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Autore: Bellatrix_Indomita    05/06/2010    2 recensioni
Sam è una ragazza che ha perso qualcosa di fondamentale per la sua vita. Con i suoi ricordi ci fa rivivere la sua esperienza. Partecipante allo Shakespeare Contest di Mayumi_san. 3° Classificata.
Genere: Generale, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo che si distruggono al primo bacio

Titolo: Libertà
Fandom e Personaggi: Originale
Genere: Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: One-shot, Missing moment
Frase scelta: Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo che si distruggono al primo bacio.
Beta-Reading: Sì
Introduzione: Sam è una ragazza che perde qualcosa di fondamentale per la sua vita. Con i suoi ricordi ci fa rivivere la sua esperienza.
Note dell'Autore (facoltative): La storia che ho raccontato è come se fosse un piccolo pezzo di diario. Descrive un momento di vita difficile per la protagonista. Spero vi possa piacere.

 

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Libertà

Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo che si distruggono al primo bacio.

 

 

 

“Hall?”

“Hall?”

La professoressa chiama il mio nome, ma non mi importa.

“Samantha Hall?”

Non mi importa più di nulla.

“Signorina Hall, sarò costretta a mandarla fuori se non si degna di rispondermi immediatamente.”

Sono costretta a girarmi e un sorrisino ironico e carico di sarcasmo invade il mio viso: questa donna ha il potere di farmi vedere i sorci verdi, e ora come ora il fatto che possa mettermi una nota o sospendermi non mi dà nessuna preoccupazione, perciò decido di risponderle.

“Sa una cosa, professoressa? Sono proprio curiosa di sapere il perché non l’abbia già fatto…

La mia compagna di banco mi tira una gomitata, ma io non la smetto.

“È un vero affronto per una donna come lei essere ignorata: insomma, la sua continua ricerca di attenzione non sarà sintomo di megalomania, per caso?”

“Hall? Ci tengo a ricordarle che posizione ricopro…

“Vede? Di nuovo. Eh già! Mi sa che è proprio una persona egocentrica, lei.

Di nuovo Meg, la mia compagna di banco, mi fa un cenno per dirmi che sto esagerando, ma non mi fermo: anzi, stavolta mi alzo in piedi.

“Hall, non tollero un comportamento del genere nella mia classe, fuori!”

Il sorriso sul mio viso si allarga. “Dura da ammettere la verità, vero, prof?

“Hall, l’ho invitata ad uscire. E se lo desidera posso ripeterglielo: fuori, Samantha!

“Non mi sembra proprio un invito, ma…”

La professoressa di lettere sbatte il registro sul tavolo: l’ho portata al limite, è una donna pacata assolutamente gentile e forse anche timida.

Ma non mi fermo: il sorriso sul mio viso persiste.

Urlando, la prof mi dice che mi porterà dal preside e che mi darà una punizione esemplare per il mio comportamento.

“Io non urlerei così tanto, magari qualcuno potrebbe sentirla, non crede, prof? In ogni caso, non ho intenzione di continuare a stare qui dentro. Perciò buon proseguimento!”

E con una faccia da schiaffi mi dirigo verso la porta dell’aula.

La professoressa riprende la lezione. L’argomento di oggi era Shakespeare, e l’ultima frase che sento risveglia in me solo brutti ricordi.

“Smith, per favore, riprendi da dove ti avevo interrotto” sento dire dalla professoressa.

Quel bamboccio di Smith Carlson incomincia a leggere “Ehm, sì, professoressa!”

Sono quasi arrivata alla porta, ma per quanto possa andare veloce, per quanto possa allontanarmi in fretta, quella frase mi entra dentro.

“Le gioie violente hanno violenta fine”

Sbatto la porta, cercando si coprire il fastidioso suono che è la voce di Smith.

“E muoiono nel loro trionfo”

Nulla da fare, la voce di quello sfigato mi perseguita.

“Come il fuoco e la polvere da sparo che si distruggono al primo bacio

Il sorriso che ostentavo si spegne, la consapevolezza di ciò che ho fatto e di quanto ho detto mi prende. Ho La gola secca e gli occhi lucidi.

Mi ritrovo in strada senza nemmeno essermene accorta.

 

**

“Ehi, dolcezza, come va oggi?”

Un grugnito in risposta.

Sono dalla mia unica ragione di vita, Perla.

Da quando i miei si sono separati, lei è la sola cosa che riesco a sopportare.

Inoltre dopo la morte di mio nonno è diventata anche il mio ossigeno.

Perla è tutto ciò di cui ho bisogno. Vivrei nel suo stesso box, se non fosse per mia madre.

La tiro fuori e la coccolo un po’.

La sto spazzolando quando una voce mi chiama. È Chris, lo stalliere del maneggio.

“Ehi, Sam, un’altra gara oggi, vero?”

Annuisco. “Non è nulla di importante, una semplice gara del centro ippico”

“Hai sempre una gran voglia di chiacchierare, a quanto vedo!”

Lo guardo di traverso “E tu sempre una gran voglia di lavorare, non è così?”

Alza le mani in segno di resa: “Ok, ok, hai vinto tu! In bocca al lupo per la gara, miss antipatia 2009”

“Chris, dannazione! La vuoi smettere di importunare la signorina e dedicarti un po’ ai cavalli?

Questo è il padrone del centro: il signor Butler non tollera chi non fa nulla di costruttivo, soprattutto se si tratta del suo maneggio; ed infatti Chris lo teme davvero tanto.

“Quel ragazzo mi farà patire le pene dell’inferno.”

Il signor Butler mi si è avvicinato: è un uomo burbero con lineamenti decisi, fa paura ad un primo sguardo ma se lo si conosce è una persona deliziosa che ama gli animali.

Mi limito ad un cenno della testa.

“Non ti volevo dire nulla di importante, Samantha, solo… Fai attenzione. Stasera preoccupati di mettere via con una coperta il tuo cavallo: dicono che farà freddo

“Grazie, signor Butler, lo farò sicuramente!”

“Di nulla, cara!”

Gli sorrido. Non sorrido molto spesso, ma vicino a Perla tutto diventa sereno e la forza di sorridere torna: in realtà vicino a lei mi sento invincibile, forte. Dato che lei lo è, posso esserlo anche io.

Finisco gli ultimi preparativi in previsione della gara.

Mi do una controllata nello specchio della selleria. Ho i capelli legati in uno stretto cipollotto, gli occhi azzurri si intonano con la giacca blu notte, i calzoni beige sono immacolati e gli stivali neri chiudono il tutto. Perfetto.

Ma, quando esco, ciò che i miei occhi incontrano è qualcosa che va aldilà della perfezione.

Perla: lei incarna il completo significato di questa parola.

Il manto grigio perlato lucido risplende al tramonto, la coda nera è elegantemente legata in una treccia e la criniera corvina cade da un lato formando tante piccole treccine.

Mi osserva; lo sguardo che ci scambiamo è di pura intesa. Sappiamo ciò che dobbiamo fare, ci fidiamo l’una dell’altra. Siamo insieme.

Arriviamo al campo gara.

Sono ostacoli relativamente semplici, nulla di impegnativo, come immaginavo.

Ci sono un paio di cavalieri prima di noi. Finalmente il giudice chiama il mio nome e quello del mio cavallo.

Entro nel paddock: Perla tentenna un po’, la rassicuro dandole qualche pacca sulla spalla e un invito con le gambe. Lei procede e io me tranquillizzo.

Siamo a metà gara, sto affrontando una curva quando sento una forza tirarmi verso il basso e la voce gracchiante del giudice urlare: non capisco nulla, mi ritrovo schiacciata dal peso di Perla, la gamba sinistra bloccata mentre il mio intero busto è coperto dal fianco del mio cavallo.

Ho paura e cerco di muovermi, Perla lancia un nitrito agghiacciante e io mi blocco.

Guardo a terra e quello che vedo mi fa venire i brividi. Sangue.

Ed è buio.

 

**

Non me ne rendo nemmeno conto e sono davanti al tuo box. Vuoto.

Mi manchi terribilmente: sento che la stalla rispecchia ciò che ho dentro di me. Vuoto. Totale, assoluto.

Mi manca il tuo respiro sulla mia faccia.

Mi manca il tuo sguardo fiero.

Mi manca il tuo essere indomita.

Mi manca il tuo essere solo mia.

Può un uomo vivere senza ossigeno? Posso io vivere senza te?

Entro dentro, tanto per soffrire ancora un po’.

La macchia di sangue è sparita, coperta dal fieno.

A questa immagine la rabbia si impossessa di me. La tua figura non sarà rimpiazzata. Che tutti vedano la fine che hai fatto.

Scosto il fieno brutalmente finché scopro il segno dell’ultima volta che ti ho visto.

E piango perché non so fare altro in tua assenza. Perché eri tu che mi davi la forza di vivere e di andare avanti giorno dopo giorno.

Piango perché mi manchi. La consapevolezza che non tornerai da me mi schiaccia e cado in ginocchio davanti a quella maledetta impronta. Premo più forte le mani sugli occhi ma è impossibile dimenticare, impossibile levare il tuo sangue dalla mia testa.

Le immagini felici che ho di te si infrangono e lasciano spazio a quelle di quel giorno.

E penso che Shakespeare non poteva trovare una frase migliore per identificare quello che provo io in questo istante.

 

**

Sento caldo. È la prima cosa che riesco ad avvertire.

Apro gli occhi, riconosco il salottino del maneggio. A questa parola mi sveglio totalmente.

Ricordo tutto, Perla, l’incidente, il… sangue. Ed è panico, cerco di alzarmi ma due mani mi prendono per le spalle e mi bloccano.

“Tesoro, calmati, come stai?” Mia madre, con un sorriso preoccupato mi invita a sdraiarmi.

“Dov’è Perla?” domando con le lacrime agli occhi, opponendo resistenza al suo invito.

Non mi risponde, ma non ho bisogno di una risposta: mi basta vedere il suo sguardo per capire come sta il mio cavallo.

Mi alzo e una fitta mi prende la gamba sinistra. Ma non mi fermo.

“Sam, ti prego, ragiona! Non capisci che soffriresti e basta? Rimani qui, il veterinario…”

Non la lascio finire, non voglio ascoltare. Reagisco di impulso “Sta’zitta!” ringhio “Zitta, non dire una sola parola in più”

“Sam, ti prego, ascoltami…” Mia madre tiene le mani al petto e lo sguardo basso, è preoccupata “Non andare…” Mi si avvicina e mi circonda la spalle da dietro in un abbraccio.

“No! Io devo andare. È il mio cavallo. È Perla, dannazione!”

Mi libero dalla stretta e corro verso le scuderie.

Entro, box numero 5, prego un qualsiasi Dio che stia bene, che mi guardi e che ci possa essere ancora quel momento di intesa.

Ma non c’è nulla. Devo aprire il box per riuscire a vederla, e… Quello che vede mi riempie gli occhi, la mente, il cuore.

Perla è stesa a terra, il muso e il collo sono dritti, in tensione, le gambe si muovono poco e c’è sangue vicino all’anteriore sinistro. Non riesco a vedere bene lo zoccolo ma posso immaginare cosa sia successo e non riesco a concepirlo: non posso credere che il cavallo steso ai miei piedi… che questo cavallo sia Perla, la mia roccia, il mio ossigeno…

Mi sfrego gli occhi cercando di spazzare via le lacrime che insorgono più di prima.

Mi avvicino lentamente al suo corpo e mi ci metto vicino, in ginocchio, l’accarezzo, in un primo momento si ritrae spaventata ma poi capisce chi sono e lascia cadere il muso vicino alle mie gambe.

“Ehi, piccola” sussurro piano “allora, come va?”

È una domanda idiota ma non riesco a dire altro.

Continuo ad accarezzarla sperando, in qualche modo, di darle sollievo.

La mia gamba sinistra urla per il dolore, ma non mi interessa, le starò accanto finché non si riprenderà.

“Ti ricordi cosa è successo?”

Ad interrompere quella specie di trance è il signor Butler, in piedi vicino alla porta del box: mi guarda in attesa di una mia risposta.

“Veramente no… Ricordo solo che mi sono sentita tirare verso il basso e il sangue, ma niente di più

“È stato un brutto incidente, non ne vedevo uno così da parecchi anni. Il tuo cavallo si è rotto una zampa, il sesamoide si è polverizzato e il nodello è uscito

A quell’affermazione perdo un battito, sgrano gli occhi e d’istinto guardo la zampa di Perla senza sapere cosa dire. Ma Butler continua imperterrito: “Come prima cosa l’abbiamo fatta alzare per permetterti di respirare, poi l’abbiamo portata qui e sedata ma il dolore lo può sentire ugualmente

Nel frattempo io non sono più riuscita a rimanere accanto a Perla e mi sono alzata avvicinandomi alla porta del box, accanto al proprietario del centro.

“Tu sai benissimo che una ferita del genere non può guarire facilmente” Mi ha alzato il viso e mi ha guardata dritta negli occhi, ma ora io non ho bisogno della verità, ma lui sembra non capirlo e lasciando libero il mio viso continua “Sai che non si riprenderà, la soluzione migliore sarebbe…”

“Tu non lo sai!” È un sussurro, ma mi ha sentito e si è fermato; io riprendo alzando la voce con determinazione “Tu non sai niente di lei, non sai quello che prova e quello che vuole, lei vuole vivere

“È la sua volontà o la tua Sam?”

ad un primo momento non capisco l’intero significato della frase: ma quando riesco a percepirlo, sgrano gli occhi e lo guardo con astio.

“Non provarci, Curt, non provarci nemmeno. Io so che…”

“Tu sai cosa, Sam? È vero io non conosco Perla quanto la conosci tu, ma apri gli occhi! Guardala, sta soffrendo.” Mi fa girare il volto verso il mio cavallo steso a terra io non capisco più nulla e di nuovo è l’istinto a prendere il sopravvento: mi allontano da lui con una spinta “Può guarire, troverò un modo, farò qualsiasi cosa, qualsiasi!”

Il suo viso ora è amareggiato e mi guarda deluso “Fai come credi, Sam. Per me quel cavallo non ha speranze”

Contraggo la mascella a quell’ultima affermazione e lo guardo con astio. Non riesco più a stare lì con lui, con quelle poche parole è riuscito ad abbattermi, ma non ci voglio ancora credere: è tutto troppo irreale.

Prima di andarmene gli sussurro “Se lei muore è come se morissi anche io! Se tu dici che lei non ha speranze non ne ho nemmeno io di vivere. Lo lascio lì e scappo ancora: devo assolutamente riprendermi. Ma è così difficile. Sembra impossibile.

Mi ritrovo davanti al campo gara dove tutto è successo, è sera ormai e si è messo a piovere, ma non importa.

Non importa più nulla.

 Mi siedo e mi tengo al petto le ginocchia, non so fare altro, piangere, piangere e piangere.

È passato un minuto, un’ora… non saprei dirlo, ma all’improvviso sento una mano sulla spalla.

Sono bagnata fradicia, alzo la testa controvoglia. È Chris. La riabbasso e lui si mette vicino a me, ma lo ignoro.

“Piove” afferma laconico.

Io sorrido, di un sorriso amaro e duro, eppure gli rispondo

“Grazie dell’informazione, ora, cortesemente, potresti andartene?”

“Non dovresti piangerti addosso

Alzo la testa verso di lui “Io non mi…” non riesco a finire la frase che incomincia a parlare

“Ah no? Il tuo cavallo soffre e tu sei qui a compatirti, la tua compagna prova dolore e tu…

Non lo lascio finire, gli occhi ridotti a fessure e le mani strette a pugno

Anche io sto soffrendo!”Gli urlo contro arrabbiata.

Lui sorride ironico “Sì, ma tu non hai il destino segnato

La sua risposta è semplice: io sgrano gli occhi e lo guardo “Io…” non so che cosa dire, gli occhi mi si riempiono di lacrime, non riesco a continuare, ho la gola secca e il respiro mi manca.

“Devi essere forte, capisci?” me lo dice in un sussurro appoggiandomi una mano sulla spalla, “Ti ho osservata molto, eri da lei quando avevi bisogno di conforto nel momento in cui i tuoi genitori si sono separati o quando tuo nonno è morto” prende un respiro e sempre con una voce pacata e tranquilla prosegue “Eri con lei che festeggiavi e condividevi il tuo sorriso, lei è stata la tua roccia. Ora è lei che ha bisogno di te. È Perla che deve averti vicino. È Perla che ha bisogno della tua forza, del tuo coraggio.

Ma io…” Non posso farlo, non posso, lo urlo dentro di me, ma non riesco a dire nulla.

“Non essere egoista, Sam!” mi guarda severo ma la voce rimane calma “Non esserlo, non puoi tenerla in vita per il tuo egoismo. Non sarebbe più vita la sua e la tua felicità scemerebbe pian piano, vedendola in una realtà che non le appartiene. Prendi la decisione corretta e lasciala andare.

Siamo in piedi uno di fronte all’altra, mi butto fra le sue braccia per trovare quel coraggio che mi manca per sentire che qualcuno è con me.

Chris lo scemo, Chris lo scansafatiche, Chris che mi aiuta in un momento come questo. Mi sembra tutto così irreale.

Con le lacrime agli occhi, mi stacco dal suo petto. Lo guardo e non riesco a dirgli nulla; lui sembra capirlo “Non devi parlare con me:vai da lei Samantha, corri”

Non ho più forze, la gamba urla dal dolore e rischio di inciampare un paio di volte, finalmente arrivo al suo box. Entro dentro e lo scenario mi colpisce più forte di prima.

Mi avvicino al suo muso che tante volte ho baciato in passato.

“Ehi, dolcezza” la guardo dritta negli occhi, come avevo fatto prima della gara, come ho fatto sempre fatto per trovare conforto, ma il mio sguardo è diverso:cerco di darle forza io, di darle coraggio, e in fondo a quegli occhi nero petrolio trovo quella complicità che ci ha sempre legate una all’altra.

Il mio messaggio è arrivato.

Solo allora comincio a parlarle: le parlo di quello che ho fatto e di ciò che ho pensato, e mentre lo faccio muoio pian piano dentro.

“Ora dovrei fare un discorso pomposo che spieghi tutto quello che io provo in questo momento e che illustri il perché di questa mia decisione. In realtà non sono mai stata brava a fare discorsi lunghi” Mi fermo, le lacrime mi impediscono di continuare “Ma oggi ci proverò. Perla, tu sei sempre stata vicino a me e mi hai sostenuta. Sei stata la mia roccia e il mio ossigeno, il mio eroe nelle situazioni difficili. Ora devo essere forte io per te, devo lasciarti andare” Un groppo mi impedisce, per la seconda volta, di portare a termine il discorso “Io vorrei tenerti qui, ma non sarebbe giusto nei tuoi confronti: tu non meriti di vivere così. Sei il miglior cavallo che esista, galoppi in una maniera strabiliante. Ti ringrazio di essermi rimasta accanto tutte le volte che ne avevo bisogno, di avermi donato tantissime emozioni. Perdonami se non sono riuscita a proteggerti come tu hai sempre fatto.” Mi piego sul suo muso e l’abbraccio; la tengo stretta, e qualche lacrima le bagna il pelo vicino al naso. Le ultime parole sono solo sussurri di modo che possa sentirmi solo lei “Devo lasciarti andare ed essere forte io per te, stavolta. Sei libera, amore mio.”

La bacio sul naso e lei sembra rilassarsi. Chris è lì sulla porta, il signor Butler insieme a lui.

Chiamano il veterinario e per me è buio un’altra volta.

 

**

 

Mi sveglio di soprassalto cercando di ricordare come ho fatto ad addormentarmi.

Mi trovo appoggiata alla parte del box di Perla. Il sangue è solo un ricordo, in realtà sul pavimento non c’è più nulla. Tutto pulito.

Mi alzo: è ormai inutile restare qui, e penso che non riuscirò mai più a fare nulla, ormai.

Uscendo vado a sbattere contro un qualcuno. È Chris.

“Stavo per chiuderti dentro!” esordisce in un vano tentativo di farmi ridere.

Simulo un mezzo sorriso e faccio per andarmene, sono le sue parole a fermarmi “Qualunque cosa tu stia pensando, non è stata colpa tua. Hai fatto la scelta giusta”

Mi volto e lo guardo negli occhi “Tu non puoi capire. Credevo di conoscere quel cavallo, invece non mi sono nemmeno accorta delle condizioni della sua zampa, in più non sono riuscita a fare nulla per salvarla. Le mie parole risuonano pesanti nel silenzio di quel luogo.

“Sai bene che quello che le è successo non poteva essere previsto.”

È vero, nessuno poteva prevederlo, la rottura del sesamoide è una cosa che può succedere,

un’eventualità, ma non basta a colmare il senso di colpa. Mi volto di nuovo.

“Ad ogni modo, quella a cui ho assistito tre settimane fa in questo box non era una scena di una persona che non conosce il proprio cavallo, al contrario: è stato qualcosa di magico. Il legame che vi univa, Sam, era indissolubile e forte. Il suo sguardo, il muso di Perla lo spiegava a chiare lettere.

Sto piangendo e non riesco più a muovermi. Aspetto di essere sicura sulle gambe prima di parlare “Grazie

È un sussurro, appena un bisbiglio, ma sono certa che il messaggio sia arrivato nella sua interezza. 

 

** 7 mesi dopo **

 

“Sam? È pronta, vieni a vedere!”

Corro verso la voce e appena volto l’angolo un magnifico Andaluso mi si para davanti. È uno splendido baio: la coda è stata pettinata e i crini sono morbidi e setosi, mentre per la criniera si è optato per un mucchio di treccine che corrono giù  per tutta la lunghezza del crine. Un vero spettacolo. “Ciao Mya, stai proprio bene lo sai?” mi rivolgo al cavallo mentre l’accarezzo dolcemente sulla testa.

“È ovvio che stia bene, è la mia.” Si intromette Chris venendomi accanto. Non posso fare a meno di sorridere “ È da segnare sul calendario, la signorina tristezza ha sorriso!”

C’è ironia e amarezza nella sua voce, ma dura un istante perché sono subito avvolta dal suo calore in un abbraccio.

 

 

Non so come andrà a finire. Da quando Perla è morta ho cercato di cambiare, di non appoggiarmi mai più a nessuno come avevo fatto con lei: Chris mi è rimasto vicino, pazientando e sorreggendomi le volte che la tristezza diveniva troppo forte da sopportare. È il mio migliore amico e per ora va bene così ad entrambi.

Qualche volta, nella solitudine della mia stanza, ripenso ai momenti vissuti con Perla, a quello che abbiamo passato e a quel giorno, e la tristezza mi coglie: in quei momenti ripenso a quel famoso aforisma di Shakespeare sulla gioia; non posso dire che sia del tutto errato, ma forse incompleto. Le gioie finiscono tutte, prima o poi, ma non è detto che non si possa ritornare ad essere felici.  

 

 

 

 

 

 

  
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