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Autore: BigMistake    16/06/2010    1 recensioni
Dal Prologo: "Un nano ed un elfo, in groppa allo stesso destriero. Definire tale cosa rara, sarebbe soltanto blasfemia. Eppure successe alla fine della Terza Era, quando la Quarta albeggiava altisonante sulle teste della Terra di Mezzo. [...] Proprio in quel viaggio conobbero, a caro prezzo un popolo nascosto, Gwath - Ombre, venivano chiamate, e si mostravano come spettri nella notte. Mai avevano agito al di fuori delle loro terre, ma i tumulti che avevano scosso Mordor e tutti gli abitanti delle Terre dell’Est, ovviamente le avevano costrette a “cacciare”, se così possiamo definire la loro una caccia, ben oltre il loro piccolo recinto fatto di alberi e oscurità." Sarìin, il bardo racconta una storia agl'avventori di una taverna, i cui protagonisti presero parte alla Compagnia che salvò la Terra di Mezzo da un'imminente fine. Grazie per la vostra attenzione e buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO III: La lunga via del Rhûn.

I cavalli erano ammassati in una fila ordinata seguendo il triangolo delle cariche più alte. Alla testa Callial la Spietata, che con sé portava Legolas legato con le mani dietro la schiena. Geldena la Consigliera  prendeva posto alla sua destra poco più indietro come seconda combattente ed a manca, parallela a Geldena, si trovava Adamante la Guaritrice. I loro manti erano ornati da selvagge pellicce d’ermellino, i loro volti celati da cappucci sollevati sulle teste. Dietro quel diamante di vigorose guerriere, il complesso sciamare del pellegrinaggio delle Amazzoni si distorceva come le spire di un piccolo serpente, composto da un centinaio di elementi. Quella era la colonna in marcia delle Ombre, che conduceva il bottino in terre amiche cuore delle loro dimore. Un elfo ed un nano, l’uno chiamato per uno scopo, l’altro usato semplicemente come premio di una futura estorsione. Gimli si trovava molto più addietro rispetto al suo amico, spogliato della sua armatura pronta per diventare merce di scambio con gli unici a conoscenza dell’esistenza delle Amazzoni. Più fazioni dei Variag, abitanti del Khand a sud di Mordor, intrattenevano grandi e particolari commerci con le figlie della Notte mantenendo saldo il loro stato di segretezza, non per stima semplicemente per usufruirne loro stessi. Infatti a nessuno era dato sapere il perché delle periodiche migrazioni di Variag verso il Nord oltre il mare di Rhûn. Erano uomini senza scrupoli con il solo scopo di creare un esercito di guerrieri perfetti, ma di questo ci occuperemo più tardi quando altre spiegazioni saranno necessarie, miei amici. L'andatura era ancora cauta e circospetta nelle desolate terre che conducevano al Rhûn e l'elfo potè rimirare il bel viso della Guaritrice deturpato da un rigonfiamento malsano. Nulla poteva sfuggire alla vista acuta di Legolas, che sulla sua Adamante aveva visto l’ecchimosi vistosa  propagatasi dal labbro inferiore ferito e tumefatto fino al mento. La maschera che sempre portava non poteva nascondere il suo tentativo di fuggire agl’occhi vitrei e preoccupati dell’elfo quando, per un caso fortuito, aveva incrociato i suoi. La visione di quelle lesioni sul suo incarnato pallido e luminoso come una stella, provocava nell'elfo un'ira inconsulta più per la sua condizione d'impotenza nel non poter proteggere la piccola guaritrice. La bocca di Legolas stava per dischiudersi a chiedere spiegazioni, guidato dalla indescrivibile voglia di alleviare le sofferenze della gentil fanciulla ma l’arguta Adamante lo precedette invocando il nome della sorella, la quale si voltò infastidita da quella interruzione improvvisa.

“Callial, ho sentito dei tumulti tra le ultime file!” i sensi della ragazza erano i più sviluppati nelle Ombre: talvolta, con le giuste condizioni, era in grado di ascoltare anche a distanza lo spezzarsi di un osso o il cadere di una foglia. Un ulteriore motivo per cui Callial non poteva liberarsi di lei, troppo utile per tendere imboscate. La sorella conoscendo Adamante e le sue capacità si fidò ciecamente, acconsentendo all'allontanamento della sorella dalla testa del convoglio. Non aveva nessuna voglia di avere indosso gli sguardi pietosi dell’elfo, trovando  nella sua mente la prima scappatoia per potersi distanziare dal posto che il suo ruolo le imponeva; in realtà la fanciulla non aveva sentito alcunché, quella era una scusa per potersi distanziare senza che la sorella indagasse eccessivamente. Appena ottenne il permesso, sussurrò al suo fido compagno destriero di voltarsi e correre. Il modo di cavalcare della ragazza era inequivocabile: nessun legaccio era appeso alla bocca del cavallo, l'andatura spedita e dritta, impettita senza alcun sbilanciamento, nonostante le sue gambe fossero a contatto con il solo manto equestre. Non sentiva il bisogno di sostenersi con le mani, tanto che avrebbe potuto scagliare frecce senza smettere di rimanere in groppa al suo destriero e non impartiva ordini con calci sul ventre della bestia, ma con parole sussurrate nel corso dei secoli ad altri della sua specie. Appena gli zoccoli contro il terreno del trotto leggero di Aratoamin scomparvero tra la folla di cavallerizze del tratto principale, Callial si rivolse alla sua destra parlando con soddisfazione del permesso che la sorella aveva chiesto prima di agire. Nonostante l’uso dell’arcaico linguaggio, Legolas percepì ogni sfumatura di quel discorso. Cominciava ad abituarsi ai suoni ed alle inclinazioni e sebbene i significati gli rimanessero ancora completamente oscuri, afferrava il generale senso dei discorsi. Quel segno pisto che portava Adamante sulla pallida pelle era evidentemente la punizione per una qualche sua disubbidienza, probabilmente per lo stesso motivo per cui Legolas non doveva lasciar sfuggire nulla sullo scambio d’informazioni fra l’elfo e il nano con a tramite Adamante. La ragazza continuava a percorrere il verso contrario alla marcia della fila, lei voleva semplicemente continuare il viaggio inosservata mettendosi in coda, non immaginava la sua reazione ad una scena disgustosa ai suoi occhi.

Sell, nuk! | Veloce nano! |” urlava la donna in sella, mentre trainava con forza Gimli tenuto con una corda per le mani. Lo tirava come si fa con un cane disobbediente, ingaggiando una serie d’ ingiurie e villanie nei confronti di lui e la sua razza. Il nano non rispondeva cercando di tenere il passo. Purtroppo il suo fisico robusto non gli permise di resistere a lungo, inciampando per finire nel fango. Le risa e gli scherni in quella lingua incomprensibile, umiliavano sempre più il povero nano obbligandolo a limitarsi a semplici borbottii sommessi nella sua di lingua. La guerriera che teneva la corda come un guinzaglio scese da cavallo, inveendo contro di lui mentre ancora cercava di risollevarsi da terra. Lo strattonava di continuo e con violenza aggiungendo ulteriori difficoltà a quelle già evidenti. Adamante non resistette e richiamò la donna, strappandole la corda che teneva tra le mani e chiedendo una spiegazione a quel comportamento incivile. Il Portatore della Ciocca non capì nulla dello scambio crescente di battute tra le due, tranne che Adamante provava a convincere la guerriera a cedergli la sua custodia per portarlo in sella con sé, indicando ripetutamente Aratoamin con mosse concitate delle braccia. Per lei era inutile cercare di trascinarlo anche a passo d’uomo, troppo stanco per le condizioni disagevoli in cui versava e troppo inadatto per l’altezza esigua delle sue gambe. L’altra aveva risposto con una risata insolente, seguita dalle sue compagne che ora si prendevano gioco anche di Adamante. Un galoppo pesante, raggiunse il trambusto creato dalla discussione delle due amazzoni. Callial smontò da cavallo prima che s’arrestasse, raccolse al volo il bastone da guerra lanciato da Geldena. Tutto avvenne velocemente: Callial si affiancò con occhi furenti alla spalla destra della donna e con un montante ben assestato sul mento la fece indietreggiare; poi, in un movimento fluido come se fosse la più antica delle danze, si voltò su sé stessa utilizzando il piede destro come perno, solo per poter affondare l’altra estremità del bastone dietro alle ginocchia della guerriera che, subendo il colpo con un rumore sordo della sua voce, cadde genuflessa ai piedi della Guaritrice. Callial prese per i capelli la donna, tirando con forza la testa all’indietro e con i denti esposti ferini. Sibilò nel suo orecchio che se solo si fosse nuovamente azzardata ad offendere un suo superiore le avrebbe tagliato la gola, dopodiché lanciò letteralmente la sua testa contro il suolo con sprezzo. Adamante era rimasta impietrita da tale dimostrazione di violenza gratuita. Fissava con occhi sgranati la donna malmenata e completamente prostrata ai suoi piedi, cercando di scacciare il conato di disgusto che aveva provato per quella violenza di cui era stata testimone. Se era lei stessa a subire le percosse non se ne interessava, ma quando le vedeva applicare ad altri la sua pelle diventava irta e la saliva risultava difficile da deglutire. Callial si sistemò il copricapo caduto sulle spalle raggiungendo la sorella. Le prese il mento con forza e la costrinse a guardarla.

“Potete portare con voi il nano ma rimarrete tra le ultime file!” sussurrò con voce suadente, mentre gli occhi della ragazza vagarono alla guerriera che si stava risollevando aiutata da una sua compagna. Callial strattonò nuovamente le guance di Adamante fino a farle male. Un gemito di dolore le morì in gola quando le dita pigiarono con più insistenza sull’ematoma scuro sotto il labbro. “Dovete farvi rispettare, tu sei figlia di regina!” le diede una pacca sulla spalla prima di rimontare sul cavallo dove Legolas assisteva con lo stesso sguardo fatuo che aveva Adamante, la quale si riscosse dal torpore per aiutare il nano a salire su Aratoamin. Salì dietro di lui rimanendo in silenzio ancora scossa per la scena di cui era stata protagonista.

“Suppongo di essere in debito con voi, piccola strega!” Gimli chiamava Adamante con l’appellativo di strega non nel senso dispregiativo, ma per le sue capacità di guaritrice. Durante il loro incontro aveva imparato ad apprezzare le doti della fanciulla e soprattutto la sua voglia di aiutarli in quel soggiorno forzato con il suo popolo. Non era bravo con le buone maniere, però sapeva discernere bene le sue amicizie ed aveva persino imparato con il tempo ad andare al di là delle apparenze e dei pregiudizi. Non si fidava in maniera assoluta, però aveva riconosciuto in lei l’unica ancora di salvezza in quella pazzia.

“Sono io in debito con voi nano, non avrei mai dovuto lasciarvi in custodia di una come Teara, non nutre stima nemmeno per se stessa non si può pretendere che la abbia per gli altri! Così oltre a nuocere a voi, ho fatto punire anche lei!” la sensazione amara che Adamante provava l’avvertì anche Gimli che alzò gli occhi al cielo.  A furia di stare con orecchie a punta, si sentiva un po’ rammollito pensando che il senso di protezione che quella ragazza ispirava era solo l’influsso malsano dei modi di fare da galantuomo dell’elfo.

“Ah! Non dite sciocchezze!” sbottò all’improvviso più per la stizza provocata dal suo evidente tentativo di rincuorare Adamante che per la natura della conversazione. Insomma, lui era Gimli lo Spargi – Sangue, non un damerino. Però in fondo non gli costava molto essere gentile. “Quella donna vi doveva rispetto!”

“Ma quella di cui siamo stati testimoni è solo il sintomo della paura, non del rispetto!” l’andatura ondosa del cavallo ed il soffocato affondo dei passi nel terreno, diventò l’unico mormorio udibile nel lungo serpente. Il viaggio durò abbastanza da rendersi insostenibile. La mandria di genti che si muoveva era bene attenta a stare alla larga da centri abitati, si accampavano poco e velocemente ed i tratti in cui viaggiavano tendevano a farlo cercando di passare in luoghi ostili alla semplice sopravvivenza. Attraversarono le sterpaglie delle Terre Brune dove risiedevano soltanto piccoli acquitrini melmosi e radi sprazzi di erba rinsecchita. Nessuna delle Amazzoni sembrava essere comprovata da tali intemperie, alternanado le gelide notti di cammino alle roventi giornate influenzate dai venti dell’Est mietitori di ogni forma di vita. La natura di elfo di Legolas gli permetteva di non essere totalmente scosso da tali cambiamenti climatici anche se la ferita metteva a dura prova la sua resistenza. Gimli invece non faceva altro che borbottare come il coperchio di un pila ricolma di zuppa di legumi sopra il fuoco da ore. Chiedeva in continuazione ad Adamante della sosta successiva, dell’acqua, se mai sarebbero giunti a destinazione. La guaritrice trovava il nano molto divertente con i suoi continui lamenti, a differenza delle sue commilitrici che lo trovavano irritante e lo ritenevano un inutile peso. Nessuna però aveva il coraggio di andare contro Adamante dopo l’avventura di Teara. Lo scenario con lo scorrere del tempo non mutava: nessuna brezza fresca accarezzava i volti stanchi, il paesaggio non era più vivo di un cimitero e la terra battuta dagli zoccoli dei destrieri sembrava sempre più arida. Tra le Amazzoni vigeva il più ligio silenzio, si muovevano come spettri il più delle volte di notte, anche se l’urgenza di tornare nella propria dimora premeva sulle volontà delle guerriere e le costringeva a muoversi anche con il sole alto. I giorni passavano sempre uguali, finché il calore insopportabile si fece più rarefatto inumidito dalla fresca brezza salina e l’aria, seppur afosa, diventò meno soffocante. Il trotto delle Amazzoni accelerò e con esso anche la trepidazione delle guerriere e la loro avanzata si fece inarrestabile. In meno di una settimana costeggiarono il Mare di Rhûn, le soste divennero meri miraggi, mentre l’ariete composto dalla marmaglia sempre più ordinata aveva intrapreso lo scatto finale. In breve si ritrovarono  nella regione di Agasha Dag, dove le grandi foreste temperate fungevano da nascondiglio al popolo sconosciuto delle Ombre. Una moltitudine di  fusti alti e freschi, si ergevano come valorosi soldati a riparo della popolazioni delle Amazzoni. La notte aveva già lasciato il posto del giorno quando da Callial un urlo simile ad un verso di un uccello le uscì dalla gola. Dal nulla provenne la risposta con un gloglottio diverso. Quel colloquio fatti di codici e versi s’interruppe improvvisamente quando una pioggia di guerriere scese dagl’alberi. Avevano finalmente raggiunto la loro terra madre, lontana dall’universo conosciuto e dimenticata da tutta la Terra di Mezzo. Lo spettacolo che si presentò di fronte agl’occhi nostalgici di Gimli lo ricondussero a Caras Galadhon, quando la Dama Bianca lo aveva onorato di quel dono prezioso, la ciocca proveniente dalla sua aurea chioma. Solo uno sguardo attento poteva vedere le abitazioni infossate nei grandi alberi. Dei sottili ponti composti di assi e corde collegavano ogni capanna scavata nei tronchi secolari di querce e sequoie, convergendo verso il centro raccolti da un grandissimo tronco talmente nero da sembrare Barad Dûr prima della Guerra dell’Anello. I suoi maestosi rami erano totalmente spogli, a differenza degl’altri alberi che dimostravano fieri le rigogliose fronde verdeggianti. La prima a scendere da cavallo fu Callial che andò incontro ad una donna forte e vigorosa, che portava sul viso i primi segni dell’età avanzata. Il suo corpo era cinto da una veste ocra fino ai piedi, i capelli scuri accuratamente intrecciati erano adorni con piume variopinte e perle, una collana preziosa pendeva dal collo gravando sul petto. Ella era Amarah, attuale regina delle Amazzoni.

“Madre!” esclamò Callial con una strana dolcezza nella voce,  prima di baciare la mano della donna ed inchinarsi al suo cospetto. Adamante intanto avanzava fino a raggiungere il suo posto. Fu molto meno impaziente della sorella e scese da Aratoamin non provocando alcun rumore giungendo a contatto con il suolo. Camminò calma e pacata verso la regina, che intanto aveva teso la mancina a cui la ragazza riservò lo stesso trattamento che la sorella aveva avuto con la destra. Lo sguardo nero della donna su quell’incarnato olivastro era vivo e colmo di anni ed esperienza, traspirava una  saggezza interessante ma allo stesso tempo amore per le due figlie devote. Legolas in quello sguardo riconobbe alcuni aspetti di Adamante. Le invitò ad alzarsi carezzando i visi di entrambe, portandole alla sua altezza. 

“Figlie mie, ho aspettato con impazienza il vostro ritorno!” una lacrima si gonfiò sulle ciglia della donna realmente commossa dalla presenza delle due, ma non sfuggì al controllo dell’integerrima  sovrana. Dopo i primi convenevoli prese delicatamente il viso di Adamante ruotando il livido a favore della sua vista. “Cosa è successo Chillah, avete avuto uno scontro fra di voi?” Amarah non era una stupida e sapeva riconoscere le ferite dovute al bastone da lotta. Adamante sorrise a mezza bocca alla regina e fissò la sorella che aveva una strana luce di paura negl’occhi. La regina non voleva in alcun modo che si picchiassero fra di loro e quando ancora erano poco più che bambine l’aveva punita innumerevoli volte per aver alzato le mani sulla sorella minore.

“No, madre! Stavo correndo con Aratoamin, quando mi ha disarcionato spaventato da una serpe!” come se il cavallo avesse capito la menzogna della padrona, sbuffò con un nitrito muovendo nervosamente la testa. L’elfo sorrise alla reazione dell’intelligente animale e si trovò d’accordo con lui nella sua protesta. Adamante invece lo guardò di traverso, ostentando un palesato rimprovero.

 “Quel cavallo è pericoloso Chillah, devi stare più attenta!” la ragazza annuì alla madre contenta che fingesse di credere alle sue parole. La regina posò una mano sulla spalla della guaritrice per poi tornare con lo sguardo all’altra figlia “Deduco dalla maschera di tua sorella che sei riuscita a trovare ciò che cercavi, figlia mia!” Callial si aprì in un sorriso pieno e le sue palpebre iniziarono a tremare, fluttuando con insistenza. 

“Oh, madre è perfetto, sono riuscita a trovare un principe elfico!” l’eccitazione della donna era assai infantile, fiera di poter mostrare la sua bravura prese la mano della madre conducendola al destriero dove Legolas si trovava. Alzò un palmo verso il cielo indicando così l’elfo “Questo è Legolas Thranduilion, madre ha fatto parte della Compagnia dei Nove, sicuramente un valente guerriero!”

“Quindi tu sei il figlio di Thranduil, bene Legolas benvenuto nel nostro regno!” disse la regina  reclinando la testa. L’elfo non si mosse rimase fermo senza proferire parola attento a quei modi di fare così simili ad una rozza imitazione di una grande corte. “Ottimo lavoro Callial, hai ragione è perfetto!” tornò alla figlia prima di rialzare lo sguardo alla sinistra dove Gimli si trovava ancora in groppa a Aratoamin “E il nano? Perché è con voi?” chiese visibilmente incuriosita da quella strana presenza. Gimli sbuffò sonoramente irritato,  la sua pazienza era già stata messa a dura prova dal viaggio, non voleva assistere alle spiegazioni della pazza Callial.

“Madre …” intervenne Adamante con una nota spezzata nella voce “… l’elfo ed il nano viaggiavano insieme, sono legati da una fraterna amicizia per quanto assurda che sia …” Legolas aveva percepito già dall’inclinazione dei i toni il tentativo di Adamante. Per le Ombre ogni cosa inutile era da eliminare, per questo doveva giustificare la presenza di Gimli che, alla spiegazione della Guaritrice, schioccò la lingua contro il palato esprimendo tutto il suo dissenso. Sia l’elfo che la ragazza lo fulminarono contemporaneamente con gl’occhi, tanto che la scena poteva risultare comica in un certo qual modo. “ … possiamo lasciare libero l’elfo di vagare per le nostre terre. Non si allontanerà senza il nano.” Amarah abbandonò il viso al suolo ponderando i pensieri di sua figlia. Sapeva bene che la sua Chillah non si sarebbe mai esposta se non fosse stata assolutamente certa di quel che diceva, era troppo riflessiva per proferire scempiaggini.

“Se posso permettermi, mia signora …” disse Geldena smontando anche lei da cavallo. Adamante avvertì un brivido di terrore correrle lungo la spina dorsale, la vide avvicinarsi con uno strano ghigno soddisfatto. Anche Legolas sentiva una strana angoscia montargli mentre il nano muoveva gli occhi tra l’elfo e la ragazza, notando la loro ansia crescente. “… non sarebbe opportuno lasciare l’elfo completamente libero di muoversi, dovrebbe essere sotto la custodia di una di noi!” la regina si trovò in accordo con la Consigliera, che intanto le aveva baciato la mano genuflettendosi in segno di rispetto alla sua autorità.

“Penso che Callial sarà …”

“Non intendevo Callial, mia signora! Sapete che con i preparativi e gli oneri di vostra figlia non potrebbe prestare la giusta attenzione ad un nuovo compito così importante.” Geldena dedicò la coda dell’occhio alla Guaritrice in preambolo alla scelta migliore per lei. Adamante ingoiò il rospo ancor prima che venisse pronunziata la sentenza. Quella vipera sapeva riconoscere bene i segni ed aveva deciso di far cadere Adamante nella tela del ragno.

“Geldena, sai bene che la legge parla chiaro! I contatti con il Tessalon di una futura Regina devono essere assolutamente limitati allo stretto necessario.” la ragazza cercò di distruggere le sicurezze della Consigliera, che invece stava affinando le sue armi per potersi definitivamente liberare del pericolo più grande.  

“Cara Adamante, tu hai avuto già un contatto prolungato con l’elfo a causa della sua ferita non ti sarà difficile sorvegliarlo, in fondo sei una guaritrice e sei perfetta per quest’impegno!” la falsa gentilezza rappresentava la più grande esca della Consigliera. Era per questo che Callial l’aveva voluta a corte, spingendo la madre a prenderla come consigliera nonostante le sue origini plebee.

“Geldena ha ragione, non voglio che Callial si senta troppo sotto pressione! Chillah sarai tu a sorvegliare l’elfo! Se è vero che il Tessalon è stato curato da te, non sorgeranno problemi!” la regina voltò le spalle ripercorrendo i sui suoi passi per poi ritornare alle sue figlie allungando il braccio verso la maggiore. "Vieni Callial, andiamo in casa e raccontami della tua impresa e del perché il tuo Tessalon è stato ferito." Iniziò ad impartire ordini come Callial faceva di consueto. Il nano venne trascinato in una cella vera, uno spazio ostico ed angusto ubicato poco al di sotto del livello del suolo la cui unica fonte di luce era una fenditura in alto sulla parete di fondo. In un angolo si trovava una branda con una coperta polverosa mentre il pavimento era tappezzato di fogliame secco, quasi più comodo del bitorzoluto giaciglio. Gimli si convinse che era meglio quello che il dormire cavalcando, oppure rimanere legato ad un palo. Sollevò la cintura sistemandosi nel migliore dei modi e si perse nel desiderio di poter ancora assaggiare della buona foglia pipa. Differentemente all’elfo era stata riservata una delle stanze del palazzo scavato nel grande tronco scuro, dall’aspetto rurale e bucolico: il letto era morbido fatto di soffici piume, del velluto rosso e verde ricopriva le pareti e le finestre. Ogni oggetto era ricavato dal legno ed aveva un aspetto raffinato ma allo stesso tempo grezzo. Non riusciva a capacitarsi di che guaio orribile erano finiti, anche se sicuramente il povero Gimli stava peggio di lui. In quel momento, quando tutto sembrava correre, non trovava alcun punto fermo se non la piccola Adamante. L’elfo non aveva mai smesso di pensare ad entrambi, i loro due volti si fronteggiavano in una gara quasi alla pari. Non conosceva la Guaritrice così a fondo da potersi completamente affidare a lei, eppure era quello che aveva fatto dalla prima volta che l’aveva vista, quando nella foresta di Fangorn le sue mani avevano vagato sul suo corpo. Forse perché in lei leggeva quel profondo senso di disagio e agonia provocato dalla stessa condizione in cui era incappato lui stesso. Da ore si trovava seduto sul ciglio del letto, con le mani congiunte sostenendo la fronte. Non voleva rimanere così immobile ed inerme ad aspettare il mutare degl’eventi, doveva trovare un modo di trascinare via Gimli ed Adamante da quel posto. Solo la notte imminente sarebbe stata portatrice del giusto consiglio: non era prudente, ne tantomeno salubre, agire senza un piano ben congegnato. Immerso nei suoi pensieri non si accorse del vociare proveniente dall’esterno. Il suono era quello melodioso e delicato che non smetteva di tormentarlo, la voce della bella Adamante. Scostò un pesante tendaggio notando che l'apertura dava su un piccolo parapetto rivolto ad un giardino selvaggio, costeggiato da gabbie piene di uccelli appartenenti a diverse razze e colori. La Guaritrice si guardava all’interno di uno specchio artificiale d’acqua, osservando accuratamente il livido violaceo che tardava regredire. Se solo avesse potuto fare degl’impacchi di valeriana e calendula per alleviare l’indolenzimento della parte lesa sicuramente il suo colore sarebbe stato meno evidente. Invece no, doveva  portare quel segno come monito per chi avanzasse l'ardire di contraddire sua sorella, così come doveva indossare la maschera per tutto il periodo in cui l’elfo avesse albergato a palazzo. La mascella risentiva ancora dell’incontro con il bastone, poteva avvertire la sofferenza pulsare sotto il suo tocco. Nel pensiero della dolenza fisica allungò una mano sul ventre piatto. Quante preghiere gli aveva rivolto nelle notti solitarie che seguirono l’unione, quando la madre l’aveva nascosta nel tentativo di farla diventare la prima erede. Non aveva avuto più lacrime da allora e non poteva più versarne. La definitiva resa della forza di Adamante.  

“Dimmi la verità: è stata lei, Chillah?” troppo assorta nelle rimembranze non si era accorta delle carezze della regina. Le scostava una ciocca di capelli ribelle che le incorniciava il viso dietro l’orecchio, per poter osservare meglio il labbro tumefatto. Né Adamante né tantomeno Callial potevano vantare il privilegio di avere avuto una vera madre se non da pochi anni, quando l’età aveva cominciato il suo lento decorso e permetteva alla regina di essere meno occupata con la rigida vita imposta dalla corte a cui appartenevano. Amarah rimaneva comunque la sovrana di un regno molto precario, sorretto da rigidi dettami imposti dalle loro stesse ave, ogni suo aspetto poteva essere considerato una debolezza cosa che la costrinse a negare troppo spesso l’amore per il suo stesso sangue.

“Cambierebbe qualcosa?” la regina aveva visto la figlia cambiare così tanto, il suo spirito ribelle era sempre presente ma da quella notte non era più battagliero come un tempo. Nel suo cuore aveva segretamente nutrito la speranza che quella natura selvaggia la guidasse fino al suo trono. Si ripeteva ogni giorno quale grande sovrana sarebbe stata Adamante, con quella purezza e saggezza dovute alle candide origini. La discendenza però poteva essere cambiata in un solo modo, lo stesso che aveva condotto all’apatia l'amata figlia. La sovrana riempì i suoi polmoni d’aria e del suo profumo, quell’aroma prelibato di fresie che avvertiva sulla pelle della guaritrice e rievocatore del ricordo lontano dell’unica gioia della sua esistenza, quando la lacrima di Artemis era giunta a lei come figlia. Tutti pensavano che la prediletta della regina fosse Callial ed invece Adamante era il vero gioiello; la sorella instabile era semplicemente la più bisognosa. Da una gabbia si scosse un forte battito d’ali ed un versetto squillante. Entrambe si voltarono notando che il falco pellegrino aveva cominciato ad agitarsi. Era sempre stata una passione di Amarah quella di collezionare rari pennuti e li trattava con molto più affetto di quanto riservasse alle figlie. La regina si mosse verso la gabbia del falco, facendolo adagiare sul copri braccio  rigido che portava sulla destra.

“Mani uma lle merna, Goshawk? Lle anta yulna en alu?  | S – Cosa vuoi, Goshawak ? Hai bisogno di bere un po’ d’acqua?   |”

“Perché?” chiese la fanciulla non potendo più sostenere la visione della madre persa nelle cure del suo giocattolo. Tornò a guardare nello specchio d’acqua con una nuova sensazione nel petto: rabbia. Non aveva bisogno di mani legate per sentirsi in  trappola, era una vittima dei giochi di stato di una comunità affine a sé stessa.

“Cosa c’è Adamante? Cosa ti turba, figlia mia?” a quelle parole fu sopraffatta da tutto il risentimento che nutriva nei confronti di Amarah. Ora che finalmente era sola con lei poteva sputare fuori tutto quello che aleggiava nel suo cuore.

“Ve lo chiedete, mia regina?” il petto di Adamante si alzava ed abbassava affannato da tanto livore coltivato nel tempo, era dura per lei trovarsi ad affrontare una sovrana che tentava di fare da madre, non le importava la punizione a cui sarebbe andata incontro, il suo spirito ne aveva bisogno e quindi rigurgitò un fiume di parole cariche di acredine. “Voi mi avete rovinato più volte per i vostri giochi di potere, mi tenete rinchiusa qui sapendo benissimo che questo mi fa soffrire, ogni giorno sono costretta a sedare una mente malata solo per compiacere il vostro ego di madre fallita! Voi con tutte le nostre ave vi siete fregiate del titolo di liberatrici quando siete le prime carceriere!” a quei toni carichi di astio Amarah reagì. Dai suoi occhi era scomparsa ogni traccia di benevolenza, la rigida sovrana delle Ombre aveva preso il posto della madre di Adamante.

“Queste sono le leggi che devi seguire, tu come principessa più delle altre! Sarai soggetta al mio volere fintanto che sarà necessario!” per un attimo la regina fu compiaciuta dell’animo ardito della figlia, che stava rispuntando come un fiore nella gelida neve che la riscopriva da troppo ormai.

“Quanto ancora vi sentirete in diritto di scegliere la mia strada?”

“Adamante, la tua strada è stata scritta alla tua nascita, sei una di noi e come tale devi rispettare me e il popolo che t’appartiene!”

“Il popolo che m’incatena come i vostri rapaci volete dire! Liberateci da queste catene, consentitemi la libertà!” con due grandi falcate la Guaritrice raggiunse la madre mostrando i polsi incrociati e legati da catene fittizie ma reali. Amarah depositò il suo pregiato falco di nuovo in gabbia chiudendo lo sportello come risposta. La guardò negl’occhi per qualche istante ritrovando nuovamente quella fiamma bianca e distruttiva che vedeva nella figlia quando veniva travolta dalla passione. Qualsiasi cosa l’avesse fatta reagire doveva soltanto essere benedetta da Artemis.

“Ricorda che devi sorvegliare l’elfo, qualsiasi cosa accada sarà sotto la tua responsabilità e ne pagherai le conseguenze!” Adamante abbassò lo sguardo sconfitta, il peso dell’ordine rinnovato ricadde sulla sua testa e s’aggiunse alla impaccio  della maschera che le occultava la parte superiore del viso. Era in trappola e lo sarebbe stata per sempre. La regina aveva lasciato da sola l’indomita figlia, per lei la perfetta sovrana del suo regno nascosto. Invece per Adamante esisteva solo un sogno irrealizzabile, quello che l’avrebbe sciolta da ogni vincolo, libera di aprire le sue ali e volare. Legolas aveva assistito a quello scambio dal piccolo ballatoio nascosto nell’oscurità delle sue stanze. Aveva sentito bene la pronuncia perfetta della regina il suo modo di parlare come Adamante agl’animali, ma non poteva distogliere la sua vista da quell’orribile sfregio e da quella maschera che sembrava esserle stata cucita sul volto. In quel momento sentì solo il bisogno crescente di stringere la piccola figura di Adamante a sé, di rivelare la sua brama di volerla portare lontano da tutta quella violenza, voleva con tutto se stesso osservare nuovamente il lieto sorriso nascere spontaneo sulle labbra, voleva gridare il suo nome, voleva strapparle quella barriera sul suo viso. Quel turbinio di desideri erano un miscuglio esplosivo che poteva riassumersi in un sola ed unica espressione: la voleva con sé per tutta la sua eternità. Quando Adamante si voltò incontrò lo sguardo ceruleo di Legolas incuneato in quel viso perfetto. La sua vista così sviluppata le permetteva di osservarlo nonostante il suo ritrarsi nell’ombra. La costante repulsione per il suo popolo non era stata così viva fino a quando le leggi non avevano toccato lui. Tutti pensavano che la dissennata fosse Callial, ma nessuno sapeva quello che nel cuore di Adamante stava nascendo. L’assoluta follia era quella di innamorarsi del Tessalon della propria sorella, erede al trono ed unica ad averne diritto.

O miei signori, quale triste ma gioiosa novella sapendo quanto la bella Adamante sia innamorata del suo prigioniero. Come fuggire agli sguardi ed alle tentazioni della vicinanza con l’intoccabile elfo! La tremenda Geldena vedeva molto più in là del suo naso, senza dubbio! Ora una domanda penso vi sorgerà spontanea: cosa vincerà l’amore o l’odio?

 

Note dell'autrice: Bonsoir! Premetto con il dire che domani mattina lo rileggerò, ma non volevo lasciarvi senza capitolo nonostante la stanchezza quindi mi scuso per gli eventuali errori. Ebbene si sia Legolas che Adamante si sono accorti di provare qualcosa. Certo ma ci sono molte porte ancira da aprire e scoprire il perchè di tanti problemi quali leggi ci sono e cosa ha reso apatica Adamante fino all'incontro con Legolas. Abbiamo conosciuto anche l'odierna regina Amarah. Spero che il suo personaggio che deve combattere fra il pubblico e il privato vi piaccia. Ovviamente continuate a seguire che l'intreccio sarà sempre più intricato.

Angolo delle recensioni:

corsara_andalusa: non sai con che piacere leggo della tua recensione!^^  Io do molta importanza anche ai più piccoli gesti nei personaggi come espletamento degli stati d'animo. Mi piace dilungarmi sulla descrizione di una carezza piuttosto che di un paesaggio, amo molto l'introspezione in un certo senso. Sono estremamente contenta che ti piacciono le nozioni sulle piante, ovviamente non sono tutte assolutamente precise però insomma ho tentato di unire realtà e fantasia. Per quanto riguarda Callial è un personaggio difficile, schizzofrenico e spaventoso, ma estremamente fragile. Comunque avremo modo di conoscerla ulteriormente. Gimli in realtà non è quello che è messo peggio, Legolas... basta non dico altro sennò rischio di rivelare troppo. Spero a presto una bacione!

Alchimista: Ciao carissima! Allora ti premetto che io non mi offendo assolutamente sono a conoscenza dei miei limiti e le critiche costruttive sono sempre ben accette, soprattutto se correlate da una bella dose di consigli. Ma guarda un po': avevi capito che fra Adamante e Legolas c'era del tenero, poveri! peccato che non possono neanche avvicinarsi se non come carceriere e prigioniero. Geldena è molto più subdola e crudele di Callial che da un lato era giustificata dalla sua pazzia ed infatti si è visto con il suo intervento con la regina proponendo Adamante come custode di Legolas, quando aveva intravisto qualcosa che non le quadrava. Comunque sia ti ripeto che apprezzo i tuoi commenti!spero a presto un bacione!

 

Ringrazio tutti quelli che passeranno di qui!Un grandissimo bacio!

Vostra Malice

RILETTO!!!Buona giornata!^^

   
 
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