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Autore: Ayumi Yoshida    02/06/2010    9 recensioni
In quel momento anche Minato, così gentile e perfetto nei modi, gli sembrava cinico e calcolatore. Già, erano tutti uguali gli uomini!
Dopotutto, se Minato ultimamente la seguiva come un ombra doveva pur esserci un motivo.

(Minato/Kushina per Katia. Buon compleanno!)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kushina Uzumaki, Yondaime | Coppie: Minato/Kushina
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio
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 Alla persona più cara del mondo, a Katia.
Perdona il ritardo, ancora buon compleanno.
Ti voglio bene.



Unita a me


“Prima o poi accadrà anche a te e vedrai che sarà bellissimo! Anche io ero spaventata, all’inizio, ma poi-“
“Io non ho paura! E queste cose non mi interessano!”
Un rossore pallido sulle guance, l’espressione noncurante.
“E’il momento in cui ti senti di essere davvero unita a chi ami. Prima o poi accade a tutti.”
“Bla, bla, bla. Ti ho già detto che non mi interessa e poi nessuno avrebbe il coraggio di farmi una cosa simile, sai quale fine farebbe.”
“Io no ne sarei così sicura. Minato, ad esempio, credo che-“
“Mi hai proprio stufato, Mikoto. Tornatene da lui e falla finita.”
Passi incerti e umore pensoso, mentre torna a casa.
 
 
Da quando Mikoto le aveva raccontato certe cose, Kushina non riusciva più a sentirsi sicura in presenza di Minato. Aveva il terrore di vederlo liberarsi all’improvviso di tutti suoi vestiti e di saltarle addosso.
Dannata Mikoto e dannati i suoi racconti! Non c’era stata cosa peggiore di doversi sorbire, terrorizzata, tutto il riassunto della migliore – a suo parere – serata della sua vita: non si sapeva come, ma quel pezzo di ghiaccio del suo fidanzato Uchiha si era sciolto un poco e, senza averlo premeditato, i due avevano fatto l’amore.
“Ecco!” aveva esclamato Kushina, trionfante a quella confessione “Lo sapevo! Questo prova ancora di più la mia teoria!”
Sin da quando Mikoto si era fidanzata con l’Uchiha, Kushina aveva sempre pensato che dovesse esserci qualcosa di losco sotto. Insomma, cosa poteva volere un ragazzo così serio e austero, di una delle più antiche famiglie del villaggio, dalla sua spensierata compagna? Avevano soltanto diciotto anni! Beh, in quel momento lo aveva saputo. Ecco cosa voleva da lei, privarla della sua dignità di donna, sottometterla a sé,  magari sbandierando ai quattro venti ciò che era accaduto. Tutti stronzi e calcolatori, gli uomini, fino all’ultimo! Faceva bene a tenersene lontana.
Mikoto, però, non la pensava affatto come lei, anzi, si era neppure offesa per quello che l’amica le aveva detto. Aveva abilmente ribaltato la situazione e l’aveva gettata nello sconforto più totale. In quel momento anche Minato, così gentile e perfetto nei modi, gli sembrava cinico e calcolatore. Già, erano tutti uguali gli uomini!
Se Minato ultimamente la seguiva come un ombra doveva pur esserci un motivo e finalmente Mikoto le aveva aperto gli occhi. Da lui non se lo sarebbe mai aspettato, proprio no.
“Gliela farò vedere io!” si decise allora, combattiva, mentre ritornava a passo lento verso casa e, gradualmente, quelle sensazioni di paura, di tradimento si trasformavano in rabbia verso quel sorriso onnipresente che riusciva a confortarla – senza saperlo – in ogni momento. Si era fidata di lui, si era fidata di lui, continuava a ripetersi mentre le lacrime che avevano preso a bagnarle gli occhi si trasformavano in determinazione, gli aveva raccontato tante cose, gli aveva donato gli ultimi otto anni della sua vita e doveva essere ripagata in quel modo. Bell’amico, che si era dimostrato.
Salì le scale strofinandosi infuriata gli occhi, abbandonò frettolosamente le scarpe dietro la porta e corse in cucina. Le serviva un bicchiere d’acqua. Fu allora che notò che la finestra era aperta più ampiamente di come l’aveva lasciata prima di uscire. Si guardò intorno, cauta, e scorse un biglietto ripiegato più volte posato sul piano culinario, appena sotto la finestra. Sorrise non appena riconobbe la calligrafia fitta o ordinata di Minato, ma all’improvviso le ritornarono in mente le parole di Mikoto e lo aprì con rabbia, strappandolo in qualche punto. Diceva: “Perdona il modo ortodosso, ma avevo paura che sotto lo stipite della porta potesse andare perso. Mi farebbe molto piacere passeggiare con te, questa sera. Si dice che quest’anno Sandaime-sama abbia dato il meglio di sé per organizzare la festa. Fammi sapere presto, Minato.”
Accartocciò il biglietto nel palmo della mano e lo lanciò lontano. Come osava, come osava invitarla per andare alla festa insieme? In quel momento tutto era palese: anche Minato si era rivelato stronzo come tutti gli altri. Avrebbe dovuto immaginarlo, pensò, furibonda, mentre le lacrime riprendevano a rigarle le guance, era troppo, troppo perfetto. E dire che aveva persino cominciato a lasciarsi andare, quando era con lui. Con lui stava bene.
Sarebbe uscita con lui, quella sera: doveva vendicarsi, metterlo in ridicolo davanti all’intero villaggio. Non avrebbe neppure dovuto pensare di farle ciò che voleva farle. Uscì quasi subito per andare ad accettare l’invito; prima, però, corse ad indossare altre due o tre maglie. Non valeva la pena di rischiare e buttare all’aria il suo piano proprio prima della vittoria.
 
Per la prima volta in tutta la sua vita, Kushina si sentiva realmente indifesa. Seduta su una panchina appena lontana dalla via principale del villaggio, continuava a lanciare occhiate preoccupate tutt’intorno, cercando la giusta posizione perché il kimono che portava non le scoprisse le gambe o lasciasse intravedere le mutande, tanto era profondo lo spacco sul lato del vestito. Aveva provato ad indossare dei pantaloni ed una maglietta al di sotto del vestito, ma l’unico risultato che aveva ottenuto era stato quello di far risaltare ancora di più le curve del suo seno e del suo sedere al di sotto della stoffa lavorata ad intarsio. Ovviamente così non poteva  andare – avrebbe solo peggiorato le cose che erano già abbastanza gravi – quindi era stata costretta ad indossare solo il kimono, che anche da solo faceva tranquillamente trasparire le sue curve. Già di cattivo umore, cominciò a ripensare al pomeriggio appena trascorso: con Minato non era accaduto nulla di trascendentale. Ovvio, lui attendeva la sera. Disgustata, scosse la testa e riuscì a dismettere la sua espressione appena in tempo per vedere Minato, anche lui nel suo kimono, correre ansante verso di lei.
“Perdona il ritardo,” si scusò tra i sospiri “ho terminato di studiare tardi quelle carte per Jiraiya sensei di cui ti ho parlato oggi pomeriggio. Mi dispiace.” Mentre Kushina rifiutava ogni parola con un cenno annoiato della mano, Minato le si avvicinò all’improvviso e le posò un dito sulle labbra. La ragazza si immobilizzò.
“Hai il rossetto sbavato in questo punto” azzardò Minato. Sapeva quanto era permalosa Kushina, soprattutto nei momenti di festa, e non voleva rischiare di farla arrabbiare per causa sua o di qualcun altro. Lei lo guardò male e allontanò violentemente la mano del ragazzo dal suo viso terreo.
“Grazie tante!” ribatté, acida “Me lo sono messo da sola, cosa pretendevi?” e cominciò a camminare verso il centro del villaggio. In realtà il rossetto l’aveva applicato male apposta, per risultare più sgraziata e dare un ultima possibilità a Minato per fargli dimenticare le sue intenzioni. Però, da quello che era accaduto, pareva che lui fosse davvero determinato ad andare fino in fondo. Nervosa, si allontanò.
Molte volte, mentre camminavano tra la folla di gente allegra e senza pensieri, i loro fianchi si sfiorarono. Ogni volta che accadeva, Kushina alzava lo sguardo verso Minato, inferocita, e lui sorrideva.
Non aveva neanche il buonsenso di nascondere quello che aveva intenzione di fare, che sfacciato! Questo faceva arrivare a Kushina sovraccarichi di sangue alla testa dalla rabbia. Una volta la mano di lui si era avvicinata pericolosamente alla sua e aveva tentato di afferrarla , ma quando le sue dita avevano cominciato a sfiorarla, la ragazza era corsa via a vedere una collana che l’aveva colpita su una bancarella.
Circa a metà serata, quando ormai la stanchezza cominciava a farsi sentire e i piedi a fare male per via di quelle scomode scarpe con cui ella non sapeva affatto camminare, Minato propose di trovare un posto dove vi fosse meno confusione. “Ti va?” le chiese.
Ecco che cominciava a mettere in atto il suo piano! Kushina si guardò per un attimo intorno: c’era poca gente; di solito le persona aumentavano prima dei fuochi d’artificio. Non era ancora il momento giusto per metterlo in ridicolo davanti a tutti. Se avesse giocato il suo gioco, lo smacco finale sarebbe stato ancora più grande e allettante. Accettò. Minato sorrise, felice, e la prese per mano, trascinandola via. Kushina non si arrabbiò, ma lo lasciò fare: non c’era nulla di cui avere paura, continuava a ripetersi, lo avrebbe disintegrato,  ma più la mano di Minato stringeva la sua, più si sentiva eccitata e intimorita insieme. Cosa le stava succedendo? Dove erano finite la sua rabbia e il suo desiderio di vendetta? Perché, nonostante le sue intenzioni, Minato continuava a farla sentire… al sicuro? Egli si fermò in un punto dove gli alberi erano più fitti e si lasciò cadere stancamente sotto uno.
“In realtà” ammise “non è che qui ci sia molta tranquillità, dato che non ci  siamo allontanati molto dal cuore della festa, ma non ce la facevo più a camminare.” La fissò un attimo e continuò: “Qualcosa non va, stasera? Se stranamente silenziosa.”
“Sono arrabbiata” mugugnò lei in risposta, cercando di non guardalo.
“Capisco.” Minato non indagò oltre: accaldato, cominciò a farsi aria con una mano, mentre i suoi occhi vagavano attenti nel cielo. Ad un certo punto, quando anche la lieve brezza che aveva rinfrescato la serata smise di soffiare, Minato si slacciò il kimono e, lasciatolo scivolare sul terreno, restò a petto nudo. Kushina, il volto terreo, inorridì; ecco che il suo incubo peggiore prendeva forma proprio dinnanzi ai suoi occhi! Sconvolta, abbassò lentamente gli occhi. Che cos’era quella sensazione che le attanagliava lo stomaco e riusciva a farla rabbrividire in piena estate? La paura, il terrore che lui potesse soltanto sfiorarla la immobilizzavano. Aveva paura. Furibonda con se stessa, sentì alcune lacrime scappare al controllo delle palpebre e bagnarle le ciglia. Non gli avrebbe mai permesso di toccarla, mai.
“Che caldo! Non lo senti anche tu, Kushina? Ma come fai a sopportare quel vestito?”  le domandò improvvisamente Minato abbassando gli occhi sul suo viso. Kushina, gli occhi ancora lucidi, scoppio.
“Magari vuoi anche che mi tolga questo vestito, non è vero? Come puoi trattarmi come una stupida? Credi che io non abbia capito?” Minato sgranò gli occhi, preoccupato. “Perché piangi, Kushina? Cosa è successo?”
“Non-sto-piangendo!” ringhiò lei facendo un respiro profondo e serrando gli occhi per ricacciare indietro le lacrime. “Smettila di trattarmi come se non sapessi nulla! Io ho capito tutto!”
“Tutto cosa?” chiese il ragazzo, incalzante. Cercò la sua mano di nuovo, ma la ragazza la allontanò.
“So che vuoi portarmi a letto!” esclamò Kushina, furibonda. I suoi capelli danzavano come una nuvola di fuoco trasportata dalla rabbia. Minato spalancò la bocca e arrossì completamente. “Io… io non voglio… portarti a letto.” mormorò imbarazzato, fissandosi le ginocchia. Kushina, incredula, non riusciva a staccare gli occhi da lui. Arrossì terribilmente.
“No?” ripeté, sconvolta.
“No.” mormorò lui.
Stupida. Che stupida che era stata. Stupida, stupida, stupida. Come aveva potuto credere che Minato potesse farle una cosa simile? Che figura orribile aveva fatto! Come in trance, arrancando sugli zoccoli di legno, si levò in piedi e corse via, inciampando nei rami, senza voltarsi. Ma in pochi secondi Minato la raggiunse. Esitante, le sfiorò un braccio e la guardò negli occhi: piangeva, piegata dalla sconfitta che lui stesso le aveva inflitto.
“Lasciami stare, Minato.” borbottò lei immediatamente, abbassando gli occhi. “Ho creduto di essere così importante per te da poter correre questo rischio.”
“Allora siamo in due.” affermò sinceramente Minato avvicinando il volto al suo “Anch’io speravo di essere importante per te. Ma ti giuro, non ho mai approfittato di nessuno.”
“Non era quello, scemo.”
“Mi perdonerai per averti impaurita?”
“Non avevo paura!” sibilò lei, tirando su con il naso. “Pensavo solo di non averti conosciuto davvero.”
Nascose gli occhi al suo sguardo affondando la testa nel suo petto. Era stata sconfitta, era caduta, non riusciva a guardarlo negli occhi, ma, stranamente, non le importava più. Voleva soltanto sentire in qualche modo la sua presenza, stare bene di uovo. Sorpreso da quel gesto, Minato le sfiorò piano la schiena con la mano raccogliendo tutto il suo coraggio.
“Che fai, non mi baci?” bofonchiò allora Kushina sommessamente “Mikoto ha detto che soltanto così si può cominciare a sentirsi una cosa sola.”
Ad un tratto tutto il villaggio tacque e il cielo cominciò ad illuminarsi dei fuochi di artificio. Mentre tutti i colori dello spettacolo rischiaravano la sera, Minato sollevò piano il volto della ragazza e la baciò. Il kimono prese a scivolarle dalle spalle.
 
 
“Davvero avevi così tanta paura di me?”
Due corpi che si stringono sull’erba, di nuovo quel rossore sulle guance.
“Se stai cercando di sdrammatizzare, non è il modo giusto.”
“Ci tenevo soltanto a saperlo.”
“Non ti è bastato avermi sotto di te?”
“No. Io voglio averti unita a me.”
Un paio di occhi verdi si chiude, ridente, e il cielo ritorna buio e silenzioso.























Tanti auguri a Katia, tanti auguri a Katia!!! Questa fanfiction è tutta per te, carissima, anche se in ritardo! Spero che possa piacerti almeno un po'!  ^^
Sarebbe dovuta essere NaruHina, ma  si è trasformata in una MinatoKushina che, tra l'altro, volevo scrivere da secoli.  E' una storia semplice, di come non ne scrivevo da un po' (tanto) e spero che i personaggi siano IC. Diciamo che è un tentativo di ritornare a scrivere per una serie che ormai non mi ispira più, ma spero sia comunque un lavoro decente.
Se vi state chiedendo a quale festa siano andati, beh, non lo so. Non mi sapevo decidere, quindi  ho lasciato all'immaginazione di chi legge (se mai qualcuno leggerà). ^^
Spero davvero di ricevere pareri
: personalmente, questa storia mi piace (ed è una delle poche), ma vorrei sapere cosa ne pensa qualcun altro che non sia "coinvolto" quanto me.

Grazie.
Ayumi





   
 
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