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Autore: kikkisan    16/06/2010    13 recensioni
"E’ una calda mattina d’estate.
Salgo sulla nostra collina preferita, dove da piccoli amavamo giocare a rincorrerci..." inizia cosi, questa che per me è la prima storia a capitoli, una storia iniziata più di un lustro fa, una storia che deve fare ancora un po’ di strada per arrivare alla fine, che forse zoppicherà qua e la, ma che spero possa trasmettere a Voi che la leggerete quello che ha trasmesso a me nello scriverla.
Dopo il prologo iniziale, cosa successe il giorno dell’accusa di tradimento? E se il messaggere di sua maestà arrivasse un attimo dopo...
Leggetela e se vi va ditemi che ne pensate nel bene e nel male.
E come sempre Carpe Diem.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Camminava per la stanza in preda ad un’ansia terribile.
Il messaggere tardava ad arrivare.
Aveva parlato con il Re.
Avevano deciso di perdonare il comportamento di Oscar; non si sarebbe preso nessun provvedimento nei confronti della famiglia Jarjayes, si auspicavano solo una maggiore lealtà nei riguardi della corona.
Ma aveva anche ascoltato cosa il generale Jarjayes aveva detto.
 “Punirò questa figlia ribelle con le mie stesse mani”.
Aveva visto scintillare la follia nei suoi occhi feriti.
Aveva visto la sua mano stringersi fino quasi a sanguinare per quell’atto folle.
Non avrebbe mai perdonato quel tradimento.
Mai.
E sapeva cosa avrebbe fatto.
Ad Oscar.
Alla sua amica Oscar.
L’onore della famiglia poteva essere salvato nell’unico modo che esisteva.
Con la morte.
Col sangue.
No.
Non poteva accettarlo, doveva impedirlo. 

Un tocco alla porta sorprese i suoi pensieri.
Il messaggere era finalmente arrivato.
Si inchinò.
“Vi prego di perdonare il mio ritardo Maestà, ma a causa di quello che è successo all’Assemblea Generale, ho dovuto portare per conto del Re, una missiva al Conte Girodelle”.
Annuì.
Certo, anche il conte Girodelle sarebbe stato punito, ma le parole rivolte alla sua famiglia erano state più lievi e sopportabili, sarebbero stati più clementi con lui.
Ma non con Oscar.
Ecco perché aveva implorato il re di perdonarla.
Supplicato.
Porse il messaggio da recapitare.
“Tenete portate questo a palazzo Jarjayes e sbrigatevi”.
Un altro inchino.
La regina guardò il ragazzo correre via per sparire tra le stanze di quel grande palazzo.
Fa presto ti prego.
Presto.
Mentre fuori il rombo di un tuono scosse il buio di quella notte che non preannunciava nulla di buono.
 
***
 
Un lampo.
Il buio della stanza.
Una spada.
Il luccichio del fendente.
Una mano sul mio petto nell’atto di protezione più estremo.
Quasi a trascinarmi via.
Un passo indietro.
Un altro lampo.
Un rumore sordo.
Un gemito.
Il bagliore che rischiara la stanza.
La lama.
Il sangue.
La sua voce.
A terra.
Le mani sul cuore mentre il mio va in frantumi.
No.
No.
No.
“Chiamate un dottore presto, un dottore….vi prego… … ti prego”.
Cado in ginocchio, metto le mani sul suo petto.
Stringo.
Comprimo.
Forte.
Più forte.
 “Guardami…. Dio santo guardami… parlami… maledizione …. parlami ti prego parlami… fate presto”.
Guardo intorno a me, è buio, solo i lampi illuminano la stanza.
Nessuno osa muoversi.
Nessuno osa parlare.
Sento solo il rumore della pioggia, una lenta cantilena che stordisce i miei sensi.
Sento solo il rumore della pioggia, una dolorosa nenia che confonde i miei pensieri.
Le mie mani insanguinate tentano di bloccare la ferita, cercano di fermare il sangue.
Provano.
Tentano.
Cercano.
Inutilmente.
Le sue mani sono sulle mie.
Le stringono debolmente.
Tremano.
Forte.
Sento le sue dita intrecciarsi con le mie.
Sento le unghie conficcarsi nella mia pelle.
Sembrano gridarmi  Non lasciarmi andare.
No, non ti lascio andare.
No, non ti abbandono.
Ma tu non lasciare me.
Ti prego.
Una smorfia di dolore contrae i suoi lineamenti.
Grido ancora più forte.
“Vi prego, vi prego qualcuno chiami un dottore maledizione” – mi volto – “ e tu non provare a morire, non farmi questo hai capito?”
Sento chiaramente il suo respiro farsi più debole.
Flebile.
Sottile.
Sta tentando di dirmi qualcosa, ma non riesco a capire.
Maledizione.
Solleva la sua mano verso il mio viso, tentando di accarezzarlo.
Qualcuno chiami un dottore.
Per favore.
Le lacrime offuscano tutto.
Per favore.
Le lacrime annebbiano la mia mente
Per favore.
Le lacrime mi confondono l’anima.
Mi avvicino di più al suo volto, sento l’odore acre del sangue chiudo gli occhi per respingere il dolore che si sempre più prepotente s’incunea nelle mie viscere.
Per favore.
Avvicino l’orecchio alla sua bocca.
Mi sussurra.
 “Il mio Andrè... ”
La vedo sorridere mentre la sua mano scivola via dal mio viso.
   
 
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