Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Elanor89    01/06/2010    2 recensioni
Elena Dumont è una bella vampira, una donna in carriera e di successo, ma la sua diffidenza l'ha sempre condotta per strade solitarie, lontana dai suoi simili nei quali non riesce più a riporre fiducia... Accadrà tutto in una notte: il destino mescolerà le carte in gioco e lei dovrà imparare a fidarsi di nuovo per sopravvivere... Ma quando la fiducia non sarà più sufficiente, quando ogni segreto verrà svelato, riuscirà a fuggire da un passato terribile che torna sempre a bussare alla sua porta?
Genere: Generale, Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

*

 

 

Capitolo XVII 


(Alexandra)

 

Quando Victor mi aveva chiamata per darmi le informazioni sul nuovo affare non avrei mai creduto potesse risolversi in quel modo.

Conoscevo la vittima: Christian Grey, il dottor Christian Grey.

Lo avevo incontrato anni prima, ad una cena a casa di amici comuni ed ero subito stata folgorata dall'azzurro dei suoi occhi, dalle sue movenze eleganti nello smoking che vestiva perfettamente, dalla sua voce lievemente roca e terribilmente sensuale. Era un bell'uomo, non c'era altro da dire.

Niente fede al dito, niente accompagnatrice... non che mi fossi mai fatta scrupoli a sedurre uomini sposati.

Se c'era una cosa che adoravo dell'imortalità era la bellezza che me ne era venuta in dono, una chiave in grado di aprire qualsiasi porta. Ero sexy, ne ero consapevole, e non sarei mai passata inosservata. Non quella sera, con mio vestito verde smeraldo, i capelli legati a scoprirmi la sinuosa linea della gola e delle spalle.

Nessuno mi avrebbe mai rifiutato, mai, anni di statistiche ne erano la prova. Umano o vampiro che fosse, ogni uomo capitombolava ai miei piedi, prima o poi.

Eppure, quel vampiro non aveva molto a che fare con gli altri che avevo avuto modo di incrociare per una notte nel mio letto. In lui sopravviveva un misto di umanità e cavalleria che non trovai per nulla patetico. Al contrario di ogni altro nostro simile che ostentava la propria immortalità in modo volgare e osceno, Chris non esaltava il proprio essere divino, ma lo lasciava sotto gli occhi di tutti, incurante di essere la creatura più attraente della sala. Dopo di me.

Capii che non avrebbe fatto il primo passo dal modo in cui era lascivamente appoggiato alla colonna di marmo dietro di sè, troppo distratto per cogliere il mio interesse, perciò fui io ad avvicinarmi a lui con la scusa di prendere un bicchiere di champagne dal tavolo degli aperitivi. Lo vidi guardarmi con gli occhi lievemente socchiusi, accarezzando le mie curve con lo sguardo. Mi fermai al suo fianco, lasciando che fosse lui a parlare per primo.

Mi aveva offerto gentilmente la sua mano, sorridendomi.

"Sono Christian Grey, non penso di conoscerla..."

Sorrisi, mio malgrado. Eravamo gli unici vampiri in quel covo di umani.

"Il mio nome è Alexandra, ma gli amici mi chiamano Lexie..."

La mia mano era ancora stretta nella sua, mentre lasciavo ondeggiare la coda di cavallo scoprendo il tatuaggio sulla nuca. Una sola parola: Beauty.

La mia chiave, il mio dono, la mia ragione di esistere.

I suoi occhi si posarono sul mio collo, facendomi rabbrividire.

"Non mangi nulla?" gli chiesi, ironica.

"Se lo facessi non credo che sarei più il benvenuto..."

Da quella cena alla mia camera da letto fu solo un battito di ciglia. Non ero abituata a tante attenzioni, ma non ebbi motivo di lamentarmene fino a quando non tentò di stringermi il cappio intorno al collo.

Non mi interessava una relazione seria o qualunque cosa implicasse. Ma non mi aspettavo che mi lasciasse. Che lui lasciasse me. Alexandra Dazel Scott, la modella. La donna da copertina che gli uomini sognavano di portarsi a letto e che lui disprezzava solo perchè rifiutavo di farmi ingabbiare.

Ma non ero pronta per la fedeltà, così come non lo ero ai suoi rifiuti. Finì così com'era cominciata, in un letto. Stavolta non con lui.

 

Fu dopo qualche anno che incrociai Victor. Non ci furono promesse, nè domani a ostacolare le nostre serate. Stavamo insieme solo per darci piacere, reciproco e assoluto. Senza chiedere nulla in cambio, sensa complicazioni.

Non avrei chiesto niente di meglio se non di incontrarlo quando ne avessi avuto ancora l'occasione. Ben presto il nostro rapporto era diventato anche di lavoro.

Lui mi forniva vetrine in cui esporre la mia bellezza e io lo ricambiavo portandogli sempre sangue fresco alle nostre feste.

La nostra collaborazione era diventata intensa fonte di gloria e guadagno, uno scambio reciproco di favori, allietato da buon sesso occasionale.

Mi aveva chiamato un paio di settimane prima per affidarmi l'ultimo affare... Non avrei mai creduto che sarebbe andata in quel modo.

 

Ero seduta nella cucina di una enorme villa, a bere il caffè che Chris mi aveva preparato, mentre lui sfogliava distratto un giornale, gli occhiali sul naso e i piedi scalzi.

Non mi aveva sfiorato neanche con un dito. Io ero la sua spada di Damocle: potevo decretare la sua morte o quella della donna che sembrava avergli preso il cuore, eppure non mostrava alcun cenno di voler collaborare.

Perchè mi ero piegata a tanto?! Nessuno rifiutava Lexie...

Non aveva detto nemmeno una parola, chiuso nella sua roccaforte di silenzio, mi aveva fatta sistemare in una camera diversa dalla sua.

Non potevo invadere lo spazio che aveva condiviso con lei, lo avevo letto nel suo sguardo.

Non era una bellezza particolare, non capivo il perchè di tanto chiasso. Due uomini pronti ad azzannarsi come cuccioli per averla.

Istintivamente ne fui gelosa. Io venivo rifiutata per lei, una insignificante ragazzina.

Lasciai cadere una spallina della leggerissima camicia da notte, come un amo in attesa di un segno da parte di quel pesce che non voleva saperne di abboccare.

E come previsto non abboccò. Mi guardò mesto per un attimo prima di ritornare al suo giornale, bevendo un sorso del suo caffè.

- Pensi di ignorarmi per sempre?- lo incalzai.

- Non ho voluto io questa situazione...- rispose, portandosi una mano al collo. Sfiorò piano i due piccoli segni di un morso e sospirò.

C'era un solo motivo per cui un uomo potesse avere quel marchio sul corpo.

Era una cosa talmente fuori dai miei schemi che inorridii. Si era legato a quella stupida.

Ogni volta in cui avesse solo tentato di tradire quel legame si sarebbe perso nell'atrocità del tradimento. Si sarebbe sentito strappare l'anima. E avrebbe desiderato la morte.

Mi chiesi se non fosse tutto inutile: non lo avrei mai avuto, ma io volevo la mia rivincita.

Volevo sentirlo implorarmi di rimanere con lui. Sulle ragioni non mi sarei soffermata ad indagare: che lo facesse per lei non importava.

- Non dovresti essere tanto ostile verso di me... Come ho ricordato alla tua amabile sgualdrina, sono l'unica ragione per cui sei ancora vivo, Chris... Vedi di non tirarla per le lunghe...- dissi, freddamente.

- Se sono vivo è perchè ho ancora uno scopo, non perchè tu lo vuoi, Lexie... Questo è ciò che quel bastardo ti ha fatto credere... Sono l'arma che usa per minacciare Elena, gli servo...- mi rispose, calmo. La sua rassegnazione fu smorzata solo dal tono sensuale con il quale pronunciò il nome di lei.

Scossi la testa, lasciando ondeggiare i miei capelli rossi. Sapevo già che Chris era funzionale al piano di Victor, ciò che lui non conosceva, però, era la mia posizione.

- Cosa pensi di fare adesso??- gli chiesi – Di andare alla polizia? Di inseguirlo? Sai bene quali sono le condizioni per la tua libertà e per la vita di quella puttanella...-

Non si alzò sbraitando, nè mi prese per il collo, scuotendomi come aveva fatto lei. Non urlò, nè si scompose. Parlò con tono freddo e calcolato, con gli occhi animati da una luce che non avevo mai visto in lui. Mi si gelò il sangue e mi irrigidii immediatamente.

- Non osare mai più parlare di lei in questo modo... - scandì ogni parola lentamente, annichilendomi lì, seduta al mio posto.

Un fremito mi percorse la schiena mentre lo guardavo cambiare pagina e bere un altro sorso di caffè.

- Ricorda, Lex: sei in casa mia, Elena sarà presto mia moglie e sono un cacciatore... Attenta a ciò che dici se ci tieni alla tua vita...-

Mi alzai lentamente, passando al suo fianco, prima di uscire dalla cucina. Ero indignata. Come osava anche solo pensare di minacciarmi? Chi credeva di essere?

Lo fissai gelida, accarezzando involontariamente il suo profilo con lo sguardo. Non riuscivo a non apprezzare la sua immagine slanciata, il suo profilo elegante. Le sue mani stringevano la tazza quasi accarezzandola, l'ira non intaccava nulla della sua perfezione.

No, non ero gelosa di Elena. Per quanto lui desiderasse lei più di me, nonostante la amasse, ero io a reggere le sorti del gioco.

Victor mi aveva voluta al suo fianco per un unico motivo: sapevo estorcere consensi con un solo battito di ciglia. Ero amo e pescatrice. E prima o poi Chris avrebbe abboccato. Era la preda migliore che mi fosse mai capitata tra le mani e non desideravo altro che prenderlo per me...

Quelli erano i patti: l'unica donna che gli fosse mai sfuggita per l'unico uomo che mi avesse mai lasciata.

Rivolsi lo sguardo allo specchio di fronte a me e sorrisi, caparbia. La mia vendetta era vicina.

 

 

*

 

 

Fu qulche tempo dopo che l'occasione mi si presentò, servita su un piatto d'argento. Quella sera Chris aveva fatto una doccia e si era messo a leggere in salotto, mentre io guardavo la tv, svestita come al mio solito.

Avevo trovato un programma divertente che mi avrebbe distratta un pò, evitandomi la morte per noia. Da quando ero in quella casa di rado mi era capitato di conversare e ancora più di rado di conversare con Chris. Si comportava normalmente, ma non era affatto di compagnia.

Stavo facendo zapping per evitare la pubblicità quando lo sentii digrignare i denti, senza un apparente motivo. Mi voltai in tempo per vedere la sua espressione mutare in una marchera di dolore. Stringeva gli occhi, portandosi le mani all'altezza dello sterno. Sembrava stesse per soffocare...

Per un attimo mi lasciai pendere dal panico: non ero abituata a vedere la debolezza manifestarsi attraverso un immortale e non avevo la minima idea di cosa fare. Poi lo vidi riaprire gli occhi, un lampo di consapevolezza attraversargli lo sguardo...

Cosa mi ero persa?

A dire il vero mi importava molto poco, a meno che la cosa non mi risultasse utile in qualche modo...

Lo vidi alzarsi in piedi e dirigersi al mobiletto dei liquori. Si versò un bicchiere di scotch e lo bevve in un sorso. Rilassò i muscoli e si riempì nuovamente il bicchiere.

Sospirò, ancora voltato di spalle, poi bevve ancora.

Era già al suo quarto quando mi passò un bicchiere e lo riempì fino all'orlo. Non avevo mai disdegnato l'alcol, ma aveva la particolare capacità di annebbiarmi la coscienza, riducendo drasticamente il mio già scarso autocontrollo.

Quella sera fecemmo fuori l'intera scorta di alcolici, ma non avrei saputo dire se fosse ubriaco davvero.

Ricordo solo che quando tentai di baciarlo mi lasciò fare. Ero una manipolatrice? Si, lo ero. Un'opportunista? Forse. Ma niente al mondo mi avrebbe convinta a desistere dal porre in atto il mio piano. Neanche i fiumi di alcol che scorrevano nel mio sangue. Neanche la consapevolezza che sarebbe appartenuto per sempre ad un'altra donna.

Mi sorpresi quando non mi allontanò con la sua solita espressione disgustata nell'istante in cui cominciai a sbottonargli la camicia, lasciando una scia di baci sulla sua gola e sul suo petto. Le sue mani si posarono sui miei fianchi, aiutandomi a sistemarmi sulle sue gambe.

Non era il massimo della collaborazione, ma mi lasciava fare la mia parte.

Anche in quelle condizioni si rivelò un amante molto al di sopra della media.

Sentirmi in colpa fu impossibile, ma da quella sera fu tutto più semplice.

Almeno per me.

 

 

***

 

(Christian)

 


 

Che cosa avevo fatto? Ero un mostro.

Avevo compreso immediatamente cosa stava accadendo oltreoceano...

Se mi fossi strappato il cuore dal petto a mani nude avrei provato molto meno dolore. Sapere che quel bastardo aveva anche solo sfiorato la mia donna mi mandava in bestia, ma provarlo sulla mia pelle era un tormento... Avere Elena così vicina e così lontana allo stesso tempo mi aveva prostrato in uno stato che annullava del tutto la mia lucidità. Sentivo gli artigli della gelosia graffiare la mia anima, legata indissolubilmente a quella della mia donna, abusata a mille miglia da me. Perchè non c'era altra spiegazione: Victor la stava prendendo con la forza. Ma era il dolore del tradimento a infierire sulle mie ferite, lacerandole senza rimedio.

Mi sentivo impotente, disperato. Mi mancava l'aria, mi mancava la terra sotto ai piedi. Cominciai a versarmi da bere, cercando di lenire quella sensazione insopportabile, di annullare i miei sensi, ma non riuscii a fermarmi.

Passai un bicchiere alla donna seduta sul mio divano: un'estranea che assisteva alla mia distruzione. Non so perchè lo feci. Svuotai il frigobar in poco, pochissimo tempo. Annegavo in me stesso, ma non trovavo alcun appiglio. Per la prima volta da quando ero un vampiro desiderai di poter morire. Avrei accolto la morte sotti qualsiasi forma, purchè mi cogliesse in quel momento. Ero impreparato a ciò che accadde.

Lexie mi si strinse addosso, lasciva, non ebbi neanche la forza di cacciarla. Forse speravo di porre fine alla mia vita. Probabilmente ero troppo intontito dai liquori per rendermi consapevole delle mie azioni, ma non ho giustificazione per ciò che feci.

E mentre Victor prendeva la mia donna in un letto di Mosca, io la tradivo sul divano del mio salotto.

La metà della mia anima, la donna che avrei dovuto proteggere, tra le braccia di quel bastardo, ed io, da vigliacco, su quel maledetto divano con un'altra.

Mi disgustavo, mi detestavo.

Ma proprio per quello non riuscii ad evitarlo.

Nè quella volta, nè tutte le altre. Mi ripromettevo di non ricascarci, ma era difficile.

Cominciavo quasi a fare l'abitudine ai sensi di colpa, al disgusto, ai buoni propositi e alle infinite ricadute.

Era come cercare di disintossicarmi assumendo dosi sempre maggiori di quel veleno che mi uccideva sempre più lentamente, ma non mi ero reso conto di quanto male stessi seminando intorno a me finchè non mi fu concessa una diversaa prospettiva.

 

Era primavera quando mi resi conto di aver mandato la mia vita a puttane.

A Mosca doveva essere appena l'alba, suonavo il mio piano in modo talmente disperato da far tremare i tasti sotto le mie dita.

Fu a metà di un notturno di Chopin che mi sentii sbriciolare. Non avevo mai provato nulla di simile... Il dolore che avevo sentito fino a quella sera era uno scherzo in confronto a quella sensazione che mi annichiliva, annullando ogni altro pensiero.

Annaspai, cercando di mettermi in piedi. Lexie mi posò una mano sulla spalla in un gesto che voleva essere di conforto, ma che mi diede la nausea.

Non so quando avevo pianto l'ultima volta, ma le lacrime che versai non erano acqua salata.

Il sangue bagnava le mie guance, il dolore mi stordiva.

Cosa stava accadendo?

Realizzai in quel momento che esisteva una sola ragione per cui potessi sentirmi così... Non avrei mai creduto che quella consapevolezza potesse farmi stare peggio.

Elena aveva ceduto.

Ed era solo colpa mia. Tutta colpa mia. Come potevo aver ricambiato gli abusi che subiva con i miei tradimenti, insensati e ingiustificati? Non potevo nascondere a me stesso la mia idiozia. Non ero degno di lei, non ero degno neanche di camminare alla sua ombra.

Non riuscivo a biasimarla per aver perso la sua fiducia in noi, nè per l'aver desiderato Victor, anche solo per una frazione di secondo.

Sapevo come doveva essersi sentita tutte le volte che mi ero lasciato andare con Alexandra. Impotente, abbandonata... tutto a causa mia.

Sapevo come aveva sofferto. E non mi ero fatto scrupoli. Non mi ero posto il problema.

Il senso di colpa. La vergogna per le mie azioni prive di senso. La rabbia perso me stesso. Fui devastato dalla portata di quei sentimenti mentre la mia mente afferrava il bisogno di fare qualcosa, immediatamente.

Mi trovavo di fronte alla scelta più ardua della mia vita: potevo rimanere lì, rinunciare per sempre a lei. Sarei morto, probabilmente, ma sarebbe stata la giusta fine per un uomo come me. Un traditore, senza ragione alcuna. Non meritavo nemmeno la speranza di rivederla, di stringerla ancora tra le mie braccia. Le avevo promesso amore, protezione... e avevo tradito quelle promesse.

Oppure potevo andare da lei, implorandola di tornare a casa. Di tornare da me. Non ero degno, non lo meritavo, ma avrei tentato. Non aveva senso vivere in quel modo, anche perchè non c'era altra soluzione.

Non quando Vic giocava con la vita della donna che amavo, non quando dalla sua vita dipendeva la mia. Quanto ci avevo messo a capire una simile ovvietà?

Avrei rischiato la morte, ma sarei andato a riprendermela. Mi chiesi perchè ci avessi messo tanto. Chi ero diventato?

Cosa ero diventato?

Scattai in piedi, spaventando la donna al mio fianco, e afferrai il telefono.

- Due voli per Mosca, immediatamente...- dissi alla hostess.

- A nome di?-

- Christian Grey e Alexandra Scott...- sibilai. Persino scandire il suo nome dopo il mio era un insulto a lei.

- Il volo parte tra un'ora, chiudiamo il check in tra quindici minuti...- mi avvisò.

- Saremo lì.-

Afferrai una giacca e preparai un bagaglio alla svelta, mentre Lexie mi osservava indecisa sul da farsi.

- Cosa pensi di fare?- mi chiese.

- Quello che avrei dovuto fare molto tempo fa...-

Mi guardò come se mi vedesse per la prima volta.

- Ti ucciderà- disse, seria.

- Correrò il rischio...-

 

Perchè dopo settimane lontano da lei persino morire per rivederla avrebbe avuto un senso.

Elena.

E con il suono del suo nome ancora sulle labbra, corsi incontro al mio destino.

 

 

*

 

 


  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Elanor89