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Autore: Gillywater    30/05/2010    17 recensioni
La storia tra Sana e Akito è finita da tre lunghi anni. Lei ora sta con Naozumi e lui, come sempre, cerca di fare chiarezza nel caos che ha in mente. Ma cosa potrebbero mai combinare, quei due, senza l'aiuto provvidenziale degli amici?
"Fuka non era propriamente annoiata, solo che quella storia era stata costretta a sentirla per anni. Anni. Non confidenze sussurrate nei bagni della scuola, che si perdevano in uno sbuffo di fumo, mentre la sigaretta stretta tra le dita si consumava. Anni. Ore continue della sua vita che lei e Tsuyoshi, soprattutto, avevano passato a scervellarsi per capire quali contorti ragionamenti si nascondessero dietro le menti malate di Akito e Sana. E nessuno dei due, quasi servisse qualcosa sottolinearlo, riusciva a capire perché si erano lasciati e perché attendessero tanto tempo a rimettersi insieme."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Kim (va bene, va bene, “A Yesterday”),
perché mi sopporta, perché con le sue storie mi fa sognare,
perché è la mia segreta ispiratrice per un sacco di cose
e perché non potrei desiderare una figlia migliore ^_^
Con tantissimo affetto,
Ale

SHE IS


Capitolo 1: Sì, me lo ricordo

I remember it well
The first time that I saw
Your head around the door
'Cause mine stopped working

Damien Rice – I remember

Si era sempre chiesta come potesse la gente passare davanti a quello spettacolo e rimanere indifferente. Perché si, osservare il sole tramontare alle spalle dell’immensa Tokio, mentre proiettava lunghe ombre ai piedi degli immensi grattacieli e tingeva il cielo di delicati toni caldi, per Sana era uno dei più begli spettacoli del mondo.
Dal suo appartamento, poteva godersi quel panorama ogni giorno e mai, mai, aveva pensato che potesse annoiarla.
-Sana, ti avevo chiesto di fare il bucato questa mattina. Adesso mi tocca fare tutto di fretta, maledizione –
Fuka.
Se qualche anno prima le avessero detto che si sarebbe ritrovata a condividere uno spazio vitale come il loro appartamento, con quella ragazza dall’accento strano e che l’aveva fatta soffrire portandole via Akito, non ci avrebbe mai creduto.
Sana si alzò con pigrizia dalla poltrona di vimini sul terrazzo – Scusa Fuka – sbadigliò – Stamattina sono tornata tardi dal lavoro e mi è passato di testa –
Fuka si incupì – Ci sono stati problemi con Kamura? –
Sana scosse il capo – No. Le solite discussioni di sempre. Gli ho detto che stasera sarebbero venuti Tsuyoshi, Akito e gli altri a cena, come sempre, e lui si è arrabbiato perché non vuole che ci sia lui – spiegò Sana, sospirando.
Fuka fece spallucce e tornò alle sue faccende, cominciando a strapazzare i cuscini del divano per renderli più confortevoli. Diede una veloce spolverata al tavolino al centro del salotto e tolse alcune briciole dal tappeto. Non che avere i loro amici a cena fosse un evento tanto formale, solo che le dava fastidio avere la casa in disordine.
Sana si rese utile telefonando al ristorante cinese per ordinare da mangiare, perché diciamocelo, lei e Fuka non erano proprio due cuoche provette (*).
-Beh, non posso biasimarlo – se ne uscì fuori Fuka dopo questo lungo attimo di silenzio - Kamura, intendo. Anche io sarei gelosa di Akito, visto quello che avete vissuto insieme – le spiegò.
Sana parve confusa – Eh? Perché?-
Fuka mise le mani sui fianchi e sbottò – Andiamo, Sana! Possibile che passano gli anni ma tu sia sempre la solita ritardata? Ci sei stata insieme per anni...-
Sana chiaramente non capì, dimostrando quanto la teoria di Fuka fosse giusta.
Quella sospirò – Certe cose non si chiudono così, schioccando le dita! –
Sana scosse le spalle e si diresse verso la camera – Beh, con Akito io ho chiuso da secoli perché nessuno dei due provava più nulla. Io ora sto con Naozumi da un anno, amo Naozumi, non vedo perché dovrei ancora pensare ad Akito – disse distrattamente, meccanicamente, come qualcuno che si è ripetuto tra sé quella frase migliaia di volte – Comunque devo ancora farmi la doccia, i ragazzi saranno qui a momenti – constatò guardando l’orologio appeso alla parete sopra il frigorifero - Meglio muoversi –
Fuka si limitò ad annuire.
Dopo che Sana si fu chiusa in bagno, cominciò a spulciare tra la loro collezione di DVD per trovare qualcosa da guardare quella sera.

*

Quando Sana gli aveva detto che sarebbe andata a vivere con Fuka, ne era stato felice. Sapeva quanto lei desiderasse diventare indipendente dalla sua famiglia, soprattutto da sua madre che con i suoi comportamenti infantili l’aveva sempre fatta vivere in un mondo di favole.
Sana voleva diventare indipendente, voleva diventare grande.
Frequentavano l’università da poco e poiché i corsi si tenevano poco distanti da casa di Sana, Akito si era praticamente trasferito a casa sua per poter frequentare le lezioni con costanza.
E a lei non aveva dato fastidio, anzi.
La convivenza tra lei e Fuka si era trasformata in una convivenza a tre: lei Fuka e lui, Akito.
Fin qui era andato tutto bene, Sana era riuscita a dividersi perfettamente tra gli impegni all’università e lui. E il lavoro.
Già, il lavoro.
La causa di tutti i problemi tra di loro. Perché quando hai compiuto da poco diciannove anni, non puoi pensare che la tua parte in un film possa limitarsi a dare qualche bacio sulla guancia al tuo collega. E così Akito si era ritrovato ad assistere ad una piccante scena d’amore tra Sana e Kamura, in un film che parlava di una storia travagliata tra due giovani ragazzi di strada.
Non aveva potuto sopportare che quel dannato idiota posasse le sue luride mani su quel corpo, le sue labbra su quella bocca che era soltanto sua. Aveva spaccato un bicchiere e i suoi amici lo avevano fissato con sguardo preoccupato.
Fuka probabilmente lo aveva anche rimproverato, perché sarebbe toccato a lei pulire le schegge che erano schizzate come saette da tutte le parti, ma lui ovviamente manco le aveva badato.
Quella sera lui e Sana avevano litigato, lei gli aveva detto che se la situazione non gli andava bene se ne poteva anche andare e lui lo aveva fatto, prendendosi giusto il tempo di raccogliere tutta la sua roba. Il pigiama buttato alla rinfusa su una sedia in camera. Il suo spazzolino abbandonato in un bicchiere in bagno. Il suo dopobarba appoggiato su una mensola di vetro. I suoi vestiti nell’armadio di Sana. La camicia che, la sera prima, Sana gli aveva tolto e lanciato dall’altra parte della stanza.
Non ne avevano più parlato. Anzi, non si erano più parlati per qualcosa come due mesi.
Poi un giorno, lui le aveva involontariamente schizzato dell’acqua in faccia e lei era scoppiata a ridere. Erano tornati amici come prima. Letteralmente amici.
Ma trattandosi di loro, quella situazione era perfettamente normale.
Da quella sera erano passati giorni. Mesi. Anni. Tre anni per l’esattezza. Tre anni che Sana e Akito non stavano insieme. Tre anni che lui non la baciava. Tre anni esatti che lui non faceva l’amore con lei.

Entrare nell’appartamento di Sana quella sera, quella dannatissima sera, gli causò un brivido forte lungo la schiena.
“Ricomponiti Akito, maledizione” si rimproverò mentalmente.
Superò la porta senza dilungarsi in troppe smancerie, come invece stava ancora facendo Tsuyoshi con Fuka, che aveva dato a tutti il suo consueto benvenuto.
Si lasciò cadere sul divano con stanchezza, allungando una mano sul tavolino dietro di lui per cercare il telecomando. Lo trovò e accese la televisione.
In realtà, si stava guardando intorno, rendendosi improvvisamente conto di quanto conoscesse bene ormai la casa di Sana e Fuka. Conosceva ogni minimo dettaglio, sapeva perfettamente dove si trovava ogni oggetto e questo non lo disturbava affatto. Semplicemente, era come una sua seconda casa. E che casa! Aveva sempre adorato quell’appartamento, soprattutto per l’immensa vetrata che si affacciava su quell’enorme terrazzo dove lui amava trascorrere il suo tempo a pensare.
La cucina era piccola.
Per quello che la usano Sana e Fuka” si ritrovò a pensare, ghignando malefico dentro di sé. Le camere da letto però erano enormi, con due bellissimi armadi a muro. Armadio che ormai Sana non era più in grado di chiudere, visto la quantità spropositata di vestiti che possedeva.
Ricordava quante volte avevano bisticciato perché lui, per colpa sua, non trovava mai quello che gli serviva.
Sana uscì di fretta e furia dal bagno, un asciugamano a coprirle il corpo.
Akito cercò di ignorare quel particolare.
-Ciao ragazzi! – esclamò lei, trafelata – Come sempre sono in ritardo. Scusatemi. Vado in camera mia a vestirmi. Cinque minuti! – promise, dopo aver schioccato un veloce bacio sulla guancia a tutti. Akito compreso.
Ovviamente la rividero dopo mezzora.
-Come mai Kamura non c’è?- domandò curiosa Hisae, litigando con le bacchette di legno che proprio non riusciva a tenere in mano. Troppo occidentale, lei.
Sana si incupì – Abbiamo discusso – rispose, laconicamente.
Akito notò tutto.
-Capisco – si limitò a dire Hisae, nemmeno tanto interessata.
Tsuyoshi aveva finito di mangiare e pareva in pace con se stesso. Macché, con il mondo. Stava ancora con Aya, ovviamente, e i due avevano anche cominciato a pensare a parole come “matrimonio” e “convivenza” e “figli”. Tutte cose che ad Akito facevano venire un vago senso di nausea.
-Ragazzi miei – si alzò in piedi – io ed Aya dobbiamo farvi un annuncio – disse, con un sorriso ebete stampato in faccia. La ragazza sembrava imbarazzata.
Sana inarcò un sopracciglio – Vi sposate? –
I due arrossirono – NO!- esclamarono all’unisono.
-Andate a convivere? – tentò Gomi, speranzoso.
-NO!-
- Aya, sei incinta per caso? – domandò Fuka, indifferente.
Silenzio.
Tsuyoshi annuì.
-CHE COSA? – urlarono all’unisono Sana ed Akito. Si guardarono in faccia e poi distolsero lo sguardo.
Aya annuì – Si. L’ho scoperto l’altro giorno e non vedevo l’ora di dirvelo – disse, appoggiando una mano dolcemente sul suo ventre – E’ già da tre mesi, ma ho avuto talmente da fare che nemmeno me ne sono accorta – spiegò.
Tsuyoshi l’abbracciò con fare protettivo – Anche perché non ha avuto alcun sintomo –
Gli amici rimasero senza parole per alcuni minuti, ma poi uno ad uno si alzarono per congratularsi.
-Sono così felice, Aya – le disse Sana, passandole le braccia intorno alle spalle. Era commossa.
-Anche io Sana. Ehi, che fai, piangi? – le chiese, asciugandole gli occhi con i polpastrelli – Guarda che mi dovrai aiutare con questo bambino. Sai quanto sono impedita io con queste cose. E poi sarà felicissimo di avere una zia pazza come te! –
Si sorrisero.
-Bel colpo, amico – disse Akito, dando un’amichevole pacca sulla spalla a Tsuyoshi.
-Grazie Hayama – gli disse questo.
-Ragazzi, dobbiamo uscire a festeggiare – urlò Gomi.
Tsuyoshi quasi lo sbranò – No, Gomi! Aya non deve affaticarsi! –
Akito roteò gli occhi al cielo – Eccolo che comincia. Aya, sicura di poterlo sopportare così per altri sei mesi? – le domandò, scoppiando a ridere quando Tsuyoshi gli si lanciò addosso con il preciso intento di strozzarlo.
Aya scoppiò a ridere – Tu scherzi. L’altro giorno non ha voluto che apparecchiassi la tavola –
-Sei il solito megalomane esagerato, Tsuyoshi, quel bambino crescerà con delle turbe – continuò a sghignazzare Akito.
Fuka rimase a pensare – Avevo scelto un film dell’orrore per questa sera. Ma direi che alla luce dei nuovi avvenimenti, sarebbe meglio evitare squartamenti ed omicidi vari – disse, sorridendo ad Aya.
-Guardiamo un film d’amore! – proposero le ragazze.
-Va bene! – acconsentì Tsuyoshi, tornando a sedersi composto di fianco alla sua Aya, abbracciandola.
-CHE PALLE!-

*

-Beh, allora buonanotte – fu la risposta di Fuka ai titoli di coda del film dell’orrore che qualche ora prima lei aveva scartato. Dopotutto, una volta che Aya e Tsuyoshi se n’erano andati, perché non approfittarne?
-Ciao – rispose laconicamente Akito, ancora imbambolato davanti allo schermo della televisione, senza nemmeno darsi la pena di girarsi verso di lei.
-Sana, puoi venire un attimo di là con me? – domandò Fuka alla sua amica, mezza appisolata sul divano e rannicchiata sotto una coperta gigante (e inadeguata vista la stagione).
Sana mugugnò qualcosa, ma allo sguardo minaccioso di Fuka dovette cedere – E va bene, arrivo. Che strazio –
La sua fastidiosa coinquilina se la trascinò fino al bagno e poi la spinse dentro, chiudendosi la porta a chiave alle spalle.
-Manda via Akito – la ammonì Fuka.
Sana – capelli per aria, sguardo meno sveglio del solito ed espressione quanto mai ebete – la fissò ed esordì con un bel – Eh? –
-Senti – cominciò Fuka spazientita – Non puoi rimanere da sola con lui. Credevo di rimanere fulminata in quest’ora e mezza di film –
Sospirò.
-Eh? – ripeté nuovamente Sana. Si era per caso incantato il disco?
-Ma si, svegliati! – squillò, afferrando Sana per le spalle e scuotendola un po’. L’unico risultato che ottenne fu quello di stordire l’amica ancora di più.
-Mentre stavo seduta tra te e lui, prima, la tensione si tagliava con il coltello. Caccialo, ti dico – spiegò, concludendo con quanto già detto.
Sana scosse il capo – Ma che dici? Quale coltello, quale tensione? –
Fuka mise le mani sui fianchi – Non me n’ero mai accorta prima d’ora, ma è vero quello che dicono tutti
-Tutti? –
-Si, lascia perdere. Comunque sia, caccialo. Non puoi restare da sola con lui, vi salterete addosso in meno di dieci minuti, giuro –
Sana sbuffò e si appoggiò con un braccio alla parete accanto a sé, in una posa che ricordava un po’ il mese di aprile del calendario – Senti, ma che cosa sono queste sciocchezze? Capita spessissimo che io e Akito rimaniamo da soli e non è mai successo niente… -
Fuka ammiccò, maliziosa – Fino ad oggi
-E poi io sto insieme a Naozumi… - proseguì Sana, imperterrita e ignorando volutamente l’allusione stupida della sua fastidiosa coinquilina (come già detto).
Fuka fece spallucce – Beh, d’altronde fai come vuoi. Io lo dicevo per te… E per Naozumi, che mi sembra già abbastanza incavolato da sé, senza bisogno di esagerare –
-Te lo ripeto, Fuka, io e Akito… -
Fuka le sventolò una mano davanti agli occhi – Si, non mi interessa. Ho troppo sonno per preoccuparmi di queste stupidate –
Sana si accigliò – Ma sei stata tu a cominciare… -
Fuka le puntò un indice contro – Non dire sciocchezze. – sospirò beata – Adesso vado a dormire. Buonanotte Sana – la salutò, sempre con quella mano odiosa che sventolava ai quattro venti, manco fosse stata una bandiera.
Sana tornò in salotto con un diavolo per capello. Andò a sedersi accanto ad Akito, ancora nella stessa posizione di cinque minuti prima, ed incrociò le braccia al petto, sbuffando.
Akito si voltò a guardarla, sorpreso – Beh? Che c’è, Kurata? –
Sana si alzò in piedi e gli si piazzò davanti. Sbuffò ancora – Niente. Solo Fuka è completamente fuori di cervello – constatò, dandogli le spalle e cominciando a misurare il salotto a grandi passi.
Akito si grattò il mento – E dov’è la novità? –
Sana rise, un po’ di cuore – Temo che tu abbia ragione, sai? Solo che la sua pazzia comincia ad infastidirmi – ammise, tornando a sedersi accanto a lui.
Akito parve pensarci su e poi fece spallucce – Tu mi infastidisci da più di dieci anni e non mi sono mai lamentato –
-Grazie tante – gli rispose solamente lei, sarcastica fino all’inverosimile.
Passò un lungo istante di silenzio, durante il quale il ragazzo si limitò a leggere le notizie di un telegiornale notturno, che li informava dell’ennesima trattativa politica per compiere taluna cosa. Sana giocava nervosamente con le sue stesse mani. Il ritratto della pazzia, insomma.
-Akito? – lo chiamò alla fine lei e lui si limitò a risponderle con un suono gutturale non ben identificato.
-Posso abbracciarti? – gli domandò, innocentemente.
Senza nemmeno voltarsi a guardarla, e continuando a fare zapping tra i vari canali (che a quell’ora di notte proponevano cose più o meno lecite), le rispose soltanto – Fai come vuoi –
Sana lo prese come un sì, e gli si accovacciò su un fianco, stringendolo forte e percependo (senza capire come) il battito del cuore di Akito che aumentava. Le sembrava quasi che gli stesse per esplodere nel corpo. Poi lui le passò un braccio intorno alle spalle.
Rimasero così, immobili, per un tempo indefinito – Sana notò soltanto che la lancetta dell’orologio aveva compiuto un mezzo giro e cominciò a torturarsi con i denti la nocca del suo indice destro, rimuginando tra sé.
Ma quale tensione? Io e Akito siamo solo due amici, che una volta stavano insieme e che hanno conservato un bellissimo rapporto. Non c’è nulla di compromettente in questo abbraccio” si disse, ignorando però di proposito il brivido causato dalla mano di Akito che, involontariamente, le aveva sfiorato la pelle delicata del collo.
E’ solo un caso. Ho un po’ freddo” imperversò, rannicchiandosi ancora di più contro di lui.
-Forse ora è meglio che vada – decretò infine Akito, spegnendo la televisione e rimanendo a fissare la loro immagine riflessa nello schermo nero.
Riluttante, Sana si alzò in piedi e lui la imitò. Teneva lo sguardo fisso a terra. Forse, dopotutto, un po’ di tensione nell’aria c’era eccome.
-Cosa pensi di Aya e del bambino? – gli chiese lei, sottovoce, tanto per dire qualcosa.
La sua voce, sebbene fosse solo un sussurro per non svegliare Fuka che stava sicuramente già dormendo, ebbe l’effetto di una bomba nella testa di Sana.
Lui sobbalzò e fece spallucce – Cosa devo pensare? Sono immensamente felice per loro. Tu no?-
Sana annuì – Certo. Non ce li vedo ancora con un figlio, ma penso che mi ci abituerò – gli confessò, in un sussurro.
– Nemmeno dovessi averlo tu il figlio – disse lui.
- Già – annuì Sana, sorridendo – Ma sai che è una cosa che mi piacerebbe tantissimo – scherzò.

I remember december
And I wanna hear what you have to say about me
Hear if you're gonna live without me
I wanna hear what you want

                      Damien Rice – I remember

Akito alzò lo sguardo di scatto e poi disse – Sì.
Sì, me lo ricordo -
Lui la osservò in faccia, silenzioso, e lei sostenne il suo sguardo. Era forse la stanchezza, ma Akito avvertiva un distinto ribollire di sangue all’interno del suo corpo.
Mosse un passo verso di lei. Sana rimase immobile, in attesa di qualcosa. I loro corpi divisi ormai soltanto da un impalpabile soffio d’aria, lei con il viso proteso verso quello di Akito. Immobile.
Sana, ma che fai?”.
Negli ultimi anni la coscienza di Sana si era sdoppiata negli ormai noti angioletto e diavoletto. Uno che elargiva consigli buoni e l’altro che la spronava a comportarsi male.
Ignoralo, aspetta che Akito faccia qualcosa
Tu sei fidanzata con Kamura
“Quell’idiota. Se hai la possibilità, fatti Akito”
“Ma lei ama Kamura, non l’hai sentita oggi?”
“Lei mentiva”
“No, Sana ama Kamura”
STATE ZITTI” li rimproverò Sana. Era ormai evidente la sua pazzia.
Akito schiuse le labbra appena e rimase a guardarla immobile. Riuscì persino ad udire il ronzare di una dispettosa zanzara che lo tallonava già da una buona mezzora.
-Sana...- sussurrò.
Udirono un rumore di chiavi che proveniva dall’ingresso e la porta si aprì.
-Sa... Ah, ciao Akito! –
Naozumi era appena entrato in casa e parve abbastanza irritato nel constatare che la sua ragazza era ancora sveglia e che Akito stava ancora a casa sua. E che Akito le stava così vicino.
-Ciao amore! – squillò Sana, improvvisamente sveglia, correndogli incontro.
Akito non se lo seppe spiegare, ma provò una distinta nota di fastidio nel vedere Sana schioccare un dolce bacio sulle labbra di Kamura.
-Cosa ci fai qui?-
Naozumi le sorrise – Avevo voglia di vederti, visto come ci siamo salutati oggi – le spiegò, abbassando il capo a mo’ di scuse.
Akito si sentì di troppo – Beh, io andrei. Buonanotte – disse, senza aspettare le solite frasi di circostanza che lo avrebbero poi invitato a fermarsi ancora per scambiare quattro chiacchiere. E lui non ne aveva proprio voglia.
-Ciao Akito! – lo salutò Sana, osservandolo in modo strano.
Lui fece un cenno con il capo a Kamura, che annuì. Perché sprecare parole per quell’emerito imbecille?
-Entro in casa e con chi ti vedo? Con Hayama a poco meno di cinque centimetri dal volto – la punzecchiò, ma Sana roteò gli occhi al cielo.
-Non cominciare Naozumi, altrimenti mi arrabbio sul serio – lo rimproverò – Stavamo solo parlando del fatto che Aya sta per avere un bambino -
Naozumi spalancò la bocca – Aya è incinta? – chiese.
Sana annuì felice – Ma ci pensi? Tra qualche mese sarà mamma! –
Era fuori di sé dalla gioia.
Naozumi la osservò sorridendo, dolcemente.
Sana se ne accorse – Perché mi guardi così? –
Il ragazzo le circondò la vita con le braccia e l’attirò a sé – A volte mi dimentico quanto ti amo – le confessò, baciandola con dolcezza.
Sana ricambiò, allacciandogli le braccia dietro al collo.
Lui la prese in braccio e la trasportò fino alla sua camera da letto. Sana rise – Che fai, Kamura? Così cadiamo –
La lasciò cadere sul letto e chiuse a chiave la porta.
-Che vuoi fare? – gli domandò lei, ridendo, anche se conosceva già la risposta.
- Non lo so. Tu cosa credi che voglia fare? – le chiese, mentre cominciava a sfilarle la magliettina scollata che aveva desiderato toglierle fin da quando era entrato in casa, fin da quando l’aveva vista in piedi, vicino ad Hayama.
-Io credo, che tu voglia marcare il tuo territorio in modo che Hayama non possa più nemmeno avvicinarsi – gli rispose lei, ma ormai non rideva più. Tutta l’allegria aveva lasciato posto ad una passione fin troppo eccessiva, visto che solo quella mattina avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
Prese a baciarlo con foga.
- Se basta così poco per tenerti lontana da Hayama, diamoci subito da fare – rise lui sulle labbra di Sana, continuando a spogliarla.
Ben presto le loro risate e le loro parole, furono soppresse da una serie di sospiri.

I want you here tonight
I want you here
'Cause I can't believe what I found
I want you here tonight
I want you here
Nothing is taking me down.
Except you my love.
               Damien Rice – I remember

*********************************************

(*) in realtà, se la memoria non mi inganna, Fuka dovrebbe essere pure brava a cucinare. Dettagli, mi piaceva l’idea di lei e Sana – di cui invece sono sicura – viste come due piccoli impiastri in cucina e siccome nei prossimi capitoli sarà un particolare su cui calcherò un pochino, rimane. Così è se vi pare.

Ebbene, come annunciato, eccomi qui di nuovo con questa storia. Ormai mi ci sono imbarcata e la finirò, mi mancano giusto due o tre capitoli conclusivi da scrivere, ma con la fine della scuola troverò tutto il tempo. Ad onor del vero, questo primo capitolo non mi convince per niente, mi serviva più che altro come incipit per iniziare e ovviamente mi è uscito da schifo _._ Niente mi farà cambiare idea, ho troppo l'impressione che manchi qualcosa che invece doveva essere assolutamente raccontato, ma non sono riuscita ad individuare cosa.

In ogni caso, nemmeno vi sto a dire la pelle d'oca a scrivere la scena finale **Bleah, checchifo**.

Potete considerare questa fic come il continuo di "My Sorrow", visto con cinque anni di ritardo. In ogni caso, è leggibile senza aver letto quella, visto che i richiami saranno giusto un paio e sparsi qua e là.

 

Per ora è tutto, ci aggiorniamo tra una settimana, spero.

 

Ale69

 

  
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