Chilling
Pills.
Perché
scrivere una storia intera e di senso compiuto comporta troppa fatica.
2-
Christmas with the yours.
Quali erano state
le parole di Sergei giusto sulla scaletta dell’aereo?
“Uhmph. Prevedo una tragedia.”
Profetico. Forse
il soprannome Rasputin datogli da
Steve calzava più che a pennello.
Eppure non era
iniziato tutto così male.
La sua proposta indecente era stata quella di partire
per un breve viaggio.
A New York.
Per Natale.
Con la Sacra
Famiglia Chaolan e i piccioncini Julia e Steve.
Una proposta fatta
un militare russo, nostalgico sovietico, ateo e asociale che aveva (debolmente)
annuito.
La riprova che un
mitra puntato alla nuca poteva convincere chiunque.
Certo, ovviamente
poi la situazione era degenerata in breve tempo.
Raccattati dei simil regali di Natale in un grande magazzino, si erano
voltati giusto in tempo per ritrovarsi davanti ai tre Chaolan
in tenuta natalizia, con tanto di cappello in testa.
E si erano trovati
loro volta addobbati con copricapi a tema in men che non si dica.
Un’aureola, per
Nina.
Curiose corna da
Renna per Sergei.
Nina aveva
ringraziato qualsiasi nume presente nell’aldilà (celtico, cattolico,
protestante o islamico che fosse) per averle dato l’idea di non portar armi con loro.
Si sarebbe potuta
compiere una strage.
E siccome ormai
conosceva anche Sergei, aveva fatto bene pure a
sequestrargli il cellulare. Per comporre il numero del Colonnello Volkov e richiedere rinforzi aerei ci metteva sempre
pochissimi secondi.
La cena della
vigilia di per sé non era stata neppure così tragica.
Certo, Steve e
Julia erano stucchevoli. Però la collana che gli aveva regalato suo figlio era
splendida.
E Jamie era veramente fenomenale. Trotterellando sulle
gambette paffute, bighellonava attorno al tavolo del ristorante, sorridendo a chiunque
gli passasse vicino.
Aveva conquistato
tutto lo staff femminile, con sommo orgoglio di Lee, commosso dal vedere il suo
erede seguire precocemente le sue orme di playboy.
Periodo che Anna ricordò con una smorfia di finta insofferenza, scuotendo la testa
sospirando.
Sua sorella aveva
cercato persino di scambiare un paio
di parole con Sergei. Tutto inutile, visto che suo
marito sembrava aver premuto il tasto muto
e si era isolato dal mondo. Sospettava che le due capatine in bagno gli fossero
serviti per rifornirsi di vodka dalla sua fiaschetta, giusto per sopportare
meglio la situazione.
Infine, giusto al
dolce, Jamie le si era arrampicato in grembo e si era
abbandonato ad un sonno ristoratore. Così profondo e pacifico che Anna si era
rifiutata di toglierglielo dalle braccia.
Nina si era
sentita avvampare, accorgendosi di essere al centro dell’attenzione: a distanza
di un anno e mezzo da quello che si rifiutava di chiamare con un nome diverso
da ‘brutta situazione’, Anna aveva
colto l’occasione al volo per un altro bieco tentativo di risvegliare in lei un
pseudo istinto materno. Sicura che, in fondo, Nina soffrisse per quella
mancanza.
Stronza. Aveva sussurrato, quasi
ringhiando all’indirizzo della faccia sogghignante della sorella, senza
riuscire a smettere di cullare il nipote.
Un’ora dopo, nel
corridoio deserto dell’Hotel, la serata aveva preso una piega del tutto
imprevista. Aveva giusto trovato la chiave della camera nella borsetta,
leggermente alterata dal drink che Lee aveva offerto prima nel bar della hall,
quando si era ritrovata con le spalle al muro e le labbra di Sergei ad un millimetro dalle sue.
“Ne vuoi uno, uhn?”
“di cosa?”
“Non fare la finta
tonta. ”
“…?”
“Non eri male con
tuo nipote, prima.”
Nina alzò gli
occhi al cielo. Movimento insignificante che le fece girare lievemente la
testa.
“Senti, se ne vuoi
uno, ti conviene approfittarne di stasera che sono abbastanza ubriaco.”
“Ma da ubriaco non
sei granché.”
“…!?”
“… Quella volta in
Siberia ti sei addormentato nel mentre.”
“Sono meno ubriaco
di allora.” Con un movimento fluido, Sergei se l’era
caricata in spalla, era riuscito ad aprire la porta e ne aveva varcato la
soglia, ignorando i suoi deboli lamenti.
Tre minuti dopo
Nina si abbandonò contro la testiera del letto sbuffando.
Non si riusciva a
combinare nulla.
Per mancanza di concentrazione.
Al suo fianco
l’uomo aveva un’espressione più terrea e seccata di lei.
Nel silenzio della
loro stanza, il pianto isterico del bambino nella camera di fianco rimbombava
come un’eco insopportabile.
“Ma è tuo nipote
questo?”
“Già. Confiniamo
con la suite dei Chaolan…” sospirò, aggiustandosi le
coperte. “C’è da dire che ha un futuro da tenore.”
“Un minuto fa
dormiva, dannazione!” ringhiò l’uomo, aggiustandosi il cuscino e sprofondandoci
la faccia.
“Prendi la
pillola.” Le ricordò con voce afona.
Nina alzò un
sopracciglio, uno scatto nervoso: “L’idea più breve che tu abbia mai avuto…” Commentò ironica, una nota acida nella voce. “Per
fortuna che ho insistito per i preliminari…”
“Per fortuna che
sono abbastanza sobrio da riuscire a capire il pericolo imminente, altrimenti
saremmo già in guai seri.” Borbottò di rimando lui, allungando la mano verso
l’abat-jour e spegnendo le luci.
Al pianto
incessante e penetrante di Jamie si aggiunse anche la
voce cantilenante del padre, nel tentativo disperato di farlo calmare. Stonato
come una campana, peggiorava la situazione. A Nina sfuggì un ringhio, mentre
l’emicrania già le lambiva le tempie.
Già, Sergei aveva ragione. Per fortuna che si erano fermati in tempo.
Eppure la cosa le
aveva lasciato l’amaro in bocca.
Si coricò,
voltando le spalle all’uomo, lasciando che le loro schiene si toccassero.
Rimase qualche minuto in silenzio, mentre il bambino nella stanza a fianco si
calmava e la sua voce non trapassava più le pareti.
Chiuse gli occhi
cercando di scivolare invano nel sonno. Sospirò voltandosi nel letto, cercando
un’altra posizione, più e più volte.
Alla fine capì il
problema.
Tra lei e Sergei non correvano troppe parole. Si capivano e si
completavano abbastanza così, tanto erano simili. Bastava uno sguardo, un
gesto, una lieve espressione sul viso per comunicare con l’altro.
Eppure c’erano
casi –rari- in cui le parole
servivano e valeva la pena spenderne giusto un paio.
Anche tra loro
due.
Quello era uno di
quei casi. Perché era una situazione mai vissuta, o almeno, vissuta solamente
in parte e in una occasione iniziata e finita in una maniera diversa.
“Sei sveglio?”
“… aspettiamo un
altro po’, va bene?”
Giusto poche
parole. Bastava una frase: la prontezza con cui aveva risposto, il tono in cui
l’aveva pronunciata
Nel buio, a Nina
scappò un sorriso. “Volevo solo darti la buona notte…”
sussurrò morbida, appoggiando le labbra sul collo dell’uomo.
“Uhmph. E allora buona notte e smettila di rigirarti come se
fossi un’anguilla.”
NOTA
dell’Autrice: “Christmas with the yours”
è il titolo di una canzone di Natale di Radio Deejay, cantato dal ‘Complesso Misterioso’
ovvero Elio e le Storie Tese e Graziano Romani.
A mio parere, è una canzone a dir poco esilarante, a iniziare dal titolo
(traduzione letterale di Natale con i tuoi ) alla bellissima frase “Panettone is on the table, and everybody is drinkin
Moscheito”. Mi è sembrata adatta, come frase, alla situazione…
Questa
parte è effettivamente molto legata a ‘Chilling Eyes’, anzi, a dire il vero era stata pensata per farne
parte. Spero che sia congruente alla storia e attinente al carattere dei
personaggi, che ho sempre cercato (con difficoltà e spesso senza grandissimo
successo) di non mandare a ramengo. E se pensate che Sergei
che vola negli States per Natale è una cosa fuori dal
mondo… pensate che, davvero, un mitra alla testa può
convincere chiunque. Soprattutto se a puntare il mitra è Nina Williams.
Piccolo Angolo dei Ringraziamenti
Commossi:
Miss Trent: mia
paziente uditrice e lettrice di sproloqui e ca22ate, di mezze idee e boiate
pazzesche, spero di essere all’altezza delle tue aspettative…
(Che ansia…!)
Krisalia: Ohllellè!
Contenta di sopperire alle tue necessità! Uno stralcio di Jamie?
Come questo?? non preoccuparti, il piccolo James Patrick Chaolan
Williams ricomparirà ancora…
Bloody Road: Oddio, mi fai arrossire! Immagino
che perderò molti punti con questo capitolo, però…
Per quanto riguarda il libro… beh, è un mio sogno nel
cassetto da quando ho iniziato ad imparare a scrivere il mio nome… e temo che rimarrà tale. E’ un sogno così grande che,
nel caso non troppo remoto di un fallimento, mi devasterebbe. Anche perché mi
manca il tempo, la voglia e l’inventiva per comporlo. Un conto sono storielle
qua e là su qualche personaggio inventato da terzi. Un conto è creare e far
crescere un personaggio.
E questo è il difficile…
Grazie
davvero a tutte quante! Ce la si seeente, donzelle!
EC