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Autore: Beatrix_    01/06/2010    10 recensioni
Il duca di Gramont sembrava una persona davvero importante; trattava chiunque con maniere spicciole, guardando tutti dall’alto in basso. Ricordo subito ciò che pensai la prima volta che lo vidi: “è la persona più antipatica del mondo, speriamo davvero che se ne vada presto!”
Un nuovo personaggio arriverà a sconvolgere le vite, ancora giovani, di Oscar e Andrè e li obbligherà a fare i conti con se stessi e con il loro rapporto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Villa Jarjayes – 15 Aprile 1774

OSCAR: Dopo essermi velocemente preparata per la cena scesi al piano terra, diretta alla sala da pranzo. Non camminavo, piuttosto levitavo a qualche centimetro da terra.

Era questa la felicità? Era così, era questa sensazione di gioia intensa, di non avere più alcun problema, che nulla importasse al mondo fuorchè Andrè? Era questo essere innamorati?

Lo incontrai all’ingresso: si stava recando da suo nonno per parlargli in privato prima di cena. Mi guardò, non osando avvicinarsi di più nell’atrio del palazzo, anche se non avremmo fatto nulla di male. Mi sorrise: “Hai gli occhi che ti brillano” mi disse prima di allontanarsi, ed io non capii se era un complimento o soltanto una costatazione.

Nanny entrò in quel momento dalla porta opposta a quella da cui Andrè era appena uscito: “Oh, madamigella, eccovi qui! Sapete che ore sono? È ora di cena, ecco che ora è, sarà meglio affrettarsi, saranno già tutti a tavola!” esclamò troppo concitatamente, cercando, implicitamente, di zittirmi. Io avrei voluto non dire niente: sapevo che sarebbe stato meglio se fossi rimasta in silenzio ma in fondo non c’era nulla di male e Andrè aveva detto che voleva sposarmi: “Nonna, io e Andrè ci sposiamo” le annunciai con semplicità, subito dopo dandomi della sciocca perché, forse, avrei dovuto aspettare Andrè... La reazione di nanny mi sconcertò :“Oh!” esclamò, per la verità poco meravigliata: “sia lodato il cielo, finalmente!”. Finalmente? Quanto tempo era che se lo aspettavano tutti? Pensai ridendo tra me e me.

Ma non ci fu tempo per parlare: dopo quel breve commento accompaganto da un sorriso fui sospinta nella sala da pranzo, dove ritrovai Andrè. Evitai però di guardarlo: per pudore, per vergogna forse; ed in realtà evitai di guardare qualsiasi persona, avevo quasi paura di incrociare i loro sguardi, paura che mi leggessero negli occhi la felicità. Andrè doveva sicuramente aver già avvisato tutti e ciò mi metteva a disagio.

Mi sedetti dunque mantenendo la testa china e cominciai a giocherellare con la forchetta, nervosa. “Oscar, smettila di giocare con le posate!” mi rimproverò mio padre, evidentemente seccato dal dovermi richiamare davanti al duca.

Ophélie non c’era. Era ancora convalescente e con ogni probabilità non sarebbe potuta uscire dalla propria camera prima della prossima settimana. Peccato, pensai delusa, avrei tanto voluto darle la bella notizia. Progettai di andare da lei dopo cena.

“Allora” mi interpellò il duca “ho saputo che tu e Andrè vi sposerete, giusto?” io alzai lo sguardo e arrossii; lui mi guardò in maniera strana, come se ora che dovessi entrare a far parte della sua famiglia dovesse pesarmi e valutarmi, vedere se andavo bene. Il suo atteggiamento mi irritò più di quanto non fosse riuscito a fare fino a quel momento ma non osai cercare lo sguardo di Andrè e risposi semplicemente: “Sì, è così” resistendo alla tentazione di replicare che la questione non avrebbe dovuto riguardarlo: mio padre sarebbe stato davvero seccato di quest’ennesimo atto di maleducazione.

Guardai mio padre, cercai il suo sguardo: volevo vedere la sua espressione; come aveva preso la notizia? Ne era felice? Mio padre sorrise compiaciuto, in segno di approvazione, quasi con orgoglio. In quel momento desiderai potergli parlare, come non facevamo da tempo, chiedergli perché, così d’improvviso, aveva prima incoraggiato e poi acconsentito a questo matrimonio. E l’erede della famiglia Jarjayes? Tutti quei discorsi sulla stirpe da continuare? Possibile che un mero interesse economico potesse fargli dimenticare tutta la questione dell’onore e della discendenza? Ne dubitavo, non sarebbe stato da lui. “Bene” riprese il duca, questa volta rivolto anche ad Andrè, che sedeva di fianco a me, “allora domattina sarà necessario recarsi nuovamente a Versailles e cominciare ad avviare le procedure per il vostro matrimonio!”[1] sembrava molto soddisfatto del fatto che, finalmente, il nipote si fosse deciso a prender moglie. “Eh? Ah, sì, certo...” rispose Andrè alzando appena lo sguardo e rimestando il cibo nel piatto. Sorrisi: Andrè questa sera era più distratto di me.

Quando la cena finì avrei voluto rimanere con Andrè: avevo ancora così tante cose da dirgli, così tante cose in sospeso da chiarire! Purtroppo non mi fu possibile. Stavamo giusto avviandoci fuori dalla sala quando ci bloccò mio padre: “Oscar, vorrei scambiare due parole con te, se non ti spiace” mi disse. Andrè mi guardò, e cercò di sussurrarmi, senza esser sentito da mio padre un “ci vediamo dopo” prima di allontanarsi.

Mio padre mi condusse in un salottino, segno di conversazione informale, dal momento che non mi aveva portata nel suo studio, ed io mi accomodai su una poltrona mentre lui mi offriva da bere. Si appoggiò al caminetto acceso versandosi un’abbondante dose di liquore, poi fece un sorriso: “Allora, presto tu e Andrè vi sposerete” esordì.

“Sì...” risposi io, chiedendomi di cosa mai volesse parlarmi. “Sono molto felice di questa tua decisione” disse ancora, fissando intensamente il suo bicchiere.

“Sì...” ripetei io, senza sapere bene cosa replicare e chiedendomi ancora di più quale fosse l’argomento di questa conversazione.

“Sai Oscar” continuò lui “è già da qualche mese che ho compreso l’errore che ho commesso crescendoti come un  ragazzo. Ti ho condannata ad una vita fatta soltanto di dolore ed infelicità. Ho temuto di averti negato tutto ciò che di più caro e più bello possa avere una donna: i sentimenti, l’amore...” si interruppe un momento, per prendere un lungo sorso dal suo bicchiere.

Io avrei voluto scappare da quel discorso che non comprendevo bene, e non mi piaceva. “Ora, invece, vedo che tutto si è risolto per il meglio, e di questo sono molto felice. Credimi, sposare Andrè di Gramont è la cosa più sensata che tu possa fare” concluse, finalmente guardandomi e cercando di sorridermi.

Ero frastornata. Mio padre. Mio padre che per quasi vent’anni mi aveva cresciuta con l’idea del casato, dell’onore militare, del seguire le sue orme e la sua carriera ed ora... in realtà, pensai, avrei dovuto meravigliarmi di ciò molto prima, da quando, circa dieci giorni fa, aveva proposto la mia mano ad Andrè senza che io ne sapessi nulla, senza interpellarmi. Ricordai però, che allora le mie reazioni erano state tutte per Andrè e avevo quasi dimenticato che era stato proprio mio padre non solo ad approvare, ma perfino ad ideare quel matrimonio. Voleva che io fossi felice come una donna, e, nel considerarmi una donna, pensava non fosse importante che scegliessi io. Non vedeva nel mio matrimonio con Andrè qualcosa come l’unione di due anime che si erano a lungo cercate, ma piuttosto un’unione di convenienza, tra l’ultima figlia della famiglia Jarjayes e l’erede della dinastia dei Gramont.

Non vedeva la mia felicità come la vedevo io. Per lui Andrè non era la persona che era per me, non era il ragazzo con cui avevo condiviso gran parte della mia vita, con il quale ero cresciuta, non era l’uomo che amavo, ma solo un ricco nobile che dava tutte le garanzie materiali per la buona riuscita di un matrimonio.

Avrei voluto dirgli qualcosa ma le parole non mi uscivano di bocca. Soffocavo. Mi voleva bene, ma il suo bene era così egoisticamente limitato! Aveva sbagliato, diceva, ed invece di permettermi di scegliere come non aveva mai fatto, come sarebbe stato giusto, aveva deciso di nuovo lui quale sarebbe dovuto essere il mio destino: moglie di Andrè di Gramont. Se Andrè avesse accettato questa unione quando gli era stata proposta, una mia ribellione non avrebbe contato nulla, non sarebbe significata niente. Come mi faceva rabbia!

“Oscar! Non stare così imbambolata, dì qualcosa!” mio padre mi guardava con un misto di ansia e rimprovero, aspettando un mio commento alle sue parole. Cosa avrei dovuto dirgli? La verità? Che ero stata felice di vivere fino ad allora com’ero vissuta e che l’unico motivo per cui mettevo tutto in discussione era Andrè? Nonostante poco prima avesse citato l’amore mi rendevo conto che non sarebbe stato capace di comprendere. Così, feci ciò che più mi veniva naturale di fronte a lui: finsi. “Certo padre,” esordii, con una smorfia: “naturalmente sono molto felice anch’io di questa decisione e sono lieta che voi l’appoggiate così caldamente”.

“Molto bene” concluse lui, ritenendosi soddisfatto da queste mie poche parole: “non voglio sottrarti altro tempo” andò verso la porta e l’aprì, facendomi segno di precederlo.

Io uscii, un po’ smarrita e senza sapere bene dove andare: avevo bisogno di stare da sola, di riflettere, di pensare. Il dialogo aveva rivelato tutta la distanza che ormai c’era tra me e mio padre. Avevo sempre notato l’atteggiamento che lui aveva nei miei riguardi, ma non immaginavo sarebbe arrivato fino a questo punto! Non immaginavo fino al punto da trattarmi non come una persona ma come un oggetto, come qualcosa che si può spostare da un posto all’altro, a proprio piacimento! Il suo bene, ed il bene che io volevo a lui, non sarebbe stato sufficiente a ricucire lo strappo.

Ora capivo meglio anche Andrè, quando quel pomeriggio aveva detto di non aver accettato la proposta di matrimonio ‘per il mio bene’. Lui, che vedeva molto più lontano di me, aveva capito come avrebbero tentato di impormi questo matrimonio e l’aveva evitato. Sentii il cuore riempirmisi di sollievo e di gratitudine, anche se ormai inutile, per il suo gesto.

Pensai ancora a mio padre, al suo assurdo modo di volermi bene, ma subito mi esortai a lasciar perdere: fra poco, fra pochissimo, avrei sposato Andrè, e sarei andata via, via per sempre da questa casa e dai suoi tormenti, via dalla mia vita, dalla carriera militare, dagli ordini, via da tutto... mi assalì il panico. Non potevo davvero cambiar vita! Non ce l’avrei mai fatta a diventare una donna, a comportarmi come una dama, non era da me! Cosa avrei dovuto fare? Cominciare ad interessarmi di vestiti, gioielli, dell’andamento della casa e... un groppo mi salì in gola, e la voglia di piangere. Non volevo lasciare tutto ciò. Non avrei mai potuto lasciare tutto ciò! Io ero così, non sarei stata più me stessa se avessi dovuto stravolgere tutto.

Presa dal panico feci ciò che avevo sempre fatto in simili circostanze: andai a cercare Andrè.

 

ANDRE’: Dopo aver lasciato Oscar a suo padre ero andato a salutare la nonna. Non avevo ancora avuto occasione di parlarle, e ci tenevo ad avere la sua approvazione, anche se la sapevo già incondizionata. Volevo però esporle alcuni dubbi che mi frullavano per la testa dalla cena, e che non avrei potuto rivelare a nessun altro, e chiederle consiglio.

La trovai nelle cucine, affaccendata attorno ai resti della nostra cena. “Nonna...” la salutai avvicinandomi. Lei si girò verso di me con una pila di piatti in mano: “Andrè...” mi salutò a sua volta con un sorriso.

Mi sedetti al piccolo tavolo in mezzo alla stanza e presi una mela da un cestino lì vicino: “Ero giusto passato a salutarti...” mormorai giocando con il frutto “...e a sapere cosa ne pensi di... sai, che io e Oscar ci sposiamo” dissi mordendo la mela rossa. La nonna aveva smesso di lavorare; si asciugò le mani nel grembiule e mi si sedette vicino: mi prese una mano e mi guardò con tutto l’affetto che aveva per me: “Andrè, se siete entrambi sicuri di questa scelta, io non posso che esserne felice, davvero felice, credimi. Sarà forse l’ultima gioia della mia vita, ma sarà una bellissima gioia” portò una mano ad accarezzarmi e scompigliarmi i capelli, poi si rialzò e ricominciò a riassettare la cucina, quasi come se non avesse detto nulla: a lei non piacevano le smancerie, e anche quando mi faceva una carezza o mi diceva una parola affettuosa, e succedeva spesso, dopo ignorava deliberatamente il suo gesto.

“Sai nonna...” cercai di confidarle, non senza imbarazzo: “ha detto che mi ama...” e il pensiero mi diede nuova gioia. “Qui a palazzo Jarjayes ne erano convinti in molti... e già da molto tempo...” mi rispose lei. “Davvero? Cioè... anche tu ne eri convinta?” chiesi, incredulo. “Diciamo che... sì, ne ero in fondo convinta anch’io, ma quella ragazza è impenetrabile, e alle volte ha bisogno dei suoi tempi...” mi spiegò, ancora immersa nelle sue faccende.

“Nonna... io non so se voglio portarla via dalla sua vita... quando le ho chiesto se voleva sposarmi mi ha detto di sì, ma io non credo che abbia considerato tutto... insomma, dovrebbe cominciare a comportarsi come una donna? Sai, io non ce la vedo e... insomma, a me non interessa nemmeno. Io la amo e voglio stare con lei tutta la vita ma non mi importa cosa indossa, o come si comporta... e credo anche di preferirla così... lo so che è stupido, ma non sarebbe più lei se fosse costretta ad assumere tutti quei comportamenti che hanno le sue sorelle... non credi anche tu?” infine, confessai quasi tutto d’un fiato ciò che mi premeva e cercai la sua approvazione in questo mio pensiero.

La nonna lavava alcune stoviglie e non si girò a guardarmi, ma ci mise molto tempo a rispondermi, come se avesse bisogno di riflettere. Quando infine si decise, io avevo già finito la mela e ne rigiravo il torsolo tra le mani: “Non so come la prenderà tuo nonno...” iniziò cauta “ma se sei convinto di quello che mi stai dicendo non devi fare altro che dirglielo... penso anch’io che la nostra Oscar preferirà mantenere alcuni suoi... atteggiamenti, e se questo non è un problema per te e per lei, non vedo come potrebbe esserlo per gli altri”.

Mi sentii sollevato dalla sua risposta e capii che avrei semplicemente dovuto parlarle francamente, e dirle le stesse cose che avevo appena detto alla nonna, non sarebbe stato difficile.

“Ma a proposito” mi si rivolse la nonna: “non dovresti essere con lei adesso?” e mi guardò con un’occhiata di rimprovero scherzoso: “dove l’hai mandata?” chiese.

“È con suo padre...” risposi un po’ demoralizzato: “dopo cena ha detto che voleva parlarle... non so cosa le voglia dire... spero solo che Oscar non esca da quel colloquio troppo abbattuta...” insinuai.

“Perché dici ciò?” chiese, seria, la nonna. “Perchè... insomma, il generale considera Oscar come fosse una sua proprietà, un suo oggetto privo di volontà! Se non mi fossi opposto io, dieci giorni fa, a questo matrimonio, probabilmente lui avrebbe costretto sua figlia a sposarmi... come se Oscar non fosse una persona. Io non so se lei capisce, ma so di sicuro che quando capirà... non le piacerà, non le piacerà per niente...” scrollai le spalle, ma non c’era altro da dire, infatti la nonna rimase in silenzio.

“Nonna...” chiesi infine “quando io e Oscar saremo sposati tu... verrai ad abitare con noi, non è vero? Insomma, non c’è più motivo perché tu resti qui...” lei si rabbuiò, tanto che pensai di averla fatta arrabbiare: “Andrè, io non voglio mai più, e quando dico mai intendo proprio mai, rimettere piede in quella casa. Mai, per nessun motivo al mondo! Non mi chiedere altre spiegazioni perché non te ne darò: il passato è passato e tu devi guardare al futuro, e se il tuo futuro significa quella tenuta, e quel titolo nobiliare io non posso che esser contenta per te ma quanto a me... non chiedermi di tornare lì, per favore” potei cogliere nella sua voce una nota di rabbia: sebbene fosse rimasta calma ebbi paura di quel discorso e mi ripromisi di non toccare mai più l’argomento. Sapevo che non sarebbe mai riuscita a scacciare i dolorosi ricordi connessi ai miei genitori e non gliene facevo più una colpa; mi consolai pensando che io ed Oscar saremmo tornati spesso a palazzo Jarjayes e non avrei sentito troppo la sua mancanza.

“Hai visto che ore sono?” mi chiese, dopo poco, tornando al tono di rimprovero scherzoso: “è davvero tardi, e domani avrete una giornata lunga, non sarebbe ora di andare a nanna?”

“Sì, nonna” obbedii, divertito. “Buonanotte” le augurai sulla porta “Buonanotte” mi rispose, ed io mi sentii contento di averle potuto parlare sinceramente e di aver risolto molti dei miei dubbi e delle mie incertezze.

 

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Stranamente, sono riuscita a completare prima la revisione di questo capitolo, forse perchè l’ho modificato meno del precedente. Questo comporta che io ne sia abbastanza soddisfatta, soprattutto per quanto riguarda la prima parte. Alla fine, mi sono confrontata anch’io con il rapporto di Oscar con suo padre e ho deciso (dopo molti tentativi, per la verità) di risolverlo a questa maniera. A me il generale sta molto simpatico, e sono una di quelle che, in teoria, parteggerebbe per la “conversione”, però proprio non mi è riuscito di renderlo più comprensivo di così, in questa storia. Amen!xD

Dopo il capitolo precedente mi sono, mio malgrado, trovata a dover sviscerare una serie di questioni che, a causa del mio amore per il verismo (scherzo, non ho alcun amore per il verismo, solo la tendenza, quando scrivo, a scrivere tutto o quasi!xD) non potevano assolutamente essere tralasciate! Così adesso dovrete sorbirvi qualche capitolo più “lento” prima di riprendere il filo della narrazione... Insomma, prima o poi imparerò a gestire il tutto, ma quel giorno lo vedo ancora lontano!xD

Un sentito grazie a chi legge e soprattutto a chi recensisce: le vostre parole mi fanno sempre molto piacere! :D

Un’ultima cosa: mi sono fissata con la sistemazione della pagina, così adesso sto cercando di sistemare gli “a capo” in modo che non rimanga mai poco testo sulla riga, purtroppo l’anteprima che ho io è sempre diversa da ciò che poi esce fuori T_T e non riesco a venirne a capo . Se qualcuno ha un consiglio sarebbe bene accetto.

 

 

@baby80: In realtà la lunghezza dei capitoli non è dovuta alla mancanza di tempo, perché sono già scritti. Più che altro ho (stupidamente) regolato la lunghezza approssimativamente sul numero di parole e su unità “logiche” (insomma, raggiungevo una lunghezza decente e concludevo il pensiero, inteso in senso lato). Mi sono in effetti resa conto che il capitolo scorso è un po’ “povero” di avvenimenti (ne succede uno solo, in pratica, seppure il principale!xD). Questo capitolo è un pochino più lungo però! :D

 

@medusa, pamina: Non riesco a capire dai vostri commenti se c’è stato un fraintendimento o me lo sono sognata io ma preferisco mettere i puntini sulle i, per evitare equivoci: quella descritta nel capitolo scorso non era una scena di sesso, erano soltanto delle effusioni!xD Non so se si era capito però ad un certo punto ho usato la parola vestiti apposta!xD

 

@pry: Ehm... la scena da te desiderata non l’ho scritta!xD Quando ho letto il tuo commento sono andata a controllare ma mi ricordavo bene, non l’avevo scritta... a dire la verità ho anche pensato di aggiungerla ma poi già avevo allungato enormemente... insomma, ho preferito evitare!

 

@pamina: Il capitolo scorso mi sono chiesta cosa avresti commentato, quando avresti letto che era Oscar a fare il primo passo!xD Però, boh, la scena mi è venuta così e non mi sembrava neanche tanto stonata... Anche se anch’io sono retrogada, Oscar la vedo decisamente avanti per i suoi tempi (e magari anche per il nostri)!xD

 

@pamina, Ninfea Blu: Alla fine ho deciso di fidarmi dei vostri pareri e inserire anche  la nota “What if...”. In realtà sono sempre stata patita delle note e mi sembrava strano non avercene messa nemmeno una all’inizio!xD

 

 

[1] Che, per inciso, non ho assolutamente idea di quali possano essere (seppure ce n’erano)!xD

  
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