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Autore: Beatrix_    26/05/2010    12 recensioni
Il duca di Gramont sembrava una persona davvero importante; trattava chiunque con maniere spicciole, guardando tutti dall’alto in basso. Ricordo subito ciò che pensai la prima volta che lo vidi: “è la persona più antipatica del mondo, speriamo davvero che se ne vada presto!”
Un nuovo personaggio arriverà a sconvolgere le vite, ancora giovani, di Oscar e Andrè e li obbligherà a fare i conti con se stessi e con il loro rapporto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Villa Jarjayes – 15 Aprile 1774

OSCAR: Erano due giorni che avevo ripreso servizio a Versailles e la gioia del tempo passato a casa si era subito dissolta, soffocata dalle responsabilità dell’incarico e dalla monotonia della routine.

Fortunatamente, mi ero risparmiata almeno la noia del pettegolezzo nei salotti, infatti mi ero ben guardata dal recarmi a rendere i miei omaggi alla delfina: se l’avessi incontrata probabilmente avrebbe ripreso a discorrere sulla mia vita privata ed era proprio l’ultima cosa che volevo! Mi ero tenacemente aggrappata all’idea del lavoro, senza nemmeno concedermi una passeggiata nel parco, che in quei giorni, con quel caldo, era diventato un luogo molto allettante, per tutta la corte. La verità era che non volevo incontrare nemmeno Andrè. Non perché i nostri rapporti fossero peggiorati, ma a Versailles era ormai impossibile incontrarlo da solo: la contessina D’Abeille era sempre con lui, seguita, a breve distanza, dalla sua inseparabile madre. Andrè a casa non ne parlava mai ma sapevo bene che il duca, suo nonno, avrebbe visto molto di buon occhio un matrimonio tra i due e l’idea aveva il potere di riempirmi d’angoscia. Ormai distinguevo tutti i sintomi di quell’emozione comunemente chiamata gelosia, e cercavo in ogni modo di sottrarmi al suo influsso, impegnandomi più che potevo nel lavoro che, dopo tre giorni di assenza, mi teneva fortunatamente molto occupata. La mattinata era quindi passata in fretta e il pomeriggio, a palazzo, si annunciava felice. Ero riuscita, appena tornata, ad incontrare Andrè in cortile e a farmi promettere la sua disponibilità per tutto il resto della giornata: “Oggi pomeriggio possiamo andare a fare una cavalcata!” sotto la proposta, avevo mascherato l’ordine che non mi sarei più potuta permettere di dargli: “e poi hai un discorso in sospeso con me” gli avevo ricordato, per convincerlo.

“Ah, giusto” aveva risposto lui, un po’ sovrappensiero, ricordandosi all’improvviso del suo ‘discorso serio’. Dopo pranzo, quindi, mentre la casa riposava, avevamo preso i cavalli ed eravamo ‘fuggiti’, per la prima volta dopo molti giorni. Arrivati al laghetto avevamo legato i cavalli ad un albero e ci eravamo stesi poco distanti, in un silenzio un  po’ teso e innaturale.

“Su, inizia pure il tuo discorso, io ti ascolto” chissà perché, ad un certo punto aveva cominciato ad interessarmi davvero il suo discorso, o forse semplicemente mi incuriosiva.

Lui, con mia grande sorpresa, scosse la testa “No... più tardi dai, è una così bella giornata...” cercò di abbozzare un sorriso, come se ciò che doveva dirmi avrebbe potuto rovinare la giornata.

Io rimasi in silenzio per qualche tempo, con gli occhi chiusi, cercando di non pensare semplicemente a niente finchè lui non prese un filo d’erba, lo appoggiò alle labbra e si mise a fischiettare.

Aprii gli occhi e tornai ad insistere: “Allora, il tuo discorso?” lui si girò verso di me, un po’ meravigliato “Perché sei così impaziente?” feci spallucce “Non so... è solo che sono tre giorni che lo rimandiamo, sono diventata curiosa” cercai di scherzare. “Va bene, va bene” acconsentì lui, tirando un sospiro “il mio discorso... sai Oscar, devo dirti talmente tante cose che non so bene da dove cominciare... il fatto è che parto fra due giorni” mi confessò infine “Due giorni??” esclamai sconvolta. Due giorni? Come poteva farmi questo? “Stai scherzando, spero!” aggiunsi, senza nemmeno pensare a quel che dicevo.

Lui mi guardò con l’espressione malinconica, scuotendo la testa “Purtroppo no, me l’ha comunicato l’altro ieri il duca... dice che Versailles gli è venuta a noia” mi riferì non senza una nota d’amarezza.

Io sentii le lacrime salirmi agli occhi. Due giorni. Fra due giorni sarebbe finito tutto. Avrei avuto ancora il mio lavoro, nanny, Ophélie, avrei avuto ancora la mia vita ma Andrè sarebbe partito: una parte di me se ne sarebbe andata per sempre. “Non devi prenderla così male!” cercò di consolarmi Andrè, anche se era più triste di me: “sai, possiamo scriverci spesso e... e poi ti verrò a trovare e...” scossi la testa: “Andrè, io...” lui mi prese una mano tra le sue e mi guardò negli occhi: eravamo vicini, troppo vicini e le lacrime si fermarono negli occhi, il respiro mi si bloccò in petto.

“Veramente” sussurrò lui “non era di questo che volevo parlarti” “Di cosa, allora?” chiesi io, con la voce spezzata e gli occhi ancora umidi, smarriti nei suoi.

Sarebbe bastato davvero poco ed avrei potuto appoggiare le mie labbra sulle sue, sentire il suo sapore... sarebbe partito fra tre giorni, e con ogni probabilità non ci saremmo più visti.

Nulla importava più. Andrè si allontanò, quasi riscuotendosi da uno stato di trance; scosse la testa piano e mi chiese, con l’aria più naturale del mondo: “Oscar, di chi sei innamorata?”

“C-cosa?” fu la mia risposta, e sentii chiaramente di avvampare. “Ma sì” continuò lui con lo sguardo ostinatamente rivolto ad uno stormo di uccelli che volavano, in alto nel cielo: “prima quei discorsi sull’amore, l’innamoramento, il soffrire, poi il ballo e il vestito che hai indossato” seguitò lanciandomi uno sguardo, strano “insomma, non puoi nasconderlo a me, ti conosco troppo” affermò con un mezzo sorriso e tono finto indifferente. Io rimanevo in silenzio, incerta sulla risposta da dare, e con le parole di Ophélie che ancora mi risuonavano in testa ‘diglielo, diglielo e basta’. No, non potevo, proprio no.

“Perché ti interessa così tanto?” chiesi invece. Lui smise di far finta di interessarsi ad altro e si girò di nuovo verso di me. Fece un grande sospiro e scorsi nei suoi occhi quasi del dolore.

“Voglio aiutarti” ammise un po’ mestamente “non voglio andarmene e lasciarti in questa situazione perché sì, per amore si soffre anche, ed io non voglio che tu soffra”. Guardava in basso ed io desiderai ardentemente sapere cosa stesse pensando: come sarebbe stato tutto più facile se avessi potuto leggere nei suoi pensieri! “Oh” risposi, triste anch’io “è impossibile per te evitarmi di soffrire... non è importante di chi sono innamorata, perché, chiunque egli sia, non ricambia” e partirà fra tre giorni, avrei voluto aggiungere, ma mi morsi la lingua e rimasi muta.

Anche lui rimase a lungo in silenzio tanto che pensai che avesse lasciato perdere. Fra un minuto sarà tutto finito, mi dicevo, mentre le lacrime cominciavano a scorrermi sul viso senza che io potessi impedirlo. Finisce così e basta, senza farci altro male, perchè non serve. Però non era giusto e non era da me, arrendermi così: anche se non c’era speranza, non era giusto che lui non sapesse: “Andrè, io ti amo”

 

ANDRE’: “Andrè, io ti amo” mi girai lentamente, molto lentamente verso di lei, che piangeva e mi guardava con sguardo vuoto ma pieno di tutte le emozioni del mondo, senza più nemmeno arrossire.

Avrei voluto chiederle di ripetere, perché forse avevo udito male, perché era stata solo la mia immaginazione perché, insomma, non poteva essere davvero così.

Quando vide la mia espressione incredula abbozzò un mezzo sorriso, qualsiasi imbarazzo era scomparso e, senza bisogno che glielo chiedessi, quasi leggendomi nel pensiero, me lo ripetè: “Hai sentito bene” esclamò con voce risentita “ti amo” terminò in un soffio, abbassando lo sguardo e cercando frettolosamente di asciugarsi le lacrime con la manica della camicia.

Io non riuscivo a dire una parola. Sapevo bene che avrei dovuto parlarle, avrei dovuto dirle qualcosa, e sapevo anche cosa avrei dovuto dirle, ma non me l’aspettavo e la gioia, che ebbe la meglio su di me, fu così violenta e così improvvisa che non riuscii a dire una sola parola.  “I-io...” balbettai, senza sapere bene come continuare. Buffo, di solito era lei quella senza parole ed io quello sempre sicuro.

“Non c’è bisogno che tu dica niente” mi interruppe subito lei, con la voce ancora incrinata dal pianto “tu volevi sapere e io te l’ho detto, fine della storia” e già stava cercando di alzarsi per andarsene ma io l’afferrai con poca grazia e la costrinsi a restare: mi avvicinai a lei e la baciai, senza dire una parola, perchè non ne ero capace.

Sentii la sua sorpresa, un attimo solo, prima che le sue mani si chiudessero sulla mia nuca, una ad accarezzarmi i capelli, mentre io, abbracciatala, cercavo di attirarla più vicino a me.

Sapeva di buono, e di lacrime,e per un lunghissimo momento non riuscii più a pensare. Ce ne stavamo solo lì, seduti su un prato, baciati dal sole, stretti in un abbraccio bellissimo, e pensai che non sarei mai riuscito a staccarmi dalle sue labbra. Durò un lungo momento, poi finì e lei mi guardo, tra il sorpreso e l’incredulo, con una vena di rabbia, ma ora la voce mi era tornata: “Oscar” le sussurrai continuando a tenerla stretta “Amore, anch’io ti amo, ti amo tantissimo...” lei, sempre tenendo il viso vicino al mio, tanto da poter respirare il mio respiro, scosse piano la testa: “Perché...” cominciò a chiedere con voce incerta e resa un po’ roca dall’emozione: “perché hai detto che non volevi sposarmi?” io sorrisi appena per quella sua curiosità, quel suo bisogno di conferme.

Avrei voluto rimandare le spiegazioni: in quel momento tutto ciò che desideravo era stringerla nuovamente a me ma giudicai saggio spendere, prima, qualche parola per chiarire. “Io ho sempre voluto il tuo bene, credimi, ed ho sempre pensato che strapparti via da casa tua, portarti lontano, costringerti a vivere come una donna contro la tua volontà non sarebbe stato il tuo bene. Non potevo immaginare che tu...”

“Con te andrei anche in capo al mondo” mi interruppe lei con un sorriso, cercando di nuovo le mie labbra e concludendo, per il momento, le spiegazioni.

Per molte ore ci fu solo lei, i suoi capelli, la sua bocca, il suo viso, il suo corpo stretto contro il mio, non esisteva nient’altro, nient’altro al mondo aveva importanza: non il sole, che aveva preso a scendere piano sull’orizzonte, non la terra, che andava facendosi umida nell’oscurità, non il freddo che piano piano era penetrato nei vestiti leggeri.

Solo dopo molto tempo, quando già era notte, mi staccai a fatica da lei e mi resi conto che dovevamo tornare a casa. Oscar non fu altrettanto d’accordo, e non cambiò idea nemmeno quando osservai, scherzando, che era ora di cena e che avremmo sentito presto i morsi della fame assalirci. “Dobbiamo proprio andare a cena?” mi chiese, un po’ delusa. “Sì, dobbiamo proprio andarci” cercai di convincerla. Non avevo davvero fame ma dovevo parlare con il duca al più presto: dovevo chiedergli di rimandare la partenza e avevo paura che, chiedendolo il giorno dopo, giorno troppo vicino alla data fissata, questa concessione mi sarebbe stata negata, nonostante il motivo che potevo addurre.

“Va bene...” acconsentì lei, un po’ delusa, cercando di alzarsi. Io la tenni stretta e le rubai un ultimo bacio, prima di alzarmi a mia volta e avviarmi verso i cavalli.

Oscar ci mise molto tempo, un tempo infinito a sciogliere le briglie dall’albero dov’erano legate, come se non volesse allontanarsi da quel luogo, e per me era lo stesso. Quando già stavamo per montare in sella io le strinsi una mano, guardandola, incerto sulla domanda che volevo porle, cercando le parole migliori: “Oscar...” la chiamai “lo so che magari è stupido, o è presto o... senti, non è importante, il punto è che io ti amo, ti amo davvero tantissimo e... insomma, vorresti sposarmi?” Che discorso stupido e patetico, non era così che si facevano le dichiarazioni! Pensai sconsolato che non sarei mai diventato un Casanova. Lei però sorrise di felicità, e poi disse soltanto “Sì” ma con tanta gioia nella voce che non l’avrei mai dimenticato. Per le spiegazioni, per le discussioni ci sarebbe stato tempo, tantissimo tempo: le strinsi le mani e la baciai di nuovo: non mi sarei mai abituato a quella sensazione.

Quando arrivammo a casa, fortunatamente in tempo per la cena, la nonna era sulla porta e ci aspettava: avevamo tardato decisamente troppo: “Andrè! Madamigella Oscar! Dove eravate finiti! È quasi ora di cena! Mi farete diventare matta!” si lamentava. Quando ci vide, però, quando vide le nostre espressioni, il suo volto divenne meravigliato e subito dopo si schiuse in un sorriso di affetto sincero, rinunciando, per quella volta, alla ramanzina.

 

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Tanto per cambiare, di questo capitolo non sono del tutto soddisfatta (anche se non mi fa del tutto schifo...). Per due motivi principali: intanto, non sono brava a descrivere certe scene; mi piace molto leggerle ma non sono assolutamente in grado di scriverle. Credo mi riescano meglio i monologhi tormentati ed inutili!xD Però questo pezzo ci voleva quindi ho fatto meglio che ho potuto.

In secondo luogo, ultimamente ho poco tempo da dedicare a questa storia, causa fine della scuola ed esami imminenti. Pensavo di finire di pubblicarla prima di questo periodo ma poi non mi è riuscito perciò per un po’ andrò a rilento.

Grazie mille a chiunque ha letto fin qui e soprattutto lasciato un commento; per favore, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, lo apprezzerei molto! :D

Infine, una comunicazione “di servizio”. Ho cambiato modo di caricare la storia (prima caricavo il file word ma poi ho letto nel regolamento che appesantisce gli archivi ed è sconsigliato...), dovrebbe vedersi uguale ma, se così non fosse, fatemelo sapere e tornerò al vecchio metodo.

 

@ Heart of Rose: Hai ragione non si fanno certe anticipazioni, ma a mia difesa posso dire che si capiva abbastanza e poi avevo paura di perdere lettrici spazientite!xD Comunque, qualche altro colpo di scena impossibile da prevedere c’è!xD Non molti ma qualcuno sì...

 

@ pamina: Il fatto è che a me quello che scrivo piace, fino a quando non penso di “pubblicarlo”!xD A quel punto ci trovo un sacco di difetti etc. ma mi consolo pensando che serve a migliorare!

  
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