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Autore: Beliar    07/06/2010    0 recensioni
Un locale ch'è anche uno specchio e dal quale non si può uscire se, prima, non si ha guardato il proprio riflesso.
Questa storia è un punto interrogativo anche - e soprattutto - per me.
Autrice: Beesp
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“Il Fragile Albero”

Il Fragile Albero
[Prompt: #44 – Tramonto]

Quel giorno, al portone, c’era un ragazzo dalla chioma nera e scompigliata.

Di cui, da lontano, certo, non era possibile riconoscerne l’odore, ma parve ovviamente di pino.

Il vento muoveva i rami di un albero spoglio che tante volte avevano tentato di radere al suolo, potandolo fino a quasi lasciarlo senz’aria. Ma resisteva, sulla terra, con la potenza della sua natura, accompagnato dalla musica del lamento dei suoi fiori lontani… la prepotenza della vita.

Indosso aveva una giacca beije che aveva visto tempi migliori – come lui, dopotutto – e un paio di jeans strappati sotto le scarpe.

Tante volte gli avevano fatto notare che il calzone era incastrato sotto la suola, ma lui aveva proseguito sulla sua strada, perché non sentiva e non vedeva da tempo. Non accadeva da quando aveva sostituito l’immagine dell’albero fragile con quella di ben più imponenti esemplari che non avevano nulla da temere…

Guardava l’orizzonte coperto di palazzi grigi come se ci vedesse il mare; come se lì, proprio lì, l’avesse finalmente trovato. Quello che cercava, quello che gli era stato negato, quello che aveva inseguito anche a costo di perdere quel poco di sanità acquistata.

E lei, dal canto suo, accompagnata da un uomo che non aveva niente a che vedere con il sapore del ragazzo. Quello non si passava le mani nei capelli, non la guardava come se fosse l’unica, non sapeva dire della Terra tante squisite prelibatezze e, pochi secondi dopo, rinnegarla. Allo stesso tempo non ballava e moriva e rideva. Non si frantumava nelle sue mani appena lo sfiorava; quando veniva ferito – se questo mai accadeva – non si ricomponeva dalle ceneri, ma permetteva a qualche pezzo di rimanere al suolo, perché non gli erano d’alcuna utilità.

Si domandavano entrambi cosa ci facessero in quel luogo dopo tutti quegli anni nello stesso istante; perché ancora una volta erano stati costretti a crogiolarsi nelle loro sofferenze e smettere di proseguire nel loro cammino?

L’albero respirava. Si lasciava trasportare dal tramonto.

Nessuna gioia sarebbe stata migliore di quell’agonia, e perfino l’uomo si accorgeva di quanto quei quattro occhi fossero legati, vicini, complici. Naturalmente, non sapeva di esserne a conoscenza.

Potevano perire in quel modo, nel lento oblio, nel dondolio dell’aria, nel contrarsi dei diaframmi, con le anime legate e i pensieri simili, con le braccia scoperte e i cuori aperti, gli occhi sinceri e la vecchiaia con le bugie e l’addattarsi lontana.

Tanto tempo prima lei l’aveva osservato da qualche centimetro più giù, con un’espressione di beatitudine che nessuno avrebbe osato violare. “Perché hai mal di pancia quando sono con te?”
“Credo che sia perché sto bene da star male”.
“E cosa significa?”
“Che questa felicità potrebbe uccidermi da un momento all’altro”.
A lui divertiva giocare con i suoi capelli, vederla arrossire quando le faceva notare le sue debolezze, stringerla nei momenti in cui non voleva far altro per il resto dei suoi giorni.

Non ti ho mai confessato di sentirmi male anch’io, le urlava dall’altro capo del cortile. E lei, anche se le labbra non si muovevano, poteva sentirlo ancora – e ancora come prima – e il cuore che sobbalzava e le mani che fremevano. I lineamenti le sarebbero appartenuti, la bocca di nuovo, gli occhi da imprimere nel sangue.

A spezzare l’incanto fu l’uomo. Forse era stanco di attendere lì il nulla, forse non aveva mai conosciuto l’espressione più adorabile di lei, forse non si era accorto di quanto quei minuti fossero più sensati della sua intera esistenza; le raccolse la mano e le domandò chi fosse il ragazzino sul marciapiede.
“… nessuno”.
E il ragazzo comprese e annuì.
Per sempre.

Un ultimo fiato. E l’albero morì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice: Oh, questa probabilmente è ancor più contorta delle altre due.
Perché di solito i miei personaggi delle nonsense che, di proposito, non caratterizzo, fanno ciò che preferiscono, e scelgono le loro vite e come proseguire il loro cammino e quasi mai mi mandano cartoline. Ed ecco qui che nascono Lei e Lui, due perfetti sconosciuti per molti – compresa me – che hanno una storia che si può soltanto intuire da queste brevi righe.
Probabilmente penserete che l’albero corrisponde al loro amore, ma in realtà…
Potete pensarlo quanto volete, perché non lo so. Forse è il ragazzo, forse è la ragazza, oppure è l’uomo, o il tramonto?, o il mare, o quella cosa che pensava d’aver trovato il ragazzo. Non lo so, potrebbe essere un mucchio di cose.
Scegliete voi.
Un’ultima annotazione: Ho scelto il prompt “Tramonto” perché qui dentro c’è un tramonto, e perché c’è una fine. E, da sempre, nel mio immaginario il tramonto corrisponde alla fine.
Ecco tutto. Alla prossima.

  
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