Dodici mesi dopo - 1° parte
Dopo la meravigliosa avventura a Cardiff, dove incontrai il
mitico Charles Dickens, chiesi al Dottore di poter tornare a casa. Non perché
ci volessi restare, ovviamente, solo perché ero curiosa di vedere come stesse
mia madre. Ancora non avevo fatto parola dello sconosciuto con nessuno. Molto
presto lo avrei fatto.
“Quanto tempo è passato?” chiesi una volta uscita dal Tardis,
osservando fiera il Powell Estate.
“Circa dodici ore” mi disse, facendomi scoppiare a ridere in
una risata che coinvolse anche lui. Non potevo credere che relativamente fossero
passate soltanto dodici ore.
“Non ci metterò molto... voglio vedere mia madre” dissi,
iniziando a camminare verso il mio condominio.
“Cosa le dirai?” mi chiese. Naturalmente non le avrei mai
potuto dire di essere stata nell’anno cinquemiliardi e di aver incontrato
Charles Dickens.
“Non lo so. Forse che sono stata nell’anno cinquemiliardi e
che poche ore dopo ero nel diciannovesimo secolo? No, le dirò che ho dormito da
Shareen” gli risposi, voltandomi verso di lui e il
Tardis, “ci vediamo dopo e... cerca di non sparire” lo misi in guardia, per
paura che potessi perdere la cosa più cara che avevo a questo mondo.
Corsi verso il portone del mio condominio e salii le scale
abitualmente, saltando due gradini alla volta. Quando entrai in casa vidi mia
mamma sconvolta e l’abbracciai. Solo quando il Dottore mi raggiunse capii il
perché.
“Non sono dodici ore, sono dodici mesi... sei stata via un
annetto, come va?”.
***
“Non posso dirglielo” dissi al Dottore, una volta sul tetto
del mio palazzo. Mi stavo riferendo a mia madre e al fatto di dove ero stata,
dato che era la cosa che mi continuava a chiedere da quando ero tornata, “non
so neanche da dove iniziare... non mi perdonerà mai... e ho perso un anno, sai
com’è stato?”.
“Mediocre” mi rispose impassibile, “cos’hai intenzione di
fare adesso? Resterai?”.
“Non lo so” risposi, voltandomi verso di lui. La verità è che
non sarei mai potuta rimanere a Londra, abbandonando il Dottore e il Tardis.
Mai, “non posso farglielo di nuovo”.
“Lei non verrà certo con noi” disse, facendomi scoppiare in
una risata fragorosa.
“E’ sicuro” dissi tra le risate, pensando a mia madre in un
viaggio spazio-temporale. No, non ce la vedevo, “ti ha dato uno schiaffo”.
“Novecento anni di tempo e di spazio e non ero mai stato
schiaffeggiato da nessuno” mi disse, facendomi ridere e ripensare allo schiaffo
che gli diede mia madre.
“Che sberla” continuai ad infierire.
“Fa male” mi disse, massaggiandosi la guancia.
“Lo so bene” risposi, senza smettere di ridere. Ecco un’altra
delle tipiche conversazioni tra me e lui. Queste sono le conversazioni che
tanto adoro, “quando tu dici novecento anni...”.
“E’ la mia età” concluse la mia frase, lasciandomi di stucco.
Mi sembrava impossibile che potesse avere così tanti anni... e perché ancora
non sapevo del fatto della rigenerazione che qualche tempo dopo mi avrebbe
sconvolta letteralmente.
“Hai novecento anni?” gli chiesi come se non avessi capito,
guardandolo confusa.
“Si”.
“Mia madre aveva ragione: c’è troppa differenza di età tra
noi, troppa” dissi, scendendo da dove ero seduta, “ogni conversazione con te,
diventa... pazzesca! E non ho nessuno con cui parlarne... ho visto tante di
quelle cose in poche ore: il nostro futuro, ho conosciuto Charles Dickens,
alieni con navi spaziali e mille altre cose... e non posso parlarne con anima
viva, è veramente un’ingiustizia. Aspetta, Dottore, posso chiederti una cosa?”.
“Certo” mi rispose. Mi voltai verso di lui, bisognosa di
parlare dell’uomo misterioso, conosciuto durante la notte del primo dell’anno.
“Io volevo sapere se...”.
Mi fermai appena udii
un suono strano. Mi voltai, osservando, stupita, un’astronave che veniva giù
dal cielo e cadeva su Londra. Il Dottore mi sorrise ed io ricambiai il sorriso,
prendendolo per mano ed iniziando a correre alla volta dell’astronave.
***
“Di qui non si passa” mi disse una volta arrivati infondo ad
una strada che non lasciava accesso al Tamigi e alla nave spaziale.
“Siamo a chilometri di distanza” dissi, guardando la
confusione di auto e la coda che si era creata, per poi posare lo sguardo
sull’alieno accanto a me, “e le strade sono un disastro. Tutta Londra deve
essere bloccata”.
“Non posso credere di essere qui... è fantastico” disse,
attirando la mia curiosità per sapere a cosa si riferisse. Cos’è fantastico?
“Sapevi che sarebbe successo?” gli chiesi, sapendo che lui
conosceva tutto il tempo e lo spazio, tutto quello che è successo, quello che
deve succedere, in ogni singolo spazio dell’intero universo.
“No”.
“Conosci quella nave?”.
“No”.
“Sai perché è caduta?” ritentai, cercando di sapere cosa ci
trovasse di fantastico in tutto quello.
“Nemmeno” mi rispose, lasciandomi allibita.
“Allora cosa c’è di fantastico?” gli chiesi finalmente in
modo diretto, senza mezzi termini.
“Guarda... è proprio per questo che viaggiamo Rose, per
vedere accadere la storia davanti ai nostri occhi” mi rispose, non smaltendo la
confusione che avevo in testa.
***
Mi aveva mollata, non ci potevo credere. Mi aveva
abbandonata, a Londra, con la mia vita monotona, mentre lui era andato a spasso
tra le stelle e roba varia. Non potevo crederci. Mi aveva lasciata ed era
finito tutto per me. I viaggi spaziali, tutto. Osservai la chiave che mi aveva
dato.
“E tu dove credi di
andare?” gli chiesi, uscendo dal mio appartamento e seguendolo.
“Da nessuna parte... è
solo un po’ troppo umano lì dentro per me” mi rispose, guardandomi con i suoi
occhi celesti dentro i miei marroni, “è accaduto qualcosa di storico e cercano
carte per la ricarica a metà prezzo... vado a fare un giro, tutto qui” mi
rispose, sinceramente.
“Certo, c’è
un’astronave nel Tamigi e tu vai a fare una passeggiata” dissi, cogliendolo con
le mani nel sacco e non credendo alle sue parole precedenti.
“Io non posso fare
niente” mi rispose, cercando di convincermi, “non è un invasione, quello è
stato un vero atterraggio di fortuna”.
“Allora?” chiesi, non
capendo dove volesse arrivare.
“Forse ci siamo. E’ il
primo contatto, il giorno in cui l’umanità entra in contatto ufficialmente con
una razza aliena” mi disse, facendomi sentire orgogliosa, per un attimo, di
appartenere alla razza umana, “non interferirò, te lo prometto... siete voi che
dovete occuparvene, la razza umana finalmente potrà crescere. Appena stamani
mattina eravate insignificanti, piccoli e fatti di argilla. Ora potete
espandervi, non hai bisogno di me, vai a festeggiare la storia, passa del tempo
con tua madre” mi disse, senza riuscire a nascondere un sorriso. In un punto
aveva sbagliato: io, qualunque situazione fosse, avevo bisogno di lui.
“Promettimi che non
sparirai” gli dissi. La mia voce uscì con più tristezza che mi aspettassi. Non
volevo che sparisse, non volevo. Cerco nelle sue tasche un qualcosa e quando lo
trovò me lo porse.
“Facciamo così: la
chiave del Tardis, sei abbastanza grande per averne una... ciao, ciao” restai
lì ferma per qualche secondo prima di rientrare nel mio appartamento. Avevo
anche io una chiave di quella astronave spazio-temporale. Avevo la conferma che
non sarebbe sparito.
Ricordo vuoto, pieno di promesse false. Andato, per sempre,
purtroppo. Mi aveva mentito. Continuavo a rigirarmi la chiave in mano, cercando
di ignorare il mio ‘fidanzato’ che stava cercando di farmi aprire gli occhi sul
Dottore con storie false, inventate da lui. Ma solo io conoscevo l’ultimo
signore del tempo.
“... ora tu sei rimasta qui con noi poveri essere umani, mia
cara”.
“Me l’avrebbe detto” ammisi, guardandomi intorno con la
speranza di vederlo apparire davanti ai miei occhi con la sua meravigliosa
cabina blu.
“Che diavolo ha fatto questo Dottore?” chiese mia madre a me
e Mickey, seguita da altre domande che avevano bisogno di risposte per capire
chi fosse il Dottore.
“Se l’è filata” rispose Mickey.
“Non è vero, perché mi ha dato questa” dissi, mostrandogli la
chiave del Tardis, “il Dottore è un uomo che si è rivelato molto più importante
di quello che...” iniziai a dire ma venni interrotta dal lampeggiare della
chiave tra le mie mani, “sta arrivando”.
A/N
Rieccomi dopo tanto (troppo) tempo con il nuovo capitolo.
Alla fine mi sono decisa a scrivere soltanto le parti più ‘importanti’ della
silenziosa ‘relazione’ tra il Dottore e Rose, naturalmente fino alla battaglia
di Canary Wharf che prima di arrivarci ci vorrà un secolo se continuo ad
aggiornare così lentamente. Cercherò di muovermi negli aggiornamenti così da
arrivare al sodo della vicenda. Spero che vi sia piaciuto anche questo
capitolo! :)
Spazio recensioni:
- KillerQueen86: scusa per il ritardo, sono mortificata...
comunque finalmente l’ho postato! Allora, grazie infinite della recensione
(anche per quella a ‘no more dreaming’) e spero di non averti deluso con questo
capitolo. A proposito: il codice Shakespeariano mi è piaciuto molto, non vedo
l’ora di leggere l’ingorgo. Alla prossima! ;)
- Little Fanny: grazie infinite della recensione. Sono contenta
che ti piaccia e spero che ti continui a piacere. Cercherò di muovermi così da
arrivare al decimo il più in fretta possibile (anche io non vedo l’ora di
arrivarci). Mi sono piaciute molto le tue storie sul Dottore e Rose, sono
davvero molto belle, ne aspetto delle altre! Beh, alla prossima! :)
Un bacione a tutti,
Meli