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Mal d'amore
Sfortunatamente
per i giovani studenti di Hogwarts, l’inverno giunse troppo
presto. Era arrivato
il mese di Novembre ma già incominciavano ad avvenire le
prime nevicate.
Quell’inverno sarebbe stato più rigido del solito.
-
Odio il Natale- sussurrò Carmen dopo aver soffiato a lungo
sulle mani gelate,
benché fosse tutto inutile.
-
Io invece lo adoro- commentò Sarah, sbuffando
l’ennesima nuvola di vapore con
divertimento.
-
Non avevo dubbi... -
-
Carmen la finisci di essere così dolce con me?-
-
E tu la smetti di contraddire quello che dico?-
-Ma
è bella la neve!-
-Sarà
anche bella, ma io sto morendo di freddo-
Le
tre ragazze erano nel parco ad aspettare la loro amica Alice che
sarebbe dovuta
venire a momenti. A dire la verità, avrebbero dovuto
aspettarla solo una decina
di minuti ma stavano lì ormai da una mezz’ora.
-Io
non ne posso più di stare qui a congelare. Rischio di morire
assiderata,
credetemi- dichiarò Carmen che ormai aveva abbandonato
l’idea di riscaldare le
sue mani che erano diventate completamente due pezzi di ghiaccio. Anche
per le
altre era la stessa cosa. Erano totalmente infreddolite dalla testa ai
piedi.
-Per
una volta sono d’accordo con Carmen. Direi che 30 minuti sono
abbastanza
per aspettare un’amica- commentò Sarah.
-
Si, avete ragione. Per una volta avete ragione anche voi- Carmen e
Sarah la
lanciarono uno sguardo gelido, poi si guarderò entrambe e
scoppiarono a ridere.
Le
ragazze si alzarono e si diressero in fretta verso il castello.
Arrivate quasi
in cima alla scalinata di pietra dell’immenso parco, Sarah si
accorse che non
aveva più con sé la sua borsa. Improvvisamente si
fece pallida. Non aveva mai
perso niente in vita sua e l’idea di non trovare
più la sua borsa, per cui
all’interno di essa aveva tutto quello che le serviva giorno
e notte, si sentì
male. Anche a costo di morire assiderata, doveva trovare quella borsa.
-
Ragazze scusate, io torno indietro perché non trovo
più la mia borsa. L’avrò
lasciata vicino all’albero dove ci siamo sedute. Voi
avviatevi pure, io vi raggiungo
subito- urlò Sarah mentre corse, con tutta
l’energia che aveva in corpo, verso
il lago.
Arrivò
a destinazione ma apparentemente non vide nulla sotto
l’albero. Per un nano
secondo il suo cuore aveva smesso di battere. Poi guardò
meglio e scorse, appoggiata
sotto una delle grosse radici dell’albero, la sua adorata
borsa beige. Era
rimasta seduta su quella borsa il tempo necessario per spiaccicarla nel
terreno.
Con
enorme sollievo si avvicinò tranquilla e prese la sua, tanto
amata, borsa. Il
cuore riprese a battere con regolarità e il sollievo le fece
arrivare una
vampata di calore su tutto il corpo. Ora non sentiva neppure tanto
freddo!
Stava
per lasciare finalmente quel posto quando udì delle voci
vicine, provenienti
più giù, dall’altro lato del lago. Si
girò istintivamente per vedere chi
fossero ma rimase a bocca aperta quando vide la scena che le si
parò davanti.
Distesi
e avvinghiati l’uno sull’altro, c’erano
due ragazzi che ridevano e si baciavano
appassionatamente. Uno di questi era una ragazza molto graziosa di
Corvonero,
occhi azzurri e capelli neri come la notte. Baciava, senza lasciar un
attimo di
tregua al ragazzo che l’abbracciava e che la sosteneva sopra
il proprio corpo,
Sirius.
Sarah
era cosciente del fatto che Sirius Black si sceglieva sempre le ragazze
più
belle o, comunque, quelle più attraenti della scuola e la
ragazza che era con
lui ne era un esempio lampante.
Non
si ricordò per quanto tempo rimase lì, con gli
occhi spalancati a guardali.
Qualunque cosa stessero decidendo di fare, Sarah non voleva saperlo o
comunque
non voleva vederlo. Non ne poteva più. Non ce la faceva
più. Perché doveva
soffrire un secondo di più? Perché stare
lì a piangere quando poteva stare al
caldo con le persone che l’amavano sul serio?
Perché continuare a sperare se
poi alla fine non succedeva mai nulla? Perché lei si faceva
ancora del male?
Perché? C’era ancora una sola e minuscola
possibilità che potesse essere lei
quella tra le sue braccia che lo baciava?
No.
Ovvio e scontato. No. Lei non avrebbe mai potuto avere quello per cui
sognava
da tempo. I sogni non fanno altro che farti sperare in qualcosa che sai
di non
poter mai ottenere. E a questo che servono, ad illuderti, ad
ingannarti, a convincerti
di non mollare mai anche quando ci sono tutte le ragioni del mondo per
farlo.
Faceva
davvero così freddo? Sarah non sentiva più il
contatto con la realtà.
Si
diresse, con passo inesorabilmente lento, verso il castello e
soprattutto verso
il proprio letto che avrebbe bagnato di inutili lacrime. Inutili,
perché ancora
una volta aveva pianto per qualcosa che non aveva mai avuto.
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Quando
si alzò dal letto, notò che fuori era
già buio e che, con molta probabilità,
aveva dormito tutto il pomeriggio. Si alzò in fretta e piena
di carica, notando
con sollievo che si sentiva rinata. Quella dormita le aveva fatto
proprio bene
all’anima. Decise che era arrivata l’ora che
qualcosa nella sua vita dovesse
cambiare e che quel cambiamento doveva venire, per primo, da lei. Non
avrebbe
mai più aspettato Sirius, sarebbe andata per la sua strada
con o senza di lui.
Sentiva che si meritava molto di più e, in fondo, erano
troppo diversi per
piacersi. La sua doveva essere semplicemente la sconsiderata
“voglia
dell’attenzioni” di un ragazzo. Presto, quando
avrebbe trovato qualcuno della
sua altezza, sarebbe cambiato tutto.
Si
vestì, si lavò e si diresse, piena di vita,
giù nella Sala Comune ma,
stranamente, al suo arrivo non trovò nessuno. Niente.
Nemmeno un’anima via.
Restò
basita di fronte a quel silenzio disumano. Si guardò intorno
per capire se ci
fossero indizi che le potessero almeno farle capire cosa fosse
successo. Notò
allora un piccolo pezzo di pergamena proprio davanti al camino.
Arrotolò
la pergamena e lesse “Signori e Signore, siete solennemente
invitati alla mia grandiosa
festa di compleanno, che si terrà nella torre più
alta del castello, questa
sera stessa. Se non avete ricevuto direttamente nella vostre mani
questa
pergamena, vi invito a togliere il vostro muso fuori dalle faccende che
non vi
riguardano. Questa festa non è per tutti, ma solamente per
coloro che giacciono
nella culla dei coraggiosi di cuore”.
Sarah
rilesse più volte la pergamena e quasi le venne da ridere:
chi poteva mai
perdere il suo tempo a scrivere un invito così stupido? Poi
rifletté un attimo
per capire meglio cosa potesse significare. “Festa di
compleanno”… c’era
qualcuno che conosceva, era nato il 3 Novembre?
Benché
si sforzasse, non le veniva in mente nessuno, e forse sarebbe stato
meglio così
dal momento che non era stata invitata.
Lascio
il bigliettino dov’era e spinta dalla curiosità (e
anche perché non sapevo
cos’altro fare), si diresse verso la torre più
alta del castello, quella di
astronomia.
La
strada non era lunga, ricordava perfettamente dove si trovasse
perché era l’aula
che più le piaceva in quel maestoso e antico castello.
Mentre
percorreva le infine scalinate di pietra, sentiva che si avvicinava al
luogo
della festa, perché in lontananza percepì il
suono di risate e chiacchiere,
mescolate al suono prodotto dalla radio lasciata a tutto volume. Si
domandò
come fosse possibile che una festa così rumorosa non fosse
ancora stata fermata
dal guardiano Gazza o da quel cattivone di Pix.
Arrivata
in cima, prese fiato e alzò gli occhi. Rimase interdetta
alla scena che le si
presentò: tutti i suoi compagni di casata erano
lì, senza alcuna
eccezione. Si
divertivano, cantavano,
ridevano, chiacchieravano… chi si ubriacava, chi era
già ubriaco… chi si
baciava delicatamente, chi pomiciava disgustosamente… e lei
era lì, sola, che guardava
la festa a cui non era stata invitata.
Improvvisamente
si sentì chiamare. –Sarah! Sarah! Vieni qui,
c’è spazio-. Era Alice, che con un
bicchiere di burrobirra in mano, le faceva segno di sedersi accanto a
lei.
Ancora
un po’ stordita, Sarah le si avvicinò e le chiese
in un sussurro – Cosa sta
succedendo? Chi ha organizzato questa festa?-.
Alice
rimase perplessa alle parole dell’amica. – Davvero
non te lo ricordi?-
-Ehm…
dovrei?-
-Beh,
è solo la festa di Sirius Black-
-…-
Sarah
si guardò meglio attorno e lo vide: seduto per terra, in un
angolo della sala,
mentre baciava la stessa ragazza di Corvonero, con cui
l’aveva visto quella
mattina.
“Te
pareva”
-Alice,
io me ne torno in Sala Comune-
-Perché?
Non vedi che siamo tutti qui?-
-Non
penso di essere stata invitata-
-Ma
certo che lo sei stata! Sirius ha invitato tutti i ragazzi di
Grifondoro!-
A
Sarah le tornarono in mente le parole “per coloro che
giacciono nella culla dei
coraggiosi di cuore”.
Sorrise
al pensiero che non ci fosse arrivata subito. Evidentemente Sirius
aveva
organizzato tutto all’ultimo momento e non poteva sapere che
lei non fosse
stata avvisata.
Con
un sorrise e un sorso di burrobirra rubato alla sua amica, Sarah si
godette la
festa.
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I
giorni passarono veloci e, purtroppo per Carmen, il Natale di
avvicinava ogni
giorno di più. Solitamente le ragazze, durante quelle
vacanze, ritornavano a
casa a festeggiare con i loro parenti. Ed era per questo che a Carmen era poco propensa a
festeggiare le feste. I
suoi genitori si era ormai divorziati da tre anni, eppure lottavano
ancora
l’uno contro l’altro per dimostrare chi meglio dei
due era un genitore
perfetto. E questo, Carmen, non lo sopportava.
-Ragazze
vi prego, posso venire da voi?- supplicò Carmen alle ragazze.
-I
tuoi genitori non si arrabbieranno?- chiese Alice.
-Ti
riferisci a quella vipera di mia madre o a quel narcisista di mio
padre?-
Seguì
uno strano silenzio… ma lasciò spazio, ben
presto, al suono rumoroso delle loro
risate.
Mentre
ridevano, Sarah non poté non notare che,
dall’altro lato della Sala Grande,
Sirius era in compagnia di una nuova ragazza. A quanto pareva, adesso
aveva una
predilezione per una biondina di Tassorosso. Ma non ci pensò
a lungo, era
arrivata l’ora di andare a lezione.
Tuttavia,
ancora immersa nei suoi pensieri, non appena Sarah svoltò il
primo angolo in
direzione della lezione di Incantesimi, colpì il petto di
qualcuno.
-
Sempre con la testa fra le nuvole, eh?- disse Edgar scoppiando a ridere.
-Oddio
scusa Edgar. È che sono ancora un
po’ insonnolita…-
-Ma
dai scherzavo!-
-Davvero?-
-No-
Sarah
scoppiò a ridere – E allora perché mi
dici che stai scherzando! Tu mi confondi-
-Wow,
finalmente mi mostri una risata!-
-Dai,
non mi dire che non mi hai mai visto sorridere- scherzò
Sarah.
-No,
figurati. Non intendevo questo. Ti guardo ormai tutti i giorni e non ti
vedevo sorridere
in questo modo così sincero da un po’ ... ti dona
questo sorriso-
Sarah
rimase leggermente interdetta dalle sue parole ma non ebbe modo di
ragionarci
sopra perché si rese conto, proprio in
quell’istante, che stava facendo tardi a
lezione.
-Scusa
Edgar, devo andare. Ci vediamo!-
Gli
regalò un altro sorriso e corse via.