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Autore: Elanor89    09/06/2010    1 recensioni
Elena Dumont è una bella vampira, una donna in carriera e di successo, ma la sua diffidenza l'ha sempre condotta per strade solitarie, lontana dai suoi simili nei quali non riesce più a riporre fiducia... Accadrà tutto in una notte: il destino mescolerà le carte in gioco e lei dovrà imparare a fidarsi di nuovo per sopravvivere... Ma quando la fiducia non sarà più sufficiente, quando ogni segreto verrà svelato, riuscirà a fuggire da un passato terribile che torna sempre a bussare alla sua porta?
Genere: Generale, Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo XVIII

 

(Elena)


 

Quella sera Victor era di buon umore.

Lo sentivo canticchiare sotto la doccia mentre mi preparavo ad uscire, le voce quasi coperta dallo scrosciare dall'acqua. Aveva da poco rilevato la gestione di un pub in centro, il Victoria, e aveva fatto arrivare una famosa band inglese da Londra perchè presenziasse l'inaugurazione. Si prospettava una serata piacevole: adoravo quel gruppo, avevo fatto ascoltare le loro canzoni anche a Mel e Sue qualche volta, in ospedale... Sospettavo che quella fosse la ragione principale del loro ingaggio, ma non potevo esserne sicura. Da un po' di tempo a quella parte Vic era diventato estremamente romantico, quasi tenero. Era più permissivo, meno rigido. Probabilmente si sentiva la vittoria in tasca, dopo il mio enorme colpo di testa di quella mattina.

Non so cosa mi fosse saltato in mente. Forse avevo solo bisogno di tenerezza o forse volevo sentirmi amata per un istante, dimenticando tutti i miei problemi. Forse desideravo così tanto avere Chris al mio fianco che non mi ero resa conto di cercare le sue labbra e non quelle di Vic. Ma molto più probabilmente mi ero semplicemente lasciata andare, cercando in tutti i modi di sentirmi meno sola, meno disperata. Negare l'intenzionalità di quel bacio era un insulto a me stessa e a Vic, che in quel momento mi aveva parlato in modo sincero. Ero confusa, ero sorpresa... ma ero cosciente di ciò che stavo facendo. Non so perchè le sue parole mi avessero toccata tanto, ma avevano risvegliato in me quel bisogno di legarmi, di amare, che lui stesso mi aveva negato portandomi via dal mio compagno. In qualche modo aveva riacquistato la mia stima, il mio affetto che anni di fughe e di terrore avevano cancellato bruscamente senza darmi il tempo di metabolizzare.

Era più facile per me vivere al suo fianco, ma paradossalmente mi sentivo più in colpa. Ogni volta che mi abbracciava e ricambiavo la sua stretta... era come se lo scegliessi davvero, come se rinnegassi me stessa. Come se negassi di appartenere all'unico uomo che avessi mai amato e al quale mi ero legata, come una stupida, ma con tutta me stessa.

Non so se Chris si fosse accorto della mia sbandata, ma temevo quella eventualità. Ne avrebbe sofferto e lo sapevo. Lo sentivo dentro di me, esattamente come sapevo che non aveva più sfiorato Lexie neanche con un dito.

Probabilmente si sentiva in colpa per aver ceduto alle sue avance, ma non riuscivo a fargliene una colpa. Mi sentivo dilaniata dalla gelosia e dal dolore al pensiero che lei avesse anche solo per un attimo avuto dal mio uomo le attenzioni di cui io sola ero l'unica destinataria, ma non potevo recriminare Chris per questo. Conoscevo le regole di quel gioco contorto al quale io stessa partecipavo. Non ero del tutto consenziente, eppure condividevo le mie giornate con un altro... lo avevo baciato persino... Come avrei potuto giudicarlo? Eppure mi sentivo tradita. Perchè non era lì? Perchè non era già venuto a prendermi? Pregavo con tutta me stessa che non avesse rinunciato a me, pregavo perchè mi desse ancora un motivo per esistere, ma non osavo condividere quel pensiero... Non potevo condividerlo con nessuno. Non con Victor, non con Chris... non con Heidi, che mi rendeva difficili anche le più semplici attività quotidiane. Mi ostacolava con ogni mezzo, non mancando di ricordarmi che ero solo una sciocca... perchè disprezzavo la fortuna che avevo e sisdegnavo la mia condizione quando molte avrebbero voluto trovarsi al mio posto. Non aveva mai avuto alcun riguardo verso di me, ma sottrarle le cure dell'uomo che amava non era servito ad ingraziarmela di certo. Mi disprezzava con tutta se stessa, lo leggevo nel suo sguardo. E di riflesso, disprezzavo me stessa. Per quel bacio... per tutto.

Con quel pensiero indossavo gli abiti che Victor aveva acquistato per me: un leggero bustino rosso, ricamato di nero e stringato sulla schiena, e un paio di pantaloni neri, non troppo stretti, ad accompagnare un paio di vertiginose scarpe col tacco.

Aveva acquistato anche una giacca nera, allacciata sotto al seno, che chiusi subito cercando di rendere meno evidente la scollatura. Probabilmente non mi sarei mai vestita in quel modo di mia spontanea volontà, ma non era il caso di fare questioni per inezie del genere. Del resto per quanta libertà mi avesse concesso ultimamente, mi negava l'unica cosa che mi potesse rendere felice. Non aveva alcun senso discutere per degli abiti.

Mi pettinai i capelli, lasciando che i boccoli più lunghi mi incorniciassero il viso, poi finii di truccarmi, nascondendo le occhiaie con il fondotinta.

Mi sforzai di sorridere al mio riflesso nello specchio mentre le braccia di Victor mi circondavano la vita.

- Sei davvero bella...- mi sussurrò, appoggiando il mento sulla mia spalla – Dovrò impegnarmi se voglio essere degno di stare al tuo fianco, stasera...- aggiunse.

Mi ruotò piano tra le sue braccia, cercando i miei occhi con i suoi. Mi baciò la punta del naso, poi le labbra, piano.

Rabbrividii. Forse per la sorpresa, forse per la delicatezza con cui mi sfiorò.

Mi lasciò andare prima di quanto mi aspettassi, dirigendosi verso l'armadio per estrarre i suoi vestiti. Scelse una camicia nera, a righe sottili di un nero lucido, e un paio di pantaloni scuri. Niente giacca, niente cravatta. Era proprio di buon umore.

Si spruzzò il solito profumo da centinaia di dollari al flacone e mi aiutò a indossare il cappotto.

- Ti divertirai- mi promise. E in cuor mio sentii che qualcosa stava per accadere.

 

 

Il nostro tavolo era affollato. C'erano i nostri amabili coinquilini, molti conoscenti e diverse ragazze pagate da Victor per divertire i suoi clienti affezionati.

Heidi mi lanciava occhiate assassine, come di consueto, e beveva drink di ogni genere, col suo solito atteggiamento disinibito. Ben presto si lanciò nelle danze e in breve la persi di vista. Di sicuro si stava dilettando con qualche nuovo amico di cui a mala pena avrebbe ricordato il nome. Ma lei era fatta così...

La band aveva da poco cominciato a suonare, non prima che Vic mi presentasse il cantante e mi facesse stringere la mano a tutti gli altri componenti.

Era stato davvero carino: mi ero quasi emozionata quando mi aveva dedicato la prima canzone, mentre infinite paia di occhi mi fissavano, alcune sorprese, altre invidiose. Ordinò da bere per due, facendomi arrivare una vodka ghiacciata.

Bevvi tutto in un sorso, lasciando che l'alcol sortisse il suo effetto e cancellasse i miei pensieri. Quella sera non volevo pensare. Non volevo sentirmi sola, abbandonata a me stessa. Non volevo sentirmi in colpa per la mano di Vic sulla mia gamba, per i suoi occhi su di me.

Non dovetti aspettare molto per sentirmi meno lucida, ma ciò che accadde dopo non fu solo merito dell'alcol. Mi alzai e invitai Victor a ballare.

Lo condussi al centro della pista, dove già da tempo molti ragazzi si stavano agitando a tempo di musica, e gli cinsi il collo con entrambe le braccia.

Mi strinse per la vita mentre la musica rallentava per trasformarsi in un lento. Le luci erano basse, i nostri occhi erano vicinissimi.

- El...- sussurrò.

- Si...- risposi.

Non so cosa stesse per dire, perchè qualcosa attirò il mio sguardo in fondo alla sala. Un lampo di capelli rosso fiamma...

Un colore unico, intenso. Inumano.

Seguii quel guizzo tra la folla e lo vidi arrestarsi davanti all'entrata del bagno delle signore.

Mi strinsi nell'abbraccio di Vic, veloce, per potermi guardare intorno senza che lui se ne accorgesse. Se avessi potuto, avrei avuto il cuore al galoppo. Cercavo, setacciavo la sala palmo a palmo. Fu un pugno in pieno petto: mi mozzò il respiro e mi tolse le parole. Lo vidi appoggiato al bancone del bar, con un bicchiere colmo in mano. I suoi occhi trovarono i miei, lo vidi deglutire, guardarmi fisso, poi farmi un cenno con la testa.

- Ho bisogno di aria...- dissi, cercando di essere credibile. Ma avevo la gola secca, mi sentivo mancare, e non servirono particolari doti recitative.

- Vuoi che venga con te?- mi chiese. Scossi la testa. Vic mi sciolse dal suo abbraccio, mentre io mi allontanavo, diretta verso l'uscita.

 

Non so come percorsi quei pochi metri, non ero in grado di intendere o di volere. Mi lanciai fuori dalla porta di vetro e quasi gli rimbalzai addosso.

Il suo odore mi invase immediatamente, riempiendomi i polmoni. I suoi occhi entrarono nel mio campo visivo mentre le sue mani mi stringevano i polsi, tentando di reggermi in piedi.

Mi abbracciò, veloce, afferrandomi per la vita, mentre le mie mani correvano al suo viso, vicinissimo al mio. I nostri nasi si sfioravano, i nostri occhi legati a doppio filo.

Lo vidi osservare i miei capelli, il mio viso, il mio corpo.

- Cosa ti ha fatto!?- mi chiese, secco.

- Perdonami...- dissi solamente. Lui sapeva. Lo leggevo nei suoi occhi. Aveva sentito, aveva sofferto e io ne ero la causa. Avrei dovuto allontanarmi da lui, vergognandomi troppo per poterlo guardare negli occhi... per essere degna di lui. Ma rimasi al mio posto mentre mi stringeva più forte a sé e realizzavo che era davvero lì.

Io ero tra le sue braccia e lui era lì.

Christian.

Gli gettai le braccia al collo, mentre lui mi sollevava, stringendomi ancora di più.

Non so se meritassi quel bacio, io che avevo baciato un altro uomo. Io che lo avevo tradito, col corpo e, per un istante, anche con il cuore.

Non so se avessi diritto a sentirmi felice dopo tutte le torture che avevo inflitto a entrambi, dopo il dolore di cui ero unica causa e artefice.

Non lo sapevo allora, non credo che lo saprò mai.

Avrei dovuto ritrarmi, invece ricambiai quel bacio. Era l'uomo che amavo, era il compagno della mia vita. Mi aveva scelta, lo avevo scelto.

E mi sentii di nuovo intera, di nuovo Elena. Di nuovo io, dopo tanto, troppo tempo.

- Avrei dovuto arrivare prima...- mi sussurrò, asciugando le mie guance.

Non mi ero resa conto che stessi piangendo, non avevo realizzato che la sua camicia bianca era ormai macchiata di rosso.

- Non hai nulla di cui scusarti...- risposi senza fiato.

Mi prese la mano sinistra, cercando l'anello con cui mi aveva chiesto di sposarlo. Lo avevo tolto subito, temendo che Vic se ne ricordasse e lo nascondesse, o peggio lo distruggesse. Lo portavo al collo da mesi, come un ciondolo.

Lo tirai fuori dal corpetto, e glielo mostrai. Lui mi accarezzò una guancia.

- Cosa ti ha fatto?- ripetè, mesto.

- Come hai fatto a trovarmi?- chiesi.

- Lo avevo promesso...- rispose semplicemente. Lo strinsi di nuovo a me, forte. Non avrei mai lasciato le sue braccia, mai più.

Avevo bisogno di lui, di sentire le sue labbra sulle mie, di saperlo al mio fianco sempre. Ma solo in quel momento realizzai che non sapevo come avremmo fatto ad andare via da li.

Sentii qualcosa infrangersi dentro di me, consapevole che non avremmo avuto affatto vita facile. Non sarei mai riuscita a scappare. Non avevo un piano, non sapevo cosa fare...

- El... Cosa c'è?- mi chiese, accorgendosi del mio repentino cambio di umore.

- Come andremo via?- sussurrai. Temevo la sua risposta come non avevo mai temuto nulla nella mia vita. Temevo che mi dicesse di non avere un piano, o peggio, che non mi avrebbe portata con sé... 

 - Un mio vecchio conoscente mi deve un favore. Il suo autista ci aspetta in auto, dietro l'angolo... Ci accompagnerà in un albergo fuori da Mosca e domani mattina ripartiremo per gli Stati Uniti... Ho già i biglietti aerei...- rispose.

- Perchè siamo qui fuori, allora?- chiesi, sorridendo.

- Perchè voglio che tu scelga liberamente se rimanere o venire con me...- rispose, abbassando lo sguardo.

Cosa avevo combinato? Ero un mostro, non c'erano altre definizioni. Come avevo potuto farlo soffrire in quel modo? Avrei dovuto morire piuttosto che farmi mettere le mani a dosso da Victor, invece mi ero lasciata prendere... e lo avevo baciato...

Mi meravigliavo che Chris fosse lì e non mi avesse ancora mandata al diavolo. Le lacrime cominciarono a scorrere copiose, macchiandomi il corpetto. Avevo sbagliato tutto, tutto.

Le sue braccia mi avvolsero nuovamente, mentre il mio viso affondava nella sua camicia. Non riuscii a fare a meno di stringerlo a me.

- Come puoi volermi ancora dopo quello che ho fatto?- chiesi, con voce rotta.

- El... Non pensarlo neanche per scherzo...- mi ammonì, sollevandomi il mento con un dito.

Il suo sguardo era luminoso, la sua voce era sicura. Ma c'era tensione dietro quelle parole, le sentivo abbattere lentamente il mio muro di sensi di colpa e disperazione, annegate nella loro stessa amarezza.

Cosa fossi prima di conosce Chris non lo ricordavo, ma in quel momento mi sentii umana come non mai.

- Portami a casa...- dissi, la voce finalmente ferma.

Mi guardò felice mentre mi prendeva per mano e cominciava a correre.

 

Non avrei mai più pensato a Victor, a Lexie... a Heidi, a tutti i tirapiedi di Victor. Non avrei rimesso piede a Mosca per nessun motivo al mondo...

Eppure non riuscii a fare a meno di guardare alle mie spalle, oltre il vetro, la figura di un uomo biondo, ferma davanti all'entrata del pub, guardarsi intorno con aria disorientata.

Non so se avrei mai scritto la parola fine a quella storia, ma in quell'istante non mi feci altre domande.

Ero seduta sul sedile posteriore di un'auto di lusso, con Chris al mio fianco.

Il tragitto fino all'hotel mi parve brevissimo: Chris mi strinse a sé mentre ringraziava l'autista e chiedeva la chiave della nostra camera al receptionist.

Salimmo in ascensore silenziosi, incapaci di dare voce ai nostri sentimenti. Non lo vidi avvolgermi in un suo maglione per placare il mio tremore, né mi accorsi di essere distesa al suo fianco sul grande letto, la testa sulla sua spalla, mentre le sue mani mi accarezzavano i capelli.

Stare con lui era come respirare: semplice, automatico. Eravamo fatti per stare insieme, nonostante tutto.

Sollevai il viso verso di lui, cercando le sue labbra. Lui si ritrasse.

- Sono un idiota...- mi disse, mesto.

- Di cosa stai parlando?- chiesi, mentre l'angoscia si impadroniva di me.

- Del fatto che ho tradito la tua fiducia... con Lexie...-

Chiusi gli occhi, cercando di respirare normalmente. Sapevo ciò che era successo, ma sentirlo dalla sua bocca era un colpo troppo difficile da attutire, almeno in quel momento.

Ripresi a tremare, temendo che ciò che era accaduto ci separasse per sempre.

Ma come potevo avercela con lui quando la causa di tutto ero io?

Il tradimento implicava una certa dose di premeditazione e di volontarietà. Dubitavo che lui avrebbe deliberatamente commesso un'azione del genere se la situazione fosse stata diversa.

Ma era solo una supposizione. Perchè nonostante il nostro legame avevo paura. Paura che non mi amasse, che non mi volesse più... paura di lui, di come avrebbe potuto distruggermi se mi avesse lasciata, di come mi avrebbe fatto del male se si fosse allontanato da me.

Sollevai i miei occhi nei suoi, sentendomi improvvisamente esausta.

Non riuscivo a esprimere i miei pensieri, non riuscivo a sentire nulla. Persa in quel blu, pensavo, mi arrovellavo in cerca di qualcosa che potesse farmi stare meglio, che lo sollevasse da quell'angoscia. Ma non avevo la forza per lottare contro il mio sgomento, né per abbattere il muro dei suoi sensi di colpa.

Troppo stanca, mi addormentai al suo fianco, tra le sue braccia.

Troppo presto spalancai gli occhi, assordata da quella voce, distorta in un ringhio bestiale.



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