Film > The Phantom of the Opera
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Autore: Niglia    14/06/2010    7 recensioni
Ottobre, 1878. Parigi.
Il Fantasma dell'Opera non è morto. Anzi, non è mai stato più deciso a vivere di adesso. Accompagnato da dei nuovi piani di vendetta, torna nella città dalla quale è stato costretto a fuggire due anni prima, un uomo vuoto, senz'anima, con solo un nome nella testa che lo spinge a tornare a Parigi, in quello stesso teatro che in fondo è sempre stato il suo regno, la sua casa, perchè non può essere altrimenti...
E così la storia sembra ripetersi, ma c'è sempre qualcosa con cui dimentichiamo di fare i calcoli; possibile che il Fantasma possa trovarsi di fronte ad una ragazza - incredibilmente somigliante alla sua antica musa - capace di risvegliare in lui quel qualcosa che credeva essere morto per sempre?
In uno strano miscuglio di passato e presente, la strana vicenda del Fantasma dell'Opera sembra continuare a stupire e terrorizzare anche attraverso il tempo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapitre 13

Rabbia e complicazioni

 












 

 

 

 

Meg decise di mettere in atto il suo piccolo piano già il mattino successivo.

Ignorando le proteste della madre che la volevano in sala da ballo, insieme a tutte le altre ballerine, la giovane Giry attese fuori dalla platea che l’amica terminasse le prove del coro, dopodichè la raggiunse prima che svanisse tra la folla e la prese in disparte, attirandola in un angolino appartato.

«Meg! Cosa ci fai qui? Non hai le prove anche tu?» Le chiese la ragazza, sorpresa di trovarla lì.

La ballerina liquidò la questione con un gesto della mano, facendole cenno di avvicinarsi. «Senti Giulia, ti ricordi che dovevo parlarti? Solo che poi sono successe tante cose e non ho più avuto occasione di farlo…»

«Ah, si… Si, ricordo!» Annuì Giulia, tutt’a un tratto interessata alle parole dell’amica.

«Bene!» Replicò l’altra. «Allora ascoltami, visto che ora ho le prove e non posso, incontriamoci dopo pranzo, va bene?, sempre nella cappella del teatro. Sai dove…?»

Giulia annuì nuovamente prima che Meg finisse di parlare. «Si si, so dov’è. Quindi, a che ora?»

«Le tre?»

«Le tre va benissimo.» Convenne l’amica, pensando che sarebbe riuscita comunque a non tardare alla lezione con il suo Maestro dato che questa si svolgeva solo un’ora più tardi.

Meg sorrise, abbracciando affettuosamente la ragazza e lasciandole due teneri baci sulle guance. «Bene, ma chère, allora a più tardi! Mi raccomando, sii puntuale!»

 

«Meg è in ritardo.»

Con un sospiro rassegnato, Giulia si sedette sul gradino in marmo della grande vetrata, giocherellando distrattamente con i lembi del suo vestito. Se l’amica fosse arrivata tardi, magari all’ora della sua lezione con il Maestro… Oh Dio, cosa sarebbe successo se lei li avesse scoperti?

Scosse la testa, non volendo neanche pensare ad una simile eventualità.

All’improvviso, però, dei rumori di passi dalle scale la riscossero dai suoi pensieri. Si alzò, incrociando le braccia, in attesa che l’amica scendesse nella cappella e decisa a rimproverarle, seppur scherzosamente, il suo ritardo. Ma dovette abbandonare tutti i suoi propositi quando vide chi, effettivamente, era appena arrivato in quel piccolo luogo consacrato.

«Monsieur Bamdad?» Esclamò sorpresa, mentre l’uomo si toglieva il cappello e accennava un inchino educato. Anche lui sembrava piuttosto stupito, in realtà.

«Mademoiselle Sanders! Non credevo di trovarvi qui.» Rispose, avvicinandosi di qualche passo a lei. «È stata mademoiselle Giry a dirmi di venire, anche se forse sono in ritardo e lei è già andata via…?»

Giulia scosse la testa, cercando di ignorare il leggero senso di disagio che ora provava quando si trovava in compagnia del persiano. «In realtà, anche io stavo aspettando Meg. Mi ha detto di venire qui ma poi non si è presentata, quindi…» Scrollò elegantemente le spalle, prima di aggiungere. «Forse è meglio che me ne vada, ora.»

Fece per raggiungere le scale e andarsene – non voleva rimanere da sola con il giovane – ma egli la trattenne per un polso, impedendole di fare un altro passo. Ella si voltò, sorpresa.

«Vi prego, mademoiselle, non andatevene così.» La sua espressione sembrava in qualche modo triste, e convinse la ragazza a rimanere per sentire ciò che doveva dirle. «Noi avevamo interrotto un discorso qualche giorno fa, se non ricordo male.»

Fu inevitabile che le guance di Giulia si tingessero di rosso, mentre abbassava lo sguardo per non rischiare di incrociarlo con quello di monsieur Bamdad. Non rispose, così fu lui a riprendere la parola.

«Avete pensato a me, qualche volta, come vi ho chiesto?» Sussurrò, in un modo estremamente dolce che la fece arrossire ancora di più.

«Forse… Non è il luogo più adatto per…» Provò a ribattere lei, con poca convinzione.

Così egli decise di insistere, attirandola verso di sé. «Credo invece che non ci sia luogo più consono.» Replicò lui, con un mezzo sorriso. «Guardate, abbiamo anche la protezione di un angelo…» Aggiunse poi, indicandole l’angelo dipinto nella vetrata.

E la maledizione di un demonio!, avrebbe voluto replicare lei, leggermente in ansia. Mio Dio, se Lui fosse arrivato in quel momento…

«Monsieur, davvero, io… Dovrei andare…»  Balbettò, senza riuscire a trovare una scusa accettabile; possibile che proprio quel giorno il persiano non avesse nessun impegno o lavoro da compiere?

«Prometto che poi vi lascerò andare, mademoiselle.» Mormorò lui, con un’incrinatura leggermente roca nella voce che a Giulia non piacque affatto. «Ma prima desidero fare una cosa…»

Poi, prima che la ragazza potesse fare qualcosa per liberarsi dalla sua presa gentile ma forte, si ritrovò le braccia del persiano strette intorno alla vita, e il suo viso a pochi centimetri dal suo. Aprì la bocca per intimargli di non osare, ma al contrario egli ne approfittò e chinò le sue labbra voraci su quelle della ragazza, catturandole in un bacio che la fece gemere dal disgusto.

Cercò di divincolarsi con furia mentre lui continuava a baciarla, ma solo dopo aver puntato le mani sul suo petto e averlo spinto con forza riuscì a mettere una distanza accettabile tra loro. Gli rivolse uno sguardo stupito e arrabbiato, e senza dire una sola parola gli diede le spalle e corse su per la tromba delle scale, dimenticando ogni cosa che non fosse quel bacio il cui ricordo ancora bruciava su di lei.

Come ha osato fare una cosa del genere?

Lasciò il teatro senza neppure avvisare madame Giry o Meg, scendendo nelle scuderie a domandare al cocchiere che di solito accompagnava madame se poteva riportarla a casa. L’uomo preparò il calesse senza fare domande, e Giulia tornò a casa con l’intenzione di non mettere più piede a teatro. Ne aveva abbastanza di quel genere di vita, decise tra sé.

 

Se avesse potuto, Erik avrebbe distrutto tutto quello che si trovava sul suo cammino.

Aveva assistito senza poter intervenire al breve dialogo che era appena avvenuto tra il suo segretario e la sua allieva, e sinceramente non aveva ancora capito quale strana paralisi gli avesse impedito di uscire dal suo nascondiglio e uccidere Bamdad!

Si bloccò in mezzo al corridoio, colpendo con un pugno la parete. Maledizione, doveva calmarsi! La rabbia non avrebbe risolto nulla in quel momento, e sapeva per esperienza che non era il caso di lasciarsi trasportare dall’ira. Certo, uccidere non era necessario. Ma avrebbe dovuto farla pagare a qualcuno, oh si…

Raggiunse il suo studio nel più breve tempo possibile, avendo visto che tanto mademoiselle Sanders era fuggita dal teatro e che per quel motivo era saltata anche la loro ennesima lezione. Andando avanti di questo passo non sarebbe mai riuscito a portare avanti il suo piano, dannazione!

Fece sbattere la porta dietro di sé così forte che si sarebbe potuta staccare dai cardini se non fosse stata di legno massiccio, e anche così aveva rischiato. Posò il violino sopra la scrivania ed aprì l’anta di vetro del mobile dietro ad essa, tirandone fuori un bicchiere di vetro e una bottiglia di liquore. L’ultimo pensiero prima di ingerire il liquido tutto d’un fiato fu che ultimamente stava ricorrendo al vino troppo spesso, ma alla fine non gli importava; almeno, una volta stordito dai fumi dell’alcool, non avrebbe rischiato di fare qualcosa di cui poi, a mente lucida, si sarebbe sicuramente pentito. Come l’idea di uccidere Bamdad.

Provò un sincero disgusto verso di sé, sbattendo il bicchiere vuoto sul tavolo ed imprecando ad alta voce; è vero dunque che le persone non possono cambiare mai…

Poggiò i gomiti sul tavolo, portandosi entrambe le mani a stringere le tempie, come per eliminare dalla sua mente il ricordo di quel bacio. Perché diavolo se la prendeva così, maledizione? Forse perché rivedeva in Giulia e Bamdad ciò che era già accaduto, in passato, con Raoul e Christine? Perché non poteva solo dimenticare? Chiudere gli occhi e dimenticare per sempre…

Aprì l’ultimo cassetto della scrivania, afferrando con una sorta di affetto perverso la rivoltella che vi giaceva sul fondo e posandola poi sul tavolo, di fronte a lui. Prese a sfiorarne lentamente la canna in metallo, ben consapevole dell’unico proiettile che vi aveva inserito la notte della tragedia, due anni prima; si era ripromesso che un giorno l’avrebbe usata su di sé, sempre se non l’avessero ucciso prima, ed era un pensiero confortante sapere che un giorno sarebbe morto di propria mano. Almeno si sarebbe fidato della persona che l’avrebbe privato della vita con una mira perfetta, senza margine di scampare alla sua dipartita.

Era così seducente il pensiero della sua morte…

«Monsieur Destler! Che cosa state facendo?»

Erik sollevò lentamente lo sguardo sull’uomo che aveva appena invaso il suo ufficio, guardandolo in un modo che aveva fatto tremare colossi ben più grandi di lui. Ma guarda, aveva avuto anche il coraggio di andare da lui, l’idiot

«A cosa devo la vostra visita, Bamdad?» Domandò, con un tono falsamente cortese di cui il segretario si accorse subito.

«Ma… Signore, mi avete detto voi di venire, quando…» Provò a rispondere il persiano, sorpreso.

Ma Erik lo interruppe. «’Quando’ cosa? Quando avreste terminato il vostro incontro galante con mademoiselle Sanders, per caso?»

«Non capisco cosa vogliate dire, monsieur.» Ribattè Bamdad, raddrizzando la schiena e ignorando deliberatamente la rabbia che il suo principale stava mostrando nei suoi confronti.

«Non lo capite.» Ripetè Erik, alzandosi in piedi con dei gesti forzatamente controllati. «Credevo di avervi parlato del fatto che mademoiselle si trova sotto la mia protezione. Mi sbaglio, forse?»

Il persiano lo fissò per un lungo momento negli occhi, senza abbassare lo sguardo. «Io sapevo che la ragazza era la vostra allieva, non la vostra fidanzata.» Replicò, con tono neutro.

Successe tutto in un attimo, senza che Bamdad riuscisse a comprendere la dinamica dell’accaduto: si rese conto soltanto, alla fine, di essere stato spinto contro il muro con una forza incredibile, e che ora monsieur Destler lo teneva per il bavero attaccato ad esso. Il suo sguardo mandava lampi, tanto era irato, e la mano attorno al suo collo si stringeva ad ogni respiro.

«Non osate, mai più, rivolgervi a me con quel tono.» Gli sibilò, trattenendo a stento la collera. «E non osate neppure avvicinarvi un’altra volta a mademoiselle Sanders, se non volete vedermi davvero arrabbiato.»

Dopodichè lo lasciò andare, dandogli le spalle e avvicinandosi verso la finestra per riprendere il controllo di sé. Sentì il suo segretario scivolare per terra e tossire per la mancanza d’aria, eppure malgrado tutto egli ebbe ancora la voglia di controbattere a quanto appena detto.

«E… E se…» Iniziò, con voce rauca. Tossì nuovamente, poi ricominciò. «Se sarà lei a venire da me?»

Erik strinse le mani a pugno, facendo scattare la mascella in un’espressione dura. Non credeva che il giovane persiano potesse essere così arrogante… A quanto pareva, si era sbagliato per l’ennesima volta nel giudicare le persone. «Di questo me ne occuperò io.» Sussurrò, in modo da poter essere udito.

«E adesso andatevene, Bamdad. Avrete del lavoro da sbrigare, immagino.» Aggiunse, sempre senza voltarsi. Eppure, anche senza vederlo, sentiva chiaramente ogni singolo movimento fatto dall’uomo, così da poterlo tenere in continuazione sotto controllo.

«Buona serata, monsieur.» Biascicò il persiano, accennando un inchino verso la schiena del padrone.

Erik sentì la porta chiudersi, e solo allora si voltò. La rivoltella era rimasta sulla scrivania per tutto il tempo, notò inarcando pigramente un sopracciglio. Bamdad avrebbe potuto afferrarla in qualsiasi momento mentre lui gli dava le spalle, eppure non l’aveva fatto. Chissà, forse non si era completamente sbagliato su di lui…

Ma Giulia… Probabilmente la ragazza meritava davvero una punizione.

 

Sette giorni erano trascorsi da allora, e Giulia non aveva voluto mettere il naso fuori casa nemmeno per pochi secondi. Si era praticamente barricata nella sua stanza, chiudendo la finestra nel timore che potesse arrivare il suo maestro da un momento all’altro e chiedendo a madame Giry di non obbligarla a tornare all’Opèra per nessuna ragione. Alla fine Meg aveva dovuto confessare alla madre il suo piccolo piano, anche se comunque non ne conosceva l’esito dato che Giulia non gliene aveva parlato, e fu non senza una certa inquietudine che la donna andava al lavoro ogni mattina. Eppure Erik non le si era mai avvicinato: l’unico che l’ebbe raggiunta per domandarle notizie della nipote fu il maestro Reyer, che era seriamente preoccupato per l’assenza della loro solista. Madame Giry inventò una febbre improvvisa che aveva costretto la ragazza a stare a letto, e che quando fosse stata meglio sarebbe tornata. Con la raccomandazione di farla riguardare monsieur Reyer era tornato alle sue lezioni, ma Louise continuava ad essere preoccupata.

Si aspettava una visita dell’uomo da un momento all’altro, e aveva tutte le ragioni per farlo.

Alla fine, la mattina del settimo giorno che la ragazza mancava da teatro, Erik fece richiamare madame Giry nel suo studio dallo stesso monsieur Bamdad, che portava una strana fascia intorno al collo.

«Stavo proprio aspettando te, Erik.» Esordì la donna, non appena mise piede nell’ufficio del suo vecchio amico.

Egli la stava chiaramente aspettando, e le fece cenno di sedersi di fronte a lui. «Però, come sempre, non siete mai venuta da me di vostra spontanea volontà.» Ribattè, sarcastico.

Ella non rispose, così lui riprese la parola. «Siete voi che state tenendo mademoiselle Sanders prigioniera in casa vostra, o è semplicemente lei che non intende tornare?»

Louise esitò un attimo prima di rispondere, ma poi sospirò e decise di essere sincera. Tanto, Erik l’avrebbe scoperto comunque, in un modo o nell’altro. «È lei che non vuole.» Mormorò, senza guardare l’uomo in volto.

Stranamente, Erik annuì piano, come se ne comprendesse il motivo. «Lo immaginavo.» Sussurrò più tra sé che alla donna. «In tal caso, madame,» riprese poi, ad alta voce. «Dovrete provvedere a farla rientrare. Non so in che modo, questo decidetelo voi – ma voglio che la ragazza torni a teatro. Nel più breve tempo possibile, se ci riuscite.»

Madame non potè fare altro che annuire, rassegnata. Alla fine, malgrado tutto quello che gli aveva detto in proposito, si trovava ad essere una semplice pedina nella scacchiera di Erik, e non poteva fare nulla per impedire le sue mosse, se non seguirle passivamente. Non le restava che pregare, e sperare che prima o poi l’uomo si stancasse dei suoi propositi di vendetta e lasciasse loro libere di vivere una vita lontana dall’ombra delle sue minacce.

 

«Meg? Vieni, avvicinati. Ti devo parlare.»

La giovane ballerina si avvicinò incuriosita alla madre, iniziando a slacciarsi i fiocchetti dell’abito da danza. «È successo qualcosa?»

«No, no… O meglio, si…» Louise sospirò, passandosi una mano sulla fronte. «Ho sentito che domani è il compleanno di Corinne, vero?»

Meg annuì, continuando a spogliarsi. «Si, è vero. Ci hai sentito parlarne, prima?»

«Si…» La figlia non riusciva davvero a comprendere il perché della voce stanca di madame, ma la lasciò continuare senza interromperla. «E dovete organizzare qualcosa, come avete fatto per Ninì?»

«Certo. Stavamo pensando di rimanere tutte a dormire qui a teatro e di organizzarle una piccola festa… Perché me lo chiedi?»

Madame si spostò alle spalle della figlia, aiutandola ad agganciare i nastri del vestito da giorno. «Meg, io… Ascolta, devi invitare anche Giulia. Devi convincerla a venire a dormire qui, insieme a voi.»

Meg si voltò stupita, senza voler credere subito alle sue orecchie. «Come? Ma maman, è pericoloso, e se lui lo venisse a sapere, e se…?»

Louise le posò un dito sulle labbra, facendola tacere. «Meg… Tu sai che sarà molto peggio se continuiamo a ostacolarlo. Non sappiamo cosa succederà, ma se Lui verrà a sapere che Giulia è tornata a teatro ne sarà sicuramente contento. Io non ho idea di che cosa stia macchinando, ma qualunque cosa sia per farla ha bisogno di lei. E se non sarà lei ad andare da lui, sarà il contrario. Tesoro, Lui è già venuto a casa nostra per parlare con lei, di nascosto. E non esiterà a rifarlo, se necessario.»

La figlia scosse piano la testa, distogliendo lo sguardo dalla madre. «Mio Dio, non lo sapevo… E tu… Tu vorresti lasciare che porti a termine i suoi maledetti piani? Così, senza fare niente?»

«Oh, Meg…» Sospirò la donna, sfiorandole la guancia in una carezza.

Ma lei allontanò il viso. «Non posso aiutarti, maman! Quell’essere mi ha già portato via un’amica che era come una sorella, per me, non voglio che accada ancora!»

Madame Giry attirò la figlia in un abbraccio, accarezzandole dolcemente i capelli. «Tesoro, è proprio per impedire che una cosa simile accada che dobbiamo fare come ci dice…»

«È un mostro,» singhiozzò la ragazza dopo una manciata di secondi. «Lo è sempre stato e sempre lo sarà! Non puoi immaginare quanto io lo odi!»

«Eppure dobbiamo obbedirgli.» Decretò infine madame, con un tono che, malgrado tutto, non tollerava repliche. «Meg, voglio tutto l’aiuto possibile da te. Da sola non ci riuscirò. Me lo prometti?»

«Dev’essere ancora furioso per aver visto Giulia e monsieur Bamdad insieme…» Balbettò la ballerina, cercando di convincere la madre della sua follia.

Ma la donna non si lasciò commuovere dagli occhi lucidi della figlia: era tornata ad essere la rigida e severa insegnante che tutti conoscevano, e Meg se ne accorse. «Me lo prometti?» Insistette.

Alla ragazza non rimase che annuire. «Si.» Mormorò. «Te lo prometto.»

 


















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AA - Angolo Autrice:
Ed eccomi qua. Chiedo umilmente perdono per il ritardo nel postare questo capitolo, sto cercando di portare avanti centomila cose - non vedo l'ora che finisca questo maledetto esame per potermi dedicare finalmente a tutte le mie fan fiction! ^^ Certo, tra un bagno al mare e l'altro u.u Comunque, voglio ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo (innanzitutto, grazie per le recensioni lunghissime, le adoro! *-*):

Yunie992: 
Ti ringrazio tantissimo per i complimenti, mi fa piacere che ti piaccia il modo in cui scrivo! Comunque cercherò di impegnarmi maggiormente nei prossimi, promesso u.u (piccolo spoiler: nel capitolo 15 ci sarà davvero da divertirsi... E chi vuole intendere... u.u) Per ora sto cercando di non essere troppo frettolosa nello descrivere gli avvenimenti, voglio che ogni cosa e ogni personaggio abbia il suo spazio e le sue peculiarità, è una cosa difficile da fare ma mi piacerebbe che tutti abbiano un certo spessore! (cosa impossibile, sigh... Ma voglio provarci!) Mi spiace per non averti esaudito, ad ogni modo tantissimi auguri di buon compleanno anche se in ritardo! =* A quando la patente, ora? E' la prima cosa che ho fatto io dopo aver compiuto 18 anni xD Un bacione, a presto! =*

TheMisty910: 
Ciao! Grazie mille anche a te per i complimenti, cavoli non pensavo che questa storia potesse "creare dipendenza" xD Tranquilla, non ho intenzione di abbandonarla ù.ù Un bacione, a presto! =*

Keyra93:
Wao, che recensione chilometrica! *-* Grazie per aver dedicato tutto questo tempo a commentare la storia ;) Allora, da dove inizio? Io temo davvero di aver creato una "Mary Sue", creatura mitologica a dir poco odiosa che popola svariati mondi paralleli, ma purtroppo mi serviva per far quadrare alcuni conti (come, per esempio, il fatto che sia la gemella di Christine) - ad ogni modo, non appena recupererà la memoria e si ricorderà del suo passato (o 'futuro', a seconda dei punti di vista @_@) nel XXI secolo, tornerà un pò più normale u.u Anche perchè con tutta 'sta pudizia è un pò troppo noiosa >__<  E' vero, Erik non è tanto umano ^_^; Beh, io l'avevo interpretata così: la (dis)avventura con Christine e Raoul non penso gli abbia giovato molto, anzi, non ha fatto che sottolineare il distacco enorme che c'è tra l'apparenza, in questo caso la bellezza e la ricchezza del visconte, e la profondità di un animo, cioè il suo genio, la sua passione... Come potrebbe, uno come il Fantasma, essersi redento se la morale di tutta la sua storia è che vince solo il più bello fuori e non il più bello dentro? Ecco, secondo me lui non ha acquistato nessuna umanità alla fine del primo film - l'unica cosa che ha fatto è stata arrendersi e lasciare andare Christine. Comunque io amo sia il libro che il film del 2004, quindi mischiare i due Erik è davvero una bella sfida *-* Spero solo di riuscirci e di non lasciare troppi punti in sospeso! [Per quanto riguarda la Camera dei Supplizi, non ho ancora deciso u.u Dico solo che io amo quella sala delle torture, e se nei prossimi capitoli dovesse servirmi, beh, non esiterò a metterla u.u Anche perchè comunque appare anche nel film!]
C'è davvero tutta questa tensione nella mia storia? Ho paura di non riuscire a rendere bene l'atmosfera :( Ah, e il Daroga... Nella prima versione di questa storia (l'avrò riscritta tipo tre o quattro volte.. xD) era uno dei personaggi principali, però ho pensato che bastava già madame Giry a rompere le scatole al Fantasma, senza che ci si mettesse pure lui -.-' Però non ho resistito, e il Daroga si è incarnato in Bamdad! (Beh, più o meno!) Chissà, forse Bamdad è il figlio del Daroga, può essere, no? Devo ancora decidere u.u
Ah, mi sono resa conto di essere un pò ripetitiva sul concetto dei "pensieri effimeri", ma era per sottolineare che Erik, al contrario di quanto avvenuto con Christine, non si è innamorato subito di Giulia, lui adesso non vuole accettare un simile sentimento, vuole essergli superiore e quindi si ripete questi concetti come un mantra... Mi accorgo che è un pò pesante, però, hai ragione :(  Aaaaah, e il sogno di Giulia! *-* Si beh, ce ne saranno altri, e tutti avranno un loro significato, alla fine u.u
Oh, comunque so che pianoforte e ogano non sono la stessa cosa, ci mancherebbe altro, sono i miei strumenti preferiti! Se in qualche frase questa distinzione risultava un pò ambigua chiedo scusa, ma era solo per evitare ripetizioni di parole (purtroppo non ho trovato un sinonimo di "organo" -.-'') Comunque, prima di pubblicare leggo sempre un paio di volte il capitolo, ma a quanto pare alcuni errorini sfuggono lo stesso >__< Sarà la stanchezza ç__ç E non preoccuparti per la lunghezza della recensione, mi fa sempre piacere leggere quello che pensate! ^^ Anzi, scusa tu per la risposta chilometrica xD Un bacio, a presto! =*

Bene, e con questo vi saluto! Ci sentiamo al prossimo capitolo, spero di riuscire a postarlo in fretta ^^
Un bacione e grazie ancora a tutti quelli che leggeranno, commenteranno eccetera! Cosa farei senza di voi? Smack =*
A presto,
GiulyRedRose


   
 
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