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Autore: Looney    06/06/2010    4 recensioni
Voi credete agli angeli? Bene, se avete risposto sì a questa domanda allora non poteva essere meglio. La storia in questione narra appunto di un angelo meraviglioso, costretto a sopportare la vita, che viene salvato per caso da una ragazzina umana dal cuore d'oro nella sua stessa identica situazione, diventandone così il migliore amico. Lei non sa però che il piccolo angelo da quel momento in poi ha un grande debito da saldare ed a distanza di ventuno anni dal loro primo incontro si presenta di fronte a lei con una misteriosa sorpresa, la quale ricompenserà la donna della sua fedeltà nei confronti dell'angelo. E allora voi chiederete, cosa c'è di strano in tutta questa storia? Gli angeli non possono fare regali agli esseri umani? Certo che possono. Ma i regali degli angeli non sono come i nostri... Bene, dopo questa breve presentazione spero di aver infuso un po' di suspense in tutti voi, questa storia sarà abbastanza lunghetta e coloro che si impegneranno nel leggerla lo devono sapere per non cadere in uno stato di trance nervoso!!XD è robetta leggera, non preoccupatevi per questo, ma mooolto interessante, fidatevi!!;) Come titolo ho usato una canzone meravigliosa che amo moltissimo, Will You Be There appunto, ma non c'è un legame preciso con ciò che andrò a raccontare nella FanFiction, mi ispirava la canzone tutto qui!!^^ E naturalmente il co-protagonista indiscusso sarà il nostro splendido Michael, attorniato da personaggi bizzarri ed una ambientazione decisamente particolare... Curiosi, eh??^^ Se avete coraggio iniziate a leggere il primo capitolo!!**
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Will You Be There '
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                                               Happy XMas

 

                               (WAR IS OVER. If you want)

 

 

Il caffè era particolarmente amaro di mattina, soprattutto dopo una notte infestata da informi incubi generati da ansie che avrebbero fatto ridere un pollo allo spiedo.

Eppure non riuscivo a superarle, certe paure: perché diamine mia figlia se ne andava in giro da sola senza dirmi neanche dove fosse diretta o con chi stava andando, per giunta quando fuori faceva così freddo che era impossibile ritornare a casa senza i piedi gelati?

Non mi convinceva neanche il suo buonumore di ritorno da scuola poiché per lei non era mai stato un luogo felice sotto molti punti di vista, e come mamma c’ero passata in pieno e stavo ancora affrontando la battaglia a testa alta ma con una gran noia nelle ossa.

No, non mi convinceva per niente il suo comportamento.

Alzai il coperchio della zuccheriera e versai un altro cucchiaino di zucchero nella tazzina, mescolai per bene e me lo portai con speranza alla bocca. Sì, ora era bevibile finalmente!

Soddisfatta trangugiai ciò che restava del mio caffè, mi pulii la bocca ed andai a cercare Fernando per dirgli che stavo uscendo ed andavo da Michael per una chiacchierata segreta.

Da quando si era ripresentato davanti il cancello della mia casa la notte di Halloween, era ritornato il Michael che avevo conosciuto da bambina e, ciò che mi rese più felice, i suoi sentimenti per me non erano mutati.

All’inizio il ligio maggiordomo mi guardò con fare sospetto, poi la sua espressione si rilassò e riprese a pulire un calice di cristallo dal vecchio servizio di nozze di mio padre, sbuffò sonoramente e mi disse che potevo andare tranquilla, l’importante è che ritornassi per l’ora di pranzo.

E come sempre non accettava ritardi.

Gli promisi che mi sarei comportata bene e che in meno di un’oretta avrei sbrigato le mie faccende con Michael (anche se non era assolutamente vero) e salii le scale saltellando per andarmi a vestire.

Fui in strada quindici minuti dopo e facendo ricorso al mio infallibile senso dell’orientamento, riuscii a rintracciare l’immensa villa di Michael tra quelle che spuntavano come funghi dalle colline di Encino, rese irriconoscibili dall’inverno e bagnate talvolta da un tiepido sole.

Nonostante facesse freddo il clima era sopportabile, e l’avvento del Natale rendeva tutto più allegro: Los Angeles si era trasformata in un pacco regalo e alle migliaia di luci che già la popolavano si erano aggiunte le lampadine colorate ed i festoni appesi ad ogni porta invitavano ad entrare per gustarsi un po’ di calore domestico.

Anche noi avevamo addobbato per bene la nostra casetta sia dentro che fuori, impiegandoci due giorni, ed alla fine assomigliava più ad un budino di Natale che a una villa di Beverly Hills, ma in confronto ad alcuni nostri vicini di casa la nostra era decisamente meno appariscente.

La villa di Michael invece più che volgare appariscenza possedeva una maestosità invidiabile alla Casa Bianca: le decorazioni erano state scelte con cura da una persona di buon gusto e nonostante la loro abbondanza non mettevano a disagio chi le osservava, anzi, li confortava.

Il loro instancabile sfavillio era visibile da molto lontano e perciò scorsi sotto di esso la reggia che mi interessava tra le altre.

Affrettai il passo speranzosa, con i piedi che si stavano congelando nelle Converse nere e consunte e la giacca a vento che non proteggeva granché le mie gambe: ma perché non guardo mai quello che pesco dall’armadio prima di indossarlo ed uscirci con conseguenze poco piacevoli?

Scossi la testa, rassegnata da me stessa.

Arrivata all’entrata principale suonai al campanello della maestosa villa di Encino e dopo aver constatato che non ero un paparazzo né il sicario di qualche presunto rivale di Michael Jackson l’ancor più maestoso cancello si aprì per lasciarmi entrare.

Vista dall’interno l’abitazione della famiglia Jackson era ancor più grande di quanto sembrava: il giardino sarà stato sì e no il triplo del primo e la villa che si ergeva dinnanzi a me anche.

Pensai che la grandezza del luogo serviva per nascondere persone semplici e buone come Michael e la sua famiglia.

Naturalmente esclusi certi elementi deplorevoli.

Man mano che percorrevo l’enorme viale che attraversava il giardino mi facevo più tesa: e di cosa poi? In fondo non è la prima volta che visitavo casa Jackson ed i parenti di Michael sanno bene che non ho alcuna relazione con lui, ci mancherebbe!

Forse il mio nervosismo riguardava ciò di cui dovevamo parlare, ovvero mia figlia.

Era la prima volta dall’inizio dell’adolescenza che la vedevo diversa e, buon segno o cattivo che sia, avevo bisogno di qualche parere dal mio amico fidato, dopodiché avrei parlato con Katie a quattr’occhi.

E sarei riuscita a espiantare la verità dalla radice.

Okay, Michael mi aveva vivamente consigliato di starle vicina in qualunque momento ma se non mi complicavo la vita non ero contenta.

Quando giunsi davanti il portone questo era già aperto.

Non mi feci tanti scrupoli, pensando che fosse stato spalancato apposta per me, ed entrai nella reggia.

L’interno era molto più spettacolare dell’esterno, e persi così tanto tempo ad osservare i festoni natalizi lungo i passamano delle scale ed i bordi delle porte, i vari gingilli posizionati con gran cura su scaffali di vetro, le fotografie sbiadite della famiglia incastonate in cornici antiquate che conservavano ancora il loro fascino d’altri tempi che non mi accorsi di un uomo ben vestito che gentilmente si offrì di aiutarmi, vedendomi un po’ smarrita.

Io sussultai e per poco non lasciai scivolare dal loro posto un delicatissimo cavallino in cristallo che fortunatamente non balzò via e cadde tra le mie mani.

Mortificata come se avessi fatto la pipì al letto, rimisi a posto il cavallino e la mia attenzione fu occupata solo dalla ricerca di Michael, che il buon uomo mi aveva detto si trovasse in camera sua, libero dagli impegni più importanti ed intento ad un lavoro speciale che non aveva osato rivelare a nessuno.

Conoscendo Michael sicuramente qualcosa di straordinario!

Dissi al buon uomo di accompagnarmi davanti la stanza del mio amico non ricordandomi la strada e con gentilezza lui mi ci guidò, e congedandosi con una discrezione che solo i maggiordomi hanno mi lasciò sola di fronte alla porta.

Non bussai subito: stavo studiando come cominciare il discorso su mia figlia con Michael quando pensai che non gli sarebbe importato nulla e mi avrebbe aiutato volentieri in qualunque mio turbamento.

Perciò mi feci coraggio e bussai pianino pianino.

Nessun rumore.

Riprovai e stavolta tesi l’orecchio per ascoltare: sapevo di non fare bella figura ma la situazione era urgente.

Dai leggeri rumori che provenivano dalla stanza compresi che ci fosse qualcuno dentro, intento ad una attività così travolgente da non udire neanche il più impercettibile dei rumori.

Mi ero sbagliata di grosso perché senza accorgermi di nulla la porta si era aperta e si era andata a spiaccicare sulla punta del mio naso, come se non fosse già orribile, e chi stava uscendo dalla stanza mi guardava sorpreso e preoccupato allo stesso tempo.

Reggendomi ancora il naso dolorante e barcollando qua e là per il corridoio mi accorsi di Michael e mancò poco che andassi ad inciampare non so neanche io dove, per poi rizzarmi per bene in piedi come una brava bambina maldestra.

La sua espressione era immutabile.

Io ero nel panico più assoluto.

“Ehm… Buongiorno Michael! Bella giornata, non trovi?”

“Bellissima, almeno c’è il sole. Ma… Tu cosa ci fai qui?”

“Beh, ecco… Volevo parlare con te di una cosa… Molto importante, e perciò sono venuta qui, a Encino, dove tu abiti, e mi hanno fatto entrare quando gli dissi che io ero tua amica e non avevo alcuna intenzione di farti del male, poi un brav’uomo si è offerto di condurmi davanti alla tua stanza ed eccomi qui!”

“Ah bene! Allora… È molto importante ciò di cui vuoi parlarmi?

Sospirai sonoramente.

“Direi di sì, caro Michael. Riguarda mia figlia…”

Al ricordo di Katie il volto liscio di Michael si increspò, la bocca si assottigliò ed il suo sguardo cadde sul pavimento appena tirato a lucido.

Mi invitò ad entrare immediatamente nella sua stanza e dopo che mi fui sistemata sul letto chiuse la porta a chiave e la lasciò nella serratura.

Ebbi tempo di osservare lo spazio attorno a me per vedere se ci fossero delle prove del lavoro segreto di Michael ma non vidi nulla: i suoi normali passatempi preferiti e null’altro.

Smisi di guardarmi intorno quando lui sii accomodò di fianco a me e mi guardò dritta negli occhi: riusciva a leggerci dentro ciò che volevo dirgli, l’angoscia che provavo in quei giorni, la tremenda consapevolezza che qualcosa stava cambiando intorno a me?

Sicuramente sì, ma i suoi occhi erano così scuri e impenetrabili che si poteva facilmente sbandare nel percorso verso la verità.

Rapita dalle sue pupille non mi accorsi della sua mano che stringeva la mia, incitandomi a parlare.

Rimasi stupita da quel gesto che non ripeteva da tanto tempo e dopo aver cacciato un sospiro cominciai la mia confessione.

“Da un po’ di tempo Katie non è più la stessa: tu l’hai conosciuta quando era ancora una bambina, ma fin da subito ti hanno sorpreso la sua indipendenza, la sua curiosità, la sua indicibile maliziosità ma non gli hai dato molto peso poiché i bambini alla sua età sono tutti così.

Quando varcò i confini dell’infanzia per entrare nell’adolescenza ero un po’ preoccupata per la strada che avrebbe preso poiché il suo carattere era più che intrattabile e si sa cosa combinano i figli intrattabili ai genitori apprensivi.

Ho sempre saputo perfettamente di essere una mamma troppo premurosa e attenta per la mia piccola, e sapevo anche che troppo amore le avrebbe fatto male… Ed ecco il risultato.

Fugge l’amore, e non solo quello materno.

Ormai a casa ci incrociamo solo nelle ore dei pasti e non ci scambiamo nemmeno una parolina, la più cretina, insignificante parola che esista.

Esce e non mi dice neanche dove va, ritorna e fila in camera sua.

Però quando la vedo spuntare dal portone il suo volto esprime felicità: è felice, capito, Michael?

È felice di restare lontana dalla casa in cui è cresciuta, lontana dalle persone che le vogliono bene, lontana da me, sua madre, quella che ha sacrificato l’intera vita affinché lei potesse vivere serenamente!

Ed ora c’è qualcosa che la rende ancora più felice, e non mi lascia condividere la sua felicità!

Vorrei tanto capirla ma non posso. Sono un’illusa, Michael.

Una stupida illusa.

E se tu puoi, e soprattutto vuoi aiutarmi, io te ne sarò grata, fino alla fine”.

Le ultime parole morirono strozzate da un pianto nato più per nervosismo che per tristezza, il nervosismo di non riuscire a capire cosa frullasse in testa a quella pazza di mia figlia.

Mi ero appoggiata alla spalla consolatrice di Michael e lui come al solito non aveva fatto storie né mi aveva interrotto durante il mio sfogo.

Ora accarezzandomi i capelli ondulati e tenendomi ancora la mano pensava sicuramente ad una risposta, un consiglio che mi avrebbe aiutato ad affrontare la situazione.

E quel consiglio arrivò.

“Io penso che dovresti lasciarla camminare lungo la sua strada: ora non le serve più il tuo aiuto per andare avanti e può benissimo farcela da sola.

Una sola cosa ti chiedo di fare, Fiorellino: quando lei vorrà venire da te per piangere, per urlare o semplicemente per sfogarsi tu non esitare a darle il tuo sostegno, a sopportarla, a consigliarla, a consolarla, perché non c’è nessuno migliore di te che può farlo.

Ricordatelo sempre”.

“Va - va bene, Michael. Ma cos’è che la spinge così lontana da me? Qualcosa che avrebbe dovuto evitare?”

“No, assolutamente! Se la rende felice può farle soltanto che bene.

È qualcosa che lei non aveva mai sperimentato e della quale si pente amaramente… No, non è la droga o l’alcool, tranquilla!

“Ma se non ho neanche parlato”

“Il tuo sguardo parla per te”

“Ah, ecco. E…cos’è, allora?”

“Oh questo non posso dirtelo io, Fiordaliso! Io non sono infallibile, lo sai, e potrei sbagliarmi. Aspetta che te lo dica Katie, così sarete entrambe più sollevate

“Okay. Grazie, Michael!”

Lo presi per il collo e quasi lo strozzai per quanta forza ci misi nell’abbraccio tantoché dovetti mollarlo subito, inerme sul suo bel letto imbottito.

Sorrisi alla tenerezza che mi trasmetteva quel ragazzo semplice e generoso: quante persone avrà aiutato e sostenuto nei suoi ventisette anni di vita oltre me?

Rimanemmo a guardarci per un po’, sperduti l’uno negli occhi dell’altra, senza neanche toccarci.

Mi bastava semplicemente il fresco tocco dei suoi occhi sul mio viso per essere serena.

Naturalmente quel sensazionale attimo di estasi doveva essere interrotto da qualcosa di umanamente fastidioso ma indispensabile.

“Oh santo cielo! Scusa, Mike, devo andare a pranzo!”

Mi alzai dal letto alla velocità di una stella cadente e corsi lungo le scale ancora più velocemente, lasciando il povero Michael ancora disteso sul letto, completamente basito.

Mi stavo rimettendo il cappotto per uscire quando lo vidi scendere lentamente le scale.

Gli andai incontro per scusarmi del mio comportamento e lui sembrò aver letto i miei pensieri perché mi mise una mano sulla spalla e mi tranquillizzò dicendomi: “Non fa niente. Vai pure a casa” e poi avvicinando la bocca al mio orecchio: “Katie ti aspetta”.

Sorrisi e lo abbracciai per l’ultima volta prima di aprire il grande portone e sparire nel gelo di dicembre, con la consapevolezza che quel giorno sarebbe stato un giorno migliore dei precedenti.

 

 

“Ma ti rendi conto? È ufficialmente finita!”

“Non cantare vittoria, mancano ancora cinque mesi!”

“Ma non mi riferivo alla scuola, Sandy!”

“Ed a cosa?”

“Beh… Se hai un po’ di pazienza te lo spiego

“Io ho tutta la pazienza del mondo quando si tratta di te, cara

“Oh, allora… Troviamo un posto appartato dove nasconderci

Sandy seguì Katie attraverso il cortile quasi deserto della scuola, facendo piuttosto fatica per colpa delle sue scarpette scomode che la madre le imponeva sempre di indossare e diede in un sospiro di sollievo quando si mise seduta su una delle panchine che circondavano l’edificio, anche se era piuttosto fredda.

Ma non ci badò molto, e neanche Katie.

Voleva solo ascoltare ciò che voleva dirle la sua migliore amica.

“Allora… Di che cosa si tratta?”

“Non mettermi fretta, diamine!”

“Ma ti ho solo chiesto…”

“Non importa, non devi mettermi fretta lo stesso!”

“Uffa, e va bene!”

“Okay…”

Katie si schiarì la voce ed osservo Sandy maliziosamente.

“È da un po’ di tempo che io ed una certa persona ci incontriamo e parliamo. Stiamo bene insieme ma ci manca ancora qualcosa per essere davvero degli amici. Questa persona la conosci bene, soprattutto per un particolare…

“Stai parlando del professor Johnson?”

Katie diventò improvvisamente rossa come brace e si guardava attorno nervosamente per assicurarsi che nessuno avesse udito il terribile segreto tra lei ed il suo professore: non era normale che fossero così intimi, soprattutto dopo che Katie si era ripromessa di rovinarlo come uomo e come insegnante.

Sin dall’inizio si erano prefissi che i loro incontri sarebbero rimasti sconosciuti agli occhi ed alle orecchie di chiunque li conoscesse, prima fra tutti la madre di Katie che sarebbe stata capace di rinchiuderla dentro la sua stanza per il resto della sua vita, e non voleva giocarsi per una semplice svista la sua giovinezza appena iniziata.

“Cazzo, non parlare a voce così alta, potrebbero sentirci!”

“Ma io sto parlando pianissimo, sei tu che ti agiti per un nonnulla!”

“Okay, sono io che mi agito per un nonnulla, ma la tua voce è comunque troppo alta!”

“Vabbè, la mia voce è troppo alta, cosa devo dirti!”

“Niente, stammi a sentire!”

“Okay”

“Allora…” Riprese Katie, tirando un lunghissimo sospiro a mo’ della mamma ed osservando in silenzio una impaziente Sandy con il solo pretesto di vederla soffrire.

“Io ti racconto tutto per filo e per segno, ma ad una condizione

“E quale?”

“Mantieni il segreto. O ti farò passare la peggiore nottataccia della tua vita!

“Va – va bene, inizia pure!”

Katie sorrise sadica all’amica e finalmente partì con la sua narrazione.

“Non so bene come sia accaduto. So solo che dalla notte di Halloween io e Johnson siamo amici. Cioè, non proprio amici per la pelle, ma riusciamo a capirci l’un l’altra, comunichiamo con linguaggi diversi dai soliti e… Niente, semplicemente stiamo bene insieme!

Non pensavo che fosse così bravo e sensibile: a scuola non dimostra assolutamente questa parte del suo carattere, come se volesse nascondere la sua timidezza e la sua poca esperienza con eccellenti doti di insegnamento e completo controllo della classe.

In realtà il primo che vuole essere guidato è lui, poiché si sente molto meno maturo di un ragazzino di tredici anni; perciò mi ha preso come sua personale strizzacervelli.

Lo aiuto a comprendere i suoi problemi ed a risolverli e lui sta cominciando a migliorare sotto le mie direttive, anche se penso che me lo faccia apposta per rendermi contenta.

E poi mi ha narrato la sua storia ma era meglio se si stava zitto!

Sospirò stancamente ed abbassò la testa.

“Sono troppo felice per essere sua amica…

Katie cominciò a giocare distrattamente con l’orlo della gonna mentre Sandy la osservava sovrappensiero, indecisa su come controbattere al discorso dell’amica.

Dopotutto non era un argomento delicato.

E poi la lampadina della ragione le si accese con un allegro scoppiettio.

“Ma Katie, che assurdità stai dicendo? Proprio perché sei felice dovresti trasmettere la tua felicità a chi non ne ha ma ne ha infinitamente bisogno, proprio come il nostro professore! E solo essendo consapevole di farlo veramente felice tu riuscirai ad allontanare il brutto malessere che alloggia nel tuo cuore senza permesso di soggiorno!

“La vedi facile, tu. Non hai un cervello, anzi due cervelli, a cui pensare. E poi posso anche restituirgli la sua felicità di una volta ma non potrò far nulla per la sua condizione terrena: non hai visto in che posto abita, la casa a malapena riesce a contenere lui e suo figlio…

“Ha un figlio?”

“Sì. È piccolo e si chiama John”

“Oh…”

I brillanti occhi di Sandy fissarono per qualche secondo il suolo ghiaioso sotto di lei. Stavolta non sapeva proprio cosa rispondere.

“Non ci ha mai parlato molto della sua famiglia. Avrei dovuto aspettarmi una situazione del genere…

“Già”

“Sembra così sicuro di sé… Ed invece è molto fragile

“Molto, sì”

“Mi raccomando, stagli vicino!”

“E che cosa sto facendo ora?”

“Ah giusto! Beh… Sai cosa dovresti fare?”

“Cosa?”

“Io penso che lui sia ormai diventato completamente indipendente da te e dai tuoi consigli. Dimostragli che anche tu tieni a lui! Così non avrai più la scusa di essere troppo felice per una persona come lui e sarai finalmente contenta, mentre lui, poiché si sente ricambiato dalla ragazza che gli ha salvato, per così dire, la vita, sarà ancora più felice di prima! Allora, che te ne pare?”

Stavolta era Katie quella che si stava spremendo le meningi: l’idea di Sandy le piaceva ma non sapeva come metterla in pratica.

Pensò al particolare rapporto che univa lei a Joe, alla prima volta in cui lui la invitò a casa sua senza alcun pensiero malizioso e come lei, forse per ignoranza o compassione, aveva accettato.

Da quel momento era stato sempre lui a chiamarla, e lei senza protestare giungeva nella sua modesta abitazione, sola ma con una gran voglia di aiutarlo.

Eppure lei non l’aveva mai cercato, per quanto l’altro avesse bisogno della sua presenza…

“Ho trovato!”

Si dette una pacca sulla fronte con la sua amica che la osservava perplessa, ma invece della lampadina della ragione spuntò un bel livido.

Beh, meglio di nulla!

“Da quando abbiamo cominciato a frequentarci è sempre stato lui a cercarmi, mentre io me ne fregavo altamente e soddisfacevo soltanto il suo bisogno di compagnia… Ma non ho mai pensato a me!

Non mi sono mai chiesta se mi piacesse veramente conversare con lui, l’importante è che stesse bene con sé stesso.

E poi non l’ho mai invitato a casa mia nelle vesti di un bravo amico, e neanche ad uscire per le vie della città.

Penso che gli farà piacere…”

Gli occhi di Katie si illuminarono di una luce che aveva poco a che fare con la sua tipica maliziosità e nascondevano un forte e sano ottimismo.

“… Una bella passeggiata per Los Angeles il giorno di Natale! Noi due, soli, insieme alla città! Come ti sembra?”

“Molto promettente, devo dire! Però, se qualcuno che conoscete vi vedrà? Cosa dovrà pensare?”

“Nulla, semplicemente che siamo grandi amici! Secondo te io vado a mettermi con un uomo di dieci anni più vecchio di me? Ma per favore!”

“Giusto, sono una stupida a pensare certe cose! Scusami!”

“Di niente, tesoro”

Katie sorrise all’amica e lei la ricambiò quando la campanella suonò la fine della ricreazione e dovettero ritornare alle lezioni noiose ed infinite di sempre; fortunatamente quello era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale, dovevano sopportare ancora quattro ore e poi avrebbero avuto quasi tre settimane di assoluta libertà.

Per Katie sarebbe stata l’evoluzione di un’amicizia già consolidata e preziosa.

Non voleva neanche pensare alla strana sensazione che le prendeva lo stomaco ogni volta che lui le si avvicinava od ai suoi occhi burrascosi che l’avevano conquistata dalla prima volta.

Non voleva dare un nome diverso al loro rapporto se non quello di “amicizia”.

Desiderava essere solo sua amica.

Solo sua amica…Solo sua amica…

Sua amica…

No, nulla di più.

 

 

Strano a dirsi, ma sentiva un freddo tremendo alle gambe.

Forse perché indossi la gonna, cretina?

Può darsi… Però non è normale lo stesso.

Perché Katie in tutta la sua vita non aveva mai tremato di freddo né di paura.

Ed ora invece un semplice appuntamento, oltretutto con un uomo innocuo che non avrebbe fatto del male neanche ad una mosca, la spaventava!

Certo, lo conosceva da quasi quattro mesi, ma quello era il loro primo appuntamento ufficiale e tutto ciò che era ufficiale la rendeva nervosa.

Cominciò a saltellare in tondo sul marciapiede per generare un po’ di calore in corpo, non preoccupandosi minimamente dei passanti che la osservavano perplessi, poiché ognuno aveva la sua vita ed i suoi impegni ed una ragazzina che aspettava un suo amico saltellando sul ciglio del marciapiede non era nulla di interessante da vedere, neanche il giorno di Natale, quando tutti erano impegnati nei preparativi per la cena e si stupivano nel vedere un essere umano solo e ansioso sul marciapiede umido, come era lei.

Guardò l’orologio: erano le cinque meno dieci.

Dai, manca poco, Katie. Ancora qualche minuto ed arriverà.

Sì, arriverà…

Stava per esibirsi in una versione del Moonwalk che avrebbe fatto rabbrividire il povero Michael al solo fruscio delle suole della scarpe sull’asfalto quando sentì una pacca sulla spalla che la invitava a voltarsi, e lei appunto si voltò, riconoscendo quelle mani, quegli occhi, quel sorriso che le lasciavano una macchia di compassione nel cuore, tanto grande da invaderlo quasi del tutto.

Come aveva fatto a vivere per tutto questo tempo senza conoscerlo?

“Ciao”

“Ciao. Come state, è da molto che aspettate?”

“No, sono appena arrivata!”

Ma se sei qui da mezz’ora!

“Okay”

Joe le sorrise teso, ben sapendo cosa doveva dirle, ma le cose semplici erano quelle che meno gli riuscivano ed in circostanze simili ancora peggio.

“Ah a proposito… Buon Natale!”

“Buon Natale anche a te”

Ecco, gliel’aveva detto! Nulla di più facile.

Ora però veniva la parte peggiore…

“Vi va se iniziamo a camminare?”

“Certamente”

Si ritrovarono l’uno di fianco all’altra, immersi in una folla illuminata da colori ed emozioni, tutti differenti tra di loro, volti sorridenti, spiritosi, euforici, preoccupati o spensierati.

E nessuna di quelle brave persone che si erano preparate al meglio per assistere alla Messa mattutina come cristiani modello ed avevano cucinato con le loro curate mani il pranzo di Natale, guadagnandosi i complimenti dei parenti e degli amici, od avevano cantato a squarciagola le carole insieme ad un piccolo coro posizionato davanti alla propria casetta riccamente decorata, notava le decine di cartoni ed umide pattumiere che infestavano gli angoli più impensabili della città, abitate da individui sudici e arrabbiati col mondo, che si accontentavano di poco ma avevano bisogno di molto.

Alla vista di uno di loro Katie si irrigidì nel cappotto imbottito e senza aspettare nulla e nessuno si fermò e frugò nelle tasche in cerca di qualche centesimo, anche un insulso nichelino, per placare la sua insana solidarietà.

Finalmente riuscì a trovare dieci centesimi, che le sembravano più pesanti di un rotolo di banconote da cinquanta, si avvicinò al triste barbone e glieli mise nel cappello che porgeva alla gente con la mano tremante e l’ombra negli occhi.

Non appena sentì il tintinnio della monetina contro le poche altre che era riuscito a racimolare il suo viso si illuminò e regalò uno stanco sorriso alla sua benefattrice, che lo ricambiò.

Buon Natale, signorina

“Buon Natale a lei” rispose Katie mesta.

E dopo aver salutato il malcapitato ritornò da Joe, che si era fermato ad aspettarla appoggiato ad un palo dell’autobus, e manco a dirlo aveva un grandissimo sorriso stampato in faccia.

“Sono molto contento del vostro gesto, Katherine. Avete dato a quel pover’uomo un barlume di speranza nel giorno che è per noi il più felice di tutto l’anno, mentre per lui purtroppo no. Sono fiero di voi”

“Grazie, ma non ho fatto nulla di speciale. Mi faceva pena, ed ho pensato che potevo vivere benissimo senza quei venti centesimi in tasca, mentre per lui erano indispensabili. Chiunque l’avrebbe fatto”

“Chiunque con una generosità ed una sensibilità pari alla vostra, Katherine

“Chiunque con un minimo di pietà”

“Voi non conoscete la pietà. È ben diversa dalla solidarietà”

“Come no…”

“Delle volte siete proprio cocciuta!” mormorò Joe divertito, e Katie ridacchiò sotto i baffi per il successo ottenuto: era riuscita a farlo stare zitto finalmente!

“Ehm, ci sediamo un attimo, per favore? Sono un po’ stanco”

“Okay, non preoccuparti”

Occuparono la prima panchina che avvistarono e lui ci si lasciò andare sospirando, massaggiandosi la testa con gli occhi chiusi.

Katie non si stupì del suo comportamento, poiché l’aveva visto ancora più spossato di quanto non fosse ora e sperò che il malessere gli passasse prestissimo.

Odiava vederlo così.

E al massimo poteva diminuirgli lo stress psichico ma non quello fisico.

Cominciò a sentire uno strano caldo nel ventre, che gli saliva pian piano fino ad arrivare alle guancie e lì si trasformava nella prova inconfutabile della sua paura.

Paura per cosa poi?

Lei non aveva mai avuto paura.

Provò a distrarsi osservando la strada, la folla, il cielo ma nulla.

Aveva un problema.

Ed anche grosso.

“Alla fine siete riuscita a parlare con vostra madre?”

La voce calma e rilassante di Joe la riportò sulla Terra dolcemente fino a ritrovarsi seduta sulla stessa panchina gelida dove consumava la sua sofferenza.

“Eh… Sì. Sì, oggi abbiamo parlato: le ho spiegato molte cose che lei da molto tempo non riusciva più a capire di me. Le ho parlato della scuola, dei miei amici, dei miei interessi… Ed ho parlato anche di te!

“Di me?”

“Esatto. All’inizio non voleva credere che io fossi diventata amica di un professore, e per giunta che insegnava matematica, ma poi si è ricreduta e mi ha detto “Beh, mia piccola Katie, hai fatto proprio centro! Sta certa che ora non avrai più problemi con le equazioni e non ci romperai più l’anima di insulse parolacce uscite dalla tua perversa mente!”, e poi abbiamo cominciato a ridere entrambe, e ci voluto un bel po’ prima che ci fermassimo! È stato bellissimo” concluse sospirando col sorriso sulle labbra.

“Lo credo. Vostra madre, da quelle poche volte in cui ci siamo visti ai ricevimenti scolastici, mi è sembrata una donna molto originale. Ed anche molto buona e generosa”

Lo è. Solo ora comincio a capire qualcosa del suo carattere: prima la prendevo sempre in giro, e le poche volte che le davo ragione era per farla stare zitta e non sentirmi ripetere sempre le stesse cose! Ma è una grande donna. Sì…”

Al serafico sorriso di Katie, Joe si sentì anch’egli esplodere il cuore.

Smise di fissarla e si concentrò sulla punta delle sue eleganti scarpe di cuoio: aveva completamente perso la facoltà di esprimersi chiaramente e se avesse provato ad aprir bocca ne sarebbero uscite parole deformate da fastidiosi balbettii nervosi.

Diede in un bel sospiro e si fece coraggio: doveva dirle una cosa molto importante.

E non poteva tirarsi indietro, assolutamente!

“Signorina Katherine…”

“Sì?”

“Scusate se vi faccio questa domanda senza alcun pudore, e certamente penserete di me che sono un impiccione, però…Voi...

E qui Joe iniziò la lunga sfilza di sospiri epici.

“Siete stata mai innamorata nella vostra vita?”

La domanda colse Katie completamente alla sprovvista: ed ora cosa  doveva dirgli?

No.

No, non poteva farlo.

Doveva cercare in tutti i modi di non agitarsi così da non uscire allo scoperto. In fondo era lei che l’aveva invitato ad una bella passeggiata romantica il giorno di Natale, era lei che cercava un modo per ricambiare i suoi sentimenti, era sempre lei che doveva fare il primo passo.

Ed anche se lui era l’uomoDoveva compiere il suo dovere!

“Ehm, veramente…”

Il problema è che non sapeva cosa rispondere.

Davvero una cazzata!

Ma cosa mi importa, tanto prima o poi lo verrà a sapere! In quale modo non lo so, però è inutile fingere ancora!

“Veramente . Sono cotta da un bel po’ di tempo, non mi ricordo bene da quanto

“Avete mai provato a confessargli i vostri sentimenti?”

“No. Non ne ho mai avuto il coraggio. Non ho paura di lui, tanto del fatto di non essere la ragazza adatta a lui. Sembra così maturo in confronto a me”

“Non dite così, non è vero!”

Allo sguardo sgomento di Katie, Joe si interruppe e la guardò spaventato, come se in realtà avesse davanti una bestia feroce sul punto di assalirlo per colpa della sua sbadataggine che si presentava sempre nei momenti meno opportuni.

“Cioè…” cercò di spiegare, ma la ragazzina si era calmata ed ora non aveva più alcuna intenzione di sbranarlo.

Seppe perciò che poteva rispondere alla sua affermazione diversamente.

“Secondo me… Il vostro amore non è come voi lo vedete: magari è rappresentato da una persona dolce e riservata, che aspetta soltanto di ricevere affetto e consolazione. E se voi sareste in grado di renderlo felice certamente non vi lascerà mai più

“Come fai a dire queste cose? Ti pare tanto facile strappargli un sorriso? Ormai è troppo tardi… Non ho potuto fare niente per lui…”

“Perché dite così? Come al solito vi sbagliate in pieno!”

“Perché è la verità! Per quanto io mi sia impegnata per aiutarlo, non sono riuscita a far nulla, perché non mi sono resa conto prima che la sua condizione era irreparabile! Sono stata un’illusa. Ed ora ne vedo le conseguenze”

“Mi dispiace contraddirvi ancora, ma io non voglio che vi lasciate annegare nelle vostre stesse colpe… Perché non ne avete. Avete reso questa persona (ragazzo o uomo che sia) la più felice di tutto l’universo semplicemente esistendo e standogli accanto. Penso che in questo momento sia molto grato nei vostri confronti

“Lo credete davvero?”

“Sì”

“E pensate che lui non si offenderà se… Se gli dico che dal primo momento in cui ci siamo incontrati io ho finto di odiarlo perché avevo paura di innamorarmi di lui? Continueremo ancora ad essere amici come prima?

“Beh, penso che non se la prenderà assolutamente. Vi perdonerà e vi chiederà di stare per sempre accanto a lui, come due bravi innamorati

“Ancora un’altra domanda! Se non ti dispiace, naturalmente…”

“Potete farmi tutte le domande che volete, Katherine

“Oh bene!”

A Katie cominciò di nuovo ad ardere il ventre come se avesse inghiottito del carbone ardente, o peggio ancora, dello stufato di carne al peperoncino di Fernando (che ha la maledetta abitudine di mettere il peperoncino da tutte le parti) e non sapeva bene da cosa dipendesse questa odiosa sensazione: forse aveva mangiato troppo a pranzo, ed ora si sentivano le conseguenze.

Però il peperoncino non aumentava i battiti del cuore fino a renderlo indomabile…

“Gli dispiacerà se gli do’ un bacio? Uno di quelli piccoli, sulle labbra, senza troppa bava né lingue attorcigliate tra di loro?

“Penso che lo fareste il ragazzo più felice di tutta la Terra

“Anche se è un bacio rubato?”

“Anche se è un bacio rubato”

Katie ridacchiò sotto i baffi, constatando con stupore che la sua testa e quella di Joe si stavano pericolosamente avvicinando, fino a che le fronti si toccarono e l’uno sentì sulla propria pelle il sudore dell’altra e viceversa.

I capelli che catturavano la luce incontrarono quelli che la fuggivano.

Le labbra caste e profumate di fragola trovarono le accoglienti ed esperte e guidate da un gioco di irrefrenabile amore, cominciarono a conoscersi meglio, assaporandosi e scoprendosi a vicenda, ma senza schiudersi in una morsa fatale per entrambe, poiché un coinvolgente scambio di sapori avrebbe rotto la romantica e pura magia che aleggiava intorno ai possessori delle labbra.

Due individui così differenti da essersi trovati per caso seduti su una panchina lungo una via affollatissima ormai sgombra da qualsiasi pericolo, da qualsiasi guardone che potesse sconvolgere la loro passione tenuta a freno dal giusto pudore del primo bacio.

 

 

 

 

Ed eccomi ritornata a rompervi le palle!!XD

Come state, miei sopravvissuti?^__^ Bene, spero, perché devo darvi una bella notizia!! (Oh finalmente!!XD NdTutti)

Ahahahah spiritosi..-.-“

Comunque è davvero una bella notizia poiché dopo quasi un anno in cui vi ho tenuti con il fiato sospeso, vi ho fatto piangere, arrabbiare, ridere e quant’altro scoprirete finalmente la verità!! Sì, capirete cos’è questa razza di sorpresa il cui pensiero non vi ha fatto dormire la notte, e conoscerete molte cose sulla vita di Michael che nessuno (neanche uno di quei paparazzi da strapazzo, che il cielo li fulmini!<___<) ha mai raccontato per tutto il tempo in cui Michael ha vissuto su questa Terra!!

Eheh siete curiosi??:D Allora seguitemi fino alla fine e se perderete la via io vi ci ricondurrò senza tanti complimenti!!^_^ Letteralmente vi prenderò per la collottola e vi trascinerò fino a quando non sarete in grado di reggervi da soli in piedi, dopodiché vi spingerò per la schiena e, se dovrò, vi caricherò sulla schiena ignorando i vostri calci ed i vostri pugni!!ù__ù

Siete ancora interessati all’ammutinamento??*___*

Bene, vedo che non ci sono mani alzate! Perciò posso continuare!!

Ah, c’è un’altra cosa che devo dirvi: l’ultima parte di questo capitolo, che dovrebbe essere la più bella e la più significativa (poi vedrete ù_ù) mi è venuta in realtà uno schifo immane!!O__O Perciò, se volete leggerla bene, altrimenti potete anche farne a meno!XD

E posso dirvi anche qualcosina che non riguarda la storia di per sé, è un’accortezza che ho preso io per renderla meno pesante e monotona: la suddividerò in due o tre parti, ( ma io opto per le tre) nelle quali cambieranno di gran lunga gli eventi ed i personaggi (tranquilli, alcuni rimarranno!^^) e vi prometto che vi piacerà ancora di più di prima!! Farò un miscuglio esagerato, tenetevi pronti!!XD

Oooh ma il titolo di questo capitolo?? Avanti, non ditemi che non conoscete “Happy XMas (War Is Over)” di John Lennon perché altrimenti vi fucilo, ed al diavolo l’amore e la pace nel mondo!!ù__ù Bene, sto calma..°__° In fondo ora vi devo salutare perché la mia mente vuole riposare e voi dovete leggere, giustamente!! (Se se, contaci..-.-“ NdTutti)

Ma oggi siete proprio tremendi eh??O__O Mi volete proprio male, santo cielo!!

E visto che non sono apprezzata io me ne vado!ù__ù *si infila il cappotto di pelliccia di alce e scompare nella nebbia*

Arrivederci!!ù___ù Ed al prossimo capitolo, che sarà naturalmente un capitolo di passaggio! (lo ammetto, non vedo l’ora di finire la mia storia!XD)

Tantissimi saluti, e soprattutto BUONE VACANZE *__*, dalla vostra .*.*Looney.*.!!

 

P.S.: Ah sì dimenticavo!! (Che sbadata che sono!!XD) Ringrazio tutte le dolci fanciulle che hanno letto e recensito (anche se solo la cara Romy ha recensito..ç__ç) con l’augurio che questo capitolo gli piacerà!!^___^

 

 

 

   
 
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