Lo
spazio, l’ultima frontiera.
Nessun uomo è mai andato più lontano
della luna, né sa, davvero, cosa c’è al di là.
Ci saranno dei saltellanti omini verdi
con le antenne?
Alieni grigi dal testone tanto enorme
che giunti a una certa età devono mettersi una protesi al collo per riuscire a
tenere la testa alta?
Oppure troveremo mostri terribili e
inquietanti, pronti a sbranarci tutti?
Nessuno sulla terra sa…ma questo,
appunto, avviene sulla terra!
Nelle vicinanze di Betelgeuse, invece,
esiste un pianeta il cui nome è impronunciabile e inscrivibile, ma che suona
come il verso emesso da un dugongo assassino che viene catturato da un
pescatore ubriaco tre secondi prima di papparsi la sua preda preferita.
In questo pianeta impronunciabile,
dicevo, vive uno scienziato appartenente a una famosissima razza aliena verde e
saltellante, il quale 90 anni fa (questa razza di alieni è molto longeva,
infatti) scoprì che esiste un punto che mette in contatto i banchetti di souvenir
che sono in Piazza dei Miracoli a Pisa, con il nostro universo, con il multi-verso,
con il cesso della casa di Robert Plant.
Si da il caso che questo luogo si trova
proprio sul terzo pianeta di un sistema solare alle estremità della via lattea
e precisamente in un’isola chiamata dai Terrestri Inghilterra, in una città di
nome Liverpool.
Come capirete bene, questo è un punto
fondamentale per tutto l’universo e gli extraterrestri continuano a fare dei cerchi nei campi di
grano per farlo capire agli stupidi terrestri, i quali, in quanto stupidi, non
hanno capito e hanno provveduto a tapparlo con una statua di un grandissimo
musicista, cosicché adesso l’unico modo di sbloccare il punto di contatto tra i
banchetti di souvenir di Pisa, il nostro universo, il multi verso e il cesso di
casa di Robert è pronunciare per nove volte quattro parole prive si
significato, che, curiosamente, sono presenti proprio in una delle canzoni
scritte dal musicista la cui statua ha bloccato il portale d’accesso.
Ma niente paura: a volte, sbloccare un
portale è più semplice di quanto sembra…
Liverpool, 2010
“Ancora non mi sembra vero!” Valentina
era incapace di restare seduta composta sul sedile del taxi che si stava
allontanando dall’aereoporto, tanto era il suo entusiasmo.
Era una calda giornata estiva ed il sole
aveva deciso di splendere sulla di solito piovosa Inghilterra, con una
luminosità particolare. “Già!” convenne Bianca, la sua compagna di viaggio “una
settimana a Liverpool..Ah, che pacchia!”
Le amiche avevano deciso di passare una
settimana all’estero: poiché entrambe erano delle fan sfegatate dei Beatles la
scelta era sembrata abbastanza ovvia ad entrambe
Avevano organizzato tutto via internet
ma erano partite senza un programma preciso, contando di improvvisare tutto sul
momento, anche se avevano stabilito di visitar tutti quei posti che ogni bravo
Beatlesiano deve vedere almeno una volta nella vita: questi luoghi
comprendevano Penny Lane, Strawberry Fields, le case dei Fab Four gli innumerevoli musei dedicati al gruppo e, last but not least il Cavern Club.
Le due amiche osservarono la campagna
inglese sfrecciare davanti ai loro occhi, mentre il taxi le portava verso il
loro hotel. Erano ansiose di mollare le valigie in camera “armarsi” di macchine
fotografiche e partire per la loro uscita serale in città.
Erano le 7 di sera circa ed il cielo era
di un bellissimo colore, a metà fra il rosato e l’arancio, completamente
sgombro di nuvole.
“Come hai detto che si chiama l’hotel?”
chiese Bianca mentre rovistava nella borsa alla ricerca del cellulare.
Vale sorrise
:”Hard Day’s Night Hotel. Un nome, un programma. Ed è in pieno centro!”
In breve il taxi si inoltrò nel cuore
della città e le ragazze osservarono meravigliate dai grandi finestrini
dell’auto: meravigliosi ed austeri palazzi vittoriani, affiancati da
costruzioni modernissime si affacciavano sul molo della città. La gente
camminava tranquilla lungo Albert Dock, godendosi il tepore insolito ed
ammirando le navi e le barche ormeggiate nel trafficato porto di Liverpool.
Valentina e Bianca cercarono di leggere
i nomi delle barche, nonostante la velocità del taxi: fra i nomi spiccavano una
“Lucy in the sky”, un’altra di nome “Imagine” e, più in avanti una chiamata
addirittura “John Lennon”!
Si, si respirava davvero l’aria dei
Beatles…e le due non aspettavano altro!
“Che pensiamo di fare stasera?” domandò
Valentina mentre il taxi si infilava in una stradina e cominciava a rallentare
“Beh, potremmo cenare fuori come avevamo detto..e magari dopo andare al
Cavern!”
Gli occhi delle due ragazze si
illuminarono. Il Cavern, il tempio
della musica, il luogo dove quei quattro ragazzi che avevano rivoluzionato
un’epoca avevano cominciato la loro ascesa!
“Direi che va benissimo!” concordò
Valentina mentre il loro cab blu scuro si fermava davanti all’hotel.
Dopo aver pagato ed essere andate a
registrarsi, Bianca e Valentina si fiondarono in camera: la loro camera era
piccola ma accogliente e sul muro del letto troneggiava una foto dei Beatles
nella loro storica foto che li vede impegnati a correre per seminare le fans.
Le due amiche decisero di vestirsi
adeguatamente per la serata : Valentina optò per un paio di jeans stretti e una
maglietta hippy, decisamente molto colorata, sopra la quale ciondolava la sua
inseparabile collana con il simbolo della pace,
mentre Bianca si mise un vestito a righe orizzontali bianche e nere, sbracciato e con i bordi
delle maniche e l’orlo della gonna bordati di pizzo nero.
In capo a mezz’ora erano in centro: per
la cena si diressero in un piccolo ristorante in Victoria Square per non
allontanarsi troppo dalla “zona cavern”.
Dopo la cena arrivò il tanto sospirato
momento di dirigersi verso Mathew Street, dove si trovava il Cavern
“Ho sentito che ogni sera suonano cover dei
Beatles!” disse Valentina che non stava
più nella pelle.
“Diamine!” pensava “stiamo camminando
dove magari hanno camminato loro!”
“Si, anche se stasera hanno in programma
la “John Walrus Lennon evening!” le riferì Bianca, assorta nella lettura di un
piccolo depliant preso in hotel “suoneranno tutti i più grandi successi di
John, come Beatle e come solista!”
John Lennon era il Beatle che le due
preferivano in assoluto ed era stato proprio grazie a questa passione comune
che si erano conosciute. “Sigh, sarebbe stato meglio se ci fosse stato lui a
cantare!” sospirò Vale, che cercava di orientarsi.
“Già! Credo che avrebbero dovuto
trattenerci a viva forza, perché di sicuro saremmo saltate sul palco in preda
all’isteria da Beatlemania”
Ormai Mathew Street era vicinissima e
l’emozione crebbe: Valentina invidiava gli abitanti di Liverpool, che avevano
un simile gioiellino in pieno centro, mentre Bianca osservava le insegne
colorate degli innumerevoli pub presenti nella stradina: “Lennon Bar”, “Beatle
pub” e cose del genere..
Ed infine..eccolo li!
Il Cavern, con la sua scritta bianca su
fondale nero, la luminosa scritta rossa al neon…
Valentina e Bianca accelerarono il
passo, ansiose di vedere da vicino quel luogo dove anni prima i loro idoli
avevano rivelato il loro talento (non senza stupirsi dalla poca quantità di
gente presente in strada)
Cominciarono a scattare foto
all’impazzata, mentre i pochi passanti le guardavano, sorridendo davanti a
tutto quell’entusiasmo
“Aspetta un po’!” fece Valentina
indicando un punto davanti all’ingresso del club “ma quello è…Ohhh!”
“Mio dio, è proprio…”
“Si, è lui! Una statua di John Lennon
davanti al Cavern!”
Corsero verso la statua, che ritraeva un
John dal caratteristico caschetto da Beatle, appoggiato al muro ed intento a
scrutare davanti a se, con un mezzo sorrisetto fra le labbra. Era una posa così
naturae, così realistica che, se si fosse animata non avrebbe quasi destato
sorpresa.
“Devo farmici una foto!” sentenziò
Bianca
“Però l’ho visto io per prima, quindi
parto io!” Rispose Valentina
“John è solo mio!” replicò l’altra
abbracciando la statua “vero John?” e scoccò un’occhiata adorante al suo idolo
“Eh No!” protestò Valentina “John è
fidanzato con me e lo sa bene!” e si attaccò al braccio sinistro di John.
“E invece no!”
“Si invece!
“Nooo tu al massimo sei fidanzata con
Paul!”
“Forse..ma John ha la precedenza!”
Continuarono così per un po’, in preda
alle risate, finchè non decisero di raggiungere il culmine dell’assurdo
cominciando a orecchiare parole delle canzoni dei Beatles.
“Can’t buy me
loooooooooove! Intonò Valentina
“ Twist and
shoooooout!”
“…I’ll tell you
something…na na na naaaaa!!”
Alla fine le due dissero all’unisono
“Goo goo gaa Jooob!”
Non appena lo ebbero detto furono prese
da un altro attacco di risate e ritenendo che fosse la frase più assurda da
dire la ripeterono e la ripeterono fino a che non parve perdere di significato.
In realtà, dopo che ebbero pronunciato
la frase per la nona volta accadde qualcosa: calò una nebbia innaturale ed i
pochi passanti parvero svanire in essa. Ma le due erano troppo prese dalle
risate per accorgersene.
La nebbia intorno a loro si fece sempre
più fitta, tanto che non si riusciva a vedere ad un palmo dal naso e ogni
oggetto in lontananza iniziò a sfocare in un bianco accecante, come se intorno
a Bianca e a Valentina non ci fosse stato più niente: non più la statua di
John, né il grigio dell’asfalto, né il cielo nero puntellato da stelle
luminose, né il cavern… niente.
Era come se le due ragazze fossero
divenute le uniche due figure dipinte su una tela altrimenti candida. Poi d’un
tratto una mano invisibile cominciò a dipingere e a reinserire ogni elemento
caratteristico del paesaggio, ma in un contesto completamente sbagliato: era
come se un bambino si fosse divertito a distruggere un puzzle e a spargerne i
pezzi alla rinfusa.
Nel giro di pochi attimi, senza che
Bianca e Vale avessero modo di rendersene conto, si ritrovarono catapultate in
un punto imprecisato dell’universo, a fluttuare come astronauti nello spazio,
poi subito tra banchetti che vendevano gadgets raffiguranti una torre pendente,
poi di nuovo nello spazio, ma in un luogo diverso da quello di prima, un luogo
in cui non c’erano stelle, ma milioni di bolle di sapone che sembravano contenere al loro interno
altrettanti universi, poi in una stanza da bagno rifinita di mattonelle rosa
shocking e con un uomo biondo intento a leggersi il daily mail seduto sulla
tazza del water, infine ancora Liverpool, ma invece che all’aperto, Bianca e
Valentina si ritrovarono all’interno del Cavern e per la precisione a due metri
di altezza dal suolo, esattamente sopra la testa di un giovane vestito da Teddy
Boy.
«Ma cos-?!», ebbe appena il tempo di
chiedersi Bianca, prima di cadere rovinosamente, insieme a Valentina, sopra al
povero ragazzo.
«Ma cos’è successo?!», chiese Valentina
massaggiandosi la testa, dopo essere caduta (letteralmente) dalle nuvole.
Solo quando tutti e tre si furono alzati
nuovamente in piedi le due amiche riconobbero il ragazzo che avevano di fronte:
capelli castano chiari, ciuffo alla Elvis, sopracciglia spesse, labbra fini
curvate in un sorrisetto strafottente, abbigliamento da Teddy Boy…
Bianca e Valentina impallidirono e per
poco non svennero non appena si resero conto che colui che avevano davanti era
niente di meno che John Lennon ragazzino, all’incirca all’età di 20 anni
scarsi.
«Ehi, non svenite,eh!», esclamò John
preoccupandosi per le due belle ragazze che aveva davanti e che sembravano
essersi sentite male proprio per causa sua.
Ok, non era mai stato un tipo per bene,
tranquillo e rispettabile, ma non aveva mai pensato di far così paura da far
svenire due belle ragazze come quelle che lo guardavano con gli occhi
spalancati!
Prendendo in braccio prima l’una poi
l’altra,le trascinò entrambe fuori dal locale, dove esse ebbero modo di
riprendersi.
“Dove siamo?”, chiese Valentina,
vedendosi circondata da Teddy Boy e ragazzine con il gonnelline colorato lungo
fino alle caviglie e i capelli raccolti in una coda di cavallo, alta sopra la
testa, “Sembra il set di Grease!”
John la guardò alzando un sopracciglio.
“Siamo a Singapore!”, rispose serio,
accendendosi una sigaretta.
“Non scherzare, questa non è Liverpool!”,
replicò Bianca, “C’eravamo prima a Liverpool!!”
“Già!”, la sostenne Valentina, “E poi al
giorno d’oggi la gente non va mica in giro vestita così!”
“Infatti io non ho mica detto che è Liverpool:
questa è Singapore”, ripeté lui con tono di ovvietà.
“Ma dì un po’…”, disse improvvisamente
Valentina, “Tu sei davvero…ehm…”
“Sei davvero John Lennon?”, concluse
Bianca per lei.
“Sicuro!”, esclamò John, battendosi una
mano sul petto, “Goo goo ga j’oob!”
Bianca e Vale si lanciarono uno sguardo
che sembrava voler dire “è proprio lui!”, ma ancora qualcosa di tutta quella
storia non le convinceva e guardando meglio si resero conto che erano sparite
tutte le insegne dei locali che avevano nomi di cose riguardanti i Beatles e
anche se il Cavern era ancora lì, della statua di John non c’era traccia.
“Ehi, John!”, chiese Bianca, “Che fine
ha fatto la tua statua?”
“Statua?”, chiese John, corrucciando la
fronte confuso.
Bianca non poté rispondergli perché proprio
in quel momento i teddy boy intorno a loro tornarono a svanire in
quell’innaturale nebbia bianca e i tre ragazzi rimasti sentirono un gran
calpestio di piedi in corsa per terra e grida acutissime, che sembravano
provenire da numerose adolescenti eccitate.
Un John Lennon (un altro!!) che sembrava essere uscito fuori dal film A Hard Day’s Night (e precisamente dalla
scena della “grande fuga”, con cui inizia il film) stava correndo verso di loro
urlando:
«FUGGITE!!!»
«Oh, cazzo!!!», esclamò il John Teddy
Boy, gettando la sigaretta che aveva appena acceso, «Correte, correte!»
I tre ragazzi, quindi, si unirono al
John di A Hard Day’s Night nella sua fuga dalle ragazzine assatanate.
“Un altro John!!!”, esclamò Valentina a
Bianca, mentre entrambe dovevano faticare per riuscire a stare al passo dei due
John nella corsa.
“Vedo!”, replicò l’altra e nel dire così
inciampò in un sasso (spuntato dal nulla), ma John di A Hard Day’s Night la
riprese al volo.
“G-grazie…”, mormorò Bianca, tutta rossa
in viso
“Ehi lasciane un po’ anche a me, eh!”,
esclamò allora Valentina, facendole l’occhiolino
“Tu hai il teddy, accontentati!”,
scherzò Bianca.
Era troppo faticoso parlare e scherzare
mentre correvano via dalle pazze furiose che gridavano alle loro spalle, così
Valentina lasciò perdere.
“Ehi, tu!”, esclamò, nel frattempo, il
John Teddy Boy, rivolgendosi all’altro John, “Perché ti inseguono?Hai – ho –
combinato qualcosa?!»
“No!”, rispose l’altro John, ridendo,”
Fuggiamo perché mi amano!”
“COSA?!?”, esclamò scandalizzato il John
più giovane, “Fuggiamo da loro solo per questo?!”
“Credimi”, disse l’altro John, “Se ti
fermi te ne pentiresti!”
“Tu dici?”, il teddy boy lanciò uno
sguardo alle sue spalle, poi esclamò, “Che nessuno abbia mai a dire che John
Lennon si è tirato indietro di fronte a una donna!”
Detto fatto, il John più giovane si
fermò e si buttò nella folla di ragazzine urlanti, che iniziarono a tirarlo a
destra e a sinistra e a strappargli vestiti e capelli, per avere dei cimeli da
portare a casa. Non ci volle molto prima che John iniziasse a gridare aiuto.
“oddio, me lo stanno uccidendo!”,
esclamò Valentina, partendo alla carica per salvare il suo giovane idolo.
Ma proprio mentre diceva così, una
nebbia innaturale avvolse la folla di ragazzine urlanti, facendole sparire e al
loro posto, come in un gioco in cui le carte sono state rimescolate, apparvero
i due scienziati del film “Help!”, che stringevano tra le mani il giovane John
dal ciuffo di capelli ormai tutto arruffato.
John si liberò in fretta dalla loro stretta,
ma lo scienziato più magro puntò una pistola verso Valentina.
“Eccovi, finalmente!”, disse, “se non
fosse stato per la tecnologia americana non saremmo qui, ma alla fine ci hanno
finanziato e ta-daaan!”
“Valeeee!!!”, gridò Bianca terrorizzata,
“che volete?”
“Dì le tue ultime preghiere!”, gridò lo
scienziato, che stava per premere il grilletto con un ghigno sadico sul volto.
Valentina impallidì, pensando che fosse
davvero arrivata la sua ora, ma dalla solita nebbia di un bianco accecante
saltò fuori un terzo John, identico a quello che aveva recitato in Help!, che
si gettò su Valentina, facendo in modo che il proiettile dello scienziato
andasse a vuoto.
Valentina arrossì violentemente, vedendo
il naso di John a pochi millimetri dal suo e non riuscì neppure a ringraziarlo,
tanto era il suo imbarazzo.
“Spostati da lì, Lennon!”, urlò lo
scienziato più grasso, ma la solita nebbia comparve una quarta volta, facendo
comparire in mezzo al nulla un bel fatto letto di terra, ricoberta da erbetta
verde e sopra questa erbetta c’era un John Lennon anni ’70 con i capelli
ondulati che gli arrivavano fino alla base del collo e un’espressione
assolutamente pacifica, mentre si fumava quella che aveva tutta l’aria di
essere una canna.
“Ehi, bombolo!”, disse avvicinandosi lentamente
allo scienziato più grasso, poi gli soffiò in faccia uno sbuffo di fumo, che
invece che dissolversi nell’aria, sembrò addensarsi sempre più, richiamando la
solita nebbia, che inghiottì i due scienziati.
[To be Continued...]
i 4 John:
(John Teddy)
(John "A Hard Day's Night")
(John "Help!")
(John fattone xD)
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Salve!!!
Sono Andry Black, volevo solo dire che questo capitolo l'ho scritto in collaborazione con Russian fanatic, che ha scritto tutta la parte dell'arrivo a Liverpool, fino all'arrivo della strana nebbia bianca :)
ok, adesso vi lascio andare in pace (amen!), ma prima mi raccomando: recensite!!!
baci a tutti, anche da parte di Ari(alias Ruassian Fanatic)!