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Autore: Tears_and_Rain    26/05/2010    5 recensioni
Isabella Marie Swan è una giovanissima star di un noto studio legale di New York City. Fidanzata con l’uomo ricco che tutte desiderano, pochi minuti della sua consulenza valgono una fortuna. Lavora giorno e notte e, anche se non lo vuole ammettere, è tutta concentrata sulla carriera. Ma proprio mentre aspetta con ansia di essere nominata socio si accorge di aver commesso un errore che le costerà il posto. Come se non bastasse viene mollata dal futuro marito e la sua vita in poche ore va a rotoli. Per distogliere l'attenzione dal "disastro" scappa a Las Vegas per svagarsi almeno per un week-end. Dopo una notte travolgente e qualche bicchierino di troppo la sua vita cambierà radicalmente grazie ad un uomo. Niente li unisce, ma hanno quattro milioni di ragioni per stare insieme.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Conoscenze inaspettate

 

Le nuvole scure filtrano i deboli raggi di sole mattutini come se volessero impedire l’inizio della giornata. Come se la notte dovesse rimanere uno stato permanente. Magari …

Appoggio il gomito sul bracciolo della poltrona e mi sostengo la testa con il palmo della mano. Sbadiglio. Gli occhi continuano a bruciare ,anche se ho smesso di piangere ormai da ore, e involontariamente prendo a strofinarmeli con la mano libera.

Il ricordo di qualche ora fa mi provoca un tuffo al cuore.

 

< < E’ solo uno stronzo  > > sbuffò Jessica. Riempì l’ennesimo bicchierino di brandy e me lo passò attraverso il bancone.

< < Non ti merita > > aggiunse Angela, continuando ad accarezzarmi i capelli.

Le lacrime continuavano ad uscire copiose. Il mio volto era ormai una maschera di dolore, il petto scosso da singhiozzi inarrestabili. Ma non era questa la terribile sciagura … l’intero locale si era radunato attorno a noi. All’inizio incuriosito, ma poi era calata un’aria di compatimento che non faceva altro che opprimermi. Non volevo pietà. I più temerari sfidavano le mie urla assordanti e i miei singhiozzi senza sosta per confortarmi ,raccontandomi la loro triste storia o sussurrandomi semplici parole di conforto.  Non riuscivo a sentire neanche una parola a causa dei miei singhiozzi, ma dopo un paio di volte avevo visto che annuire era un buon incoraggiamento, anche se le lacrime non accennavano ad arrestarsi. Dentro di me pensavo solo una cosa: perché è successo proprio a me? Cosa ho sbagliato?

Nelle ore che avevo  passato al locale cercavo di ricordare qualcosa che avevo fatto e che doveva farmi intuire che presto ci sarebbero state delle brutte conseguenze , qualcosa di irrimediabile e stupido. Più ci pensavo e più mi convincevo che ero stata ceca. Non ero riuscita a distinguere la realtà dalla fantasia, il lavoro dalla vita privata. Trascorrevo le mie giornate ripetendomi che presto sarebbe tutto finito:il lavoro a casa, le ore supplementari in ufficio, le pratiche non mie, insomma, tutto! Quando tornavo a casa non salutavo nemmeno Mike e la mattina lui era già fuori casa, ma nel mio mondo dei sogni io ero la fidanzata perfetta, quella che ha carriera e- perché no?- una bella casa e relazione. Tutte illusioni che hanno finito per soffocarmi con le loro nuvolette di fumo colorate e vivaci. 

Poco importava che Angela, Jessica e il resto dei clienti del bar credesse che il mio fottutissimo fidanzato fosse uno stronzo e che non mi meritasse. La verità è che  avevo sbagliato. Non potevo rimproverare nessun’altro se non me stessa, ma una piccola parte di me era contenta dell’andamento dei fatti. Ora ero libera. Certo, ero senza lavoro, casa e fidanzato, ma avevo la mia indipendenza e spensieratezza. Non dovevo più pensare 24 ore su 24 alla promozione perché tanto non sarebbe arrivata. E i sacchetti dell’aspirapolvere? Non erano più un problema, come non lo era Mike.

Eppure perché questi pensieri non riuscivano ad impedirmi di piangere tutte le mie lacrime?

Le mie amiche continuavano a ripetermi che tutto si sarebbe sistemato, che sarei tornata felice, mentre io continuavo ad ubriacarmi,cosciente dell’inculcamento da parte loro di frasi fatte. Dopo poche ore ero già brilla- non reggo bene l’alcool- e le lacrime erano state sostituite dai singulti di riso.  

Jessica tirò fuori anche l’idea di un’assurda vendetta …

< < Allora, tutti i mesi io suono a casa sua e, appena apre la porta, gli sferro un pugno dritto nei suoi gioielli di famiglia! > > disse Jessica, con la voce infervorata dall’idea del suo piano e con una luce strana negli occhi. Per una attimo smisi di osservare l’anello di fidanzamento di Mike e la guardai per sincerarmi che scherzasse.

< < L’hai già fatto? > > chiesi, intimorita e stupita. Esistevano davvero delle persone che si meritavano queste torture mensili?

Lei non rispose, ma strinse la mano destra a pugno e mimò di tirarlo nella parte più bassa del bancone.

Mi girai verso Angela per vedere la sua reazione e potei constatare che era uguale alla mia: bocca aperta, occhi fuori dalla orbite e sguardo intimorito. Quando si accorse che la stavo osservando, scoppiò a ridere e io la seguì. Probabilmente era per il troppo alcool in circolo nel mio corpo, ma una volta iniziato a ridere non riuscì più a smettere. Continuavo a guardarmi attorno e ridere come una scema. Troppo tardi mi calmai e Jessica ricominciò i suoi complotti. Aveva però una nuova idea.

< < Basta, Jess! Non ne posso più di com-plotti  > > dissi singhiozzando come un’ubriacona.

< < Questo non è un complotto! Ti farà stare meglio e soprattutto dimenticherai tutti i tuoi

problemi  > > rispose infastidita dal mio rifiuto. Prese la mia borsa ed iniziò a frugarci dentro.

< < Ehi, smettila! Non si mettono le ma-ni nella borsa delle altre perso-ne! > >  ribattei, strappando la mia borsa dalle sue mani smaltate. Dio, se la invidiavo …

< < Ecco la risoluzione alle tue pene … > > sussurrò intrigante, mentre faceva scorrere sul bancone in legno due tagliandi. Mi avvicinai per focalizzarli meglio e … aspetta un attimo. Sono i biglietti aerei per Las Vegas!

< < Spero tu stia scherzando > > bisbigliò Angela, scettica.

< < Già > > confermai io, iniziando a far oscillare il liquido scuro all’interno del bicchiere.

< < Voi, non capite! E’ perfetto! Casinò, super alcolici, notte brave … Insomma, stiamo parlando di Las Vegas! Lì ti divertirai sicuramente e dimenticherai tutti i tuoi casini! > > Ormai Jessica era totalmente presa da questa sua idea, tanto che parlava come una macchinetta.  Dov’era  l’interruttore?!

Buttai giù altri tre bicchierini e finalmente mi decisi a dire loro del lavoro. Insomma, non credevo la prendessero così male, ora che mi avevano compatito abbastanza per Mike. Avrebbero capito  anche questo e ci saremmo fatte una risata, come sempre.

< < Mi hanno licenziato > > mugugnai, mentre Angela e Jessica discutevano di Las Vegas. In un primo momento non si accorsero neanche delle mie parole, tanto che pensavo di averla scampata, ma poi entrambe si bloccarono e si girarono lentamente verso di me.

< < Cosa?! > > urlarono in sincrono.

< < Mi hanno licenziata > >  ripetei, abbassando lo sguardo sulle striature del bancone.

Calò su di noi un silenzio tombale, pieno di significati non detti. Pensavano fossi una fallita? Una stupida?

Una cosa era certa: ero perseguitata dalla sfortuna.

< < Dici davvero? > > chiese timorosa  Angela, mentre Jessica continuava a scuotere la testa.

< < Sì > >

< < Ma come hai fatto?! Insomma, tu …  tu non puoi essere licenziata! Se è così non c’è speranza per nessuno > > sbottò Jess, sbattendo le mani sul bancone.

< < Adesso non esagerare Jessica. Così la farai sentire peggio > > la rimproverò  Angela. Un sorriso amaro comparve sulle mie labbra. Anche io un tempo pensavo di essere infallibile, ma non lo sono. Ne avevo avuto la conferma.

Presi in mano il bicchiere pieno che avevo di fronte e lo alzai.

< < Un brindisi a tutti quelli che sono stati mollati e hanno perso il lavoro nello stesso giorno > >  sussurrai e buttai giù il brandy tutto d’un sorso.

< < Hai intenzione di dirlo ai tuoi genitori? > > chiese Angela, comprensiva.

< < Per cosa? Mia madre è convinta che conduca una vita da favola ed io non la voglio deludere. E Charlie …  beh, lui lo sento al telefono tutti i giorni. E’ il mio migliore amico. Non voglio deluderlo, non voglio che pensi che sia una fallita. Gli mentirò … anche se penso che se ne accorgerà. > > l’ultima parte era un sussurro.

< < Bella, tu potrai sempre contare su di noi. Però domani tu e Jessica partirete per Las Vegas. Ti farà bene un po’ di svago > > disse Angela, alzandosi dal bancone. < < Ora devo andare. Fatemi sapere! > >

Annuì poco convinta e la salutai con un cenno. D’altronde passare un week-end a Las Vegas non avrebbe di certo peggiorato le cose …

 

 

< < Avvisiamo i gentili passeggeri che stiamo per atterrare. Allacciare le cinture di sicurezza, grazie > >

La voce di una hostess diffusa nell’aereo mi risveglia dalle mie congetture e dai ricordi di qualche ora prima.  Mi volto alla mia destra e mi accorgo che Jessica sta ancora riposando. Devo averla stancata parecchio a forza di ripeterle per filo e per segno tutta la mia vita fino ad ora. Sorrido e mi asciugo i residui salati di lacrime. Non piangerò mai più per un uomo. Lo prometto.

Allaccio la cintura ed aspetto paziente l’atterraggio. Dal finestrino scorgo Las Vegas. E’ davvero bellissima.

Hanno fatto bene a spingermi a venire qui. Una bella notte senza pensieri e contornata di divertimenti. E’ quello che mi serve per distogliermi da tutto quello che è accaduto.

Magari potremmo iniziare cenando in un bel ristorantino e poi continuare con il giro di vari casinò o andare a teatro. Credo prenderò un depliant in albergo.

Finalmente atterriamo e, dopo aver svegliato Jessica, mi dirigo con lei al ritiro bagagli.

Adoro gli aeroporti. L’odore, il rumore, l’atmosfera, la gente che corre qua e là con le valigie, felice di partire, felice di tornare. Mi piace vedere gli abbracci, cogliere la strana commozione dei distacchi e dei ritrovamenti. L’aeroporto è il posto ideale per osservare le persone. Mi  riempie sempre di un piacevole senso di anticipazione, come se stesse per succedere qualcosa.

Purtroppo il nostro taxi è già arrivato e non posso rimanere in questo tempio dei ricordi ancora per molto.

Durante il tragitto verso l’albergo mi stupisco della frenesia e della frizzantezza che aleggia in questa città.  Anche a New York è così, ma in un modo totalmente diverso. Qui tutti sembrano liberi di correre contro il tempo. Di sfidarlo. L’esatto opposto di New York. Nella mia città la vita è frenetica e chi non tiene il passo viene lasciato indietro, e da lì è difficile fare ritorno.

< < Non vedo l’ora di arrivare! Con cosa hai intenzione di iniziare? Magari ci andiamo a bere qualcosa e poi deciderà il destino …  oppure potremmo cenare … > > irruppe Jessica, mentre osservavo fuori dal finestrino.

Spengo il cervello. Adoro Jessica, ma quando inizia a sproloquiare non riesco proprio ad ascoltarla. E’ come un’autodifesa.

Finalmente arriviamo a destinazione e ,dopo aver pagato il tassista, entriamo nell’affollata hall principale.

< < Allora cosa ne pensi del mio programma per la serata? > > chiede la mia amica, mentre ci mettiamo in fila per confermare la prenotazione e ritirare le chiavi della camera.

< < E’ perfetto > > rispondo, sorridendole, e alzandomi sulle punte dei piedi per vedere meglio quanto ancora c’è da aspettare. Perché sono alta solo 1.60?

< < Non hai ascoltato neanche una parola > > Un sussurro mi arriva alle orecchie e, anche se la voglia di ribattere è forte, decido di ignorarla.

Sospiro e continuo ad aspettare. Il piede inizia a battere frenetico sul pavimento in granito e inizio a passarmi una mano tra i capelli. Quanto tempo ancora dobbiamo aspettare?

< < Scusate l’attesa, ma abbiamo dei problemi con la sistemazione delle camere > > dice l’uomo alla reception, scusandosi nuovamente.

< < Bella, smettila di agitarti. Vedrai che tra poco potrai rilassarti in camera > > . Jessica cerca di calmarmi, ma neanche le sue parole ci riescono. Tutti questi ritardi mi sembrano segnali di un ennesimo imminente disastro. Pediluvio di un altro imprevisto.

 

Dopo un’ora riusciamo finalmente ad avere la nostra stanza. Certo, le mie grida, aggiunte a varie minacce,  hanno sicuramente influito sulla decisione del direttore di darci addirittura due stanze. Una per me e una per Jessica. Non aspettavo altro che sfoderare tutta la mia rabbia contro qualcuno totalmente non colpevole, e chi meglio di un basso uomo panciuto?

< < Sei stata grande! Insomma, ci hanno dato due stanze!  > > esulta Jessica in ascensore, mentre saliamo al nostro piano.

< < Aspetta di vederle prima di esultare. Magari fanno schifo > > sussurro, controllando il cellulare.

Jacob mi ha chiamato una ventina di volte, più dieci messaggi, per non parlare della segreteria intasata.

Mi dispiace non rispondere alle sue chiamate e ai suoi messaggi, ma ora non ho voglia di far fronte ai miei problemi. Può sembrare egoistico e da bambini, lo so, ma sono stata seria per così tanto tempo. Tutto mi è scivolato dalle mani come sabbia. In questo momento voglio solo godermi il week-end per poi ritornare alla vita reale.

Credo che più tardi lo chiamerò. Solo per rassicurarlo, certo.

< < Sei sempre così pessimista … comunque ci vediamo nella hall tra un’ora e mezzo, ok? Così abbiamo il tempo di prepararci per la folle serata > > urla Jessica, mentre esce dall’ascensore e corre per il corridoio  verso la sua stanza.

< < Ok > > dico ridacchiando, mentre le porte si richiudono.

Quando arrivo davanti alla mia stanza e apro la porta rimango piacevolmente sorpresa. E’ vero, le camere non si trovano nell’attico, ma sono sfarzose e ben arredate. Strano che ce l’abbiano cedute così facilmente con tutta la gente che c’è questa settimana.

Dopo aver posato la valigia a terra, lancio la borsa sulla poltrona accanto all’ingresso e corro verso il largo letto matrimoniale, buttandomici  sopra di schiena.

Chiudo gli occhi e con un grosso respiro cerco di rilassarmi. Oggi è un nuovo giorno, l’alba di una nuova era. Forse ho visto troppi film, ma solo queste frasi possono descrivere in modo teatrale cioè che penso. Da oggi in poi prenderò la vita come capita. Non mentirò e cambierò per far piacere a qualcuno, non suddividerò la mia vita in segmenti di sei minuti e non sarò più così masochista.

Mi alzo dal letto col sorriso sulle labbra, disfo i bagagli e scelgo cosa mettere stasera.

Aspetta un attimo. Sto pianificando per l’ennesima volta la serata. E’ assolutamente sbagliato.

Ripiego le ultime cose nei cassetti, senza decidere il mio abbigliamento, e mi spoglio velocemente. Ho bisogno di farmi una bella doccia. Penserò più tardi ai vestiti. Deciderò in base all’umore.

Prendo l’accappatoio che ho posato poco prima sul letto e mi dirigo verso il bagno.
Wow …  non lo immaginavo così grande e lussuoso. Una grande doccia spicca dall’angolo sinistro della stanza e accanto ad essa un portasciugamani verticale e un gancio per l’accappatoio.  Dalla parte opposta una vasta vasca circolare munita di idromassaggio. Potrebbe essere interessante …

Accanto ad essa il lavandino con la base d’appoggio in marmo bianco, coordinato ai cassetti che si trovano sotto. Infine il water sempre abbinato al resto dell’arredamento. In realtà tutto il bagno gioca sui colori del bianco e del nero.

Regolo la luce in modo che si distribuisca diffusamente e faccio scorrere l’acqua calda della doccia. Ci sarà sicuramente tempo per il bagno nella vasca. Entro nella cabina in vetro trasparente e mi rilasso sotto il getto della doccia. L’acqua calda scorre sul mio corpo e il vapore mi annebbia i sensi. Il profumo del mio shampoo preferito inonda il bagno, come se mi trovassi in un campo fiorito. Chiudo gli occhi ed assaporo la sensazione di calore e pace, che solo una bella doccia può darmi. Sento i muscoli rilassarsi e la tensione scivolare via con l’acqua. Sorrido e mi beo del silenzio e della tranquillità che mi circondano. Tutti i rumori sembrano esternarsi …

Improvvisamente sento uno scricchiolio, seguito da un tonfo, ma non me ne preoccupo. In fondo sono in un albergo affollato e il baccano non manca di certo.

Poi però mi sembra di udire dei passi che si avvicinano sempre di più, ma non faccio in tempo a chiudere il flusso d’acqua per accertarmi di aver sentito bene, che la porta del bagno si spalanca.

Urlo per lo spavento e cerco di coprirmi alla meglio dalla vista dello sconosciuto appena entrato.

< < Ahhhhhhhhhhhh > > urlo, portando le braccia a coprire il seno e incrociando le gambe.

< < Esci immediatamente! > > continuo a gridare, mentre l’uomo rimane impalato a guardarmi con occhi spalancati.

< < Non credevo ci fosse una sorpresa del genere, al massimo i cioccolatini sul cuscino > > mormora incredulo mentre si gira verso lo specchio sopra il lavandino.

< < Deficiente, esci! > > continuo, indicando con una mano la porta, mentre l’altra sta ancora a coprire il seno.

Ormai sono color porpora fino alla radice dei capelli. Perché non esce? Quanto ci mette ad ingranare il cervello?

< < Non sono una sorpresa! > > la mia voce esce stridula per il forte imbarazzo e le guance iniziano a bruciare. Devo sembrare proprio un peperone!

Finalmente sembra capire il semplice concetto di uscire e se ne va senza aggiungere altro, sbattendo solamente la porta.

Tiro un sospiro di sollievo, borbottando insulti. Cosa ci faceva in camera mia? E nel mio bagno?! Mentre facevo la doccia per di più.

Mi appoggio con la schiena alle mattonelle fredde della doccia e mi lascio scivolare fino a terra sotto il getto d’acqua ancora aperta.  Rivolgo il viso verso l’alto e mi lascio solleticare il viso dall’acqua.  Lo shampoo alla lavanda cola sui miei capelli, fino alle spalle. L’acqua corrente continua a battere fastidiosamente sulle mattonelle sotto i miei piedi, mentre la notte scende su Las Vegas. 

Non riesco a capire quanto è accaduto poco fa. Forse era un sogno. O meglio, un incubo. Mi è difficile metabolizzare il fatto di essere stata vista nuda da uno sconosciuto.  

Prendo un grosso respiro e mi tiro su con non poca fatica. Se davvero è accaduto sarà ancora là fuori, penso mentre mi sciacquo più in fretta possibile il corpo e i capelli. Quando ho finito chiudo il getto della doccia e mi permetto di pensare con occhio critico a quello che è appena accaduto. E’ davvero entrato un uomo mentre facevo la doccia? Ero davvero tutta nuda, come nei miei incubi peggiori? O è stato tutto fonte della mia fervida immaginazione?

Sono così disperata da fare sogni dove sono nuda e bagnata davanti a un bell’uomo. Come ho fatto a cadere così in basso …

Esco dalla cabina e mi copro con l’accappatoio. Okay, respira Bella, mi ripeto davanti al vetro appannato dello specchio. Porto una mano alle guance rosse e constato che sono davvero calde. Ho gli occhi lucidi e il viso pallido, come se avessi visto un fantasma. Per non parlare della corde vocali che urlano vendetta.

Sto ancora qualche minuto con le mani appoggiate al lavandino per riprendermi e infine prendo la mia decisione: sbirciare dalla porta per vedere se davvero è ancora là fuori. So di essere una codarda a non uscire dato che ormai indosso l’accappatoio, ma che ci posso fare?

L’importante è accertarsi che l’intruso ci sia ancora, penso mentre mi avvicino con circospezione alla porta chiusa del bagno. Mi abbasso con lentezza, ma dalla fessura della chiave non si vede un gran che. Ispiro e con una forza non mia schiudo di poco la porta, giusto uno spiraglio per vedere chi c’è in camera.

Ed ecco avverarsi  uno dei miei incubi peggiori.  Senza fare rumore avvicino l’occhio allo spiraglio lasciato dalla porta per osservare meglio. Un uomo con la carnagione pallida, alto circa un metro e novanta e con un fisico slanciato e muscoloso è seduto sul letto con lo sguardo rivolto verso la finestra. I suoi lineamenti sono dritti e regolari, il viso è incorniciato da una chioma di capelli bronzei, rigorosamente spettinati. Non riesco a vedere gli occhi, ma prima ho notato solo quelli. Verdi, come due smeraldi. E’ davvero un bell’uomo e potrebbe far parte dei bei sogni se solo non mi avesse visto mentre facevo la doccia. Al solo pensiero le mie guance si tingono di rosso e lo sguardo si abbassa. Quando rialzo gli occhi per osservarlo meglio mi accorgo che non è più nella posizione di prima- gomiti appoggiati sulle ginocchia e viso sostenuto dalle mani- ma ha spostato l’attenzione verso la porta del bagno. Più precisamente verso di me.

Senza pensarci due volte mi richiudo la porta alle spalle. Per calmare il respiro mi siedo sul bordo della vasca e immergo il viso nelle mani.

Questo non è il mio solito comportamento, penso con vigore. Non sono una vigliacca. Ho affrontato un sacco di persone con la testa alta. Anche se sono stata colta in un momento alquanto imbarazzante non mi devo far fermare da questo. Non posso rimanere in bagno per tutta la durata della vacanza.

Inoltre ora ho l’accappatoio a coprirmi e scommetto che non ha visto poi così tanto. Mi faccio coraggio e con queste parole mi dirigo verso la porta e la apro lentamente e ,con una calma appena acquisita, esco.

< < Cosa ci fai in camera mia? Più precisamente cosa ci facevi nel mio bagno? > > chiedo tutto d’un fiato, con le mani appoggiate ai fianchi. Accompagno la mia performance con un’occhiata da dura, affilando lo sguardo.

< < Ehi,calmati! > > ridacchia, alzando le mani davanti a lui e alzandosi dal letto < < piuttosto, tu cosa ci fai in camera mia? > >

< < Cosa?! > > sbotto < < assurdo!Questa è la mia camera! > > sottolineo con enfasi la parola mia, mentre mi dirigo verso il comodino.

< < Ecco le chiavi > > dico irritata, prendendole in mano e facendole dondolare davanti alla sua faccia.

< < Allora ci avranno assegnato per sbaglio la stessa stanza > > risponde come se niente fosse. Inizia a passeggiare indisturbato e ad osservare con occhio critico tutto quello che ho tirato fuori dalla mia valigia. Sembra insensibile al fatto di avermi visto nuda mentre facevo la doccia …  o forse non vuole affrontare la questione.

Per non parlare del fatto che sono ancora in accappatoio e che mi dovrei vestire. Certamente non con lui in stanza.

Mi schiarisco la voce e lo fisso con sguardo fermo.

< < Che c’è? > > chiede distratto, mentre alza il mio paio di mutandine che avevo lanciato a terra.

< < Ma che cosa stai facendo?! > > urlo stizzita, strappandogliele di mano. < < Esci! Mi devo vestire e questa camera in parte è mia. Quindi mi fai la cortesia di levarti dai piedi? > > chiedo retoricamente, mentre butto le mutandine dietro la poltrona. Il sangue sale inevitabilmente alle guance.

< < Certo! Scusa se pensavo di riposarmi in camera mia. Ora esco, ma tra un quarto d’ora rientro. Che tu voglia o no > > sbuffa, avviandosi verso la porta. Mi ha davvero dato un ultimatum? Ma come si permette?! Cafone!

< < Ehi! Dove stai andando?! > >

< < Sto uscendo, mi sembra ovvio > > ridacchia innervosito, voltandosi con una mano tra i capelli.

< < Mi hai vista nuda > > affermo, stringendomi istintivamente l’accappatoio al corpo.

< < Si > > conferma con un sorrisino su quelle labbra tentatrici. Labbra tentatrici?! Ma da dove mi è venuta?!

< < Non mi dovresti chiedere scusa? > > sbotto seccata, avvicinandomi a testa alta.

< < No. Insomma, questa è anche la mia camera. Come facevo a sapere che c’eri tu? > >

< < Cosa?! > > esplodo < < Ma sei sordo e ceco?! Non senti l’acqua della doccia aperta?! E i vestiti sparsi per la stanza?! > >

< < Non ci ho fatto caso > > risponde arrogante, facendo spallucce < < E comunque non mi dispiace quel che ho visto > > dice strafottente.

Sospiro pesantemente e stringo i pugni per controllarmi. Non voglio andare in prigione per omicidio.

< < Immagino > > mormoro, massaggiandomi la base del naso < < Ora mi vesto e poi andiamo a farci dare due stanze così belle da togliere il fiato, okay? > > alla fine la voce esce un po’ stridula, ma spero che il messaggio sia arrivato.

< < Perfetto > > acconsente, continuando a sorridere. Mi viene solo voglia di prenderlo a schiaffi. Eppure non sono mai stata violenta …

Rimane fermo, ad osservarmi.

< < Esci? Mi devo vestire, e possibilmente senza i tuoi occhi addosso > > dico con ironia, mentre indico la porta.

< < Agli ordini signora > > borbottando si chiude la porta alle spalle.

Tiro un sospiro di sollievo e ritorno in bagno.

Lo specchio mi reclama. Sospiro affranta e dopo aver spannato la superficie riflettente, mi osservo attentamente pronta a riparare i danni. La persona che vedo è sempre la solita. Una tipa anonima, con capelli arruffati, occhi scuri e pelle candida.

Le guance sono tinte del solito rosso sgargiante, segno indelebile del mio imbarazzo, gli occhi lucidi, probabilmente per la rabbia che mi fuma anche dalle orecchie. A proposito di rabbia, meglio che mi prepari velocemente altrimenti rischio di rifare un defilé a quel tizio, che pare abbia apprezzato. Il mio orgoglio femminile in questo momento gongola … forse tenersi in forma con quelle barrette è servito a qualcosa. Pensavo di avere occhiaie e pelle pallida, ma …

Aspetta un attimo, non devo distogliermi. Giro la manopola dell’acqua fredda e mi sciacquo con rabbia il viso.

Dopo essermi rinfrescata ed aver asciugato i capelli, rivolgo l’attenzione all’abbigliamento. Non ho molto tempo per scegliere se davvero entrerà tra mezz’ora. A proposito di maniaci … non gli ho neanche chiesto il nome. Pazienza, lo farò fra esattamente venticinque minuti. Sorrido inconsciamente ed opto per un semplice vestitino in seta nero, lungo fino a sopra il ginocchio. D’altronde è un’occasione importante: l’inizio di una nuova fase della mia vita. Quindi decido di osare ed indosso la biancheria di Victoria Secret in pizzo nero. Non mi specchio per paura di cambiare idea ed infilo velocemente il vestito. Per le scarpe prendo un paio di decolté in raso sempre nere con degli strass sulla punta.

Apro la valigia e tiro fuori la scatola di gioielli. Indosso una collana lunga in cristalli di Rocca, due bracciali tennis, uno nero ed uno bianco, e degli orecchini di diamanti. E’ tempo di mostrare i regali di Mike che ho custodito per tutto questo tempo nella cassaforte.

Forse dovrei anche truccarmi. In questi ultimi anni ho lasciato marcire tutte le scatole di make-up regalatemi da Jessica, ed è stato uno sbaglio. Sicuramente. Però non avevo tempo di passare tanto tempo davanti allo specchio perché dovevo arrivare in orario alla Volterra. Non potevo permettermi di essere licenziata, ma adesso questo problema è inesistente. E poi queste occhiaie devono essere coperte. E’ un mio dovere.

Controllo l’orologio. Ho ancora cinque minuti prima che entri. Afferro la truss ed entro di corsa in bagno, per quanto le scarpe mi permettano. Tiro fuori la matita azzurra. Questa sera giocherò sui colori freddi, anche se non mi ricordo più molto bene come ci si trucca alla perfezione. La stendo sopra l’occhio con attenzione. Solo una linea blu che poi vado a sfumare ai bordi con il pennellino. Prendo l’ombretto bianco ghiaccio e lo stendo sulla palpebra, infine ai lati e accanto alla riga della matita stendo l’ombretto grigio chiaro tendente al blu. Perfetto. Devo ringraziare Jessica per il rifornimento annuale di make-up. Ormai li ho di tutti i colori!

Applico il mascara e un velo di lip-gloss sulle labbra già rosate naturalmente. Sto per riporre tutto dentro la truss quando qualcuno bussa alla porta.

< < Chi è? > > chiedo mentre mi dirigo verso porta.

< < Indovina > >

Questa voce può essere solo di una persona: il coglione che è entrato in bagno mentre mi facevo la doccia.

< < Puoi entrare > > urlo, affinché mi senta.

Gira la chiave nella toppa e me lo ritrovo davanti.

< < Sei pronta?! > >esclama sorpreso, mentre si chiude la porta alle spalle.

< < Sorpreso? Pensavi di sorprendermi di nuovo nuda, eh? > > lo prendo in giro, ritornando in bagno.

< < Già ci speravo > > ribatte ridacchiando. < < Carino il vestito > >

< < Grazie > > rispondo sorpresa. Non sapevo sapesse fare complimenti … e devo ammettere che accompagnati da quello sguardo dannatamente sexy mi fanno sciogliere.

< < Anche tu stai bene > > sussurro imbarazzata. Solo ora mi sono accorta del suo abbigliamento. Indossa dei semplici pantaloni in jeans scuro, una t-shirt blu e una giacca grigia intonata, ma su di lui stanno benissimo. E’ perfettamente fantastico.

< < Sei piuttosto misteriosa > > mugugna all’improvviso.

< < Perché? > > chiedo curiosa, voltandomi verso di lui.

< < Non mi hai detto chiami > >

< < Isabella Swan, ma dato che siamo già intimi puoi chiamarmi Bella > > rispondo, porgendogli la mano.

< < Edward Cullen > > dice, stringendomela.

Mentre metto tutto a posto mi rivolge parecchie domande.

< < Di dove sei? > > chiede curioso, alle mie spalle.

< < Di New York > > rispondo, guardandolo attraverso lo specchio. < < Tu? > >

< < Vengo da Forks, una piccola cittadina. Probabilmente neanche la conosci > > risponde pensieroso. Anche se è strafottente, quella sua espressione corrucciata mi fa impazzire.

Forks … questo nome mi sembra famigliare, però non riesco a ricordare dove l’ho sentito.

Continuo ad osservarlo allo specchio, ammaliata dal suo fascino, quando mi scivola di mano la matita blu.

< < Oh, no!  > > esclamo, portandomi le mani sopra la bocca. La matita è caduta dentro il water.

< < Cos’hai fatto?! > > chiede incredulo e divertito Edward.

Già, cos’ho fatto?! E’ possibile che il mio grado di sbadataggine sia arrivato al massimo.

< < Oh Dio, sono proprio un’imbranata di prima qualità > > sussurro a me stessa.

< < Aspetta, la prendo io > > si offre, vedendomi ancora sconvolta. L’unica matita che ho usato negli ultimi dieci anni è finita nel cesso. Ci credo che sono sconvolta!

Annuisco, mentre si abbassa schifato per prenderla. Nessuno l’avrebbe previsto, ma sbatte la testa sullo sciacquone  murato sopra il gabinetto.

< < Noooooo! Che cosa hai fatto?! > > urlo, con le mani tra i capelli. Ha scatenato la matita!

Si massaggia la testa e si morde il labbro per non scoppiare in una fragorosa risata.

< < Ridi? Ridi?! Sei un deficiente! Hai peggiorato le cose con quel tuo testone > > strepito incavolata.

Mi guarda perplesso per alcuni secondi e poi scoppia a ridere. Si tiene pure la pancia!

< < Ma … ma > > farfuglio infastidita. < < Basta! > >

Continua a ridere, così afferro il make-up e lo chiudo dentro la valigia. Ci butto dentro anche tutti i vestiti che avevo riposto nell’armadio e la chiudo con forza.

< < Guarda cosa mi tocca fare > > mugugno, mentre raccolgo le ultime mie cose sparse per la stanza.

< < Okay, scusa. Non volevo farlo …  è solo che è divertente! > > dice ridacchiando e asciugandosi le lacrime dagli occhi.

< < Ah,ah,ah > > ridacchio amaramente. < < Ora andiamo! > >

Prendo la valigia ed usciamo dalla camera.

< < Lascia fare a me > > dice, prendendomi la valigia, quando siamo già dentro l’ascensore.

< < Grazie > > sussurro, continuando a guardare davanti a me.

Senza che lui se ne accorga, mi sfilo l’anello di fidanzamento di Mike e lo infilo nell’altra mano. Non voglio che pensi che sia fidanzata, anche perché adesso non lo sono più.

< < Sei single? > > chiede , facendo l’indifferente.

< < Si, tu? > > rispondo ridacchiando per il suo finto disinteressamento.

< < Anche > >

< < Bene > > sussurro.

< < Bene > > ripete, sorridendo.

Adesso che gli sono accanto mi rendo conto che è davvero alto come sembra e che il suo corpo è tonico. Non sembrava muscoloso, ma vedendo i suoi bicipiti contrarsi per sorreggere la valigia, mi rendo conto che mi sbagliavo. Il suo sorriso è smagliante, per non parlare della sua risata melodiosa. L’unica pecca è che è un vero stronzo sbruffone, troppo sicuro di sé.

Finalmente siamo arrivati e ci incamminiamo verso la reception.

< < Bella! > > una voce conosciuta mi arriva alle orecchie squillante.

< < Jessica > > rispondo, mentre mi viene in contro. Edward rimane dietro di me, impassibile.

< < Wow … hai già fatto conquiste. E se permetti, pure sexy! > > esclama, sorridendo ad Edward. Lui ricambia velocemente.

< < Non è come sembra. Ci hanno assegnato la stessa stanza. Un terribile errore. Ed ora siamo venuti qui per farcene dare due > > spiego velocemente a Jessica.

< < Okay. Allora andate, io vi aspetto qui > > . Annuisco e mi volto verso Edward.

Ma dove è finito?!

Finalmente lo scorgo. Sta parlando con un ragazzone nerboruto. I muscoli escono prepotenti dalla maglietta bianca. La pelle è pallida come quella di Edward e i capelli sono neri, come gli occhi scuri. Sembra enorme e, ammetto, pericoloso.

Mi avvicino titubante. < < Edward > > sussurro debolmente con le guance in fiamme.

Lui si gira sorridendomi e mi presenta. < < Lei è Bella, quella di cui ti stavo parlando. Siamo finiti per sbaglio nella stessa stanza > > . Il ragazzone annuisce.

< < Lui è mio fratello Emmett. Mi ha accompagnato per spassarcela per un po’ > > dice Edward, mentre io ed Emmett ci stringiamo la mano.

< < Finalmente ho il piacere di conoscere la bellissima donna che in un solo minuto ha fatto sbarellare mio fratello > > ridacchia.

Le guance diventano ,se possibile, ancora più rosse e sorrido di rimando. E’ davvero simpatico! E’ proprio vero che le apparenze ingannano. E poi ha detto che ho fatto sbarellare Edward! In questo momento la mia autostima è al massimo.

Edward si passa la mano tra i capelli imbarazzato e se li spettina anche di più.

< < Andiamo > > mi intima a bassa voce e mi prende per il polso. Non mi sono mai sentita così, solo al liceo quando il mio primo ragazzo mi prese per mano nei corridoi scolastici. Il polso brucia, ma non in modo dolorante, è piacevole. Le guance si imporporano e riesco a balbettare solo un < < Okay > > . Sono sempre stata sicura di me, ma ora mi trovo spiazzata. Accidenti ad Edward Cullen!

Ritrovo la forza per parlare e dico con sicurezza: < < Fai andare me! Sono un avvocato. So trattare > > .Detto questo mi avvio alla reception, mentre mi guarda stupito.

< < Buonasera > > esordisco educatamente.

< < Buonasera, signora! La posso aiutare? > >

< < Signorina, grazie > > correggo con un sorriso stampato in faccia. < < Ho un problema. A me e al signor Edward Cullen è stata data la stessa stanza anche se non ci siamo mai visti in vita nostra. Quindi ora vorrei che lei mi desse due camere così belle, ma così belle, da far invidia al presidente > > dico con forza appoggiando le mani sul bancone. Non ho più fiato per quanto ho parlato velocemente e a voce alta per ribadire il concetto.

< < Allora, John? > > chiedo irritata, leggendo il suo nome dalla targhetta. Perché non risponde?

< < Sinceramente lei mi fa un po’ paura … quindi le darò subito due camere nell’attico. Più in alto dell’attico non si può andare perché oltre c’è il tetto … e da lì la gente si butta > > conclude sorridendo forzatamente. Mi sembra un po’ agitato, forse sarà per colpa del tic nervoso all’occhio.

Mi consegna velocemente le chiavi delle stanze ed io sorrido gentilmente cercando di calmarlo. < < Grazie. Può anche far portare le nostre valigie nelle nuove camere? > >

< < Certo. Provvederò immediatamente > >

Detto questo mi allontano con fare vittorioso dalla reception. Sorrido soddisfatta verso Edward che mi guarda con sufficienza.

< < Sei stata abbastanza brava > > dice, mentre gli passo la sua chiave. < < Ma potevi fare di meglio > >

< < Davvero? > > chiedo scettica < > . L’aria di sfida è palpabile.

< < Con sommo piacere > > mi sussurra all’orecchio mentre si allontana. Il battito del mio cuore accelera notevolmente, ma non me ne preoccupo. Voglio vedere cosa riuscirà ad ottenere e se l’essere sicuro di se porterà a qualcosa.

Lo vedo appoggiarsi con i gomiti al bancone e parlare con “John” che sembra rassicurato dalle sue parole. Rassicurato?!

Cosa gli starà dicendo? In questo momento vorrei essere una mosca per riuscire a spiare la loro conversazione. Fatto sta che poco dopo si sorrido complici e Edward si gira con faccia fintamente triste e delusa. Non mi inganni bello! Sono un avvocato. Le conosco come le mie tasche quelle faccine.

Tiene le mani dietro la schiena e questo non fa altro che incuriosirmi.

< < Allora? > > chiedo dura, con lo sguardo affilato. Non me la racconta giusta …

Sbuffa sonoramente desolato ed abbassa la testa. Ma appena si avvicinano a noi Jessica ed Emmett che intanto si sono avvicinati, alza la testa si scatto con un sorriso vittorioso a trentadue denti. Da dietro la schiena tira fuori numerosi passa colorati. Mi mostra come se fossero carte da gioco con un sorriso ebete in faccia.

Jess ed Emmett hanno gli occhi fuori dalle orbite per la sorpresa. Anche la mia espressione deve essere più o meno così, mista però a rabbia. Odio avere torto!

< < Sei fenomenale! > > trilla Jessica, saltellando all’idea di poter entrare in club esclusivi e di poter usufruire del servizio limousine.

< < Fratello, hai fatto centro > > . Emmett da una pacca sulla spalla ad Edward.

< < Bravo > > soffio impercettibilmente < < Ora muoviamoci! > > intimo a Jessica.

Lei mi guarda come se parlassi arabo. < < Pensavo andassimo con loro > > dice confusa.

< < Lo pensavo anch’io > > si intromette Edward, fintamente dispiaciuto.

Non gliela voglio dar vinta. Se vuole la guerra che guerra sia!

< < Okay. Allora muoviamoci > > rettifico sorridendo e voltandomi verso l’uscita.

Mi seguono chiacchierando animatamente del posto in cui andare, mentre io vorrei solo seppellirmi.

< < Ecco la limousine! > > esclama Edward, quando una macchina si ferma sul marciapiede accanto a noi.

Mamma mia … è enorme!

Rimango impalata ed incredula mentre tutti e tre salgono.

< < Bella > > mi chiama Jessica, ridestandomi.

Salgo velocemente e sgommiamo per le strade di Las Vegas.

All’interno ci sono quattro divanetti neri posti sulle pareti. In un angolo c’è anche un frigo-bar.

< < E’ fantastico! > > esclama Jessica per la centesima volta.

< < Abbiamo capito > > mugugno secca.

Io ed Edward ci sediamo vicino, mentre Jessica ed Emmett si accomodano sul divanetto davanti a noi.

< < Si fermi qui! > > ordina Emmett al tassista dopo che abbiamo viaggiato per le strade per circa un quarto d’ora. Jessica non è stata mai seduta. Ha aperto la finestrella sul tettino ed è stata sempre con il busto fuori a cantare a squarcia gola le sue canzoni preferite. Siamo sicuri che non è già ubriaca?

< < Questo è un posto fantastico! > > esclama il fratello di Edward con gli occhi pieni di entusiasmo. < < Fanno dei cocktail squisiti > >

Hanno lo stesso identico sorriso a trentadue denti.

< < Figo!  >> esclama entusiasta Jessica ed esce velocemente insieme ad Emmett.

< < Forza,andiamo > > dice Edward dolcemente, porgendomi la mano.

Questi suo sbalzi di umore mi faranno impazzire.

Entriamo dopo aver mostrato i pass. La musica è assordante e sulla pedana, sotto le luci sgargianti da discoteca, ballano un sacco di persone. Sembra più uno strisciamento che un vero ballo. Per non parlare dei vestiti succinti e volgari di alcune donne.

< > chiede Edward divertito.

< < Tu no? > > rispondo con un’altra domanda. Insomma sono preoccupata. Se è abituato a tutto questo è una specie di pervertito che ha uno strano senso del divertimento.

< < Non ci sono abituato > > . Ma legge nella mente? < < E’ solo che me lo aspettavo. Tanti miei amici sono già venuti qui > > risponde urlando per sovrastare la musica.

Alla fine del locale che un grosso bancone, il bar, con un sacco di sgabelli fosforescenti già tutti occupati. I baristi sembrano davvero indaffarati.

< < Ora che facciamo? Non c’è posto > > sbuffa dispiaciuta Jessica.

< < Non ti preoccupare, ci sono dei posti fuori dove portano le ordinazioni > > . Detto questo Emmett ci guida fino alla terrazza. Qui la vista è fantastica. Si possono ammirare tutti gli edifici illuminati di Las Vegas che squarciano la notte.

< < E’ uno spettacolo > > dico meravigliata.

< < Già > > dice Edward entusiasta facendomi accomodare ad un tavolo per due. Jessica ed Emmett si siedono ad un altro tavolo.

< < Ma? > > balbetto spaesata. Perché non ci siamo seduti con loro?

< < Emmett è sposato, non c’è pericolo per loro. Anche perché Rosalie lo ucciderebbe > > mi rassicura Edward, dopo di che ordina una bottiglia di vodka.

< < Rosalie è sua moglie? > >. Sono curiosa di sapere qualcosa su di lui.

< < Già … e per miracolo divino gli ha permesso di accompagnarmi > > ridacchia, catturandomi con il suo sguardo.

< < Temeraria > > mugugno.

< < Perché sei venuto qui? > > chiedo, mentre bevo il mio bicchiere appena riempito.

< < Per prendermi una pausa dalla vita stressante dello specializzando > > risponde, imitandomi.

< < Sei medico? In cosa ti stai specializzando? > >

< < Neurologia > > risponde velocemente < < e tu perché sei qui? > >

Ecco perché aveva così tanta fretta …  non vedeva l’ora di non  farsi gli affari suoi.

< < Facciamo un brindisi > > dico, alzando il bicchiere al cielo < < a me, che sono stata mollata dal mio fidanzato durante la festa a sorpresa che gli avevo organizzato e tutti i nostri più cari amici hanno assistito. E ancora a me, che ho perso lo stesso giorno il lavoro in uno dei più importanti studi di New York per uno stupidissimo errore > > concludo con un sorriso amaro.

< < Allora a te > > dice dispiaciuto, facendo scontrare il suo bicchiere pieno contro il mio. Butto giù con un solo sorso e quando faccio per riempirlo di nuovo mi accorgo che la bottiglia è già vuota.

< < Un’altra, per favore > > chiede Edward ad una cameriera.

< < Deve essere proprio uno stupido il tuo fidanzato > > dice a bassa voce.

< < Non tanto. Io non sono divertente. Sono una pianificatrice e stacanovista. Non sono mai a casa, non cucino. La domenica la passo davanti al computer a stendere contratti. Sono estremamente noiosa > >

< < A me non sembra > >

< < Aspetta di conoscermi > > rispondo, con lo sguardo perso nel panorama di Las Vegas.

< < Non vedo l’ora > > .Il suo è solo un bisbiglio, ma io ho sentito bene e non posso fare altro che sorridergli.

< < E tu? Io ho ti ho detto tutto di me. Non hai qualcosa di imbarazzante da confessare? > > chiedo per sviare dall’argomento pateticità.

< < Dove abito io non succede mai niente di interessante. La mia vita la passo tutta in ospedale e quando ritorno a casa sono sfinito. Il sabato sera esco con gli amici e la domenica non sto davanti al computer a scrivere contratti. Gioco a baseball con la mia famiglia > > spiega, mentre scoliamo la seconda bottiglia.

Mi sento leggera e la testa inizia a girare, segno dell’alcool in circolo.

< < Sicuramente è meno noiosa della mia vita. Sei molto attaccato alla tua famiglia? > > chiedo, mentre ordina una terza bottiglia.

< < Si, ci divertiamo. E tu? > > .Buttiamo giù altri due bicchieri.

< < Io? Beh, i miei sono separati e mia madre si è risposata con un certo Phil. Mio padre invece vive felicemente solo. E’ un poliziotto, nonché il mio migliore amico > > . Credo di essere già ubriaca perché non ho mai raccontato tutto questo ad un uomo.

Continuiamo a bere, parlare e ridere come matti, soprattutto da parte mia. La testa mi gira e pulsa dolorosamente, ma sento il fuoco nelle vene. Ho bisogno di muovermi e sbollentarmi.

Dopo un’ora ci alziamo ed andiamo in vari locali. Casinò, discoteche …  di tutto. Mentre ballo con Edward la testa inizia a girare ancora di più e per sentirmi meglio butto giù l’ennesimo bicchiere. Non mi sento bene. Mi sembra che il mondo giri e che tutto si muova velocemente.

Poi il buio.

 

 

La testa pulsa e mi sento girare. Che ore sono?

Ho una forte emicrania. Oddio mi sono ubriacata, il pensiero mi attraversa il cervello come un fulmine.

Apro lentamente gli occhi, strofinandomeli con forza per vedere meglio.  Sono insonnolita e confusa, un mix letale per i miei neuroni. Mi alzo lentamente e mi ritrovo in un letto. Aspetta un attimo … sono nuda tra le lenzuola. Improvvisamente il ricordo di ieri notte mi riempie la testa di immagini. Io, Edward, l’alcool, il matrimonio, il sesso sfrenato …

< < Oddio,no > > sussurro disperata ed allo stesso tempo incredula. La voce mi esce rauca, troppa è la paura. Ero così ubriaca che mi sono sposata con Edward, il ragazzo di ripiego!

< < Non può essere, non può essere!  > > urlo e scalpito dentro il letto. Immergo la faccia nel cuscino ed inizio a gridare ed imprecare violentemente.

< < Perché a me?!Perché a me?! > > chiedo disperata, anche se so che non riceverò una risposta. Le lacrime di rabbia escono con forza e sbavano tutto il trucco rimasto.

Cerco di regolarizzare il respiro e mi volto verso la parte vuota del letto. Ed è lì che una sola frase scritta su un post-it mi gela il sangue nelle vene.

Mogliettina, ti aspetto di sotto per la colazione. Edward.

 

Scusate l’ennesimo enorme ritardo, ma non sono riuscita a postare prima. Ho tante cose da studiare e non riesco neanche ad accendere il pc, e quando posso quella “dittatrice” di mia madre se ne impossessa. Dopo il 25 Giugno aggiornerò tutti i giorni o quasi. Scusate ancora. Vi avviso che questo è un capitolo transitorio come il prossimo. La vera storia inizierà dal quarto. Sono molto indecisa su questo capitolo perché c’è l’incontro, le prime impressioni … diciamo che non sono molto sicura di quello che ho scritto. Come vi è sembrato? Ci sono comportamenti stupidi o fatti impossibili? Per favore, ditemi se vi è piaciuto e se ci sono errori.

Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia alle seguite, hai preferiti e hanno letto. Grazie!!

Un enorme ringraziamento a giova71 e MissFify che hanno recensito il primo (misero) capitolo.

Eccole le risposte alle recensioni:

giova71= Grazie per il tuo sostegno. Ogni volta che vedo una recensione gongolo e la tua mi ha fatto molto piacere. Spero continuerai a recensire e mi dirai se questo capitolo ti è piaciuto e se sono gli sviluppi che ti aspettavi. Grazie ancora! Bacione

MissFify= Grazie per la tua recensione. Sono felicissima che ti piaccia e che ti incuriosisca. Giustissima domanda la tua. Ho chiamato così la storia non perché c’entri una scommessa di per sé, quanto un impegno preso per gioco. E sei hai letto l’ultima parte del capitolo capirai certamente di quale grande impegno parlo. Comunque ci sarà qualche scommessa …

Grazie ancora. Spero continuerai a recensire e che mi dirai presto se il capitolo di è piaciuto e se c’è qualche errore. Bacio

 

Kiaretta_96

 

 

   
 
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