the
cat on the bed
Erano passate quasi due settimane e mezzo da
quel triste giorno in cui il corpo di Albus Silente era stato posto in una
tomba bianca nei giardini di Hogwarts.
Quasi due settimane e mezzo… sembravano essere
un’eternità quei pochi giorni. Eppure erano solo “quasi due settimane e mezzo”.
Harry, come da lui promesso, si era recato di
nuovo dai Dursley.
Ron ed Hermione, come da loro promesso, lo
avevano seguito.
Certo non si può dire che l’accoglienza fosse
stata spontanea e gioiosa, ma almeno non li avevano sbattuti fuori di casa.
Bisogna d'altronde ammettere che ormai Ron ed
Hermione avevano il permesso di praticare la magia fuori da Hogwarts, quindi
dolenti o nolenti i Dursley furono costretti ad accettare questi “sbandati”,
come gentilmente li aveva definiti una sera zio Vernon, in casa loro per un
periodo di tempo indeterminato.
La convivenza non si era rivelata piacevole da
entrambi i fronti.
Harry, apatico e quasi in stato vegetativo dopo
gli episodi delle settimane precedenti, sembrava distante, come se si trovasse
in un altro luogo. In un luogo migliore, speravano i suoi amici.
Ron, che era stato piazzato nella camera di
Duddley, che ancora era a scuola, si trovava un po’ spaesato tra tutti quegli
aggeggi babbani che, ne era certo, suo padre avrebbe ammirato come cimeli.
Solo l’intervento di Hermione, che era finita in
camera con Ron vista la grandezza del letto di Duddy, aveva evitato il disastro
un paio di volte.
Zio Vernon sembrava voler passare tutto il suo
tempo alla Grunnings, l’industria produttrice di viti per cui lavorava da
parecchi anni. Passava pochissime ore in casa e raramente rivolgeva la parola
agli ospiti o al nipote limitandosi, talvolta, a borbottare “buoni-a-nulla”,
“sbandati”, “anormali” o altri simpatici aggettivi tipo questi.
Zia Petunia tentava invece in tutti i modi di
non far notare ai vicini i nuovi ospiti. Preoccupata più per quello che potesse
pensare la gente che della sua salute, e quella dei suoi ospiti, teneva le
persiane del pian terreno perennemente abbassate e talvolta spiava attraverso
per vedere se i vicini la stavano osservando.
Ma c’erano due cose che proprio zia Petunia non
poteva sopportare : le visite della signora Figg e Grattastinchi, il simpatico
gatto dal muso schiacciato di Hermione.
La simpatica bestiola infatti amava
acciambellarsi comodamente sul copriletto della camera dei coniugi Dursley e
passarci le ore dormicchiando e facendosi le unghie nelle delicate tende di zia
Petunia.
La padrona di casa, che già di suo non
sopportava i gatti, aveva più volte tentato di scacciare il tenero micione
dalle sue lenzuola, ma non c’era stato niente da fare e Grattastinchi aveva continuato
a passare le sue giornate sul comodo letto di zia Petunia.
Per non parlare poi della signora Figg, che
felice per la presenza di tre maghi nella casa di fronte, almeno un paio di
volte al giorno, veniva a far visita al numero 4 con le scuse più assurde tipo
“Petunia cara, avresti dello zucchero” oppure “Petunia casa, avresti del
latte”. Semplici frasi per attaccar bottone. Pretesti che portavano la
bisbetica vicina a restare ore e ore in casa Dursley.
Se Harry viveva ormai come un’ameba vivendo al
semplice schema di mangiare-dormire-meditare-mangiare, i suoi amici sembravano
invece attivi e un po’ nervosi.
Ron ed Hermione stavano, proprio in quel preciso
istante, parlando nella camera che era stata loro affibbiata.
“Basta, ora veramente basta” stava dicendo Ron
seduto sul letto.
“Ronald, dobbiamo aver pazienza!” aveva risposto
Hermione sdraiata dall’altro lato del letto.
“Io ho ESAURITO la mia pazienza!” aveva
ribattuto Ron sdraiandosi a sua volta.
“Dobbiamo trovare una soluzione” aveva aggiunto
poi portandosi le mani dietro la testa e guardando l’amica.
Hermione guardava il soffitto incapace di
guardare il ragazzo in volto.
“Si, dobbiamo trovare una soluzione” aveva detto
poi.
Ron la guardava sorridendo mentre lei cercava di
guardare dovunque fuorché nella sua direzione.
“mmm…mmm…” aveva cominciato a mugugnare pensando
ad una soluzione.
Si era messo anche lui a contemplare in soffitto
quando improvvisamente Hermione era scattata a sedere girandosi nella sua
direzione per la prima volta.
“Una vacanza magica…” aveva detto con gli occhi
spalancati e un sorriso a 6000 denti.
“una vacanza?!?” aveva chiesto Ron guardandola
torvo.
Non gli sembrava un’idea così grandiosa in
effetti quella di fare una vacanza dopo che erano passate solo “quasi due
settimane e mezzo”.
“Si, una vacanza. Farà bene a tutti noi e ai
Dursley soprattutto…” aveva proseguito Hermione sempre con lo stesso sguardo e
lo stesso sorriso.
“Non credo sia una buona idea…” aveva ammesso
Ron alzandosi anche lui a sedere.
“No è l’idea migliore. Andremo in Francia,
lontano da qui e da tutto quello che sta accadendo. Andremo in vacanza e quando
torneremo cercheremo una casa a Godric’s Hollow come vuole Harry…” Hermione si
era messa in ginocchio sul letto sporgendosi verso Ron tanto era presa dalla
foga della sua idea. E ora era quasi appoggiata alle gambe del ragazzo le cui
orecchie si erano a poco a poco infuocate.
“Emh…” aveva tossicchiato lui mentre la ragazza
si scostava un po’ imbarazzata.
“Che ne dici?” aveva chiesto poi.
“Tu sei pazza!” aveva detto Ron avvicinandosi ad
Hermione e cominciando a battere leggermente le nocche della mano sulla fronte
della ragazza come per sentire se ci fosse ancora qualcosa lì dentro.
Hermione scoppiò a ridere mentre Ron diceva
“Però non è così male come idea…”
Una settimana e tre giorni dopo, le valige erano
fatte, i biglietti prenotati e i vacanzieri pronti.
Nemmeno Ron e Hermione saprebbero spiegare come
avevano fatto a convincere Harry a partire.
Ma il ragazzo, che si potrebbe anche definire
un’ ameba con gambe e braccia, aveva accettato e fatto le valige spinto da una
forza d’animo che non sapeva di avere. Oppure forse anche lui troppo
infastidito dai continui lamenti di zia Petunia.
Prima di uscire Hermione si era diretta in
camera dei padroni di casa e aveva afferrato Grattastinchi uscendo poi dalla
casa con gli amici.
A Petunia non era restato che mormorare
sommessamente: “ora non avrò più quello stupido gatto sul mio pregiato
lenzuolo…”