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Autore: WorthTheWait    08/06/2010    6 recensioni
La mia prima fanfiction sul Dottore e Rose, basata sul cambiamento dell'esito della battaglia di Canary Wharf. Spero che vi piaccia.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - 9, Rose Tyler
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Dodici mesi dopo - 1° parte

Dopo la meravigliosa avventura a Cardiff, dove incontrai il mitico Charles Dickens, chiesi al Dottore di poter tornare a casa. Non perché ci volessi restare, ovviamente, solo perché ero curiosa di vedere come stesse mia madre. Ancora non avevo fatto parola dello sconosciuto con nessuno. Molto presto lo avrei fatto.

“Quanto tempo è passato?” chiesi una volta uscita dal Tardis, osservando fiera il Powell Estate.

“Circa dodici ore” mi disse, facendomi scoppiare a ridere in una risata che coinvolse anche lui. Non potevo credere che relativamente fossero passate soltanto dodici ore.

“Non ci metterò molto... voglio vedere mia madre” dissi, iniziando a camminare verso il mio condominio.

“Cosa le dirai?” mi chiese. Naturalmente non le avrei mai potuto dire di essere stata nell’anno cinquemiliardi e di aver incontrato Charles Dickens.

“Non lo so. Forse che sono stata nell’anno cinquemiliardi e che poche ore dopo ero nel diciannovesimo secolo? No, le dirò che ho dormito da Shareen” gli risposi, voltandomi verso di lui e il Tardis, “ci vediamo dopo e... cerca di non sparire” lo misi in guardia, per paura che potessi perdere la cosa più cara che avevo a questo mondo.

Corsi verso il portone del mio condominio e salii le scale abitualmente, saltando due gradini alla volta. Quando entrai in casa vidi mia mamma sconvolta e l’abbracciai. Solo quando il Dottore mi raggiunse capii il perché.

“Non sono dodici ore, sono dodici mesi... sei stata via un annetto, come va?”.

***

“Non posso dirglielo” dissi al Dottore, una volta sul tetto del mio palazzo. Mi stavo riferendo a mia madre e al fatto di dove ero stata, dato che era la cosa che mi continuava a chiedere da quando ero tornata, “non so neanche da dove iniziare... non mi perdonerà mai... e ho perso un anno, sai com’è stato?”.

“Mediocre” mi rispose impassibile, “cos’hai intenzione di fare adesso? Resterai?”.

“Non lo so” risposi, voltandomi verso di lui. La verità è che non sarei mai potuta rimanere a Londra, abbandonando il Dottore e il Tardis. Mai, “non posso farglielo di nuovo”.

“Lei non verrà certo con noi” disse, facendomi scoppiare in una risata fragorosa.

“E’ sicuro” dissi tra le risate, pensando a mia madre in un viaggio spazio-temporale. No, non ce la vedevo, “ti ha dato uno schiaffo”.

“Novecento anni di tempo e di spazio e non ero mai stato schiaffeggiato da nessuno” mi disse, facendomi ridere e ripensare allo schiaffo che gli diede mia madre.

“Che sberla” continuai ad infierire.

“Fa male” mi disse, massaggiandosi la guancia.

“Lo so bene” risposi, senza smettere di ridere. Ecco un’altra delle tipiche conversazioni tra me e lui. Queste sono le conversazioni che tanto adoro, “quando tu dici novecento anni...”.

“E’ la mia età” concluse la mia frase, lasciandomi di stucco. Mi sembrava impossibile che potesse avere così tanti anni... e perché ancora non sapevo del fatto della rigenerazione che qualche tempo dopo mi avrebbe sconvolta letteralmente.

“Hai novecento anni?” gli chiesi come se non avessi capito, guardandolo confusa.

“Si”.

“Mia madre aveva ragione: c’è troppa differenza di età tra noi, troppa” dissi, scendendo da dove ero seduta, “ogni conversazione con te, diventa... pazzesca! E non ho nessuno con cui parlarne... ho visto tante di quelle cose in poche ore: il nostro futuro, ho conosciuto Charles Dickens, alieni con navi spaziali e mille altre cose... e non posso parlarne con anima viva, è veramente un’ingiustizia. Aspetta, Dottore, posso chiederti una cosa?”.

“Certo” mi rispose. Mi voltai verso di lui, bisognosa di parlare dell’uomo misterioso, conosciuto durante la notte del primo dell’anno.

“Io volevo sapere se...”.

 Mi fermai appena udii un suono strano. Mi voltai, osservando, stupita, un’astronave che veniva giù dal cielo e cadeva su Londra. Il Dottore mi sorrise ed io ricambiai il sorriso, prendendolo per mano ed iniziando a correre alla volta dell’astronave.

***

“Di qui non si passa” mi disse una volta arrivati infondo ad una strada che non lasciava accesso al Tamigi e alla nave spaziale.

“Siamo a chilometri di distanza” dissi, guardando la confusione di auto e la coda che si era creata, per poi posare lo sguardo sull’alieno accanto a me, “e le strade sono un disastro. Tutta Londra deve essere bloccata”.

“Non posso credere di essere qui... è fantastico” disse, attirando la mia curiosità per sapere a cosa si riferisse. Cos’è fantastico?

“Sapevi che sarebbe successo?” gli chiesi, sapendo che lui conosceva tutto il tempo e lo spazio, tutto quello che è successo, quello che deve succedere, in ogni singolo spazio dell’intero universo.

“No”.

“Conosci quella nave?”.

“No”.

“Sai perché è caduta?” ritentai, cercando di sapere cosa ci trovasse di fantastico in tutto quello.

“Nemmeno” mi rispose, lasciandomi allibita.

“Allora cosa c’è di fantastico?” gli chiesi finalmente in modo diretto, senza mezzi termini.

“Guarda... è proprio per questo che viaggiamo Rose, per vedere accadere la storia davanti ai nostri occhi” mi rispose, non smaltendo la confusione che avevo in testa.

***

Mi aveva mollata, non ci potevo credere. Mi aveva abbandonata, a Londra, con la mia vita monotona, mentre lui era andato a spasso tra le stelle e roba varia. Non potevo crederci. Mi aveva lasciata ed era finito tutto per me. I viaggi spaziali, tutto. Osservai la chiave che mi aveva dato.

“E tu dove credi di andare?” gli chiesi, uscendo dal mio appartamento e seguendolo.

“Da nessuna parte... è solo un po’ troppo umano lì dentro per me” mi rispose, guardandomi con i suoi occhi celesti dentro i miei marroni, “è accaduto qualcosa di storico e cercano carte per la ricarica a metà prezzo... vado a fare un giro, tutto qui” mi rispose, sinceramente.

“Certo, c’è un’astronave nel Tamigi e tu vai a fare una passeggiata” dissi, cogliendolo con le mani nel sacco e non credendo alle sue parole precedenti.

“Io non posso fare niente” mi rispose, cercando di convincermi, “non è un invasione, quello è stato un vero atterraggio di fortuna”.

“Allora?” chiesi, non capendo dove volesse arrivare.

“Forse ci siamo. E’ il primo contatto, il giorno in cui l’umanità entra in contatto ufficialmente con una razza aliena” mi disse, facendomi sentire orgogliosa, per un attimo, di appartenere alla razza umana, “non interferirò, te lo prometto... siete voi che dovete occuparvene, la razza umana finalmente potrà crescere. Appena stamani mattina eravate insignificanti, piccoli e fatti di argilla. Ora potete espandervi, non hai bisogno di me, vai a festeggiare la storia, passa del tempo con tua madre” mi disse, senza riuscire a nascondere un sorriso. In un punto aveva sbagliato: io, qualunque situazione fosse, avevo bisogno di lui.

“Promettimi che non sparirai” gli dissi. La mia voce uscì con più tristezza che mi aspettassi. Non volevo che sparisse, non volevo. Cerco nelle sue tasche un qualcosa e quando lo trovò me lo porse.

“Facciamo così: la chiave del Tardis, sei abbastanza grande per averne una... ciao, ciao” restai lì ferma per qualche secondo prima di rientrare nel mio appartamento. Avevo anche io una chiave di quella astronave spazio-temporale. Avevo la conferma che non sarebbe sparito.

Ricordo vuoto, pieno di promesse false. Andato, per sempre, purtroppo. Mi aveva mentito. Continuavo a rigirarmi la chiave in mano, cercando di ignorare il mio ‘fidanzato’ che stava cercando di farmi aprire gli occhi sul Dottore con storie false, inventate da lui. Ma solo io conoscevo l’ultimo signore del tempo.

“... ora tu sei rimasta qui con noi poveri essere umani, mia cara”.

“Me l’avrebbe detto” ammisi, guardandomi intorno con la speranza di vederlo apparire davanti ai miei occhi con la sua meravigliosa cabina blu.

“Che diavolo ha fatto questo Dottore?” chiese mia madre a me e Mickey, seguita da altre domande che avevano bisogno di risposte per capire chi fosse il Dottore.

“Se l’è filata” rispose Mickey.

“Non è vero, perché mi ha dato questa” dissi, mostrandogli la chiave del Tardis, “il Dottore è un uomo che si è rivelato molto più importante di quello che...” iniziai a dire ma venni interrotta dal lampeggiare della chiave tra le mie mani, “sta arrivando”.

 

A/N

Rieccomi dopo tanto (troppo) tempo con il nuovo capitolo. Alla fine mi sono decisa a scrivere soltanto le parti più ‘importanti’ della silenziosa ‘relazione’ tra il Dottore e Rose, naturalmente fino alla battaglia di Canary Wharf che prima di arrivarci ci vorrà un secolo se continuo ad aggiornare così lentamente. Cercherò di muovermi negli aggiornamenti così da arrivare al sodo della vicenda. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo! :)

Spazio recensioni:

- KillerQueen86: scusa per il ritardo, sono mortificata... comunque finalmente l’ho postato! Allora, grazie infinite della recensione (anche per quella a ‘no more dreaming’) e spero di non averti deluso con questo capitolo. A proposito: il codice Shakespeariano mi è piaciuto molto, non vedo l’ora di leggere l’ingorgo. Alla prossima! ;)

- Little Fanny: grazie infinite della recensione. Sono contenta che ti piaccia e spero che ti continui a piacere. Cercherò di muovermi così da arrivare al decimo il più in fretta possibile (anche io non vedo l’ora di arrivarci). Mi sono piaciute molto le tue storie sul Dottore e Rose, sono davvero molto belle, ne aspetto delle altre! Beh, alla prossima! :)

 

Un bacione a tutti,

Meli

 

  
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