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Autore: Hika86    11/06/2010    0 recensioni
Era sempre stato molto affezionato alla sua famiglia. Certo, la sua vita era divertente, piena e soddisfacente, i suoi amici erano sempre con lui, i fan e chi collaborava con lui lo rispettavano, ma tutte le volte che era possibile tornava. Poi una serata con amici di famiglia lo portano a comprare dolci per gli ospiti e... [Main character: AIBA MASAKI]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masaki Aiba, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'

Gli sembrò di emergere da una piscina piena di acqua calda e confortante, quando la sua coscienza prese possesso della mente e si ritrovò improvvisamente catapultato fuori dai suoi sogni, nella realtà del suo corpo mezzo scoperto, steso sul letto di casa sua. Ciò che lo aveva svegliato era stata la voce del fratello che si avvicinava correndo, arrivando dal piano di sotto. «Niisan! Niisan!» chiamava insistente da dietro la porta, mentre un rumore di passi si faceva sempre più vicino. Non rispose, rimanendo immobile, ma tentò di aprire gli occhi: la luce che entrava dai vetri lo infastidì oltre ogni dire e, di tutta risposta, si rannicchiò in posizione fetale coprendosi con la parte di lenzuolo che ancora era rimasta sul letto. «Niiiiiisan» cantilenò quell'altro entrando nella stanza facendo capolino da dietro la porta
«Nfh» grugnì lui da sotto il lenzuolo leggero
«Niisan devi svegliarti, la mamma vuole che vai a fare una commissione per lei»
«Nh» fece ancora in risposta e la porta si richiuse. Rimase lì un po', stava quasi per riaddormentarsi quando un urlo dal piano di sotto lo fece sobbalzare «Acchan! Svegliati!!». Cacciò la testa fuori dalla coperta ed osservò la porta gli occhi ridotti a due fessure carichi di odio «Arrivooo!» urlò di risposta: il potere di una madre. Si mise a sedere controvoglia e si alzò in piedi grattandosi la nuca «Yusuke? Ohi, Yusuke?» lo chiamò a denti stretti mentre si stiracchiava
«Mh? Che c'è?» domandò il ragazzo ricomparendo sulla porta lasciata socchiusa poco prima
«Perchè non puoi andarci tu?»
«Devo andare a scuola, ho gli allenamenti dell'orchestra. A stasera» lo salutò prima di scomparire di nuovo in corridoio. Una volta che si fu ripreso dalla sveglia violenta di sua madre oltrepassò la porta dirigendosi verso il bagno. Mentre si lavava i denti guardava fisso davanti a sé: che lì ci fosse la sua immagine riflessa non sembrava fargli effetto, ancora troppo intontito. Sputò il dentifricio nel lavandino e si sciacquò la bocca, seguita dal viso. Fatto questo tornò in camera e scelse un paio di vestiti dalla valigia. Quando scese al piano inferiore sua madre era in cucina che puliva i piatti della colazione del resto della famiglia. «Buongiorno mamma» salutò con uno sbadiglio
«Acchan, buongiorno. Vieni a salutarmi che sto pulendo e ho le mani piene di schiuma» rise lei attendendo che il figlio venisse a stamparle un bacio sulla guancia «Ti ho lasciato le cose sul tavolo sotto la finestra, dovrebbero essere ancora calde» e infatti sotto la finestra della cucina, sul piccolo tavolino che solitamente usavano come ripiano d'appoggio, stavano le scodelle con la sua colazione ancora leggermente fumante. «Grazie» sorrise sedendosi nell'angolo e prendendo in mano le bacchette per cominciare a sfamarsi «Cosa devo fare?» domandò dopo aver mandato giù il primo boccone di riso
«Io e tuo padre andiamo da amici a cena stasera, volevo portare dei dolci, ma devo pulire ancora la casa se domani arrivano i nonni a trovarci. Quando sei pronto ti spiego dove andare» gli rispose lei
«Mh? Non comprate più i dolci nel solito posto?» chiese lui sorseggiando del brodo di miso
«No, hanno chiuso. Il marito è morto il dicembre scorso» la donna fece una pausa appoggiando un piatto perfettamente sciacquato «Un mese fa la vedova ha riaperto, ma è una bottega più piccola e lavora in proprio senza più alcun contratto con le grandi catene dolciarie»
«Oh, capisco». Finì la sua colazione e andò a recuperare una giacca di jeans e gli occhiali da sole. Quando uscì non potè fare a meno di sorridere allegramente: il cielo era perfettamente sgombro di nuvole ed il sole illuminava ogni cosa donando brillantezza ad ogni colore. L'aria era perfettamente limpida e i rumori che si mischiavano nell'aria erano i tipici rumori di un tranquillo quartiere di Tokyo: i rumori del suo quartiere, quelli della sua infanzia, inconfondibili e familiari come ogni strada e ogni faccia nel vicinato. Gli occhiali da sole erano sul suo naso semplicemente per riparare gli occhi dalla luce e per abitudine forse, non certo perchè la gente intorno a lui non potesse riconoscerlo: sarebbe stato impossibile, lì tutti lo conoscevano da quando era appena nato, alcuni erano stati suoi compagni di scuola o di giochi tra le vie, l'avrebbero riconosciuto anche vestito da clown. Il negozio di dolci non era lontano, ma ci mise tanto ad arrivarci perchè molti in quartiere lo fermavano, gli chiedevano come andassero le cose sul lavoro. Gli amici di famiglia, i commercianti da cui compravano da anni gli mostravano magari qualche articolo ritagliato e conservato con cura. Tutti gli facevano i complimenti e gli auguri: erano diversi da quelli che riceveva sul lavoro, di solito erano parole di circostanza di colleghi, collaboratori o "rivali" nell'ambito, raramente erano sentiti, ed erano anche diversi da quelli dei fan che a volte gli suonavano così impersonali e vuoti, potevano essere indirizzai a lui come a chiunque altro al suo posto. Le parole di quelle persone erano calde di affetto, più o meno forte, di significato, ed erano per lui soltanto: se ci fosse stato qualcun'altro ci sarebbero stati complimenti e auguri forse, ma non come quelli che facevano a lui.
La bottega di dolci artigianali aveva una graziosa scritta dai caratteri sottili in colore rosa antico su sfondo color borgogna. La piccola vetrina era decorata con molta modestia e poco materiale, eppure l'insieme risultava ugualmente elegante e grazioso. Spinse la porta ed un campanello tintinnò avvertendo del suo arrivo. Una signora stava in piedi davanti al bancone in vetro con i dolci in esposizione e un'altra dietro chiacchierava con lei mentre preparava un pacchetto. La loro discussione si interruppe alla sua entrata ed entrambe le donne si girarono verso di lui «Benvenuto» salutò la donna, mentre l'altra cliente gli sorrise semplicemente
«Buongiorno. Cercavo dei dolci» disse in un primo momento, per quanto immaginasse fosse ovvio quel che voleva entrando in una pasticceria tradizionale
«Sicuro, solo un attimo» disse tranquilla quell'altra per poi piegarsi all'indietro e lanciare un'occhiata oltre una porta sulla destra che doveva dare sulla cucina o sul laboratorio «Hanayaka san!!» chiamò ad alta voce
«Siiii?» si sentì rispondere da una vocina oltre quella porta
«Puoi occupartene tu?!»
«Si, arrivo!». Nel frattempo si era avvicinato ai vetri e aveva cominciato a sbirciare i numerosi dolcetti colorati lì esposti senza ascoltare il discorso che le due donne ripresero a fare. «Maestra, la teglia è ancora nel forno, tra una decina di minuti dovrebbero essere tirati fuori»
«Ci penso io allora, grazie. A lei signora» la padrona concluse con l'altra cliente
«Benvenuto, in cosa posso esserti utile?» si sentì chiedere ed alzò lo sguardo dai dolci. Dall'altra parte era spuntata una ragazza, probabilmente della sua stessa età, con i capelli castano chiari raccolti sulla nuca in una crocchia stretta e alcune ciocche libere ad incorniciarle il viso dai tratti morbidi. Indossava una camicia azzurro chiara dalle maniche arrotolate e un grembiule che riprendeva il colori dell'insegna e lo stemma del negozio ricamato in rosa sulla parte destra del petto. Un segno di farina le attraversava la guancia destra ed un paio di occhi castano scuro, luminosi e vivaci, lo osservavano in attesa di una risposta. «Uhm si... ecco, siamo ospiti da amici stasera e volevamo portare qualcosa in dono»
«Sul serio?» domandò stupita lei
«Arrivederci e grazie» salutava intanto la padrona prima di lanciarle un'occhiata di rimprovero «Hanayaka san, limitati al tuo lavoro» le disse
«Si certo, maestra» rispose impacciata «Mi spiace» fece poi rivolta a lui, piegando il capo
«Non importa, non importa» le rispose sorridendo divertito «Suona così strano?»
«Eh? No, insomma...» la commessa attese che la donna entrasse in cucina sparendo dal negozio «Solitamente ai giovani non interessano questo genere di dolci» spiegò infine
«Infatti li vengo a prendere io, ma sono per mia madre» spiegò con sincerità
«Capisco» annuì lei piegandosi sotto il bancone «Per quante persone?» domandò quindi
«Quattro» rispose aggrottando le sopracciglia, temendo per qualche secondo di aver detto qualcosa di sbagliato
«Bene, quattro...» la sentì mormorare per poi tirar fuori una confezione e tornare in piedi davanti a lui «Allora, avevi già in mente cosa prendere?»
«Sinceramente no, non ho avuto istruzioni» scosse il capo, quindi abbassò il capo per guardare i dolci e rialzò gli occhi «Sapresti consigliarmi?»
«Vediamo, hai detto che i tuoi vanno ospiti da amici per cena» riflettè lei guardando a sua volta i dolci «Ci vuole qualcosa di raffinato dato che sono persone adulte riunite a cena. Dev'essere dolce per ammorbidire la serietà di un invito a cena, ma non troppo perchè solitamente le persone di una certa età preferiscono i sapori delicati» spiegò per poi aprire i vetri e chinarsi su un vassoio esposto e tirarlo fuori «Che ne dici di questi monaka*? Sono ancora dei dolci invernali, quelli per la primavera li stiamo preparando giusto oggi e saranno pronti domani, ma l'aria è ancora abbastanza freddina da far sentire poco la nuova stagione. Secondo me andranno benissimo». Li osservò un po', sembravano biscottini semplici, quasi dei wafer «Vuoi assaggiarne uno? I clienti possono farlo» ridacchiò lei
«Tu no?» domandò stupito accettando l'offerta
«Sì che posso, ma devo pagarlo di tasca mia»
«Come dipendente non ti è data la possibilità di fare uno spuntino ogni tanto?»
«No, vedi» spiegò abbassando la voce e piegandosi verso di lui, al di sopra del bancone «La signora deve avere qualche potere speciale. Non so come faccia, ma sa sempre il numero dei dolci esposti»
«Sul serio?» domandò accettando l'assaggio nel frattempo
«Si accogerebbe subito se ne mangiassi uno di nascosto»
«Non te ne fa assaggiare uno dopo che li ha fatti? Tanto per vedere se sono venuti bene» continuò divertito mentre le due cialde del dolce si spezzavano quando le ebbe addentate
«Lei non cucina più ormai, di quello me ne occupo io. Lei al massimo controlla le cotture e si intrattiene con i clienti. Quindi è lei, semmai, ad assaggiare quello che faccio io» scosse il capo riappoggiando il vassoio di dolci dalla sua parte del bancone «Io in ogni caso non assaggio più quello che cucino, so a memoria gli ingredienti e li controllo con cura prima di cominciare a lavorare»
«Un po' come i cuochi dei ristoranti che non assaggiano nemmeno più quel che cucinano?» domandò incuriosito mentre la cialda in bocca sembrava sciogliersi e fondersi con la marmellata di azuki che faceva da ripieno passando inaspettatamente dalla sensazione croccante e leggermente salata del biscotto a quella morbida e dolce dei fagioli. «Esatto, un po' così. E lei è la terribile capochef che non ti fa fare un piatto di pasta per te stesso con gli ingredienti del ristorante, a meno che non li paghi di tasca tua» ridacchiò divertita, seguita da lui subito dopo «Com'è?» domandò quindi vedendo che aveva finito il dolce
«E'... è buono» le disse titubante: lì per lì non sapeva che aggettivo dare a quella sensazione inusuale e piacevole che aveva avuto nel mangiare. «Preferisci sceglierne un altro?» domandò lei tornando seria, subito pronta a pensare ad un'alternativa
«No, no... va bene» si affrettò a dirle
«Sicuro?»
«Si, si... sono sicurissimo. Non mangio spesso dolci quindi non so bene come descriverne il gusto, ma ti assicuro che quel "buono" era... era veramente "buono"». Lei scoppiò a ridere quindi annuì «Va bene, ho capito. Allora ti faccio una confezione con questi?» gli chiese
«Si, grazie» le rispose sorridente. Era come se quella buffa conversazione l'avesse improvvisamente svegliato, come se non avesse realmente aperto gli occhi quella mattina fino a quel momento. La commessa si scusò e scomparì col vassoio nel laboratorio, dicendo che avrebbe preparato il pacchetto.
Rimase da solo nel negozio per qualche secondo finchè non comparve la padrona sulla soglia della porta «Ottima scelta» gli disse
«Scusi?» domandò spiazzato
«I monaka. Sono un'ottima scelta, mio marito li adorava»
«Mh» annuì semplicemente
«Si sente la sua mancanza qui, ma la ragazza è abbastanza utile. E' solo terribilmente maldestra. Dovrebbe vederla quando cucina: precisa e pignola in ogni minima cosa. Non le si può dire nulla quando sta ai fornelli, ma una volta che smette di preparare i dolci ne combina di tutti i colori»
«Maestra, potrebbe evitare con i clienti?» si sentì dire dalla voce sottile della commessa nel laboratorio
«Perchè? E' giovane anche lui e capirà» sospirò la padrona prima che un trillo dalla cucina richiamasse la sua attenzione «Mi occupo io del forno, tu finisci» e lui rimase di nuovo solo, di nuovo per pochi secondi. La ragazza tornò nel negozio con un elegante pacchetto rettangolare, ricoperto di carta viola chiaro, chiuso da un nastro di stoffa viola pastello che fissava due angoli del coperchio in alto e in basso. Un'etichetta lunga, attaccata al centro del pacchetto riportava il nome della pasticceria scritto in una calligrafia elegante, identico in stile e colori all'insegna. «Ecco qui, va bene?» domandò lei porgendoglielo
«Si, suppongo di sì» sinceramente non sapeva dire cosa potesse non andar bene
«Il viola non stona col colore della marmellata ed è come un colore di passaggio dall'inverno alla primavera, mi sembrava adatto» aveva dimenticato quanto ricercato e sofisticato fosse lo stile dei cibi tradizionali, non solo dolci: ormai era abituato a ramen istantanei e serate ad acchiappare piatti al kaiten sushi. «Mi spiace che ancora non ci siano i dolci nuovi» si scusò la commessa mentre gli batteva la scontrino alla cassa
«Non importa, veramente. Questi mi sembrano buonissimi, li mangerei anche in pieno agosto» disse, causando il divertimento della commessa. Rideva in una maniera che forse la veccia padrona non avrebbe mai usato alla sua età: troppo poco contegno, movimenti affatto misurati; eppure non risultava essere una risata volgare o sguaiata. Era una risata di cuore, divertita ed insieme molto femminile. Forse era l'atmosfera ricercata del negozio, ma la commessa pareva esprimere con la sua stessa persona parte di quella semplicità ed eleganza che aveva visto fin dalla vetrina. «Ecco il resto» disse lei porgendogli i soldi
«Tienilo. Sono i soldi giusti per prenderti un dolce che ti va di mangiare» sorrise lui prendendo il pacchetto tra le mani
«Eh? Per me?» domandò quella sgranando gli occhi
«Si, dovrebbero essere giusti, no?»
«Mi hai pagato per lasciarmi il resto esatto per prendere un dolce da sola?» domandò ancora sbalordita
«Magari torno domani per vedere i dolci nuovi» disse evitando di rispondere. Avrebbe anche potuto farlo sul serio, la commessa era proprio carina e il dolce appena mangiato sembrava suggerirgli di farlo.

*I monaka (最中, letteralmente sarebbe "molto nel mezzo", o, più poeticamente, "molto ripieno") sono dei dolci tradizionali giapponesi serviti con il te. Sono costituiti da due sottili e croccanti biscotti di riso, della stessa consistenza della sfoglia di un wafer, con in mezzo della marmellata di fagioli azuki. In altri casi è ripieno di semi di sesamo, nocciole o tortine di riso. In una versione più moderna ci si mette anche il gelato. La forma può essere di qualsiasi tipo. Qualche esempio in foto: uno - due - tre - quattro.




NOTA AL TITOLO: Ame 飴 è la parola giapponese per indicare le semplici caramelle di zucchero giapponesi (tipo queste).
Questa fanfiction, posso dirlo in anticipo, è esclusivamente romantica ed incentrata solo su Aiba.
"Il tuo preferito è Sho e scrivi di Aiba?": sì, arriverà anche quella su Sho, chiaramente, ma dalle poche informazioni che noi fan possiamo avere su Aiba mi sono sempre sentita molto più affine a lui, spesso simile, quindi mi è più facile e immediato pensare a una storia su di lui che non su altri °-°" eheheh (me la prendo comoda XD)
Non sarà una fanfiction "normale", ossia... di solito le fanfiction sono fatte di capitoli che contengono anche più di una scena, che vedono uno svolgersi continuo degli eventi, un dipanarsi di pensieri e sensazioni da parte dei personaggi. Questa fanfiction invece avrà dei capitoli di tipo diverso: ognuno di essi rappresenterà un solo evento, un solo incontro che, come nella vita di tutti noi, può essere più o meno lungo. Alcuni capitoli quindi potranno risultare molto lunghi, altri particolarmente brevi e, soprattutto, sembrerà di saltare un po' da un ramo all'altro dato che nel dettaglio non ci sarà descritto nulla di ciò che avviene tra l'uno e l'altro momento descritto in ogni capitolo.
Sono una sperimentatrice XD Mah... poi magari faccio solo pasticci e scrivo schifezze! Ahahahahahahah!
Spero che chi apprezza Aiba (uuh) ma che anche chi, come me, ha altri preferiti tra gli Arashi, possa trovare piacevole la storia.
ATTENZIONE: Come al solito... se trovate un * vuol dire che c'è una nota a fine capitolo che spiega la/le parola/e

  
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