L’
istinto e il coraggio.
Amy era salita in camera e si era buttata sul letto, ma non riusciva a
prendere sonno. Troppi pensieri le affollavano la mente, troppe voci le
riempivano le orecchie.
Decise che non poteva stare lì a dormire mentre i suoi genitori forse erano
a pochi metri da lei a cercarla. Le parole della vecchia le vorticavano nella
testa come spinte dal vento e poi la
libertà di cui aveva parlato valeva più di tutto. La cartomante le aveva
detto di non avere paura, e lei non ne aveva … Bene o male.
Pensò che doveva andare a chiedere in giro. Doveva uscire, ma non poteva né
prendere le scale principali né quelle secondarie, perché c’era troppa gente in
giro e stavano anche arrivando gli invitati.
Era troppo decisa per ripensarci e anche per non sopportare ancora i propri
pensieri, uscì dalla camera e si incamminò piano per il corridoio. Il silenzio
era quasi irreale, e l’unico rumore che sentiva era il proprio cuore battere
forte contro lo sterno. Sentì dei passi che si avvicinavano mentre raggiungeva
le scale.
Trasalì, perché nella cadenza e nel rumore del respiro, riconobbe subito
Anne. Amy era spaventata, perché era con Anne che aveva parlato dei pirati, ma
non voleva che lei la scoprisse. Si morse il labbro e cercò di trovare una
scusa per farsi trovare in corridoio, ma come un lampo le vene invece un’ altra
idea: scappare. Era più facile e meno pericoloso.
Si fiondò verso la prima porta alle sue spalle e si ritrovò nello studio
del governatore. Sicuramente nessuno, in quel momento sarebbe entrato lì, ma
Anne avrebbe comunque trovato un letto vuoto. Si diede della stupida e cominciò
a ripensare seriamente ad una scusa.
Amy si chinò a guardare dal buco della serratura morsicandosi nervosamente
le unghie. Era stata impulsiva, poteva fingere di dormire e appena Anne se ne
sarebbe andata avrebbe potuto scappare. Si morse un labbro e si diede
dell’idiota. Dalla serratura vide passare Anne e si innervosì ancora di più.
Sentì i rumori dalla porta provenire dall’altra stanza e immaginò la scena:
aveva percorso quel corridoio un migliaio di volte, Anne stava sicuramente
toccando la maniglia. La spingeva in basso, e con forza sulla porta questa si
apriva. Si sentì perduta, e infinitamente stupida.
Sentì la voce della cameriera chiamare: “Anne! Vieni sono arrivati! Amy si
sveglierà da sola! Scendi!” Anne si fermò subito prima di aprire la porta della
stanza vuota e con un sospiro corse giù per le scale.
Amy ebbe un sussulto. Era incredibilmente salva. Il cuore le martellava
ancora nel petto e nelle orecchie, ma non era stata scoperta. Poteva andare e
tornare tranquillamente perché i nobili sarebbero stati alla villa fino a sera
tardi e Katherine non si sarebbe accorta della sua assenza. Sarebbe stata
troppo occupata o avrebbe pensato che fosse in sala, ma alla governante non era
permesso entrare durante i ricevimenti.
Amy fece qualche passo indietro e si sedette sul divanetto di velluto.
Cominciò a riflettere: se doveva convincere quelle due piratesse sicuramente
aveva bisogno della collana. Lei voleva essere libera, ma non voleva dirlo ad
Anne. Nella villa si sentiva rinchiusa, stava bene quando era vicino al mare,
come quando andava a pensare sulla Punta Estrema. Nessuno le diceva cosa doveva
fare o come doveva comportarsi, era ciò che desiderava.
La collana però l’aveva Stephanie e lei non poteva prendergliela.
Le venne un'altra idea: se alle due piratasse serviva il medaglione così
tanto, anche se avessero atteso qualche ora non sarebbe stato letale. Avrebbe
potuto riferire di voler andare con loro e sperare nella loro pazienza. Decise
di cercarle al porto, trovarle e dir loro di aspettarla ai piedi del monte
quella notte stessa. Al tempo dovuto, sarebbe arrivata con il medaglione e
glielo avrebbe dato ad una condizione: che Stephanie ed Anne sarebbero andate
con loro. Non voleva perdere le sue migliori amiche, e sapeva che anche loro
sognavano la libertà.
Nei suoi piani, sul vascello pirata ci sarebbero rimaste poco. Il tempo di
trovare un passaggio per l’Europa e poi sarebbero scappate.
Quelle speranze le fecero battere forte il cuore. Tutto quello che doveva
fare era uscire, ma la cosa non era poi così facile. Evitare Katherine in
cucina era un cosa, un branco di nobili in festa era un’altra. Doveva aggirare
le scale e anche di farsi vedere per la casa.
Rifletteva mordicchiandosi un labbro, mentre misurava a grandi passi il
piccolo studio privato del governatore. Soprapensiero si appoggiò alla libreria
dello studio con una spalla e, toccando un volume, la libreria si girò su se
stessa e il muro si aprì in un baratro buio e profondo. Amy si spaventò a
morte, e con il cuore in gola riuscì ad evitare di precipitare nel baratro per
un pelo. Sospirò per scogliere la tensione e sorrise tra sé e sé. Aveva trovato
il modo più semplice, e anche pericoloso, per scendere in spiaggia.
Prima di affidarcisi completamente, osservò ciò che aveva davanti. Era un
pozzo circolare con un palo di legno lucido nel centro. Sembrava scendere nel buio
totale e nell’ignoto, ma Amy era decisa, così dovette solo circondare il palo
con le braccia facendo un saltello e si lasciò scivolare.
La libreria si chiuse da sola dopo qualche secondo senza fare alcun rumore,
e in un istante lei rimase al buio totale. Il cuore tornò a batterle forte
mentre arrivò a toccare terra e cominciò ad avanzare lentamente. Avrebbe voluto
visitare i sotterranei della villa, ma non aveva tempo per un gita, doveva arrivare al porto in
fretta. Prendere le colline era un rischio, perché da lì provenivano le
carrozze, e Stephanie l’avrebbe notata subito. La strada poi era troppo lunga e
ci avrebbe messo troppo tempo.
Decise che poteva passare solo dalla spiaggia, e cominciò a procedere con
cautela perché quel buio pesto le faceva troppa paura per restarci a lungo. Sentiva
i passi delle cameriere sopra il soffitto basso del sotterraneo, come se
camminassero dentro la sua testa. Si chiese chi fosse a conoscenza di quel
piano interrato buio e polveroso, che con ogni probabilità portava a passaggi
segreti in tutta la villa. Era elettrizzata, non aveva mai pensato ad una cosa
del genere. Avanzava un po’ alla cieca, perché non aveva pensato di portarsi
una candela, e non sapeva come tornare di sopra. Capì che era vicina ad un
muro, quando si accorse di alcuni fasci di luce dorata che scendevano dall’alto
a distanze regolari. Capì che quella era la via d’uscita che faceva per lei.
Si ricordò di alcune botole che vedeva spesso intorno alla villa.
Sembravano delle cassette degli attrezzi, e non ci aveva mai dato molto peso,
ma era sicura che spingendo in alto sarebbe tornata alla luce.
Si mise sotto ad una di queste botole, quella da cui proveniva più luce, e
appoggiò le mani aperte sulla superficie. Il legno era umido e incrostato di
polvere e salsedine. Amy sorrise tra sé e sé, perché era sicura di arrivare in
spiaggia. Prese un profondo respiro, poi spinse verso l’alto.
Con un rumore gracchiante la botola scivolò di lato, e un rivolo di sabbia
dorata scivolò dai bordi. Amy si accostò all’apertura, e senza sforzo guardò un
attimo all’esterno. Sentiva il rumore del mare molto vicino, così dedusse che
si trovava nel retro della villa. Si mise in punta di piedi, le sue mani
affondarono nella sabbia che circondava la botola, e una piccola quantità cadde
all’interno.
Amy si guardò intorno: non passava nessuno, e non si sentivano nemmeno i
passi di qualcuno in avvicinamento. Si fece coraggio, appoggiò bene i palmi sul
bordo della botola, e facendo un salto riuscì ad issarsi fuori. Il passaggio
era stretto, e un attimo la sua camicia si impigliò in un chiodo sporgente, ma
riuscì a liberarsi senza strappare nulla e senza lasciare tracce.
Appena uscita, tutta la luce dorata della spiaggia le ferì gli occhi, ma
Amy non ci badò. Si alzò in piedi, chiuse la botola cercando di appiattirsi
contro il muro per trovare un modo per attraversare il quindici metri che
dividevano la villa dal mare senza farsi vedere. Aveva intenzione di fidarsi di
Lucas, e usare il passaggio di cui le aveva parlato perché l’espressione che
aveva sul volto quando glielo diceva, le avevano fatto capire che per una volta
non mentiva.
Ora doveva solo attraversare la spiaggia senza che nessuno in villa vedesse
la sua figura di domestica fuggiasca. Alzò gli occhi sulla costruzione alle sue
spalle, e si rese conto che per una volta la mole stessa della villa era la sua
fortuna. Si ricordò del vasto balcone al primo piano, usato dalla famiglia
quasi come un belvedere sul mare, che data la sua ampiezza, impediva la vista
sulla spiaggia sottostante fino alle pendici del monte. Amy era proprio
fortunata, sorrise e andò di corsa verso il monte senza guardarsi indietro.
Si accucciò dietro ad un masso sporgente per cercare il passaggio. Solo
allora si accorse di come il suo cuore battesse un modo regolare, e non
esageratamente accelerato come succedeva ogni volta che faceva qualcosa di
sbagliato. Si meravigliò del suo sangue freddo, che durò poco perché trovò il passaggio indicato da Lucas e si concentrò
per entrarci. Non era per niente largo, solo un intercapedine tra la montagna
di scogli che sostenevano il forte, ma per qualcuno con un fisico esile era
possibile da attraversare.
L’acqua era a livello del passaggio ed Amy si decise e ci entrò scivolando
sulle rocce bagnate. Si mise a gattoni perché era molto basso e quello era
l’unico modo per avanzare. Picchiò la testa un paio di volte e la schiena le
doleva per la posizione e urtava sul soffitto irregolare. Quando si rese conto
che era impossibile vederla dalla villa si sedette nella parte più alta del
passaggio, che in quel tratto si era allargato in una piccola grotta,
abbastanza grande per farla stare seduta. Lasciò penzolare le gambe nell’acqua
trasparente e cristallina, di un azzurro tanto puro da sembrare finto. Vedeva
il fondale di sabbia bianca cosparso dei riflessi dell’acqua e ne rimase
incantata. Era un posto stupendo.
Si tolse le scarpe e l’acqua tiepida la lavò fino alle ginocchia. Tirò un
paio di calci all’acqua e inspirò a pieni polmoni l’aria salmastra. Dopo un
paio di minuti si rimise la scarpe e a malincuore rincominciò a gattonare. Le
facevano male le palme delle mani e le ginocchia, e aveva la schiena a pezzi.
Lucas poteva anche dire che il corsetto l’aveva salvata dopo la caduta da
cavallo, ma il dolore restava e si faceva sentire.
Esausta, e con tutte le mani graffiate, cadde sulla sabbia in ginocchio. Sentì
male dappertutto, ma si rialzò, sistemò la gonna e i capelli per sembrare
presentabile e avanzò verso il porto lentamente. C’era un fatto positivo in
quel passaggio: che Lucas aveva imparato a dire la verità.
Alcune bancarelle erano ancora in attesa di clienti ma numerosi
commercianti se ne stava già andando attraverso le colline. Amy provava ansia a
vedere andare via tutte quelle persone, perché il borgo aveva un’aria di
abbandono deprimente senza l’allegria del mercato.
Solo allora la ragazza si rese conto di non sapere cosa fare. Aveva una
vaga idea del piano da seguire, ma
metterlo in pratica era tutt’altra storia. Per prima cosa: da dove iniziare le
ricerche? Le piratesse potevano essere ovunque, oppure essersene già andate,
oppure ancora, nel caso più orribile, in quel momento potevano essere in marcia
sulla villa con tutta la loro ciurma di tagliagole, pronti ad uccidere tutti
finché non avessero trovato il ciondolo.
Si diede della stupida per evitare di pensare al peggio. Come cospiratrice
era un disastro. Appena faceva qualcosa di appena un po’ avventuroso, aveva
paura. Il che era deprimente: dove erano finiti tutto il coraggio e la buona
sorte che l’avevano portata fin lì? Scomparsi, come invece erano comparse tutte
quelle paure e quei pensieri apocalittici. Si diede ancora una volta della
stupida e cercò di controllare il battito esagerato del suo cuore. Pensò che
almeno aveva perso quella gelida calma calcolatrice con cui aveva agito prima.
Era già qualcosa, ma si chiese se fosse un bene, oppure se adesso ne avesse
ancora bisogno.
Senza dubbio si decise; perché adesso era sull’orlo del panico.
Mary e Sara stavano camminando lentamente lungo la banchina, una a fianco
dell’altra. Mary stava parlando: “la capisco, ha vissuto tanto tempo qui, e poi
arrivano due pirati, che le dicono di
andare con loro chissà dove …” fece un sospiro. “io sarei scappata … sua madre
non si sarebbe tirata indietro davanti ad un avventura!”
Sara alzò lo sguardo: “io Bonny non la conoscevo, ma forse non è lei sua
figlia …”.
Mary rifletté e poi scosse la testa: “impossibile … le somiglia troppo … E
poi per te è stato facile usare la Magia son lei. Sai bene che si riesce solo
se si conosce la persona a cui è rivolta … abbiamo fallito, non ritroverò mai
Michelle come avevo promesso a Rachel …”
Sara socchiuse gli occhi: “Rachel?”
Mary annuì. “è il suo nome: Rachel Bonny. Cosa pensavi, che si chiamava
Bonny di nome?” la sua voce era leggermente irritata.
Sara scrollò le spalle e abbassò lo sguardo. Rifletté, ma poi il suo lato
piratesco tornò a galla e suggerì: “e se facessimo veramente quello per cui
siamo venute qui e rubiamo il ciondolo? … è una ragazzina, ricattarla sarà
facile!”
Mary strinse i pugni e la spinse in un vicolo: “assolutamente no! Non
ruberò mai quel ciondolo! Io voglio anche la legittima proprietaria!”
Sara si era offesa, ma sua madre aveva ragione. Non ribatté, perché ancora
una volta Mary era tornata nel suo mondo di tristi ricordi. “sai … adorava voi
due, e passava tutto il tempo nella cabina … ma poi abbiamo attaccato quella
nave e lei …” la sua voce era carica di rimorso. “… era già morta quando
l’abbiamo trovata, ma io le ho promesso comunque che avrei protetto Michelle da
qualsiasi cosa … poi lei è stata abbandonata … per questo le ho messo il
medaglione, per poterla riconoscere in futuro.” Sospirò. “e come vedi ha
funzionato. L’abbiamo trovata, ma ho fallito comunque perché non vuole venire
con noi.” Concluse Mary tristemente.
Sara era impacciata, non le era mai successo un simile sfogo da parte di
sua madre, e non sapeva come comportarsi. Decise di restare zitta, per non
sbagliare.
Con un colpo di fortuna, Amy aveva visto Mary e Sara infilarsi in quello
stretto vicolo, e non si era fatta scrupoli a seguirle. Il cuore le batteva
forte mentre ascoltava i loro discorsi. Aveva capito tutto quello che si era
chiesta in tanti anni al porto. Da dove veniva, chi erano i suoi genitori, a
cosa serviva il medaglione incavato e tutto il resto.
D’istinto, saltò in piedi, uscì dal suo nascondiglio di fortuna e si avvicinò
alle due donne.
Sara e Mary si voltarono subito appena la sentirono muoversi. “hai
ascoltato tutto, non è vero?” disse Mary con calma.
Amy cercò di trattenere la paura. “sì” disse con la voce che tremava, ma
cercando di sembrare tranquilla.
“quindi? Vieni o ti devo costringere?” Sara si aggiunse alla conversazione
e alzò poco la gonna per far vedere che era armata.
“vengo … senza problemi … vi cercavo appunto per dirvelo.” Disse Amy
impaurita. Le parole di Mary l’avevano convinta definitivamente. Se ritrovare i
suoi genitori significava dover sopportare quella pazza di Sara, l’avrebbe
fatto.
Mary acconsentì a trovarsi quella notte al monte dal forte quando la luna
era alta nel cielo. Disse che solo allora sarebbero partite, e che Amy poteva
fidarsi. Forse un po’ troppo ingenuamente, ma la ragazza le credeva veramente.
Alla fine Amy si inchinò leggermente per sancire il loro accordo e corse
via.
Nella sua testa urlavano molte voci. Alcune le dicevano che aveva fatto
bene, altre che era uno sbaglio imperdonabile, e altre ancora che Anne non
l’avrebbe mai perdonata.
Mary era al settimo cielo, e cercava di infierire su Sara. “visto?” disse
“è proprio come sua madre … non poteva non essere lei! Sapevo che non poteva
fare a meno di essere libera …” aggiunse con un sospiro.
“non mi hai nemmeno chiesto cosa ne penso di lei.” Disse Sara con voce
dura.
“avrei dovuto farlo?” chiese la madre.
“sappi soltanto che la ragazza non è proprio il genere di persona che mi
aspetto di vedere sul Deathbearer.”
Mary sospirò, e si voltò per nascondere un sorriso. “nemmeno tu lo sei,
cara mia … nemmeno tu.”
Poi uscirono dal vicolo e, visto che non c’era nessuno, Mary prese la
scialuppa, ci salì e mentre prendeva i remi disse: “so che non è facile per te
stare a terra, Sara, ma tu aspetta fino questa notte e accompagna la ragazza; mentre io torno
subito sulla nave. E’ meglio che mi spiego da sola con il capitano.” a questo
punto prese i remi e andò al largo, senza chiedere ancora una volta il pensiero
della figlia.
Amy correva piangendo verso casa. Era confusa, triste e spaventata al tempo
stesso. Cosa aveva fatto?! Si era alleata con i pirati! Era come andare in
fronte alla morte ed esserne certi! Eppure lo aveva fatto quasi senza
esitazioni. Pensò di essere impazzita. L’aggressione le aveva fatto perdere la
testa, la paura la aveva annebbiato la ragione.
Allearsi con i pirati, rischiare la vita non solo sua, ma anche delle sue
migliori amiche per cosa? Per uno stupido ciondolo?! A cosa serviva, poi? Perché
i pirati lo volevano a tutti i costi? Non ci aveva nemmeno pensato. La cosa peggiore di quella situazione era che in un
certo senso lei era anche stata avvertita.
Dal vecchio stalliere, prima di tutto. Avrebbe dovuto fare tesoro della frase
che aveva sentito, e stare più attenta, evitare di fermarsi al casolare, e così
non avrebbe incontrato la piratesse.
D’altro canto le altre persone con cui aveva parlato erano di tutt’altra
opinione. La vecchia cartomante,
anche se Amy non era sicura che le avesse predetto il futuro, le diceva di
fidarsi di chi aveva accanto, e di andare in contro al suo destino.
Forse aveva ragione, ed Amy stava scrivendo la sua storia.
La ragazza sperò per l’ultima volta di non aver fatto l’errore più grande
della sua vita; ma ormai era fatta. Era un pirata, era una di loro. E lo aveva deciso lei. Attraverso un
velo di lacrime comparve un sorriso.
Uscì dal passaggio che non si era accorta di aver attraversato, si asciugò
le lacrime e andò in casa senza pensare che avrebbero potuto vederla. In un
certo senso era quello che voleva. Doveva, prima o poi parlarne con Anne.
La cucina era piena di gente. Chi correva di qui, chi di là, tutti con in
mano qualche cosa. Si lavò le mani e si mise a pulire una pila di piattini di fianco
a Katherine. Cercava di non perdere la calma, perché sapeva che a breve Katherine
avrebbe scatenato un putiferio.
Prima la governante non la notò, poi si voltò verso di lei: “Amy! Stai
meglio, tesoro! Ma perché sei scesa?! Potevi stare quanto volevi!” lo disse con
voce sincera, anche se sapeva che non era così. Le mise una mano sulla fronte,
profumava di torta. “non scotti” continuò. “ma puzzi di mare … sei uscita per
caso?” dopo un secondo ci ripensò “ma che diavolo, viviamo in riva al mare
delle Antille, come puoi esserti ammalata? No … non hai un malanno … ti è
successo qualche cosa …”
Amy a stento trattenne le lacrime ma gli occhi le divennero lucidi.
Katherine continuò l’ispezione: “torna in camera, non pensare alla
confusione qui di sotto, della festa. Fai una dormitina e poi scendi se te la
senti, altrimenti Anne, o Stephanie ti porteranno qualche cosa.”
Era incredibile, Katherine era sempre dolce con Amy, anche se alcune volte,
con il suo carattere titubante, la faceva veramente penare. Inoltre Amy era l’unica
vera orfana, che mai aveva conosciuto
i genitori, la governante stessa l’aveva trovata una notte di tanto tempo
prima, ed era normale che il suo cuore stesse sempre dalla parte di Amy.
Amy si sentiva tremendamente in colpa proprio perché sapeva quanto Katherine
le voleva bene, e le sembrava di prenderla in giro e di lasciarla da sola.
Salì in camera e si sdraiò sul letto. Dopo alcuni minuti si alzò, si
sedette decisa alla scrivania e cominciò a scrivere una lettera pulendosi le
lacrime con violenza. Non era sicura che l’avrebbe data a qualcuno, ma almeno
il pensiero c’era stato.
Sara era ancora al porto. Aveva girovagato per i vicoli bui e semi-abbandonati della città, e poi si era seduta sui gradini di una casa in una via secondaria lontana dal forte. Aspettava che calasse la notte giocherellando con il vestito e osservano la rada gente che passava. Il cielo cominciava a diventare giallo, poi arancio, rosso, azzurro e blu sempre più scuro e il sole si era tuffato nel mare aspettando un nuovo giorno.
ciao!!!
come sono contenta tutti i giorni di leggere queste bellissime recensioni!! mi fa veramente piacere...
iniziamo con i ringraziamenti:
non finirò mai di ringraziare Cabol per i bellissimi commenti che mi lasci, è bello sapere che quello che ho descritto, l'ho fatto bene... la frase "sembra quasi di sentire l'odore del mare" scusa, ma me la devo proprio segnare, è poetica ed è un bellissimo complimento. (spero che anche tu l'abbia scritta in quel senso, altrimenti scusa, mi sono lasciata prendere!! XD)
grazie anche per la recensione che mi ha lasciato nemesis 18. grazie veramente di cuore per i tuoi complimenti... sono contenta che la parte di Lucas e Sara ti sia piaciuta, e spero ci siano altre occasioni dove farti pensare la stessa cosa...
concludo con rigraziare anche Ramiza e jasmineAzzurra, che spero non si siano offese perchè non le ho ringraziate prima, e che siano arrivate a leggere questo capitolo!! per jasmineAzzurra.. grazie di avermi messa tra le tue preferite!! ;)
...credo sia ora di finire, altrimenti questo spazio diventa più lungo del capitolo, ancora grazie!!
ciaoo
Archer