Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Akane    02/09/2005    1 recensioni
‘Cerco un posto per me, per la mia testa, per la mia anima’.
Una ragazzina orfana cresciuta sola, selvatica e indomabile arriva in una famiglia fuori dal comune che l'aiuterà. La sua vita, il suo buio e come ne esce. La sorpresa di un nuovo arrivo nella sua vita e scoperte che sconvolgerebbero chiunque ma non lei che la rafforzano.
(la sto rimettendo rivisitata e sistemata un po'...)
Genere: Drammatico, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 1:
SVEGLIA


Un buio assoluto e cieco. Di quelli in cui si vedeva il nulla e l’unica soluzione era fermarsi e attendere. Un buio che infondeva una gran paura. Paura allo stato puro. Qualcosa che prendeva le ossa, la carne, le viscere e poi si espandeva come un cancro dappertutto. Terrore dettato da una situazione terribile.
Nike non era nel buio nel senso letterale del termine, bensì ci si trovava con l’anima, la mente.
Cosa poteva portare una persona ad un momento simile? La solitudine, il vuoto, la povertà, il dolore fisico, la non via d’uscita.
I non ricordi.
Memoria perduta.


Berlino era un bel paese, ma come per ogni grande città anche là c’erano i ‘posti brutti’, quelli comandati da bande di quartiere, con muri sgretolati, case cadenti e puzza ovunque.
Ma a parte quei posti, era meta di molti turisti.
Ne venivano da tutte le parti, anche solo per pochi giorni.
Famiglie intere si organizzavano per un giorno o due, gente comunque che abitava da quelle parti.
Il ragazzino undicenne si era allontanato dalla sua con cui stava visitando la città.
Aveva la pelle chiarissima e si poteva confondere facilmente per un tedesco. I capelli erano biondi e lisci, fini come spaghetti tutti spettinati, gli occhi azzurri e una bocca decisamente troppo carnosa per uno della sua età, alto e con un viso molto bello.
Era italiano e non capiva nulla di tedesco.
Aveva la mania di perdersi nel suo mondo di fantasticherie e giochi continui, per cui senza rendersene conto si era perso finendo in uno di quei posti poco raccomandabili, specie per un bambino.
Con quei suoi grandi occhi assorti e oscurati da una nube di incertezza, cominciava ad avere la giusta paura, ma qualcosa lo muoveva, non poteva tornare sui suoi passi, era convinto di stare per arrivare in un posto speciale, tanto di lì a poco l’avrebbero raggiunto.
Era una cosa che probabilmente prendeva solo i bambini dalla fervida fantasia, coloro che sapevano ascoltare quelle vocine interiori che tutti possiedono ma pochi odono.
Con un leggero piagnucolio si dimostrò di non essere un ragazzino poi tanto coraggioso, nonostante questo la curiosità era in contrasto con la sua paura. Era attaccato alla famiglia e non si separava mai da loro, aveva paura di star solo in posti sconosciuti, eppure sentiva che non poteva fermarsi, sarebbe stato sciocco farlo in quel brutto posto.
Le bionde sopracciglia incurvate a mostrare il suo stato d’animo.
- Mi sono perso come uno stupido … sono stupido, lo sapevo, ma perché? Uffa … dove sono gli altri?-
Si guardava intorno con le iridi lucide, le lacrime premevano ma si mordeva il labbro per non cedere. Sua sorella Selene gli diceva sempre che piangeva troppo e faceva di tutto per non darle soddisfazione, glielo diceva per renderlo più duro, diceva che doveva diventare un vero uomo e non una femminuccia, però poi lo chiamava ‘cucciolotto’. Riflettè che comunque ‘cucciolotto’ era sempre meglio che ‘scimmia’, come lo chiamava l’altra sorella maggiore, Astrid. Fra tutte preferiva la più grande ancora, Elisa, che non lo chiamava in nessun modo particolare e lo consolava, invece che dirgli di essere più ‘uomo’; del resto con Astrid aveva sempre giocato in tutti i modi, lo faceva divertire molto e a Selene, nonostante non lo ammettesse, era molto legato, avevano fatto ogni cosa insieme vista la poca differenza d’età.
Ora era cresciuto, i giochi erano altri divertimenti, non piangeva poi così tanto e chiedeva meno coccole.
In quel momento si era messo a pensare alla famiglia per risollevarsi e non pensare alla paura che aveva. Si diceva quello che ripeteva sempre Selene. Lui era grande, ormai, e non poteva avere paura per ogni sciocchezza, nemmeno piangere …
Inghiottì a vuoto. Queste imposizioni lo schiacciavano.
Qualcosa interruppe questo flusso di considerazioni.
L’attenzione fu attirata da una strana figura che stava a terra in uno dei vicoli di quel posto.
Vi entrò guardando che non ci fosse nessuno e si accucciò voltando il fagotto.
- AH! -
Per la sorpresa e lo spavento sedette a terra indietreggiando di qualche centimetro.
“Come è possibile? È una... bambina!”
Non osava dirlo nemmeno a voce, gli sembrava così strano. Impossibile.
Forse era uno scherzo, magari si erano messe d’accordo Selene ed Astrid.
Indeciso sul da fare si avvicinò scuotendola.
Dormiva, o per lo meno sembrava. Era in pessime condizioni, sporca con lividi, bruciature e ferite. I piedi indicavano che aveva camminato a lungo scalza, infine notò le mani, erano nere e rovinate, come se avesse preso in mano dei ferri roventi e li avesse tenuti a lungo.
A lui era capitato una volta ma non proprio così.
Si grattò il capo cominciando a sudare.
Cosa mai poteva fare lui?
- Ehi, svegliati … svegliati, su … -
Cominciò a chiamarla titubante, poi sempre più agitato, successivamente siccome non dava segni di vita, si mise a fare come Astrid:
- Sveglia, sveglia, sveglia, sveglia, sveglia, … -
Fino allo svenimento, senza interruzione, agitato da morire.
Mentre l’assillava con quella parola, riuscì a pensare con una certa logica elementare, tipica dei bambini: che avesse bisogno di acqua?
Questo lo fece zittire per cercare nel suo zainetto una bottiglietta da mezzo litro. L’aprì e gli bagnò il viso, non riuscendo a farla bere.
Improvvisamente lei prese a tossire e a stringere le palpebre finché, ancora con gli occhi chiusi, aprì le labbra per bere. Lui le mise così una mano sotto il suo capo aiutandola a bere.
- Finalmente, mi sono preoccupato … -
Eppure aveva l’impressione che non lo sentisse.
Mentre lui le dava da bere notò al polso un braccialetto in plastica bianco con un nome scritto sopra.
- Ni … ke … ti chiami Nike? -
Lei smise di bere dopo aver scolato l’intera bottiglia, lo guardò ad occhi spalancati e ancora priva di forze mostrò le iridi verdi-dorate. Erano un colore incredibile, il viso gli ricordava molto quello di un gattino spaurito, selvatico, specie per l’espressione.
Lui che adorava gli animali e li conosceva meglio di chiunque altro, dava un animale a tutti quelli che conosceva, per cui gli venne spontaneo darle il gatto.
Si strinse nelle spalle.
Non lo capiva, o forse non parlava?
Provò quell’unica frase di inglese che si ricordava.
- I’m Luca … Italy … you? -
Smarrita più di prima. Sicuramente era tedesca, ma lui non lo conosceva il tedesco; quando il panico cominciava di nuovo a dilagare, si ricordo di Tarzan, il cartone della Walt Disney, per cui con una luce di speranza nello sguardo si mise una mano al petto e disse:
- Luca. -
Poi la puntò verso di lei e continuò:
- Nike? -
Lei chiuse gli occhi e si tappò gli orecchi spaventata e dolorante. Luca capì che aveva qualcosa che non andava e preferì non sforzarla, pareva non ricordarlo. Magari non lo sapeva.
Il biondino desiderò solo ardentemente di avere lì con se Elisa, sua sorella più grande, lei sapeva sempre cosa fare al momento giusto, era la più intelligente della famiglia, ne era convinto da sempre. Astrid sarebbe stata certamente la meno utile, a meno che non si dovesse fare qualche scherzo!
Pensò insistentemente il nome della sorella a ripetizione con il panico che si espandeva in lui.
Che diavolo avrebbe potuto fare un bambino di quasi 12 anni?
Si spettinò i capelli nervoso, magari aveva fame. Si illuminò il viso tirando fuori della cioccolata, lui adorava la cioccolata e non se ne separava mai.
Gliene porse un po’ e lei la guardò come fosse avvelenata, col sospetto negli occhi, non era affatto bravo in queste cose, se lo capiva a parole sarebbe stato meglio.
- E’ buona … -
E ne mangiò un pezzo anche lui.
Lei non attese altro e mangiò di fretta, aveva una fame pazzesca.
Luca l’osservò, mangiava ma non staccava un attimo i grandi occhi da lui, come se fosse in perenne guardia, probabilmente se poteva sarebbe scappata subito terrorizzata, sicuramente stava lì stesa perché non riusciva a camminare. Notò che era magrissima, forse non mangiava da molto e priva di energie si era lasciata andare.
Dopo di che cominciò a pensare concretamente al da fare.
Doveva portarla dalla sua famiglia o dalla polizia; attese che finisse e si alzò.
Col movimento brusco, Nike si portò le gambe piegate al petto e le braccia davanti al viso in difesa.
Lui mise le mani avanti in segno di resa.
- No no … tranquilla, non faccio nulla … -
Le tese la mano per aiutarla ad alzarsi, lei la guardò come fosse un mostro e non la prese alzandosi con fatica ma da sola.
Notò solo allora, il bambino, gli splendidi capelli, seppur ingarbugliati e sporchi, che possedeva. Molto lunghi e di un colore caldo.
Suo malgrado si avviò fuori dal vicolo sperando che la seguisse. La ragazzina rimase ferma.
“Scapperà?” Pensò il biondo sospeso a mezza via. Aveva capito che qualunque fosse la sua storia, era troppo selvatica così decise di fare come per gli animali, i suoi grandi amici, lasciando lì per terra altro cibo allontanandosi con cautela nella speranza che di essere seguito.
Dopo qualche metro notò che gli veniva dietro, a molta distanza, mangiando quello che gli aveva lasciato, vedendo ciò un sorriso spontaneo e dolcissimo si dipinse sul volto di Luca. Era incantevole come undicenne …
Non si sarebbe mai e poi mai avvicinata, ma pensò che se anche lui si fosse agitato mostrando la sua paura, sarebbe stato peggio: coi gatti randagi funzionava così!
Forse, lui non ne era sicuro, ma poteva darsi che una come Selene o Astrid, così esuberanti e irrequiete, l’avrebbero spaventata.
Luca era un bambino calmo e pacato di natura che però sotto pressione mostrava gli artigli come in una trasformazione da cucciolo di leone a re dei leoni!
Ipotesi su ipotesi nella fantasia che solo un bambino poteva avere e si sa, le riflessioni che i bambini hanno per altri bambini, sono sempre le più azzeccate.
“Mi piacerebbe aiutarla e diventare suo amico … ha bisogno di ridere!”
Era l’insegnamento delle sue sorelle.
‘Quando incontri un bambino triste che non ride devi far di tutto per farlo ridere e fargli tornare il buon umore, aiutalo come puoi, non lasciarlo così! Mi raccomando!’
Un insegnamento che aveva sempre attuato, inffatti era pieno di amici.
Ce l’avrebbe fatta anche con lei?
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Akane