È
un uomo di
Tatooine, le
disse, è un uomo di Tatooine,
mi ha fatto impazzire, l’ho sposato
al
tramonto, quando sono tornata…
La donna sul
letto allunga il collo di qua di là come se
volesse scappare all’abbraccio venturo, apre la bocca, la
richiude; cento
anni in uno sguardo (è
l’ultimo,
grida qualcuno, qualcosa, ma lei non vuole capire, non vuole
accettare), e poi
finisce, gli occhi si chiudono, un mezzo sorriso, sprofonda nel
torpore, si
lascia andare nell’abbraccio; e poi parla – e parla
con tale chiarezza, che
sembra non stia nemmeno morendo.
Tatooine
è un luogo
crudele, bada che lui non lo sia.
Ecco,
s’accoccola sul cuscino, per una il tempo si ferma,
mentre il tempo corre d’improvviso nel vento per la donna sul
letto: odora di
viole, di mazzi campestri, di ginocchia sbucciate, di melodie sul
violino e
piatti festivi. Ricorda: le gite in montagna, gli abbracci caldi, i
sorrisi
orgogliosi, le conversazioni al buio, i soffioni montani (non sono
così belli
lì in città, sono piccoli, deboli, si
sfilacciano, se ne vanno via nel vento
come se fossero nulla, no, sono meglio in montagna), il latte ancora
caldo, le
fiabe, i ricordi, poi le rughe, le crocchie sempre più grige
un filo alla volta,
il sorriso più triste, gli occhi più cari di un'altra madre –
La donna si
muove, deve ancora parlare, deve ancora
insegnare, e insegna:
ci sono le
tempeste
di sabbia…la gente si perde, la sabbia – la gente
si perde…
Poi chiude la
bocca, i denti sbattono, gli occhi chiusi
negano ancora l’ultimo sguardo, ostinati, crudeli, ma il
sorriso non va via: e
poi c’è solo il pianto perché oh, è un
uomo di Tatooine, la gente si perde nella sabbia…
e se non si
ritrova?
E lei, questa
donna dove la ritroverà, se non nel suo
sangue, se non nei ricordi di un’infanzia –
centinaia, migliaia, una folla
(dove, allora?) e s’accorge: li darebbe tutti via per averla
ancora un giorno
al suo fianco –
Un sospiro,
poi il silenzio.
(E tu, dove
sei adesso?)