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Autore: _Pansy_    04/09/2005    5 recensioni
Tutti almeno una volta ci siamo ritrovati a fantasticare sullo strano, confuso e ambiguo rapporto di questi due particolari personaggi. Molti sono convinti che tra loro scorra amore, altri odio, altri ancora indifferenza, rancore o semplice simpatia, ma … quel è la verità a riguardo? Come si sono conosciuti, qual era il loro carattere, come hanno vissuto i loro primi e ultimi anni ad Hogwarts, cosa è successo o cosa non è successo in quelle mura e fuori nessuno lo sa con chiarezza … certo … ma se avrete la pazienza di seguire questa storia passo dopo passo scoprirete con gran stupore che in fondo, maghi purosangue o meno, non erano nient’altro che ragazzi …
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Northampton era considerata una città dell’eccesso sotto molti punti di vista, babbani e non che dir si voglia. Il centro della città era a dir poco magnifico con i suoi parchi dalle panchine immacolate e i numerosi hotel a cinque stelle, dove solitamente vi erano sempre parcheggiate una decina di auto fantastiche che odoravano d’oro a chilometri di distanza. I negozi all’ultima moda si espandevano a vista d’occhio su tutto il territorio e se per un particolarissimo caso a qualcuno fosse passata per l’anticamera del cervello l’idea di fermare un passante e chiedere dove si potesse trovare una bancarella dell’usato questi con buone probabilità sarebbe morto dalle risate. A Northampton la parolina “usato” o comunque “vecchio”, non era contemplata; con buone probabilità se un abitante della zona avesse cercato sul vocabolario tali parole non le avrebbe trovate. Lì l’inferiorità non era permessa, né per i babbani né tanto meno per i maghi. Tutto là dentro era nuovo e incredibilmente costoso, persino gli stuzzicadenti avevano un loro marchio di fabbrica eccezionale, secondo a nessuno.
Le villette dei non maghi erano una più bella dell’altra, sgargianti ed eccentriche, perfette nelle loro aiuole meticolosamente spuntate e dalle piscine riempite di acqua minerale e cloro al gusto di menta. Ma accanto a quelle del popolo magico impallidivano anch’esse e non poco, per giunta.
Nel Northampton, infatti, vi era un piccolo ed esclusivo quartiere abitato da soli maghi … no, non maghi qualunque ma la creme de là creme. Ricchi, schifosamente ricchi, non avevano desideri irrisolti, economicamente parlando, ovvio.
Tuttavia, la zona a loro dedicata non era estesa come ci si potrebbe immaginare, anzi. Il loro spazio con grande disappunto di questi si limitava solamente in un immenso e ampissimo grattacielo color dell’alabastro, rifinito del miglior argento goblinese in commercio. Ovviamente agli occhi dei babbani si presentava da decenni come un antico edificio in perenne restauro di un qualche miliardario russo che non si era mai occupato di lui, troppo impegnato con i suoi affari all‘estero.
Comunque il grattacielo, diviso in sei principeschi appartamenti, non aveva proprio niente da invidiare alle villette comuni, e questo i loro proprietari lo sapevano bene, visto e considerato che all’interno di essi vi potevano stare comodamente e senza esagerare due campi e mezzo da Quidditch.
Ed è proprio in uno di questi sei appartamenti, e con più precisione l’ultimo, che a noi interessa andare … nell’appartamento del più grosso magnate tedesco che abbia mai messo piede in Inghilterra, il signor Erick Ludvick Parkinson. Il signor Parkinson era nato e cresciuto in una piccola e riservata cittadina della Germania settentrionale e solo per eccellenti motivi finanziari aveva recentemente detto addio alla propria terra d’origine stabilendosi a Northampton con moglie e figlia al seguito. Era stato difficile per lui, ma soprattutto per sua moglie, adattarsi alla nuova città, alla nuova lingua e ai nuovi vicini … babbani … per i maghi non c’era stato alcun problema. Non appena questi avevano avuto la certezza che fosse ricco sfondato, infatti, lo avevano accolto come una sorta di fratello illustrandogli con garbo quelle che erano le regole dell’alta classe inglese. E lui vi si era adattato, e con estrema naturalezza anche, visto che di base le idee che avevano i purosangue inglesi non erano poi così diverse da quelle che avevano i purosangue tedeschi. La dottrina era sempre quella: no ai mezzosangue, ibridi e (per l‘amor del cielo), babbani. Niente miscugli di sangue … questa era l’unica vera regola. Una regola internazionale a quanto pareva, da lui più che apprezzata. Le tradizioni erano il suo pane quotidiano e quel giorno E. L. Parkinson si sentiva particolarmente ghiotto di tradizioni. Di lì a un paio d’ore sarebbero venuti a fargli visita i Malfoy, una famiglia di maghi purosangue inglese che rispecchiava perfettamente il suo concetto di perfezione, per far conoscere in tutta tranquillità alla sua adorata bambina il suo futuro sposo. Da mesi ormai discuteva con la moglie che la loro Pansy si stava facendo grande e che occorreva trovarle uno sposo al più presto se non volevano che tutto fosse perduto. Era tradizione infatti che i legami tra due famiglie venissero rinsaldati mentre i figli erano ancora piccoli per vari motivi: in primo luogo entrambi sembravano accettare meglio la cosa, in secondo luogo se il fidanzamento avveniva in precedenza i due avevano molto più tempo per abituarsi l’uno all’altra rendendo così al minimo il rischio di scenate isteriche. Sua moglie, comunque concordava a pieno con lui, così durante una cena d’affari con alcuni colleghi fece cadere casualmente la conversazione su sua figlia, una ragazzina deliziosa dalla personalità spiccata, avvolte un tantino eccentrica, ma per lo più mansueta. Così, per una fortuita, non che gradita, coincidenza i Parkinson scoprirono che anche i Malfoy avevano un figlio della stessa età della loro bambina. La cosa da quel momento sembrò stabilirsi come se tra le due famiglie fosse caduto un accordo silenzioso ed indivisibile; e quella domenica di luglio era il giorno prestabilito per l’incontro dei due futuri sposi. Sembrava scontato che questi non avrebbero avuto un giorno qualcosa da ridire … dopotutto non erano i primi e non sarebbero stati neanche gli ultimi; ma torniamo nell’appartamento …
Erick in quel momento era nella sua enorme camera da letto formato campeggio, intento ad osservare il proprio riflesso in uno specchio elaborato, incerto se indossare o meno una cravatta a strisce blu e nere dall’aria formale. Sua moglie Katrina, qualche metro più in là si faceva chiudere l’abito color pervinca da un’anziana elfa domestica con la quale discuteva in un tedesco fitto fitto per niente tranquillo. Lui le ignorava, troppo di buon umore per prestare attenzione ad un banale litigio tra donne, ma evidentemente c’era un qualche problema perché la signora Parkinson diede uno sbuffo irato scuotendo l’ondulata chioma corvina che le ricadeva perfettamente sulle spalle. Chiaramente voleva attirare la sua attenzione, inutile far finta di non aver capito.
- Qualche problema?- sussurrò pacato gettando a terra la cravatta, optando per un look più disinvolto e meno rigido, dopotutto si poteva già parlare di una tranquilla giornata tra parenti.
- Sì … Pansy!- sbottò la donna spruzzandosi addosso una più che generosa dose di profumo che fece tossire e starnutare l’elfa, i cui occhi irritati si erano riempiti di lacrime diventando di un bel rosso pomodoro. Nessuno però parve farci caso.
- Che cos’ha?- chiese con altrettanta calma. A differenza della moglie non si scaldava per ogni sciocchezza venisse a sapere da un elfo, non ne vedeva il motivo. Sprecare energie non era affatto conveniente, specie per uno che di energie ne aveva bisogno, visto il lavoro che faceva: trafficare con creature oscure non era affatto semplice ma molto redditizio, e questo appagava ogni sforzo.
- Non si trova! Non è nella sua stanza né altrove, secondo quel che Trilly mi ha riferito-
Katrina indicò brevemente l’elfa, per poi avvicinarsi a lui intenta anch’essa ad esaminarsi nello specchio d’ottone. Era una bella donna nonostante i lineamenti duri e appuntiti di chi in genere a sempre qualcosa da ridire su tutto.
Il signor Parkinson lasciò perdere il suo aspetto. Un sopracciglio inarcato e l’espressione arcigna di chi vede stracciarsi sotto i propri occhi un programma ben organizzato.
- Non si trova?- ripetè calmo nonostante il tono crudo - Come sarebbe a dire non si trova?
Sua moglie si strinse nelle spalle, troppo occupata a truccarsi gli occhi per agitarsi di nuovo. Erick sbattè un paio di volte le palpebre irato quasi a riflettere tra sé, poi con uno scatto si voltò verso l’ampia finestra aperta alla sua sinistra, scrutando attentamente il cortile sottostante. In lontananza si intravedeva tra gli arbusti fioriti una macchiolina rosa confetto correre qua e là con in mano un oggetto sferico.
- PANSY!- tuonò l’uomo dall’alto. La macchiolina sei piani più giù si lasciò sfuggire la palla. Era proprio lei.

***



- Ops!- si lasciò sfuggire la piccola portandosi le mani alla bocca per la sorpresa nell’udire il grido furioso del padre molti piani più su. La pluffa le balzò via di mano rotolando sotto un cespuglio di rose gialle a pochi passi da lei.
Alzò i suoi grandi occhi verdi verso il cielo, le manine diafane a fare da scudo ai raggi del sole. Suo padre sembrava un puntolino nero da quell’altezza. E l’idea la fece subito sorridere, come la fece sorridere il volto corrucciato della madre che un secondo dopo era spuntato accanto alla testa del padre. Sembravano due bambole. Chissà che avevano da urlare … mah … non li capiva. Parlavano inglese e lei l’inglese sebbene abitasse a Northampton da un paio d’anni ancora faticava a masticarlo correttamente. Dopotutto da bambina qual’era era già abbastanza brava a parlare correttamente due lingue così diverse. E lei ne era molto fiera … adorava esibire la sua bravura in pubblico, infatti, non vedeva l’ora di conoscere questi Malfoy di cui i suoi continuavano tanto a parlare per potergli dimostrare quanto fosse brava in qualsiasi cosa. Sapeva ballare, suonare, leggere scrivere, ricamare e cantare. Sapeva fare ogni cosa e lo sapeva perfettamente ma … adorava sentirselo dire di continuo, da tutti e sempre. In ogni occasione doveva essere lei la principessina del momento, la dama al centro dell’attenzione e anche quel giorno lo sarebbe stata. I Malfoy erano solo un pubblico in più da lisciare con le sue moine da brava bambina prodigio.
Pansy abbassò le manine. I suoi genitori erano spariti oltre la finestra, non c’era più niente da vedere. Tranquillamente, come se nulla l’avesse interrotta recuperò la sua pluffa e riprese a giocare tra i fiori di gelso e le begonie facendo attenzione a non sporcarsi il bel vestitino che sua madre le aveva comprato in centro per l‘occasione. Lei non sapeva perché l’arrivo di questi ospiti inglesi animasse tanto sua madre e suo padre, forse erano persone particolarmente importanti … chissà … fatto sta che grazie a loro ora aveva un bel vestito fiammante, a lei bastava questo per essere felice.
Ad un tratto il portone del grattacielo si spalancò con un cigolio e la figura slanciata di suo padre apparve davanti ai suoi occhi come un miraggio nel deserto.
- Papà-amore!- trillò raggiante lasciando nuovamente perdere la palla per corrergli incontro in un turbinare di merletti e fiocchetti rosa, i capelli al vento e il nasino all’insù.
Un secondo dopo era ai suoi piedi, un sorriso furbetto sulle labbra.
- Mi prendi in braccio papà-amore?-
“Papà-amore” era il nomignolo con cui chiamava suo padre. La cosa era nata molto tempo fa, quando ancora abitava in Germania. Sua madre spesso si riferiva al marito con l’appellativo “amore” così lei aveva associato meccanicamente le due cose con la semplicità che solo i bambini hanno e così era nato: papà-amore. Il signor Parkinson ne era subito rimasto deliziato come gran parte della famiglia. Quella volta tuttavia non né sembrava molto felice.
- Pansy … quante volte ti devo dire di non scendere in giardino senza avvisare nessuno!- tuonò l’uomo scrutandola severo dall’altro del suo metro e ottanta, gli occhi ridotti a fessure. Pansy non ne fu affatto spaventata, anzi gli sorrise giuliva. I suoi non riuscivano a tenerle il muso per più di dieci minuti di fila. Non temeva niente e nessuno, sapeva di conquistarli tutti con un sorriso e un battito di ciglia.
I primi segni di cedimento si stavano, infatti, già facendo largo sul volto del signor Parkinson che abbandonata l’aria crucciata le sorrideva di rimando, chinandosi per prenderla in braccio.
- Peste …- sibilò divertito, mentre lei gli si aggrappava al collo gongolante, facendosi scortare con naturalezza all’interno del lindo grattacielo, le cui pareti in marmo splendevano come rubini lustrati.
In poche falcate erano dentro l’ascensore dagli interni imbottiti e la moquette verde vivo. Una sinfonia primaverile li avvolse fino al sesto piano, dove Erick fece scendere sua figlia di modo che potesse correre incontro alla madre che nervosa faceva ticchettare le sue scarpe su e giù per il pianerottolo.
Pansy le diede un bacio sulla guancia, rassicurandola che da brava signorina qual era non si era né sporcata nè tanto meno spettinata. Ci teneva a farsi vedere sempre impeccabile, perché le principesse lo erano, quindi lo era anche lei.
- Tesoro dobbiamo parlarti …- le sussurrò dolcemente la donna raddrizzandole senza che ce ne fosse realmente bisogno il cerchietto che la piccola teneva graziosamente tra i capelli, lanciando uno sguardo d’intesa al marito non appena si fu richiuso la porta di legno di mogano extra lusso alle spalle. Pansy sorrise raggiante, non cogliendo affatto il mistero che aleggiava intorno a lei. I suoi le avevano sempre dato belle notizie … non aveva motivo di temere nulla.
- D’accordo- e con un risolino e un incantevole giravolta si sedette sul divano color zucchero a velo fissando da prima sua madre poi suo padre con ingenua curiosità. Fu il secondo a parlare per primo.
- Sei contenta, Pansy, che oggi i Malfoy ci vengano a trovare? - Pansy annuì allegra. Ed era la verità, lei adorava avere ospiti per casa da cui farsi riempire di complimenti.
- Bene …- mormorò l’uomo con una luce soddisfatta negli occhi - … perché loro figlio, Draco, diventerà il tuo sposo-
La ragazzina non replicò, ma il volto le si fece ad un tratto pensieroso, come cercasse di vedere le parole del padre sotto una luce diversa. Katrina si era appoggiata al marito incerta se preoccuparsi o meno per quello strano comportamento. Pansy sbattè le palpebre pensierosa.
- Ma è un principe?- chiese d’un tratto, corrugando la fronte con naturalezza infantile - Come quello delle fiabe?-
Sua madre sorrise, suo padre rimase serio, ma leggermente preso in contro piede dalla domanda.
- No … ma è di nobili origini … -
- Oh …- fece colpita, poi, di nuovo silenzio. Pansy dondolò i piedi, il capo chino a fissarsi le scarpette di vernice bianca. Uno sposo nobile … lei … che buffo …
- Ma è bello? - domandò ancora, più curiosa che altro. Non aveva le idee molto chiare sul matrimonio, sapeva solo che una volta sposati si era sempre felici e contenti, nient’altro. Così le avevano sempre letto i suoi genitori dai libri di fiaba.
- E’ biondo - esclamò suo padre come se fosse la cosa più ovvia da dire in una situazione tanto assurda. In realtà non poteva giudicare … non aveva mai conosciuto prima questo Draco … in effetti dava in sposa sua figlia a un perfetto sconosciuto. La cosa non lo turbava affatto. I Malfoy erano persone eccellenti, lo sarebbe stato anche loro figlio.
La piccola sbatteva ancora le ciglia nere, guardando suo padre incantata. In fondo, pensò, i principi delle favole erano sempre biondi, questo Drack o Dereck doveva per forza essere giusto per lei …
- Si, va bene, lo sposo! - esclamò allegra sorridendo come una gatta ai due genitori, i cui volti a quell’esclamazione si erano illuminati orgogliosi, e la loro decisione a quella vista parve rafforzarsi ulteriormente.
- Brava bambina …- le sussurrò il signor Parkinson, baciandole la fronte. Pansy ridacchiò soddisfatta ricambiando il bacio. Un secondo dopo, il campanello trillò vivacemente riempiendo la casa silenziosa.
Pansy scattò in piedi lisciandosi le pieghe del vestitino, tutta contenta, sua madre fece altrettanto. La vecchia elfa Trilly avanzò velocemente verso la porta, le orecchie appuntite tremolanti, fermandosi a quello che poteva essere paragonato a un citofono babbano. Il signor Parkinson poggiò le mani sulle spalle della figlia con aria incoraggiante mentre con un breve cenno del capo ordinava all’elfa di aprire.
Pansy sospirò emozionata. Anche lei non aveva le idee molto chiare su ciò che avrebbe comportato avere un fidanzato.

***



I Malfoy non avevano fatto a tempo a mettere piede nel Northampton che già Draco aveva preso a lamentarsi. Sembrava che dal suo sedile posteriore della nuova, fiammante, auto volante super confort di suo padre, trovasse ogni sorta di difetti in quella città all’apparenza perfetta. Gli alberi della zona per lui erano o troppo verdi o troppo pochi, le villette erano troppo piccole, i babbani erano troppi, c’era persino troppo poco sole per i suoi gusti. Non gli andava proprio bene niente; nemmeno alla vista dell’imponente grattacielo rifinito in vero argento e alabastro parve ritenersi soddisfatto.
- Ma è troppo scintillante questo posto!- aveva detto una volta messo piede giù dall’auto, dando un occhiata all’edificio che sotto il caldo estivo sembrava luccicare come una pietra preziosa di dimensioni mastodontiche - Insomma, potrei rovinarmi gli occhi!-
Sua madre alzò gli occhi al cielo esasperata. Lei al contrario del figlio trovava lo sfarzo della città più che gradito considerato il fatto che loro vivevano in aperta campagna.
- Smettila di lamentarti Draco o i Parkinson potrebbero pensare che abbiamo cresciuto una femminuccia invece di uomo bello e fatto-
Draco, furibondo, levò gli occhi verso sua madre ma non disse nulla. Questa tecnica funzionava sempre. Non si lamentò più fino a che suo padre non suonò uno dei campanelli in smeraldo grezzo del palazzo. L’uomo era fasciato in uno dei suoi abiti migliori, rigorosamente nero con il colletto rigido, poteva passare tranquillamente per una star di Hollywood, nonostante i capelli lunghi di un biondo intenso stretti in un codino. Qualche istante dopo con un “click” metallico il portone d’ingresso dell’enorme grattacielo si spalancò mostrando loro un ampia sala circolare così limpida e splendente da abbagliare gli occhi. Al centro vi era posto un ascensore color miele, trasparente in alcuni punti, sembrava fatto d’ambra, veramente molto impressionante.
- Oh Lucius questo posto è assolutamente delizioso! Non capisco perché non hai voluto venissimo ad abitare qui! - Narcissa non riuscì a trattenersi nel manifestare il proprio stupore mentre entravano nell’elegante ascensore dagli interni imbottiti e la moquette verde. Lei adorava tutto questo.
Lucius parve irrigidirsi appena a quell’inappropriata esclamazione ma il suo tono rimase pacato come sempre.
- Babbani ovunque … non vorrai certo che nostro figlio cresca circondato da quella plebaglia, spero -
- Certo che no - sbottò lei con una scrollata di spalle appoggiandosi alla parete mentre l’ascensore scivolava lentamente verso l’alto - Solo non capisco perché allora insisti tanto che la figlia dei Parkinson stia con nostro figlio, visto che secondo te qui è pieno di babbani-
Draco, che fino a quel momento aveva ignorato i discorsi dei genitori, troppo preso dal fatto che di li a qualche giorno avrebbe avuto una scopa nuova tutta per sé, alzò improvvisamente lo sguardo in direzione del padre in attesa di sentire una qualche risposta. Dopotutto sua madre aveva ragione, e se magari riusciva a sopraffare il marito probabilmente lui quella Amely, o come cavolo si chiama, non l’avrebbe più dovuta vedere in vita sua. Così prese ad annuire vigoroso in direzione della madre che a quella vista sorrise appena. Lucius non parve farci caso.
- Quando si sono trasferiti dalla Germania non sapevano che il posto pullulasse di babbani … hanno dovuto in un certo senso adattarsi -
Draco smise di annuire, guardando suo padre stravolto. Tedeschi? La sua fidanzata era tedesca? Contrasse il volto in una smorfia concentrata ripensando a ciò che gli avevano letto su quella terra lontana. Non aveva una memoria proprio buona e l’unica cosa che gli venne in mente furono una manciata di birre e qualche salsiccia. Poi si ricordò qualcos’altro.
- Vuoi dire che indossano quei ridicoli abiti rossi e verdi e parlano quella lingua dove sembrano tutti arrabbiati?- chiese con un moto di disgusto nell’immaginarsi questi Parkinson come una sorta di grassa famiglia delle caverne perennemente ubriaca. Al pensiero rabbrividì. Lui era gracilino, la ragazza lo avrebbe messo sotto in due minuti.
Narcissa scoppiò a ridere. Suo padre mandò uno sbuffo spazientito mentre le porte dell’ascensore si aprivano su un ampio pianerottolo vuoto eccezion fatta per una porta in mogano alla loro destra.
- Parlano benissimo l’inglese, Draco e no, non penso proprio se ne vadano in giro con delle tende al posto dei vestiti!- ringhiò nel suo modo pacato ma crudo lanciando un’occhiataccia alla moglie che sin da quando erano partiti non sembrava sostenerlo affatto in tutta quella faccenda.
Il ragazzo lo fissò scettico per qualche secondo prima che sua madre, ancora piuttosto divertita nonostante l‘occhiata, lo spingesse fuori dall’ascensore, in direzione della porta che senza accorgersene si era aperta. Un istante dopo un uomo corpulento, dai capelli scuri a spazzola e il mento pronunciato venne loro incontro. Aveva l’aria di uno che la sa lunga su molte cose ma che è troppo nobile per ammetterlo. A Draco non piacque. Benché non indossasse strambi vestiti e non fosse ubriaco, lo trovava inquietante. Persino il suo sorriso non lo convinceva affatto.
- Lucius! - esclamò questi benevolo stringendo la mano a suo padre, il quale ricambio il sorriso, sringendola a sua volta. I due sembravano grandi amici. Draco ne fu stupito. In genere suo padre era molto lascivo con tutti. Forse, pensò, questo signor Parkinson non deve essere tanto male per andare d’accordo con papà …
- E questo dev’essere il giovane Draco, non è vero?-
Il biondino si ridestò dai suoi pensieri. Non si era nemmeno accorto di essere rimasto imbambolato come un babbeo a fissare il futuro suocero. Narcissa gli fece una leggera pressione sulla spalla per ridestarlo.
- Si. Piacere di fare la sua conoscenza signor Parkinson- rispose brevemente porgendo all’uomo una mano. Questi con un sorriso sempre più largo gliela strinse educatamente per poi arretrare di qualche passò per farli entrare in casa.
L’appartamento si apriva in un grande salone rettangolare molto sfarzoso. Tende color avorio erano appese alle pareti e moquette di pelliccia brizzolata si espandeva a vista d’occhio. Un’ampia parete era tappezzata di infiniti trofei di caccia che variavano dalla selvaggina più comune a creature esotiche come piccoli draghi e sfingi. Era chiaro che la casa aveva tutto fuorché un tocco inglese. Draco ne rimase impressionato, il che non era cosa da poco. Concentrato com’era ad osservare quella che parevano essere due pantere d’oro massiccio poste accanto al camino spento e perfettamente lindo, non si accorse nemmeno della presenza di altre tre figure all’interno della stanza. Ancora una volta fu Narcissa a ridestarlo con un colpetto alla schiena.
Il suo guardo allora cadde su un elfa domestica piuttosto vecchia, ma molto curata se paragonata al loro elfo Dobby. Questa se ne stava in un angolo della stanza accanto ad un alta porta di legno nero piuttosto larga, in attesa di ordini, aveva l’aria molto professionale.
Poi spostando lo sguardo vide proprio davanti a sé una giovane donna e una ragazzina. Si sorprese di non averle notate prima visto che ce le aveva proprio davanti agli occhi. La donna doveva avere pressa poco l’età di sua madre, e come lei, era molto bella sebbene completamente diversa. Non era molto alta ma aveva un corpo ben proporzionato, gli occhi scuri e capelli ondulati dello stesso colore che le ricadevano sulle spalle. Nonostante i lineamenti rigidi non passava certo inosservata.
In quel momento stringeva la mano ai suoi genitori esibendo loro una perfetta fila di denti perlacei. Il suo sorriso tuttavia non era accogliente e caloroso come quello del marito, almeno questa fu la sua impressione.
- Signor Malfoy, signora, lieta di fare la vostra conoscenza -
Una vocetta acuta e leziosa interruppe i suoi pensieri, la ragazzina a cui fin ora non aveva prestato alcuna attenzione, aveva fatto un passo in avanti e un inchino ossequioso in direzione dei suoi genitori. La prima cosa che venne in mente a Draco nel guardarla fu che assomigliava moltissimo ad un piccolo felino. Era più bassa di lui di un paio di centimetri, magrolina, gli occhi verdi e acuti come quelli di un gatto, i tratti del viso rigidi come quelli della madre ma privi della sua bellezza … no, a dirla tutta più che un felino sembrava un pipistrello con i capelli. Inoltre, come se non bastasse, il suo accento tedesco era ancora molto marcato. No, al pari del signor Parkinson non gli piacque per niente. Poi, all’improvviso suo padre si rivolse a lui riportandolo alla realtà.
- Draco, avvicinati … ecco così, bene … ti presento Pansy, la tua fidanzata … Pansy, lui è Draco -
Draco si sentì molto, molto in imbarazzo ma nessuno parve accorgersene. Pansy al contrario sembrava molto sicura di sé visto il sorriso a trentadue denti che continuava a ostentare a tutti. Se possibile la trovò ancora più insopportabile. Le ragazze sono proprio stupide, pensò arrabbiato, mentre questa continuava a squadrarlo divertita, neanche fosse stato un pupazzo formato gigante. Non riusciva ad afferrare il perché un uomo avesse bisogno di una donna … a che diavolo servivano? L’unica cosa che sembravano essere in grado di fare era sorridere come delle oche! Ora che aveva visto quella Pansy dubitava persino avessero un cervello …
- Pansy, manca ancora un po’ all’ora di pranzo, perché non mostri al tuo nuovo amichetto la casa, mentre noi grandi prendiamo un aperitivo in terrazzo? Sono sicura che troverà la cosa molto interessante!- Draco strabuzzò gli occhi. La signora Parkinson si era rivolta alla figlia e con suo sommo orrore aveva visto che questa ubbidiente aveva annuito raggiante, ammiccando in sua direzione. No, no, per favore no …
Lanciò uno sguardo di supplica ai suoi genitori ma questi lo ignorarono scrupolosamente, troppo concentrati su quell‘odioso confetto rosa dal nasino all‘insù che sembrava averli stregati.
L’elfa domestica intanto era sgattaiolata in cucina, tornando con vassoio d’oro bianco sul quale erano posti quattro cocktail color vermiglio e qualche stuzzichino dall’aria invitante. Silenziosa come un gatto si era avviata verso il terrazzo aperto, ricco di margherite e tulipani. Draco desiderò ardentemente buttarcisi sotto.
- Vieni con me- gli disse zuccherosa la ragazzina prendendolo per mano. Con un ultima occhiata di rimprovero ai genitori che non avevano fatto nulla per impedire tutto ciò la seguì riluttante fuori dalla stanza. Lei lo condusse in un corridoio lungo e stretto ma ben illuminato, infondo ad esso si intravedeva una scalinata di quarzo verde pallido, molto suggestiva. Una volta assicuratisi di essere fuori dal campo visivo dei suoi si staccò immediatamente da lei.
- Non farlo mai più, chiaro?!- sbottò questo pulendosi la mano sulla t-shirt come fosse stata sporca di fango. Lei lo fissò stralunata come se non avesse capito, bloccandosi a metà strada.
- Ma non sei il mio fidanzato?- domandò lei con semplicità sbattendo le ciglia, fissandolo curiosa.
- Solo fino a quando non avrò la mia Tornado -
Pansy lo guardò confusa, come se non avesse capito. Draco si ritrovò ancora una volta a pensare che non fosse affatto carina con quel muso da pipistrello.
- Cos’è “Tornado”?- chiese la ragazza corrugando la fronte, sforzandosi di comprendere quella strana parola.
Lui alzò gli occhi al cielo esasperato. Oltre ad essere brutta era pure stupida. Ma suo padre si era bevuto il cervello a fargliela conoscere?
- E’ una scopa da corsa!- spiegò bruscamente con aria di superiorità - Sai, per giocare a Quidditch … sai cos’è il Quidditch no? O non capisci proprio niente?-
L’aria rilassata e il tono gentile della ragazza parvero sparire all’istante. Con sommo piacere di Draco aveva anche smesso di sorridergli.
- Io capisco- esclamò secca, gli occhi ridotti a fessure, il naso per aria. Ora lo fissava come una specie di scarafaggio in decomposizione. A quanto pareva era una tipetta orgogliosa.
- Oh … tu capire me … ja? - le fece il verso lui sghignazzando compiaciuto. Si divertiva un sacco a far innervosire la gente e quella sciocca era proprio un bersaglio ideale. Non aveva l’aria di una molto sveglia … ma aveva fatto male i conti. Pansy con un ringhio furente gli diede uno spintone ben piazzato che in quattro e quattr’otto lo fece finire col sedere a terra. Draco preso alla sprovvista non era riuscito a difendersi.
- Non mi prendere in giro!- gridò la moretta con un diavolo per capello guardandolo dall’alto con disgusto. Draco fece per alzarsi e ribattere, le guance pallide rosse di rabbia, ma lei prese ad urlare come un ossessa, fingendo di piangere disperata. Senza rendersene conto era di nuovo in piedi lo sguardo che saettava verso la sala da dove erano da poco usciti. Un rumore di passi gli giunse in fretta alle orecchie e un secondo dopo i loro genitori attirati dalle grida, degne di una scimmia isterica, erano di fronte a loro.
- Cosa le hai fatto?- ringhiò Lucius minaccioso afferrando suo figlio per un braccio e scuotendolo appena. Pansy era saltata subito tra le braccia di sua madre, singhiozzando con tutta l’anima … ovviamente per finta. Il ragazzo la fissava a bocca aperta sconvolto. Quello era proprio il genere di cose che avrebbe fatto lui. Era brutto essere fregati da una propria arma. Dopo alcuni secondi l’ira gli fece ritrovare la forza di parlare.
- Io non le ho fatto niente! E’ stata lei a spingermi! -
I Malfoy gli lanciarono un’occhiataccia carica di delusione. Evidentemente non gli credevano affatto. E come avrebbero potuto? Pansy aveva tutta l’aria della bimbetta per bene …
- Chiedi immediatamente scusa -il tono di suo padre era perentorio, gli occhi dardeggianti.
- Ma …- provò nuovamente a difendersi lui.
- Niente ma, Draco, fai le tue scuse a Pansy -. Il biondino fissò con un profondo senso di ingiustizia il muso da pipistrello della sua fidanzata che oltre la spalla della signora Parkinson lo guardava tronfia con lacrime di coccodrillo agli occhi. Provò l’immenso desiderio di tirarle un pugno, ma suo padre lo fissava ancora minaccioso, la mano stretta attorno al suo braccio.
- Scusa - sibilò tra i denti gli occhi color del ghiaccio scintillanti d’odio. Lei tirò su educatamente col naso, si asciugò le poche lacrime con aria drammatica, annuendo leggermente con il capo.
“Serpe … piccola odiosa serpe …” questo si ritrovò a pensare il ragazzo mentre i suoi genitori si scusavano calorosamente con quelli di lei, i quali al contrario di questi non sembravano affatto preoccupati, trovavano la cosa estremamente normale tra ragazzini, dicevano che era il primo segnale che i due andavano d’accordo. Draco avrebbe voluto tirare un calcio sugli stinchi al signor Parkinson per quello che aveva detto.
- Beh … visto che l’incidente è stato risolto, forse è meglio che andiamo a tavola. Trilly mi ha informato che il pranzo è pronto- disse d’un tratto la madre di Pansy ancora con lei tra le braccia. Tutti annuirono e suo marito la precedette facendo strada agli ospiti. Draco rimase indietro. Stava fissando la ragazza che senza farsi notare dall’alto della sua postazione lo fissava gongolante mostrandogli la lingua in segno di vittoria, poi, dopo essersi guardata in giro, aprì la bocca e gli sussurrò: “Te l’ho fatta, stupido inglese”.

***



Il resto della giornata trascorse in un mare di dispetti da parte di entrambi. A tavola però Draco ebbe modo di vendicarsi; riuscì a lanciare sulla faccia della ragazza un grosso e molliccio cavolino di Bruxelles senza farsi notare ma si godette poco il suo momento di gloria perché lei a sua volta gli sferrò un calcio ben piazzato sugli stinchi, facendolo urlare di dolore. Ovviamente quando spiegò a suo padre il motivo dell’urlo questi non gli credette e anzi gli diede pure una pacca sulla testa, minacciando di punirlo una volta a casa se non l’avesse smessa di dire bugie. Durante il pomeriggio i Parkinson si proposero di mostrare ai Malfoy il meglio della loro città in un breve giro turistico durante il quale Pansy, stufatasi di occuparsi dell’insoddisfacente fidanzato, si era dedicata anima e corpo alla cura di una bella bambola dai capelli rossi che Draco, ovviamente, prima di lasciare la casa si era preso la briga di rompere. Gesto che lo rese profondamente appagato e orgoglioso di sé. Tuttavia una volta salito nell’auto del padre per fare ritorno a casa il suo umore tornò nuovamente tre metri sotto terra.
Lucius non era stato affatto fiero di lui in quella giornata e per tanto non gli avrebbe più comprato la Tornado che desiderava tanto.
- Ma non è giusto!- si era lamentato lui, scalciando dal sedile posteriore - E’ tutta colpa di quella pipistrella! Io che centro!-
Il chiamare “pipistrella” la sua futura sposa, comunque, non parve una buona mossa visto che suo padre stanco di sentirlo parlare a vanvera gli scagliò contro un incantesimo insonorizzante che gli tolse per tutto il viaggio la capacità di parlare. Sua madre sembrava piuttosto divertita dalla cosa.
- Su Draco, non lamentarti, pensa che con lei dovrai trascorrere ancora tanto, tanto tempo …- gli disse lei con un sorriso mentre si aggiustava il trucco nello specchietto retrovisore - … come ad esempio le vacanze estive-
- COSA?- urlò il ragazzo senza però emettere suono, visto che la magia era ancora in uso.
- … e le vacanze di Natale …- proseguì sua madre continuando tranquillamente a passarsi dosi generose di mascara sulle ciglia-
- NO!- urlò di nuovo, con il medesimo effetto del precedente.
- … e tutte le altre festività del calendario … i compleanni …- sua madre pareva inarrestabile, ma il colpo di grazia venne da suo padre che rimpossessatosi dello specchietto lo guardò negli occhi attraverso esso.
- … e tutto il resto della vita- concluse con enfasi ridendo divertito.
Draco trovò entrambi molto, molto crudeli e mentre si accasciava furente contro il suo schienale, guardando in realtà senza vederlo il lussuoso paesaggio del Northampton sfrecciargli accanto, non riuscì a non pensare per la millesima volta quel giorno che, quando sarebbe diventato un mago adulto e potente, avrebbe fatto sparire con un sol colpo di bacchetta tutte le donne del pianeta. Ovviamente, Pansy era in cima alla lista.

***



Ciao a tutti! Vi rubo solamente altre tre o quattro righe per ringraziarvi ancora una volta tutti per aver letto questa storia! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto … se avete tempo lasciatemi due righe a riguardo così per farmelo sapere! Grazie mille in anticipo!

Un GRAZIE particolare a:

Pansy Malfoy
Hermione
Hermia
Mimmyna
Sabry
Lolly
Katia37


Non riesco a credere che vi sia piaciuto il mio lavoro! Siete tutte/i fantastici, con quelle poche righe mi avete resa felice! Continuate mi raccomando! Bacioni

  
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