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Autore: dragoargento    29/05/2010    3 recensioni
Pharnasius è un'indomita e temeraria dragonessa viola, in lotta per cercare di salvare le briciole di un mondo morto da tempo, appassito sotto le perverse grinfie del malvagio Oscar. Una serie di avvenimenti la coinvolgerà in una battaglia che si sta svolgendo in un mondo che non le appartiene, dove la sua e l'altrui lotta del bene contro il male si fonderanno assieme, assumendo pieghe inaspettate.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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pirati

Pirati

Era buio all’interno dell’abitacolo, estremamente freddo e silenzioso.

Così era sto ininterrottamente per circa otto anni, quando una piccola spia rossa sia accese, cominciando a pulsare.

Di lì a poco ogni cosa si animò: sistemi di navigazione, controlli d’assetto … tutto.

Un tripudio di luci che danzava in ogni dove, riflettendosi sulla superficie lucida di una cupola trasparente che conteneva il corpo inanimato di Pharnasius, avvolto nei cavi elettrici che lo mantenevano in vita nel delicato stato di congelamento in cui si trovava.

Per tutto il tempo l’intelligenza artificiale di Belta aveva guidato la traiettoria della nave attraverso le galassie, unendosi o dissociandosi ai numerosi plotoni di macchine che attraversavano il cosmo come carovane di nomadi nel deserto; ma ora, il verificarsi di una situazione che esulava dalle sue innumerevoli istruzioni, aveva reso Belta incapace di agire in completa automazione.

Pharnasius aprì gli occhi di botto, così come la consapevolezza di sé le era tornata: veloce ed improvvisa come uno scroscio di pioggia in una giornata estiva.

Non vi erano sogni durante l’ibernazione, solamente l’assenza totale di sé; un po’ come morire e tornare alla vita con la deliziosa illusione che tutto si sia compiuto nel tempo di uno schiocco di coda.

-Belta? Dove siamo? Siamo arrivati da qualche parte?-

Subito la manta olografica le fu al fianco, danzando nell’aria ciclicamente riciclata da un potentissimo impianto di filtri e sintetizzatori.

-Ci siamo allontanati centinaia di anni luce dal pianeta che abbiamo lasciato, seguendo sempre la stessa traiettoria lungo il trentesimo quadrante quanto alla tua seconda domanda no, non siamo arrivati da nessuna parte -

-Come, come? Perché mi hai svegliata se siamo ancora immerse nel nulla più totale?-

La manta stropicciò con più impeto le pinne, così come un drago si sarebbe grattato la nuca con l’artiglio dell’ala, svelando un certo imbarazzo.

-Riguarda il pilota automatico, Pharny … La porzione del mio software adibita al suo controllo non risponde alla mia volontà! Abbiamo così effettuato una deviazione notevole dalla traiettoria di crociera… ho tentato più volte di correggerlo, ma non ci sono riuscita… _

Pharnasius si sfregò gli occhi ancora assonnati.

-Accidenti, voi macchine siete tutte così: va tutto bene fino a quando non succede un imprevisto, ed alla più piccola cavolata avete sempre bisogno di qualcuno che tappi la falla … siete ancora troppo rigide.-

Belta lampeggiò di rosso prima di ribattere prontamente con un veloce elenco delle qualità proprie delle macchine che superavano di gran lunga quelle degli esseri viventi, tra le quali la velocità di pensiero, la precisione e la capacità di reperire energia ovunque.

-Hai ragione mia piccola e petulante manta, ma avete sempre bisogno di noi che vi ripariamo o che vi forniamo l’intelligenza necessaria al vostro funzionamento … e questo è un bene: sarebbe spaventoso il contrario, non trovi?-

- Come preferisci che ti mandi a quel paese? In maniera esplicita o velata?-

L’indignazione simulata dalla piccola interfaccia strappò alla dragonessa viola una sincera risata che subito la mise di buon umore.

Allungò una zampa per carezzare la sagoma di Belta ma le sue dita non trovarono alcuna superficie ad accoglierle: tutto di Belta era un illusione, un gioco di cifre binarie.

Quella considerazione la fece rabbrividire, quando si ricordò di come Oscar, il burattinaio, utilizzasse lo stesso sistema per creare i suoi fittizi universi.

Poi ad Oscar si succedette la figura di Loki, l’indomito domatore di quelle correnti di alta e bassa tensione, che spesso e ben volentieri smarriva ogni contatto con la realtà.

“In fondo, Oscar e Loki sono molto simili…”

-Pharnasius, sveglia! Torna tra noi!-

-Hu?-

-Il pilota automatico, dolcezza, gli vuoi dare unocchiata o no?-

-Ok, Ok! Cavoli come sei esasperante!-

La guerriera sfiorò appena la scocca interna dell’abitacolo, facendo materializzare il pannello di controllo della nave, completamente costituito di forme di luce semitrasparenti, frutto di una proiezione olografica sensibile al tatto.

Fu quando Pharnasius tentò di accedere al programma del pilota automatico che di colpo l’intero abitacolo fu immerso dal buio più totale, come se si fosse verificato uno spaventoso cortocircuito.

Poi la corrente tornò a circolare tra i circuiti della nave, alimentando solamente lo schermo del pannello dei controlli.

La creatura che apparve nel riquadro luminoso era quanto di più bizzarro e ripugnante che Pharnasius avesse mai visto.

Era informe e gelatinosa, come una ameba ingrandita innumerevoli volte; tutto il suo corpo aveva una carne trasparente e rosata che faceva chiaramente intravedere gli organi interni che rilucevano di un cremisi bagliore proprio.

Due protuberanze alla sommità della testa, simili a due pesche sciroppate, costituivano gli occhi dell’abominio, mentre una strana proboscide da  farfalla vorticava laddove ci sarebbe dovuta essere la bocca.

-Pha! Ma che razza di essere sei, da dove potranno mai provenire creature così ripugnanti?-

Le sputò addosso poco garbatamente il budino vivente, tramite l’ausilio di un congegno che, appoggiandosi alla memoria di Belta, traduceva in parole comprensibili quelle che non erano altro che flebili schiocchi.

-Senti chi parla! Non si capisce dove hai un inizio né una fine! Comunque nessuno ti ha obbligato a bloccarmi la nave per vedermi, cosa diavolo vuoi? Parla in fretta.-

- Derubarti-

Le rispose con semplicità.

-È uno scherzo, vero?-

Pharnasius sentì il proprio sangue gelare.

-Niente affatto… abbiamo agganciato la tua nave ed ora la stiamo dirigendo verso la nostra ciurma, ti consiglio di non opporre resistenza se non vuoi essere prontamente eliminata; se collaborerai e non ci creerai noie, ti libereremo al prossimo porto.-

La dragonessa viola rispose soffiando come mille serpenti, contorcendo il muso in modo da esibite le lunghe zanne appuntite in tutta la loro letalità, comunicando chiaramente che mai e poi mai avrebbe reso il lavoro facile a quei predoni.

L’ameba venne attraversata da un movimento ondulatorio, come una forma di gelatina alla frutta infilzata da un cucchiaino: era praticamente impossibile intuire ciò che un simile gesto stesse a significare.

-Hu, come vuoi. A presto…-

Lo schermo si spense e la luce tornò nell’abitacolo assieme al pannello di controllo.

Subito la guerriera si precipitò a prendere le armi, preparandosi ad una strenua resistenza indossando i bracciali dalla lame laser ed il fodero con le pistole.

-Dannazione Beltsa come hai fatto ad non accorgerti che c’è un virus nel pilota automatico che ci sta portando dritti verso la bocca di quegli sciacalli!-

-Perdonami Pharny ma ho le idee alquanto confuse se ti può aiutare posso dirti che ho sentito parlare di bande sparse di pirati che vagano in questa parte dell’universo… sai, quando mi univo agli sciami ho avuto l’occasione di conversare con i sistemi operativi delle altre navi… devo dire che ho visto delle cose alquanto bizzarre… Hai mai sentito parlare di navi funebri? Sono dei computer veramente sfortunati, costretti a vagare in eterno in compagnia di un cadavere: certi addirittura sono in giro da millenni! E poi…-

-Non ora, Belta! Riesci a disinnescare il pilota automatico?-

-No, il sistema operativo dell’ammiraglia nemica mi nega l’accesso!-

Pharnasius infilò le punte degli artigli sotto la scocca del pannello di comando, sradicandola con malagrazia dalla propria sede con uno strattone.

Belta si illuminò di rosso come un piccolo fuoco, mentre i piccoli occhi per poco non le fuoriuscirono dalle orbite.

-Cosa diavolo stai facendo! FERMA!-

-Qual è il cavo che collega il tuo sistema operativo ai motori della nave?-

-È quello lì grosso in primo piano, con le rigature bianche e verdi, perché me lo chiedi?-

On un fugace guizzo degli affilati artigli, la dragonessa recise di netto il cavo in questione senza tante cerimonie.

-MA SEI USCITA DI SENNO! GUARDA COSA HAI FATTO!-

L’ira di Belta era palese, tanto che la sua proiezione olografica si era ingrandita a dismisura; ma Pharnasius ignorò con facilità lo spaesamento del computer di bordo, inserendo il pilota manuale.

-Preferirei provare a fuggire prima di essere costretta a combattere-

La modalità di comando manuale prevedeva un completo riassetto della cabina di pilotaggio.

Da sempre i draghi erano stati dei maldestri piloti, fino a quando non trovarono un modo efficace di simulare il volo, facendo così muovere le navi, dalle ali flessibili e dalla lunga coda, in simbiosi con i movimenti del pilota.

Un sistema di campi di forza avvolse Pharnasius, sollevandola dal pavimento, mentre un ingegnoso sistema di fibre ottiche cancellò alla vista le pareti della nave, tanto che la dragonessa ebbe l’illusione di starsene fuori tra le stelle del cosmo.

Poteva sentire le forze che agivano sul corpo della nave come correnti d’aria sulle proprie ali e quando ripiegò le membrane contro il corpo per acquistare velocità, i potenti motori della macchina risposero dando il massimo delle loro prestazioni.

La navicella schizzò via come una cometa azzurrognola, mentre il cosmo tutto attorno si trasformava in una confusa cacofonia di linee e lampi di luce ed i pirati non tardarono a gettarsi nell’inseguimento dell’ambita preda che era riuscito a rompere le maglie della loro rete.

 

-Dannazione! Questi bastardi hanno l’artiglieria!-

Fino ad allora stava andando tutto più che bene.

Pharnasius era riuscita a giocare egregiamente le proprie carte, sfruttando l’agilità e le capacità di manovra, tipiche delle navi dragonesche, per distanziare confondere la traiettoria delle più goffe macchine pirata, completamente sferiche.

Aveva volato per un lunghissimo periodo, intercettando una fascia di meteoriti dove aveva tentato di far perdere le proprie tracce agli inseguitori; il suo intento non venne raggiunto, ma almeno quattro macchine nemiche si erano disintegrate contro un asteroide, esplodendo in un fiore di petali infuocati e pezzetti di lamiera incandescente.

Fu forse il fatto di aver avuto delle considerevoli perdite tra la ciurma, che spinse l’ammiraglia a non badare più all’incolumità della nave fuggiasca e a ricorrere ai dispositivi di offensiva: la flotta fece fuoco, prendendo Pharnasius completamente impreparata e colpendola ad un motore di propulsione ed allo snodo dell’ala destra.

I danni erano gravi e costrinsero la nave a diminuire di molto la velocità di crociera.

Ormai controllare l’assetto e la traiettoria del veivolo era quasi completamente impossibile! Pharnasius era continuamente sballottata da continui sbalzi di pressione sulle proprie ali, più volte si era rovesciata, tuttavia non volle arrendersi, non ancora perlomeno.

I pirati la raggiunsero con facilità, circondandola e rinchiudendola in una gabbia di sfere fluttuanti.

-Siamo finite, Pharny hai qualche idea?-

-E lo chiedi a me Belta? Non dovresti essere tu il mega cervellone tra noi due?-

-I radar hanno rivelato un pianeta nelle vicinanze, forse potremmo sfruttarlo in una qualche maniera-

Belta proiettò l’immagine del globo: una strana palla azzurra e verde, circondata da vorticanti striature di bianco.

Pharnasius non aveva mai visto una cosa del genere, se il suo pianeta appariva torrido e bruciato, anche se osservato dalle profondità dello spazio, questo trasmetteva freschezza e salute.

situato a un anno luce da qui in pratica, alla nostra velocità dovremmo raggiungerlo tra una manciata di minuti: le sue condizioni atmosferiche sono compatibili per la vita .-

-Come pensi potremmo sfruttarlo?-

- Bella domanda-

Non volendo, furono i pirati ad offrire una possibile soluzione: credendo di avere ormai preso la preda nel sacco, da alcune navicelle sferiche fuoriuscì un cordone di energia elementare che andò a ghermire la navicella di Pharnasius; mentre le loro compagne si aggrapparono ad esse formando una sfera colossale di metallo ed energia.

La dragonessa avvertì quei vincoli come se li avessero applicati direttamente sulle sue scaglie, le stringevano in maniera dolorosa la coda, il torace e le zampe posteriori, lasciandole fortunatamente libere le ali.

- Notevole, veramente notevole, è da tanto che non ci capitava di trattare con un osso duro come te…-

La raggiunse la voce del capitano, proiettata nel vuoto che la circondava.

-Sfortunatamente non è nostra usanza risparmiare la vita a chi osa complicarci il lavoro, o peggio, farci perdere delle navi…-

-Arrrg!-

Pharnasius diede degli strattoni a destra e a manca, accorgendosi, con suo grande stupore e piacere, che le navi dei suoi aguzzini risentivano dei suoi movimenti, come se gli spostamenti della sua navicella si percorressero i cavi d’energia che la ghermivano, per poi trasmettersi alle navi sferiche.

Una possibile via di fuga le si disegnò in mente alla velocità della folgore: ora sapeva come sfruttare quel pianetucolo vicino, o meglio, come utilizzare a proprio vantaggio l’atmosfera che lo circondava.

Sapeva che sarebbe stata una manovra assai pericolosa, con ampie probabilità di completo fallimento… che scelta aveva dopotutto?

Pharnasius cominciò a spintonare l’intero gruppo verso il pianeta.

La ciurma tentò di aumentare la tensione dei campi di forza per bloccarla, ma la dragonessa riusciva sempre a trovare le inclinazioni giuste per far leva e continuare il suo tragitto, rispondendo d’istinto alle sensazioni che l’abitacolo le trasmetteva con le sue pressioni e vibrazioni.

Dopo un lasso di tempo che le sembrò interminabile, avvertì la forza di gravità del pianeta iniziare ad attirarla verso di sé.

Era giunto il momento di agire.

Pharnasius appiattì le ali contro i fianchi e si tuffò verso la sfera azzurrognola, sperando di penetrare nell’atmosfera del pianeta con il giusto angolo di inclinazione.

La manovra prese completamente alla sprovvista i pirati.

Molti riuscirono a recidere il legame d’energia in tempo, mentre alcuni sfortunati vennero disordinatamente trascinati verso il pianeta, esplodendo come bombe quando le navicelle impattarono con il muro dell’atmosfera.

I legami svanirono all’improvviso, squilibrando irrimediabilmente l’assetto di Pharnasius, tanto che la navicella penetrò in malo modo il muro di gas, trasformandosi in una palla di fuoco.

In automatico, Belta attivò una barriera di sicurezza attorno alla cabina di pilotaggio, cercando così di proteggere una spaventata dragonessa viola che fissava paralizzata l’inferno che la circondava, mentre tremendi scossoni la sballottavano come maracas.

Disintegrandosi man mano che acquisiva velocità, la navicella si trasformò in una maestosa cometa che solcò il cielo, attraversando la sagoma delle dei tre satelliti che circondavano il pianeta.

Sorvolò boschi e vallate, per poi raggiungere una torrida distesa di rocce magmatiche e laghi di lava borbottante, finendo la propria corsa contro i le pendici di un vulcano.

 

La caduta terminò con un grandissimo botto, seguito dal rumore cigolante di lamiere che si piegano e spezzano, qualche solitario scricchiolio e poi il silenzio: un vuoto spaventoso colmato solamente dal battito impazzito del cuore di Pharnasius, intrappolata in un bozzolo di oscurità e fitte di dolore che dall’ala destra e dal torace le attraversavano il corpo per trapanarle il cervello.

Sentiva il sapore ferrigno del sangue in bocca e le risultava difficile muoversi, ma perlomeno era salva.

La sagoma di Belta le si materializzò al fianco …  a quanto pareva la sua capsula di protezione era riuscita a preservare la componente hardware del sistema operativo della nave…

La manta appariva furente più che mai.

-Complimenti Pharnasius, sei riuscita a disintegrare totalmente la mia carrozzeria e per poco non ci rimettevi anche tu le scaglie! Testarda di una lucertola viola troppo cresciuta avremmo potuto tentare di rabbonire quei farabutti, invece no, tu hai voluto fare leroina, come al solito! E guarda qua che bella frittata!-

-Belta, ti prego… ho la nausea e non c’è parte del mio corpo che non mi faccia male… se vuoi litigare va benissimo, ma non ora per favore… tuttavia ti ricordo che sei stata tu a proporre di utilizzare questo pianeta per liberarci o sbaglio?-

-Liberarci! Non finire prigioniere su di esso! Come pensi di tornare a casa?.. spero che la tecnologia degli abitanti sia abbastanza sviluppata-

-Non posso tornare a casa Belta, lo sai bene, stupido computer! Ora fammi uscire di qui… -

-Agli ordini, molliccia polpetta di carne-

La barriera protettiva che aveva tenuto assieme l’abitacolo si dissolse e con essa i pezzi della cabina di pilotaggio crollarono scompostamente sul suolo roccioso.

Una volta libera, Pharnasius si abbandonò con gratitudine al suolo, lasciandosi cullare dalla sensazione di spossatezza che pian piano la rapiva, invitandola ad addormentarsi per dimenticare il bruciore insopportabile dell’ala spezzata e le fitte di alcune costole che le affondavano nei polmoni ad ogni respiro, rendendola sempre più affamata d’aria.

Stava per cadere in un sonno dal quale molto probabilmente non si sarebbe più svegliata, quando Belta la richiamò indietro.

Phrnasius riaprì gli occhi, trovandosi a tu per tu con il corpicino della manta che ronzava in aria come un moscone maldestro, in preda ad una sfrenata agitazione.

-Pharnasius! Presto, torna in te! Sto captando del movimento attorno a noi! E la cosa mi preoccupa -

La dragonessa si lasciò sfuggire un gemito di protesta, prima di mettersi faticosamente sulle quattro zampe, sibilando quando una fitta particolarmente acuta le trafisse il torace ammaccato.

-Movimento?-

Pharnasius cercò faticosamente di scrutare le ombre che aleggiavano nella caverna in cui si trovavano.

L’unica fonte di luce era soltanto il sinistro bagliore del magma, proveniente dal cratere che la navicella aveva scavato nell’impatto, facendo così crollare parte della parete della galleria.

-Sì, sono qualche decine di unità-

-Di cosa?-

- scimmie-

 

Dall’alto del cono del vulcano si poteva godere del terrificante spettacolo offerto dall’infuocato territorio vulcanico, che si estendeva per svariati chilometri tutto attorno.

Malefor amava trascorrere lì la maggior parte del proprio tempo, riempiendosi i polmoni con l’aria incandescente delle Terre Bruciate e baloccandosi nell’immaginare ogni cosa ridotta in una sterile e nera pianura.

Le sue fantasticherie sarebbero presto diventate realtà, se solo sarebbe riuscito ad attuare per intero i suoi piani di distruzione.

-…Maestro…-

L’anziano drago viola emise un ringhio cavernoso che pietrificò la grossa scimmia che si era prostrata al suo cospetto: odiava essere distolto dai suoi sogni di grandezza!

- Cosa c’è, parla!-

Disse con la sua voce dura e cavernosa, gravata dal mele che covava dentro di sé.

- Ecco… siamo andati ad indagare sulla causa della gigantesca esplosione che ha scosso il vulcano, come tu ci hai comandato, Maestro, e …-

La scimmia sembrava imbarazzata, teneva gli occhi bassi e si tormentava nervosamente la punta delle dita.

- E…-

Il soldato si fece coraggio, preparandosi al peggio…

-Abbiamo trovato la carcassa fumante di uno strano marchingegno, non abbiamo idea di cosa possa trattarsi e… c’era un drago al suo interno… un altro drago viola…-

-COSA?!-

Di colpo Malefor dimenticò la presenza della tremante scimmia, per precipitarsi verso i piani bassi del vulcano.

Un altro drago viola? Era impossibile! Ve ne era uno ogni dieci generazioni… come poteva essercene un altro oltre a quella fastidiosissima spina nel fianco di nome Spyro?

I suoi sospetti non lo prepararono comunque alla scena che si presentò ai suoi occhi.

Già, c’era un altro drago viola … una dragonessa per la precisione, con ali dalla forma più improbabile che avesse mai visto.

Era circondata dai suoi scagnozzi, che la attaccava vano senza tregua.

Lei si stava difendendo egregiamente, nonostante fosse chiaramente visibile che stesse allo stremo delle forze e che solo la forza di volontà le permetteva di reggersi sulle zampe.

Mai aveva visto uno stile di combattimento come quello.

Assai inspiegabilmente, la dragonessa non utilizzava le sue armi soffio ma si batteva manovrando con abilità due lunghe lame di luce che fuoriuscivano da un paio massicci bracciali, sicuramente magici, che le cingevano gli avambracci.

Inoltre passava con disinvoltura da una postura a quattro zampe a quelle bipede, dimostrando di avere un equilibrio non indifferente sulle zampe posteriori.

Era una brava combattente, non vi erano dubbi, ma le gravi ferite che la ricoprivano la stavano fiaccando e molto presto, i sui guerrieri l’avrebbero sopraffatta: Malefor era troppo incuriosito per permettere che ciò accadesse, per non parlare che forse un alleata di quel calibro avrebbe potuto giovare alla propria causa.

Con un secco ordine, comandò alle scimmie di cessare gli attacchi, utilizzando i suoi poteri per dissolversi ed apparire al fianco della nuova venuta.

 

Pharnasius sentiva molto chiaramente di essere prossima al collasso, tuttavia strinse i denti e si costrinse a continuare a lottare, per quanto la vista le si appannasse sempre di più e puntini bianchi le danzavano avanti agli occhi.

Poi le scimmie si dileguarono da un momento all’altro.

La dragonessa fiutò la loro tensione mista a timore reverenziale e si irrigidì, preparandosi al peggio.

Avvertì una presenza alle sue spalle, mentre l’adrenalina le permetteva di attingere alle ultime riserve di energia.

Con movimenti rapidi e precisi, estrasse entrambe le pistole dal fodero, drizzandosi sui posteriori e voltandosi di scatto, con le zampe anteriori stese avanti a sé.

Le sue armi quasi sfiorarono il muso di un altro drago.

Le energie le vennero a mancare proprio in quel momento, facendole tremare le membra e scaraventandola verso i profondi meandri dell’incoscienza.

L’ultima cosa che vide, prima che il buio la divorasse per intero, furono un paio di occhi a mandorla dalle pupille allungate, gialli ed incandescenti come il sole.

 

 

  
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