Chapitre
13
Rabbia
e
complicazioni
Meg
decise di mettere in atto il suo piccolo piano già il
mattino successivo.
Ignorando
le proteste della madre che la volevano in sala da ballo, insieme a
tutte le
altre ballerine, la giovane Giry attese fuori dalla platea che
l’amica
terminasse le prove del coro, dopodichè la raggiunse prima
che svanisse tra la
folla e la prese in disparte, attirandola in un angolino appartato.
«Meg!
Cosa ci fai qui? Non hai le prove anche tu?» Le chiese la
ragazza, sorpresa di
trovarla lì.
La
ballerina liquidò la questione con un gesto della mano,
facendole cenno di
avvicinarsi. «Senti Giulia, ti ricordi che dovevo parlarti?
Solo che poi sono
successe tante cose e non ho più avuto occasione di
farlo…»
«Ah,
si… Si, ricordo!» Annuì Giulia,
tutt’a un tratto interessata alle parole
dell’amica.
«Bene!»
Replicò l’altra. «Allora ascoltami,
visto che ora ho le prove e non posso,
incontriamoci dopo pranzo, va bene?, sempre nella cappella del teatro.
Sai
dove…?»
Giulia
annuì nuovamente prima che Meg finisse di parlare.
«Si si, so dov’è. Quindi, a
che ora?»
«Le
tre?»
«Le
tre va benissimo.» Convenne l’amica, pensando che
sarebbe riuscita comunque a
non tardare alla lezione con il suo Maestro dato che questa si svolgeva
solo
un’ora più tardi.
Meg
sorrise, abbracciando affettuosamente la ragazza e lasciandole due
teneri baci
sulle guance. «Bene, ma
chère, allora
a più tardi! Mi raccomando, sii puntuale!»
«Meg
è in ritardo.»
Con
un sospiro rassegnato, Giulia si sedette sul gradino in marmo della
grande
vetrata, giocherellando distrattamente con i lembi del suo vestito. Se
l’amica
fosse arrivata tardi, magari all’ora della sua lezione con il
Maestro… Oh Dio,
cosa sarebbe successo se lei li avesse scoperti?
Scosse
la testa, non volendo neanche pensare ad una simile
eventualità.
All’improvviso,
però, dei rumori di passi dalle scale la riscossero dai suoi
pensieri. Si alzò,
incrociando le braccia, in attesa che l’amica scendesse nella
cappella e decisa
a rimproverarle, seppur scherzosamente, il suo ritardo. Ma dovette
abbandonare
tutti i suoi propositi quando vide chi, effettivamente, era appena
arrivato in
quel piccolo luogo consacrato.
«Monsieur
Bamdad?» Esclamò sorpresa, mentre l’uomo
si toglieva il cappello e accennava un
inchino educato. Anche lui sembrava piuttosto stupito, in
realtà.
«Mademoiselle
Sanders! Non credevo di trovarvi qui.» Rispose, avvicinandosi
di qualche passo
a lei. «È stata mademoiselle Giry a dirmi di
venire, anche se forse sono in
ritardo e lei è già andata
via…?»
Giulia
scosse la testa, cercando di ignorare il leggero senso di disagio che
ora
provava quando si trovava in compagnia del persiano. «In
realtà, anche io stavo
aspettando Meg. Mi ha detto di venire qui ma poi non si è
presentata, quindi…»
Scrollò elegantemente le spalle, prima di aggiungere.
«Forse è meglio che me ne
vada, ora.»
Fece
per raggiungere le scale e andarsene – non voleva rimanere da
sola con il
giovane – ma egli la trattenne per un polso, impedendole di
fare un altro
passo. Ella si voltò, sorpresa.
«Vi
prego, mademoiselle, non andatevene così.» La sua
espressione sembrava in
qualche modo triste, e convinse la ragazza a rimanere per sentire
ciò che
doveva dirle. «Noi avevamo interrotto un discorso qualche
giorno fa, se non
ricordo male.»
Fu
inevitabile che le guance di Giulia si tingessero di rosso, mentre
abbassava lo
sguardo per non rischiare di incrociarlo con quello di monsieur Bamdad.
Non
rispose, così fu lui a riprendere la parola.
«Avete
pensato a me, qualche volta, come vi ho chiesto?»
Sussurrò, in un modo
estremamente dolce che la fece arrossire ancora di più.
«Forse…
Non è il luogo più adatto
per…» Provò a ribattere lei, con poca
convinzione.
Così
egli decise di insistere, attirandola verso di sé.
«Credo invece che non ci sia
luogo più consono.» Replicò lui, con un
mezzo sorriso. «Guardate, abbiamo anche
la protezione di un angelo…»
Aggiunse
poi, indicandole l’angelo dipinto nella vetrata.
E la maledizione di
un demonio!,
avrebbe voluto replicare lei, leggermente in ansia. Mio Dio, se Lui
fosse
arrivato in quel momento…
«Monsieur,
davvero, io… Dovrei andare…» Balbettò,
senza riuscire a trovare una scusa accettabile; possibile che proprio
quel
giorno il persiano non avesse nessun impegno o lavoro da compiere?
«Prometto
che poi vi lascerò andare, mademoiselle.»
Mormorò lui, con un’incrinatura
leggermente roca nella voce che a Giulia non piacque affatto.
«Ma prima
desidero fare una cosa…»
Poi,
prima che la ragazza potesse fare qualcosa per liberarsi dalla sua
presa
gentile ma forte, si ritrovò le braccia del persiano strette
intorno alla vita,
e il suo viso a pochi centimetri dal suo. Aprì la bocca per
intimargli di non
osare, ma al contrario egli ne approfittò e chinò
le sue labbra voraci su
quelle della ragazza, catturandole in un bacio che la fece gemere dal
disgusto.
Cercò
di divincolarsi con furia mentre lui continuava a baciarla, ma solo
dopo aver
puntato le mani sul suo petto e averlo spinto con forza
riuscì a mettere una
distanza accettabile tra loro. Gli rivolse uno sguardo stupito e
arrabbiato, e
senza dire una sola parola gli diede le spalle e corse su per la tromba
delle
scale, dimenticando ogni cosa che non fosse quel bacio il cui ricordo
ancora
bruciava su di lei.
Come ha osato fare
una cosa del genere?
Lasciò
il teatro senza neppure avvisare madame Giry o Meg, scendendo nelle
scuderie a
domandare al cocchiere che di solito accompagnava madame se poteva
riportarla a
casa. L’uomo preparò il calesse senza fare
domande, e Giulia tornò a casa con
l’intenzione di non mettere più piede a teatro. Ne
aveva abbastanza di quel
genere di vita, decise tra sé.
Se
avesse potuto, Erik avrebbe distrutto tutto quello che si trovava sul
suo
cammino.
Aveva
assistito senza poter intervenire al breve dialogo che era appena
avvenuto tra
il suo segretario e la sua allieva, e sinceramente non aveva ancora
capito quale
strana paralisi gli avesse impedito di uscire dal suo nascondiglio e
uccidere
Bamdad!
Si
bloccò in mezzo al corridoio, colpendo con un pugno la
parete. Maledizione,
doveva calmarsi! La rabbia non avrebbe risolto nulla in quel momento, e
sapeva
per esperienza che non era il caso di lasciarsi trasportare
dall’ira. Certo,
uccidere non era necessario. Ma avrebbe dovuto farla pagare a qualcuno,
oh si…
Raggiunse
il suo studio nel più breve tempo possibile, avendo visto
che tanto
mademoiselle Sanders era fuggita dal teatro e che per quel motivo era
saltata
anche la loro ennesima lezione. Andando avanti di questo passo non
sarebbe mai
riuscito a portare avanti il suo piano, dannazione!
Fece
sbattere la porta dietro di sé così forte che si
sarebbe potuta staccare dai
cardini se non fosse stata di legno massiccio, e anche così
aveva rischiato. Posò
il violino sopra la scrivania ed aprì l’anta di
vetro del mobile dietro ad
essa, tirandone fuori un bicchiere di vetro e una bottiglia di liquore.
L’ultimo pensiero prima di ingerire il liquido tutto
d’un fiato fu che ultimamente
stava ricorrendo al vino troppo spesso, ma alla fine non gli importava;
almeno,
una volta stordito dai fumi dell’alcool, non avrebbe
rischiato di fare qualcosa
di cui poi, a mente lucida, si sarebbe sicuramente pentito. Come
l’idea di
uccidere Bamdad.
Provò
un sincero disgusto verso di sé, sbattendo il bicchiere
vuoto sul tavolo ed imprecando
ad alta voce; è vero dunque che le persone non possono
cambiare mai…
Poggiò
i gomiti sul tavolo, portandosi entrambe le mani a stringere le tempie,
come
per eliminare dalla sua mente il ricordo di quel bacio.
Perché diavolo se la
prendeva così, maledizione? Forse perché rivedeva
in Giulia e Bamdad ciò che
era già accaduto, in passato, con Raoul e Christine?
Perché non poteva solo
dimenticare? Chiudere gli occhi e dimenticare per sempre…
Aprì
l’ultimo cassetto della scrivania, afferrando con una sorta
di affetto perverso
la rivoltella che vi giaceva sul fondo e posandola poi sul tavolo, di
fronte a
lui. Prese a sfiorarne lentamente la canna in metallo, ben consapevole
dell’unico proiettile che vi aveva inserito la notte della
tragedia, due anni
prima; si era ripromesso che un giorno l’avrebbe usata su di
sé, sempre se non
l’avessero ucciso prima, ed era un pensiero confortante
sapere che un giorno
sarebbe morto di propria mano. Almeno si sarebbe fidato della persona
che
l’avrebbe privato della vita con una mira perfetta, senza
margine di scampare
alla sua dipartita.
Era
così seducente il pensiero della sua morte…
«Monsieur
Destler! Che cosa state facendo?»
Erik
sollevò lentamente lo sguardo sull’uomo che aveva
appena invaso il suo ufficio,
guardandolo in un modo che aveva fatto tremare colossi ben
più grandi di lui.
Ma guarda, aveva avuto anche il coraggio di andare da lui, l’idiot…
«A
cosa devo la vostra visita, Bamdad?» Domandò, con
un tono falsamente cortese di
cui il segretario si accorse subito.
«Ma…
Signore, mi avete detto voi di venire, quando…»
Provò a rispondere il persiano,
sorpreso.
Ma
Erik lo interruppe. «’Quando’ cosa?
Quando avreste terminato il vostro incontro
galante con mademoiselle Sanders, per caso?»
«Non
capisco cosa vogliate dire, monsieur.» Ribattè
Bamdad, raddrizzando la schiena
e ignorando deliberatamente la rabbia che il suo principale stava
mostrando nei
suoi confronti.
«Non
lo capite.» Ripetè Erik, alzandosi in piedi con
dei gesti forzatamente
controllati. «Credevo di avervi parlato del fatto che
mademoiselle si trova sotto
la mia protezione. Mi sbaglio, forse?»
Il
persiano lo fissò per un lungo momento negli occhi, senza
abbassare lo sguardo.
«Io sapevo che la ragazza era la vostra allieva, non la
vostra fidanzata.»
Replicò, con tono neutro.
Successe
tutto in un attimo, senza che Bamdad riuscisse a comprendere la
dinamica
dell’accaduto: si rese conto soltanto, alla fine, di essere
stato spinto contro
il muro con una forza incredibile, e che ora monsieur Destler lo teneva
per il
bavero attaccato ad esso. Il suo sguardo mandava lampi, tanto era
irato, e la
mano attorno al suo collo si stringeva ad ogni respiro.
«Non
osate, mai più,
rivolgervi a me con
quel tono.» Gli sibilò, trattenendo a stento la
collera. «E non osate neppure
avvicinarvi un’altra volta a mademoiselle Sanders, se non
volete vedermi davvero
arrabbiato.»
Dopodichè
lo lasciò andare, dandogli le spalle e avvicinandosi verso
la finestra per
riprendere il controllo di sé. Sentì il suo
segretario scivolare per terra e tossire
per la mancanza d’aria, eppure malgrado tutto egli ebbe
ancora la voglia di controbattere
a quanto appena detto.
«E…
E se…» Iniziò, con voce rauca.
Tossì nuovamente, poi ricominciò. «Se
sarà lei a
venire da me?»
Erik
strinse le mani a pugno, facendo scattare la mascella in
un’espressione dura.
Non credeva che il giovane persiano potesse essere così
arrogante… A quanto
pareva, si era sbagliato per l’ennesima volta nel giudicare
le persone. «Di
questo me ne occuperò io.» Sussurrò, in
modo da poter essere udito.
«E
adesso andatevene, Bamdad. Avrete del lavoro da sbrigare,
immagino.» Aggiunse,
sempre senza voltarsi. Eppure, anche senza vederlo, sentiva chiaramente
ogni
singolo movimento fatto dall’uomo, così da poterlo
tenere in continuazione sotto
controllo.
«Buona
serata, monsieur.» Biascicò il persiano,
accennando un inchino verso la schiena
del padrone.
Erik
sentì la porta chiudersi, e solo allora si voltò.
La rivoltella era rimasta
sulla scrivania per tutto il tempo, notò inarcando
pigramente un sopracciglio.
Bamdad avrebbe potuto afferrarla in qualsiasi momento mentre lui gli
dava le
spalle, eppure non l’aveva fatto. Chissà, forse
non si era completamente
sbagliato su di lui…
Ma
Giulia… Probabilmente la ragazza meritava davvero una
punizione.
Sette
giorni erano trascorsi da allora, e Giulia non aveva voluto mettere il
naso
fuori casa nemmeno per pochi secondi. Si era praticamente barricata
nella sua
stanza, chiudendo la finestra nel timore che potesse arrivare il suo
maestro da
un momento all’altro e chiedendo a madame Giry di non
obbligarla a tornare
all’Opèra per nessuna ragione. Alla fine Meg aveva
dovuto confessare alla madre
il suo piccolo piano, anche se comunque non ne conosceva
l’esito dato che
Giulia non gliene aveva parlato, e fu non senza una certa inquietudine
che la
donna andava al lavoro ogni mattina. Eppure Erik non le si era mai
avvicinato:
l’unico che l’ebbe raggiunta per domandarle notizie
della nipote fu il maestro Reyer,
che era seriamente preoccupato per
l’assenza della loro solista. Madame Giry inventò
una febbre improvvisa che
aveva costretto la ragazza a stare a letto, e che quando fosse stata
meglio
sarebbe tornata. Con la raccomandazione di farla riguardare monsieur
Reyer era tornato
alle sue lezioni, ma Louise continuava ad essere preoccupata.
Si
aspettava una visita dell’uomo da un momento
all’altro, e aveva tutte le
ragioni per farlo.
Alla
fine, la mattina del settimo giorno che la ragazza mancava da teatro,
Erik fece
richiamare madame Giry nel suo studio dallo stesso monsieur Bamdad, che
portava
una strana fascia intorno al collo.
«Stavo
proprio aspettando te, Erik.» Esordì la donna, non
appena mise piede
nell’ufficio del suo vecchio amico.
Egli
la stava chiaramente aspettando, e le fece cenno di sedersi di fronte a
lui. «Però,
come sempre, non siete mai venuta da me di vostra spontanea
volontà.» Ribattè,
sarcastico.
Ella
non rispose, così lui riprese la parola. «Siete
voi che state tenendo
mademoiselle Sanders prigioniera in casa vostra, o è
semplicemente lei che non
intende tornare?»
Louise
esitò un attimo prima di rispondere, ma poi
sospirò e decise di essere sincera.
Tanto, Erik l’avrebbe scoperto comunque, in un modo o
nell’altro. «È lei che
non vuole.» Mormorò, senza guardare
l’uomo in volto.
Stranamente,
Erik annuì piano, come se ne comprendesse il motivo.
«Lo immaginavo.» Sussurrò
più tra sé che alla donna. «In tal
caso, madame,» riprese poi, ad alta voce. «Dovrete
provvedere a farla rientrare. Non so in che modo, questo decidetelo voi
– ma
voglio che la ragazza torni a teatro. Nel più breve tempo
possibile, se ci
riuscite.»
Madame
non potè fare altro che annuire, rassegnata. Alla fine,
malgrado tutto quello
che gli aveva detto in proposito, si trovava ad essere una semplice
pedina nella
scacchiera di Erik, e non poteva fare nulla per impedire le sue mosse,
se non
seguirle passivamente. Non le restava che pregare, e sperare che prima
o poi
l’uomo si stancasse dei suoi propositi di vendetta e
lasciasse loro libere di
vivere una vita lontana dall’ombra delle sue minacce.
«Meg?
Vieni, avvicinati. Ti devo parlare.»
La
giovane ballerina si avvicinò incuriosita alla madre,
iniziando a slacciarsi i
fiocchetti dell’abito da danza. «È
successo qualcosa?»
«No,
no… O meglio, si…» Louise
sospirò, passandosi una mano sulla fronte. «Ho
sentito che domani è il compleanno di Corinne,
vero?»
Meg
annuì, continuando a spogliarsi. «Si, è
vero. Ci hai sentito parlarne, prima?»
«Si…»
La figlia non riusciva davvero a comprendere il perché della
voce stanca di
madame, ma la lasciò continuare senza interromperla.
«E dovete organizzare
qualcosa, come avete fatto per Ninì?»
«Certo.
Stavamo pensando di rimanere tutte a dormire qui a teatro e di
organizzarle una
piccola festa… Perché me lo chiedi?»
Madame
si spostò alle spalle della figlia, aiutandola ad agganciare
i nastri del
vestito da giorno. «Meg, io… Ascolta, devi
invitare anche Giulia. Devi
convincerla a venire a dormire qui, insieme a voi.»
Meg
si voltò stupita, senza voler credere subito alle sue
orecchie. «Come? Ma maman,
è pericoloso, e se lui lo venisse
a sapere, e se…?»
Louise
le posò un dito sulle labbra, facendola tacere.
«Meg… Tu sai che sarà molto
peggio se continuiamo a ostacolarlo. Non sappiamo cosa
succederà, ma se Lui
verrà a sapere che Giulia è tornata a teatro ne
sarà sicuramente contento. Io
non ho idea di che cosa stia macchinando, ma qualunque cosa sia per
farla ha
bisogno di lei. E se non sarà lei ad andare da lui,
sarà il contrario. Tesoro,
Lui è già venuto a casa nostra per parlare con
lei, di nascosto. E non esiterà
a rifarlo, se necessario.»
La
figlia scosse piano la testa, distogliendo lo sguardo dalla madre.
«Mio Dio,
non lo sapevo… E tu… Tu vorresti lasciare che
porti a termine i suoi maledetti
piani? Così, senza fare niente?»
«Oh,
Meg…» Sospirò la donna, sfiorandole la
guancia in una carezza.
Ma
lei allontanò il viso. «Non posso aiutarti, maman!
Quell’essere mi ha già portato via
un’amica che era come una sorella, per me,
non voglio che accada ancora!»
Madame
Giry attirò la figlia in un abbraccio, accarezzandole
dolcemente i capelli.
«Tesoro, è proprio per impedire che una cosa
simile accada che dobbiamo fare
come ci dice…»
«È
un mostro,» singhiozzò la ragazza dopo una
manciata di secondi. «Lo è sempre
stato e sempre lo sarà! Non puoi immaginare quanto io lo
odi!»
«Eppure
dobbiamo obbedirgli.» Decretò infine madame, con
un tono che, malgrado tutto,
non tollerava repliche. «Meg, voglio tutto l’aiuto
possibile da te. Da sola non
ci riuscirò. Me lo prometti?»
«Dev’essere
ancora furioso per aver visto Giulia e monsieur Bamdad
insieme…» Balbettò la
ballerina, cercando di convincere la madre della sua follia.
Ma
la donna non si lasciò commuovere dagli occhi lucidi della
figlia: era tornata
ad essere la rigida e severa insegnante che tutti conoscevano, e Meg se
ne
accorse. «Me lo prometti?» Insistette.
Alla
ragazza non rimase che annuire. «Si.»
Mormorò. «Te lo prometto.»
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AA - Angolo Autrice:
Ed eccomi qua. Chiedo umilmente perdono per il ritardo nel postare questo capitolo, sto cercando di portare avanti centomila cose - non vedo l'ora che finisca questo maledetto esame per potermi dedicare finalmente a tutte le mie fan fiction! ^^ Certo, tra un bagno al mare e l'altro u.u Comunque, voglio ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo (innanzitutto, grazie per le recensioni lunghissime, le adoro! *-*):
Yunie992: Ti ringrazio tantissimo per i complimenti, mi fa piacere che ti piaccia il modo in cui scrivo! Comunque cercherò di impegnarmi maggiormente nei prossimi, promesso u.u (piccolo spoiler: nel capitolo 15 ci sarà davvero da divertirsi... E chi vuole intendere... u.u) Per ora sto cercando di non essere troppo frettolosa nello descrivere gli avvenimenti, voglio che ogni cosa e ogni personaggio abbia il suo spazio e le sue peculiarità, è una cosa difficile da fare ma mi piacerebbe che tutti abbiano un certo spessore! (cosa impossibile, sigh... Ma voglio provarci!) Mi spiace per non averti esaudito, ad ogni modo tantissimi auguri di buon compleanno anche se in ritardo! =* A quando la patente, ora? E' la prima cosa che ho fatto io dopo aver compiuto 18 anni xD Un bacione, a presto! =*
TheMisty910: Ciao! Grazie mille anche a te per i complimenti, cavoli non pensavo che questa storia potesse "creare dipendenza" xD Tranquilla, non ho intenzione di abbandonarla ù.ù Un bacione, a presto! =*
Keyra93: Wao, che recensione chilometrica! *-* Grazie per aver dedicato tutto questo tempo a commentare la storia ;) Allora, da dove inizio? Io temo davvero di aver creato una "Mary Sue", creatura mitologica a dir poco odiosa che popola svariati mondi paralleli, ma purtroppo mi serviva per far quadrare alcuni conti (come, per esempio, il fatto che sia la gemella di Christine) - ad ogni modo, non appena recupererà la memoria e si ricorderà del suo passato (o 'futuro', a seconda dei punti di vista @_@) nel XXI secolo, tornerà un pò più normale u.u Anche perchè con tutta 'sta pudizia è un pò troppo noiosa >__< E' vero, Erik non è tanto umano ^_^; Beh, io l'avevo interpretata così: la (dis)avventura con Christine e Raoul non penso gli abbia giovato molto, anzi, non ha fatto che sottolineare il distacco enorme che c'è tra l'apparenza, in questo caso la bellezza e la ricchezza del visconte, e la profondità di un animo, cioè il suo genio, la sua passione... Come potrebbe, uno come il Fantasma, essersi redento se la morale di tutta la sua storia è che vince solo il più bello fuori e non il più bello dentro? Ecco, secondo me lui non ha acquistato nessuna umanità alla fine del primo film - l'unica cosa che ha fatto è stata arrendersi e lasciare andare Christine. Comunque io amo sia il libro che il film del 2004, quindi mischiare i due Erik è davvero una bella sfida *-* Spero solo di riuscirci e di non lasciare troppi punti in sospeso! [Per quanto riguarda la Camera dei Supplizi, non ho ancora deciso u.u Dico solo che io amo quella sala delle torture, e se nei prossimi capitoli dovesse servirmi, beh, non esiterò a metterla u.u Anche perchè comunque appare anche nel film!]
C'è davvero tutta questa tensione nella mia storia? Ho paura di non riuscire a rendere bene l'atmosfera :( Ah, e il Daroga... Nella prima versione di questa storia (l'avrò riscritta tipo tre o quattro volte.. xD) era uno dei personaggi principali, però ho pensato che bastava già madame Giry a rompere le scatole al Fantasma, senza che ci si mettesse pure lui -.-' Però non ho resistito, e il Daroga si è incarnato in Bamdad! (Beh, più o meno!) Chissà, forse Bamdad è il figlio del Daroga, può essere, no? Devo ancora decidere u.u
Ah, mi sono resa conto di essere un pò ripetitiva sul concetto dei "pensieri effimeri", ma era per sottolineare che Erik, al contrario di quanto avvenuto con Christine, non si è innamorato subito di Giulia, lui adesso non vuole accettare un simile sentimento, vuole essergli superiore e quindi si ripete questi concetti come un mantra... Mi accorgo che è un pò pesante, però, hai ragione :( Aaaaah, e il sogno di Giulia! *-* Si beh, ce ne saranno altri, e tutti avranno un loro significato, alla fine u.u
Oh, comunque so che pianoforte e ogano non sono la stessa cosa, ci mancherebbe altro, sono i miei strumenti preferiti! Se in qualche frase questa distinzione risultava un pò ambigua chiedo scusa, ma era solo per evitare ripetizioni di parole (purtroppo non ho trovato un sinonimo di "organo" -.-'') Comunque, prima di pubblicare leggo sempre un paio di volte il capitolo, ma a quanto pare alcuni errorini sfuggono lo stesso >__< Sarà la stanchezza ç__ç E non preoccuparti per la lunghezza della recensione, mi fa sempre piacere leggere quello che pensate! ^^ Anzi, scusa tu per la risposta chilometrica xD Un bacio, a presto! =*
Bene, e con questo vi saluto! Ci sentiamo al prossimo capitolo, spero di riuscire a postarlo in fretta ^^
Un bacione e grazie ancora a tutti quelli che leggeranno, commenteranno eccetera! Cosa farei senza di voi? Smack =*
A presto,
GiulyRedRose