Erano
passati due mesi, e gli shinigami non si facevano ancora vivi; Aizen li
teneva
sempre in stato d’allerta, sicuro del fatto che prima o poi
sarebbero tornati.
Finché lui era ancora vivo, Las Noches non sarebbe mai stata
del tutto
tranquilla.
Caliel
quella sera andò a bussare ad una porta che ormai conosceva
come le sue tasche.
Ulquiorra aprì la porta con calma;
si aspettava che fosse lei. «
Che c’è, stavolta? »
Caliel
gli mise davanti una scodella con dentro dello strano liquido
marroncino. « Non
mi piace come fanno il milkshake da queste parti. »
« E da
me cosa vuoi? »
« Quello
che fai tu è più buono. »
« Fallo
fare alla tua fracciòn. »
« Non
c’è adesso. E comunque, ribadisco; quello che fai
tu è più buono. »
Era
sempre così; Caliel non si era affatto abituata alla cucina
degli arrancar
fatta dagli arrancar. Così, andava a bussare da Ulquiorra,
che invece se la
cavava piuttosto bene. Poi lui, sbuffando, la faceva entrare, le
preparava
qualcosa, e poi lei se ne riandava, oppure restava a guardare un film
con lui.
La stanza di Ulquiorra era diventata una vera e propria videoteca.
Quel
giorno però Caliel levò subito le tende, dicendo
di essere molto stanca. Negli
ultimi tempi era leggermente dimagrita, ma era in buona salute; aveva
anche
deciso di tagliarsi i capelli, lasciando una sola ciocca lunga fino al
fondoschiena, legata con uno strano fermaglio costruito dalla sua
fracciòn.
Già, aveva anche una fracciòn; si chiamava
Florence, era una ragazza graziosa,
posata, profondamente devota ad Aizen e molto affezionata a Caliel;
Aizen aveva
scelto di assegnarla come fracciòn a lei, e
l’espada non aveva obiettato. C’era
tra loro un bel rapporto, e Caliel non poteva sperare in una cosa
migliore. E
poi anche Florence era un’umana; negli ultimi tempi erano
nati nuovi arrancar
precedentemente umani abbastanza numerosi. L’Hougyoku aveva
sviluppato capacità
incredibili, e Aizen ne approfittava. Così vennero presto
coperti anche i posti
vacanti del settimo e del nono espada, occupati da due uomini che
avevano in
poco tempo sviluppato capacità degne di un espada.
«
Signorina Caliel, bentornata! »
Caliel
salutò Florence con un sorriso, mentre chiudeva la porta
alle sue spalle.
« Siete
andata nuovamente dal signor Ulquiorra? Come sta? Mangia regolarmente?
»
« Sta
bene, sta bene. Ho portato qualcosa da mangiare anche per te, Florence.
»
La
fracciòn si accomodò al tavolo, apparecchiando in
fretta per due persone.
Caliel insistette nel dire che aveva già mangiato, ma per
Florence era un rito
irrinunciabile mangiare con la sua espada.
«
Signorina Caliel, avete saputo che il signor Aporro ha
un’altra fracciòn? »
«
Davvero? Caspita, saranno una ventina ormai… »
« Il
signor Aporro dice che saranno utili per i lavori al laboratorio.
»
«
Immagino di sì. »
Dopo un
attimo di silenzio, in cui ne approfittarono per finire il pasto,
Florence
riprese a chiacchierare. « Il signor Ulquiorra non ha ancora
preso nessuna
fracciòn? »
«
Nessuna. Anche Yami è senza fracciòn, mi
sembra… »
« Il
sommo Aizen gli ha proposto molti buoni nomi, eppure il signor
Ulquiorra si
rifiuta di prenderli con sé… Come mai? »
Caliel
ci pensò un po’ su. « Non lo
so… Ma davvero ha rifiutato tutti i nominativi? »
« Sì…
Dice di non aver bisogno di nessuno. »
Allora
aveva ragione, Stark, quando le aveva detto che Ulquiorra poteva
benissimo
rifiutare gli ordini quando lo voleva davvero. Il fatto che, invece,
non avesse
rifiutato lei, al tempo in cui era la sua fracciòn, la
rincuorava. Sorrise,
nascondendosi col fazzoletto per pulirsi la bocca, e aiutò
la fracciòn a
sparecchiare.
« A
proposito, signorina Caliel; ho incontrato la signorina Neliel. Vi
saluta. »
Caliel
si irrigidì, mostrandosi preoccupata. « Florence,
non dirmi che sei andata di
nuovo a spasso con lei per Las Noches! »
« No,
signorina! Sono andata dal signor Grimmjow e ne ho approfittato per
salutarla. »
Caliel
tirò un sospiro di sollievo. « Stai comunque
attenta; Aizen non sa ancora che
Nel sta da Grimmjow. Comunque, come sta? »
« Sta
bene. Vorrebbe tanto vedervi. »
« Sai
che ti dico? Andiamo a trovarla. Non credo ci sia nulla di strano,
visto che ci
sarò anch’io. »
Col
tempo Grimmjow aveva smesso di rompere le scatole a Caliel; vuoi che
era la
terza espada, vuoi che Nel aveva contribuito ad addolcirgli un
po’ il
carattere, non trovava ogni volta una scusa per attaccarla.
Né lui, né Nel
avevano detto qualcosa, ma si vedeva che tra loro era nata una sorta di amicizia
speciale. Anche perché
non c’era altro modo per spiegare come mai Grimmjow la
tenesse ancora con sé.
Neliel
stava bene, aveva cambiato le vesti, non più strappate a
causa delle sue forme
prosperose, e manteneva costantemente la forma adulta.
«
Grimmjow, che aspetti a dirlo ad Aizen? » disse Caliel,
appoggiandosi al muro.
«
Succederebbe il finimondo se si venisse a sapere che l’ex
terza espada è ancora
viva. Per non parlare di Nnoitra. »
« Aizen
prenderebbe le dovute precauzioni. »
« Si
sono viste le precauzioni; Nnoitra è riuscito a ridurla a
una bambina. E poi,
non pensi anche a te? »
« Che
vuoi dire? » chiese lei, facendosi seria e a mani conserte.
« Nel ha
ancora tatuato il numero tre sulla schiena, e ha ancora le
potenzialità di una
volta; non credi che, una volta scoperto che lei può essere
ancora utile per
Aizen, ti sbatti fuori e faccia tornare lei al suo posto? Dubito che ti
farebbe
tornare ad essere la fracciòn di Ulquiorra. Sarebbe il tuo
capolinea. Nella
peggiore delle ipotesi, finiresti uccisa. »
Florence
si mise davanti alla sua espada, e con serietà disse.
« Non permetterò che ciò
accada alla signorina Caliel! Il sommo Aizen è una persona
saggia, lo
convinceremo a non uccidere! »
« Ma no,
non ci sarà bisogno di uccidere nessuno. » disse a
quel punto Nel, dando una
piccola botta in testa a Grimmjow. « Sei sempre
così catastrofico, Grimm. Basterà
dire ad Aizen che non ho più le potenzialità di
una volta, che voglio
cancellarmi il tatuaggio e che voglio essere la tua
fracciòn. Dopotutto, ora la
terza è Caliel, e io ormai sono
“scartata”, non potrei tornare a stare con voi
espada. E poi, se io fossi la tua fracciòn, Nnoitra non
avrebbe da lamentarsi…
Credo. A lui dava
fastidio che io fossi
la terza e lui all’epoca l’ottavo. »
« Nel…
Sei sicura? » chiese Grimmjow.
«
Diciamo che ormai io sono in “pensione”. Non credo
che Aizen mi farebbe tornare
in squadra. Fare la fracciòn sarà sufficiente,
potrò uscire liberamente alla
luce del sole e stare comunque con te. Ora, trova una falla in questo
piano. »
si fece spavalda, mentre Grimmjow, in silenzio, meditò su
quanto appena detto.
Effettivamente, non c’era nessun problema, se le cose stavano
così. Valeva la
pena tentare.
Fu
indetta un’altra riunione straordinaria, tutti riuniti a
quell’enorme tavolo
rettangolare. Nnoitra on riusciva a credere che Neliel era accanto a
Grimmjow,
seduti vicini.
Ulquiorra,
invece, se l’aspettava. Si avvicinò lentamente a
Caliel; da un po’ di tempo le
postazioni erano cambiate, e Ulquiorra sedeva a fianco di lei, seguendo
l’ordine di numero.
« E’
stata una tua idea? » le sussurrò.
«
Abbiamo solo cercato una soluzione alternativa alla segregazione di
Nel. »
rispose lei, sottovoce.
Lui si
ricompose, posando le mani sulla tazza di tè fumante, e
sorseggiando con calma.
Sembrava del tutto indifferente alla cosa.
Aizen si
mostrò sorpreso, e anche piuttosto contento, nel vedere che
Neliel era ancora
viva. Non mostrò sorpresa invece, nel sapere che non voleva
tornare ad essere
un espada, bensì la fracciòn di Grimmjow.
« Che
scherzo è questo?! » fece Nnoitra, alzandosi.
« Questa donna ormai è inutile alla
causa di Aizen! Se non è più utile come espada,
figuriamoci a fare la fracciòn
del numero sei! Grimmjow, non ti bastano i cinque uomini che hai
già? »
«
Nnoitra. » fece Aizen, mantenendo la calma.
Lui si
stizzì. « … Sì, signore?
»
« Sono
io che decido qui. »
« Ma
signore, questa donna… » non fece in tempo a
finire di parlare; venne colto da
un bruciore tremendo, delle fiamme lo avvolgevano, e fu costretto a
sedersi,
cercando di placare il dolore.
« Ho
detto che decido io qui. » ripeté Aizen.
« Altre obiezioni? » rimasero tutti
zitti, non volendo fare la stessa fine di Nnoitra. « Molto
bene. Allora è
deciso; Neliel diventerà la fracciòn di Grimmjow.
Dopo ti faremo cancellare il
tatuaggio. » sorseggiò del tè,
iniziando poi un altro discorso. « Passiamo a
un’altra
cosa, più importante; shinigami. Abbiamo introdotto delle
spie nella Soul
Society, e abbiamo scoperto che Yamamoto ha in mente un agguato in
grande
stile. Ma noi lo sorprenderemo, lo anticiperemo; faremo un agguato
direttamente
a casa sua. Visto che le squadre shinigami sono tredici, andremo tutti
insieme,
espada, fracciòn, e altri arrancar. Presto vi
darò delle planimetrie
dettagliate della Soul Society, dove colpire e chi colpire. Inoltre, vi
dividerò in squadre, cercando di renderle equilibrate, con a
capo io, Gin e
Kaname, visto che conosciamo bene quel posto. L’ultimo ordine
che vi do è
questo; Yamamoto va assolutamente ucciso. Partiamo domani. Ora
ritiratevi. »
Caliel
notò che Florence era nervosa; era la prima missione
importante a cui partecipava.
E forse aveva anche paura. Comprensibile.
«
Florence, stai tranquilla. » diceva continuamente.
« Farò
del mio meglio, signorina Caliel, ve lo assicuro. Non
permetterò che vi accada
niente. »
«
Florence, non dire sciocchezze! Domani ci scontreremo con diversi
shinigami, è
impossibile che io non mi faccia niente. domani assisterai a tanti
orrori…
Vedrai diversa gente. Te l’ho già spiegato che,
prima di pensare a me, devi
pensare a te stessa; non c’è nulla di
più importante della tua vita e della tua
sopravvivenza. Non puoi proteggere qualcuno se non pensi prima a
proteggere te
stessa, se non dai importanza a te stessa. »
« Sì, me
ne avevate parlato. Ma… »
«
Dormici su, Florence. » disse, avvicinandosi alla porta.
« Vedrai che domani
farai un figurone! »
« Andate
di nuovo dal signor Ulquiorra? »
« Sì,
forse faccio tardi, quindi non stare ad aspettarmi, dormi pure.
»
Ulquiorra,
come al solito, non si sorprese nel trovarsela davanti alla porta;
questa volta
voleva vedere un film. La fece entrare, lui aveva appena finito di bere
del tè,
e la fece accomodare sul divano.
« Non
sei venuta per un film, vero? » chiese poi.
Caliel
sorrise; aveva un intuito eccezionale. « Sono preoccupata per
Florence. »
«
Dovrebbe essere lei a preoccuparsi per te, donna. »
Caliel
si alzò dal divano, seguendolo accanto al tavolo; non
riusciva a stare ferma. «
Domani potresti morire, sai? »
« Anche
tu potresti. Siamo sulla stessa barca. »
« E
scommetto che non hai paura. »
« Tu ne
hai? »
« Un
po’. »
Lui
sbuffò. « Sciocca. » disse, ma Caliel
sorriso, afferrando il suo polso.
« Il tuo
battito ha accelerato di nuovo. »
Lui
staccò la mano con un gesto veloce, innervosendosi.
« E’ il fatto che mi tocchi
a darmi fastidio e farmi accelerare il battito, non la paura.
»
Lei, per
indispettirlo di più , afferrò nuovamente la sua
mano. Non era la prima volta
che si metteva a giocherellare così con lui, si divertiva a
innervosirlo. Lei
afferrava, lui staccava, lei afferrava nuovamente, lui si innervosiva e
quasi
la supplicava di staccarsi.
« Dai,
smettila, donna! » appunto.
Lei
scoppiò a ridere. « No, finché non
ammetti di avere paura! »
«
Piantala, donna! Ti ho già detto che mi dà
fastidio! Va bene, ho paura,
soddisfatta? »
«
Assolutamente no, non è sincero! »
« Ma non
ti stanchi mai? »
« Ehi,
portami rispetto! Dimentichi che sono la terza espada? »
disse lei scherzando.
A quel
punto lui si fermò, smettendo di cercare di allontanarla da
lui. Si fece più
serio del solito, chinando il capo. Lei chiese cosa era successo tutto
d’un
tratto, e lui rispose. « Pensavo. »
« A
cosa? »
Lui
avvicinò una mano sul suo viso, facendo scendere le dita
sulla guancia. « Sono
arrivati qui molti umani, diventati poi arrancar. Ho potuto toccare
diverse
persone; eppure ti posso assicurare che nessuno brucia come te.
»
« Esagerato.
» disse lei, prendendo la sua mano. « Forse sei tu
che sei troppo freddo. »
Lui
restò in silenzio, continuando a sfiorare la guancia di lei,
meditabondo. «
Forse sì. »
Caliel
lo fissò per un po’, incerta sul cosa chiedergli.
Ma poi le venne naturale
dire. « Vorresti bruciare anche tu? »
La
risposta, stavolta, fu immediata. « No. »
Lei
sorrise di nuovo, stavolta avvicinando la mano al suo collo, dove
sporgeva
leggermente una vena. « Smettila di mentire; ti si accelera
il battito. »
« Hai
rotto, con questa storia. » disse lui, serio. Si
slacciò di poco la giacca,
sentendo leggermente caldo.
« Se mi
dici la verità non ti scoccio più. »
« Ma
perché ti comporti così? Lo sai che a volte sei
assillante, donna? »
Lei non
staccò neppure per un secondo la mano dal collo, neanche
quando si slacciò la
giacca.
« Una
volta ero la tua fracciòn. Certe vecchie abitudini restano.
»
Dopo un
po’ di silenzio, Ulquiorra sospirò,
afferrò la ragazza per un fianco e fece una
veloce rotazione, in modo da far appoggiare lei sul tavolo. «
Sei proprio una
rottura di scatole, donna. »
Lei
improvvisamente si sentì in imbarazzo. Non riusciva a capire
che intenzioni
avesse in quel momento. « Ulquiorra, cosa…?
»
« Avevi
ragione, prima mentivo. Voglio vedere cosa si prova bruciando.
»
Caliel
si ritrovò improvvisamente le sua mani slacciare velocemente
la sua giacca,
avvicinando il bacino . il respiro della ragazza si fece da subito
più
affannoso, ma lo lasciò fare. Quando sentì che
Ulquiorra stava giostrando con
le sua gambe, particolarmente vicino alle parti intime, chiuse gli
occhi,
arrossì violentemente e mise le braccia intorno al suo
collo, affondando le
dita nei capelli. Si accorse che anche lui stava respirando pi forte
del
solito.
«
Ulquiorra… » sospirò lei.
« Stai
sempre a parlare, anche tu… » sospirò
lui, avvicinando le labbra alle sue.
Senza preavvisò la baciò, così, su due
piedi, affondando la lingua in una
maniera che caliel non si sarebbe certo aspettata da lui. Nel
frattempo, le
mani stavano lavorando su parti del corpo decisamente sensibili per
lei,
facendole sentire un caldo opprimente. Istintivamente, gli tolse la
giacca,
posando le mani sul petto nudo, che aveva qualche piccola goccia di
sudore.
Da quel
momento Caliel non parlò più; sospirava e basta,
soprattutto quando Ulquiorra
era diventato un tutt’uno col suo corpo. La cosa a cui non
sembrò crederci era
che anche lui sospirava notevolmente, muovendosi regolarmente e con
vigore. E
la sua pelle, poi; era come stare accanto a un camino. Bruciava, faceva
quasi
paura.
Non sapeva
per quanto tempo Ulquiorra l’avesse tenuta lì, su
quel tavolo, ad assaporare il
suo sesso, ma non le dispiaceva di certo. Da quando era diventata un
arrancar,
non le era più capitato. E aveva ragione Ulquiorra; erano
espada, ma pur sempre
uomini. Che evidentemente potevano provare benissimo degli istinti del
genere.
« Sei
troppo calda, donna… » diceva lui, portandola a
letto.
« Se ti
do fastidio… Basta smettere… »
« Non ho
detto… Questo… »
« Bruci…
Anche tu… » disse lei, sfiorandogli le spalle, la
schiena, mentre lui
continuava a muoversi a un ritmo più veloce.
« Lo so…
»
« E…?
com’è…? »
Lui
affondò la testa nei capelli della ragazza. «
E’ una bella… Sensazione…
Bruciare… Non è poi… Così
male… Ah…
»
Durò per
molto, forse troppo, secondo Caliel. E in parte fu frustrante non
sentirselo
venire dentro; lui distaccò da lei improvvisamente,
sull’orlo di un urlo
liberatorio, mentre affondava le mani sul corpo, la stritolava, e lei
che
fremeva su di lui, sentendosi mancare improvvisamente quella sensazione.
Quando
tutto finì, lui si accasciò al suo fianco,
cercando di riprendere fiato. Lei
restò una decina di minuti a riposarsi su quel letto che
aveva le lenzuola che
odoravano ancora di sesso, finché non posò le
mani sul suo braccio stanco; si
era addormentato, e nel frattempo la sua pelle era tornata ad essere di
ghiaccio.
Si
rivestì velocemente e tornò in camera sua, senza
svegliarlo e degnarlo di un
saluto. Le venne da chiedersi se quella sarebbe stata l’unica
volta in cui si
sarebbero concessi una pausa così particolare, ma con ogni
probabilità non
avrebbe affrontato l’argomento con lui.
Il
giorno dopo, infatti, Ulquiorra non le accennò minimamente
di quella nottata, e
nemmeno lei disse nulla; fecero finta di niente, come se lei non fosse
mai
venuta in camera sua.
« Siete
stata via per molto, signorina Caliel. Ieri notte vi ho sentita
rientrare. »
disse Florence, la mattina seguente, appena alzata. « Posso
sapere perché? »
« Niente
di particolare, Florence; io e Ulquiorra abbiamo discusso a lungo di
una cosa. »
rispose subito lei, con espressione tranquilla. Ogni tanto
ripensò a quella
notte, ma senza rancori, senza dubbi particolari, come se fosse
rassegnata al
fatto che Ulquiorra era spinto semplicemente dalla voglia di farsela
subito,
anche su quel tavolo. Del resto, lei non aveva opposto
granché resistenza; non
era difficile capire che ne aveva voglia anche lei, e che il desiderio
sessuale
non era poi di così poco conto.
Mentre
partivano tutti per la Soul Society, Ulquiorra la degnò di
sole poche parole.
« Non
sembri nervosa, donna. »
« No. »
rispose con un sorriso lei. « Non voglio agitare
ulteriormente Florence. »
«
Capisco. » fece una piccola pausa. « Quando te ne
sei andata ieri? »
Strano
che fosse stato lui a introdurre la cosa. « Ti eri
già addormentato, saranno
stati dieci minuti dopo… »
Ulquiorra
si sentiva un cretino, per essersi addormentato neanche un quarto
d’ora dopo
averci dato dentro. Ma sorvolò. « Non farti strane
idee, donna. »
«
Nemmeno tu, eh. » fece lei ridacchiando.
« Allora
cerca di non morire oggi. » rispose Ulquiorra, facendo un
sorriso che sparì
subito. « Così ne riparliamo con più
calma. »