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Autore: Prue Cullen    25/05/2010    3 recensioni
Mi chiamo Isabella Swan, Bella per gli amici, ho 18 anni e sono morta...
questa è la mia prima ff...spero proprio che vi piaccia
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Eccomi!!!!! Sono tornata!!!

Si lo so sono sparita per dei mesi ma posso dire che ora la storia ha ricominciato a muoversi in me... quindi penso che esami permettendo dovrei riuscire a postare abbastanza velocemente.

Volevo ringraziare deola98 (x quel cap dovrai aspettare ancora un pochino...ma poco poco :D ti voglio bene) Crazyangel84 Ed4e e RenEsmee_Carlie_Cullen per aver recensito lultimo capitolo che ho pubblicato ormai troppi mesi fa (è meglio ke non li vada a contare) e un ringraziamento anticipato a tutti quelli che leggeranno questo cap...sarei molto contenta se lasciaste un commentino...kiss

Pov Edward

La sinuosità dei suoi movimenti mi faceva impazzire, sembrava una lince pronta all’attacco. Aveva già atterrato un puma e un grizly e stava per seguirne un altro quando la chiamai.

<< Bella >>

Fu come se non mi avesse sentito, iniziò a correre e io la rincorsi, ma si bloccò praticamente subito girandosi di colpo e facendomi scontrare contro di lei facendoci cadere entrambi.

La guardai sorpreso e intimorito, si era lasciata andare agli istinti ed era una vampira neonata, non sapevo cosa poteva succedere, quali sarebbero state le sue reazioni, in più dato che non potevo leggerle la mente dovevo stare ancora più attento.

Mi guardò intensamente e poi scoppiò a ridere come una bambina trascinando anche me .

<< Oh Edward >> disse abbracciandomi. << Penso di non essere mai stata così felice! >>

Improvvisamente però il suo sguardo si rabbuiò divenendo triste.

<< Bella.  C’è qualcosa che non va? Sai che a me puoi dire tutto. >>

Ero preoccupato. Mi aspettavo una certa velocità nel cambiamento dei suoi stati d’animo, ma non poterle leggerle nel pensiero e non poter quindi sapere la causa di questi suoi cambiamenti mi faceva impazzire, ma lei non doveva capirlo, dovevo farla aprire con me, darle i suoi tempi.

<< Non posso fare a meno di pensare alla mia vita precedente. >> mi disse nascondendo il viso nell’incavo della mia spalla. << Soprattutto se penso a quello che ha detto Jake… >> la voce le tremò leggermente, come se avesse avuto paura della mia reazione alle sue parole.

<< Bella… >> dissi abbracciandola. Quel cane. L’avrei dovuto strozzare per come l’aveva trattata, per quello che le aveva detto.

Sapevo come si sentiva: il suo amico di una vita l’aveva fatta sentire come se non fosse più stata Bella, l’aveva trattata come un mostro. Anche a me era successo.

<< Bella, amore, so cosa provi. >> le dissi baciandole i capelli << Anche io dopo la trasformazione ho incontrato qualcuno che faceva parte della mia vita da umano. >>

<< Raccontami ti prego. >> mi disse con occhi tristi, ma decisamente curiosi.

<< Sono nato a Chicago nel 1901, quando avevo 17 anni mi ammalai di spagnola, in ospedale conobbi Carlisle, era il mio dottore, ormai stavo morendo e mia madre, che si trovava più o meno nelle mie stesse condizioni, non so per quale motivo chiese a Carlisle di salvarmi, di farlo per la sua anima. Quella notte mia madre, Elisabeth, morì e Carlisle mi trasformò.

Io però non ero come te e quindi, per un periodo, vivemmo in Alaska , in una zona disabitata e, per gli umani, inospitale. Rimanemmo là per circa otto anni, durante i quali io ebbi anche un periodo di ribellione contro Carlisle e le sue regole e andai via, ma dopo un anno tornai e conobbi Esme,  che nel frattempo era stata salvata da mio padre e ne era diventata la compagna.

Iniziammo a sentirci una famiglia. Esme si prendeva cura di me come una madre fa con un figlio,  ma sentivo ormai fortissima la mancanza dei miei cari e dopo quasi trent’anni ritornai a Chicago.

Scoprii che anche mio padre e mio fratello Ephram erano morti, quindi cercai l’unica persona che mi era rimasta, mia sorella Katherine. Non fu una cose semplice ma dopo circa un anno ci riuscii.

Si era sposata ed era andata a vivere a New York, per questo ci misi così tanto.

Non sapevo come fare per prepararla ad una mia visita, così una sera mi presentai semplicemente alla sua porta dicendo di essere un suo amico di Chicago che aveva urgente bisogno di parlare con lei in privato, suo marito, una persona semplice, benestante e dal buon cuore, acconsentì e mi fecero accomodare nell biblioteca, qualche istante dopo arrivò Katherine, io le davo le spalle, ma riconobbi immediatamente il suo profumo.

Stava facendo mille congetture su chi potessi essere, ma non riusciva a capire, d’altronde i nostri parenti erano tutti morti e i pochi amici che aveva a Chicago erano morti o dispersi in guerra.

Morivo dalla voglia di dirle chi ero, ma prima dovetti farle giurare due cose, pur sapendo quanto mia sorella odiasse i giuramenti:prima di tutto avrebbe dovuto ascoltare tutto quello che avevo da dire, quindi, ma si trattava più di un favore che di un giuramento, non avrebbe dovuto urlare o farmi cacciare prima che io avessi terminato il mio discorso, mentre per quanto mi riguardava io le giuravo che se ciò che avrebbe sentito non le fosse andato bene sarei uscito da quella casa e dalla sua vita per sempre.

Dovetti aspettare qualche minuto per la sua decisione, ma alla fine giurò.

Molto lentamente mi voltai verso di lei, avevo paura di spaventarla, appena vide il mio viso fece qualche passo indietro accasciandosi quindi su una poltrona dietro di lei, fui tentato di muovermi verso di lei per aiutarla ma mi fermò con un gesto della mano.

Le diedi qualche minuto per riprendersi, quindi, dopo un suo cenno, mantenendo sempre la distanza iniziai a raccontarle cosa mi era successo, ma nel momento stesso in cui pronunciai la parola “vampiro” percepii il rifiuto della sua mente, ma mi fece comunque terminare. Quando smisi di parlare si avvicinò per toccare il mio volto, ma appena sentì la mia pelle gelida si allontanò e mi disse: “tu non sei mio fratello, lui era un bravo ragazzo ed è morto. Tu sei solo un mostro.” >>

Guardai Bella negli occhi, se avesse potuto avrebbe sicuramente pianto.

<< E cos’hai fatto? >>mi chiese con voce tremante

<< Cosa avrei potuto fare? Mi congedai e uscii da quella casa. Mia sorella non poteva accettare la mia nova natura ed io non potevo imporle la mia presenza, ma non scomparii del tutto: le scrissi una lettera all’anno fino alla sua morte, informandomi su di lei e sulla sua famiglia ed aiutandola economicamente nei momenti di bisogno. Smisi di scrivere come Edward quando lei morì, ma tramite un notaio continuai a sostenere i suoi discendenti, e li sostengo tuttora, anche se ormai nessuno di loro si ricorda più di me, ma sanno che c’è qualche vecchio parente pronto ad aiutarli. >>

 

   
 
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