’addetto con i
contatti alla famiglia. Chiamano solo quando sono sicuri che sia tutto
a posto,
e può arrivare anche dopo settimane. Senza contare che,
più tengono sulle spine
i famigliari più si assicurano di essere ubbiditi. Ma,
questo è un caso
particolare; Non è tanto il riscatto che interessa, vogliono
fare le cose
veloci perché si vogliono fare notare. E non sono di certo
esperti.”
“Quindi,
come vuole agire per liberare mio figlio?”
Il commissario
tremò, lo sguardo deciso, serio e carismatico di Monkey D.
Dragon lo mise in soggezione.
“E’
opportuno fare come dicono, per ora. Prederemo in seguito le giuste
precauzioni.”
“Uh,
ma che bella idea! Ma sì facciamo come dicono loro! Magari
dandogli i
soldi e lasciandoli andare! Sa, saremmo stati capaci di farlo anche da
soli!”
“Ace!”
gridarono in coro Grap e Dragon.
“Torna
di là, sei troppo.”
“E No!
Stiamo parlando di MIO fratello, e io non ci sto ad aspettare i
comodi di quei bastardi!”
Grap
bloccò il giovane per le spalle e lo guardò come
non aveva mai fatto.
“Hanno
il coltello dalla parete del manico. Tengono Rufy, e potrebbero fargli
del male in qualsiasi momento. Premerli nel momento in cui Rufy
è al sicuro è
la cosa migliore per lui.”
“Ammiraglio!
È arrivata sua moglie, signore!”
“Risako-chan?!”
“Perché,
Grap, hai alte mogli per caso?”
Una donna alta e
imponete si materializzò nella
stanza.
“Nonna!”
“Ciao,
tesoro. “ salutò il nipote baciandogli la
guancia.
“Non
ti avevo detto di
rimanere
a casa?”
E, il gelo scese
all’lampeggiare di quella luce
negli occhi di Risako.
“Il
mio piccolo Rufy non è stato ancora liberato,
vedo.”
“Risako-chan.
Non è semplice.”
“Lo
so. Sono qui, proprio per
questo. Provvederò io a
mettere insieme la somma.”
“Sì,
penso che sia meglio così. Grazie.” Disse
Dragon.
“Tutto
per il mio piccolino. Su, Ace, vai di la
da Aiko, ha bisogno di te.”
“Va
bene.”
“Perché
a me non da retta mai?!” pensò offeso Grap.
Mentre Ace
usciva dalla stanza Risako si voltò verso Dragon e Grap e
disse:
“Cerchiamo di concludere il più presto
possibile.”
Dopodiché
uscì dalla stanza decisa a fare la sua porte.
***
Poggiò
la borsa sul tavolo che inevitabilmente si rovesciò
lasciando
scivolare le banconate nuove di zecca che odoravano
di soldi appena stampati.
Il poliziotto
alzò un sopracciglio alla vista di tanto denaro in mano di
una liceale.
“Come…”
“Riuscirete
mai a trovarlo. Non è messo bene per niente e di questo
passo
lo troverete morto. Ma, io posso aiutarvi. So
dov’è.”
“Chi?”
“Ma
Mokey D. Rufy, ovviamente.”
L’uomo
scrutò attentamente l’iridi d’ammbra
della ragazza prima di prendere
il ricevitore in mano e comporre un numero.
“Commissario?
Abbiamo una testimone che afferma di conoscere la posizione
esatta di …. Capello di paglia.”
Tibby rimase
immobile cercando di cogliere il più possibile da quella
conversazione, così piena di parole in codice.
“S’accordo.”
Rispose in fine. Il poliziotto finì la chiamata.
“Perché
hai chiamato Lu cappello di paglia.”
“semplice
temiamo che qualcuno intercetti la chiamata. Non certo dai
rapitori. Ora basta con le domande. Hai detto di sapere la sua
posizione,
giusto? Allora parla, e poi faremo una lunga chiacchierata.”
E Tibby di certo
non si sprecò, e svuotò il sacco.
***
A casa Monkey il
tempo sembrava non passare mai, ogni minuto durava ore,
tuttavia al tempo stesso c’era la sensazione crescente di
star perdendo un
mucchio di tempo, ogni minuto ogni secondo che passava, ricordava loro
lo
scorrere inesorabile del tempo.
Zoro
silenziosamente si alzò dal suo posto
per dirigersi in bagno. Nessuno lo fermò o gli
chiese nulla, troppo
presi dai loro pensieri. Zoro aveva un pessimo senso
dell’orientamento, e
sempre i suoi amici si preoccupavano di questo.
Quella volta era
un caso al di fuori del normale: Era tutto così strano.
Per loro non era
strano separarsi, non li faceva preoccupare, perché sapevano
che prima o poi si sarebbero ritrovati. Ogniuno
di loro aveva dei obbiettivi, e
capitava che, per questo, non potevano stare sempre insieme, avevano
interessi
di versi e avevano impegni che non potevano conciliare con quelli degli
altri,
come giusto che sia. Sapevano però, che la loro amicizia
sarebbe rimasta
intatta, a dispetto del
tempo, degli
impegni, delle circostanze ognuno di loro ci sarebbe stato per
l’altro: Tutti
per uno, uno per tutti, quel tipo di legame che niente avrebbe potuto
spezzare.
Ma non era mai
mancato Rufy, non era mai mancato quello che li aveva uniti
così profondamente, l’artefice, l’idiota
che era riuscito ad unire persone diversissime
come era loro.
Più il tempo passava, più
il vuoto in loro cresceva. Era qualcosa di devastante.
Fu per questo
che nessuno disse nulla, anzi quasi non si accorsero. Manco a
dirsi, Zoro si perse per quei corrodi che ha lui sembravano infiniti.
Non fu un male,
tuttavia.
Zoro si
arrovellava per ritrovare la via giusta quando si fermò
davanti ad
una porta semichiusa. Si era fermato perché aveva sentito
distintamente la voce
del commissario provenire dalla stanza.
“Davvero?
Siamo proprio sicuri?”
….
Il
commissario non disse più nulla, evidentemente
il commissario stava parlando al telefono con qualcuno del comando.
“Accidenti,
e chi ci aveva pensato! Il ragazzo è tenuto in vecchia
fattoria
disabitata fuori
città. Ma, è ben
visibile?”
…
“Su
una collina ad est … fammi pensare, se ho capito bene,
possiamo
circondarla con facilità senza farci vedere.”
“Mm
… dammi le coordinate precise, allora, 13°… 30’ … e
35″. Perfetto!
Organizziamo
il tutto per le operazione, più infretta
possibile!”
***
Zoro, non si sa
come, riuscì a tornare dagli amici. Spalancò la
porta e
urlò: “13° 30’ 35″!”
Tutti lo
guardavano perplessi.
“Ma ti
sei impazzito, marimo?!” esclamò Sanji
Aveva ripetuto
quei numeri per tutto il percorso cercando di trattenerli
alla mente, e era tanta la voglia di agire che aveva finito per urlarli
per
davvero.
Zoro
guardò Sanji e gli fece segno di seguirlo di fuori.
Zoro raggiunse
un angolo nascosto e si fermò lì, si
guardò in giro poi volse
l’attenzione all’amico.
“Allora?
Che c’è? Che eri idiota lo sapevo, non pensavo
fino a questo
punto.”
Zoro
ringhiò: “Senti cuocastro..lasciamo perdere! Non
ho tempo per litigare
con te!”
Fece una pausa
poi, più piano disse: “ Stammi a sentire, abbiamo
bisogno di
un piano il più presto possibile.”
***
“Merda!
Ne sei sicuro?!” chiese l’ennesima volta il biondo.
“T’ho
detto si! Io non voglio stare qui con le mani in mano, quindi,
lì
seguiremo!”
I due
camminavano svelti, già macchiando sul da farsi. Nami era
l’unica
persona capace di portarli in quel posto, Zoro non avrebbe preferito
che
rimanesse a casa, ma non c’era altro modo; Franky li avrebbe
accompagnati con l’auto.
Robin e Brook
avrebbero fatto da
diversivi.
“Non
dobbiamo farci accorgere da Aiko-san. Non fare mosse false
Marimo.”
“Non
farle tu cuocastro.”
Ormai nulla
avrebbe potuto fermarli.