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Autore: Bellatrix Lestrange    08/09/2005    1 recensioni
finalmente ho trovato un titolo decente...! -spero- questa fanfiction parla di come Massimo incontra sua moglie...secondo le mie malate teorie! l'ho m odificata a causa di qualche errore inutile e il font confusionario...ringrazio tutti quelli che l'hanno recensita e che mi hanno permesso di migliorarla! aggiornerò presto...scusate il ritardo!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PERCHÈ TUTTO IL RESTO È ARIA E

PERCHÈ TUTTO IL RESTO È ARIA E

 POLVERE

 

 

 

Massimo cercò inutilmente di ricomporsi. Per cosa poi, si chiese. Vengo onorato perché uccido e mi preoccupo di non dare a vedere che l’ho fatto. Eppure l’aveva sempre fatto, aveva sempre cercato di darsi un tono di serenità quando incontrava l’imperatore o i suoi superiori…quando la sera, annebbiati dal sangue e ubriachi di morte i suoi uomini cantavano attorno al fuoco, nelle notti fredde della Germania, alla luce della luna filtrata dai pini e degli scintillii gialli degli occhi dei lupi i soldati cercavano di dimenticare…e allora cantavano e ballavano, in una sorta di festino che avrebbe dovuto rallegrare ma che per molti era mirato allo stordimento dei pochi sensi di colpa che sopravvivevano a quella vita…e che di notte strisciavano in superficie come il sangue da una ferita…quelle notti erano qualcosa di meno lucido e sano del battersi, qualcosa di più corrotto e contorto…tanto che alcune notti Massimo avrebbe preferito continuare a combattere che prendervi parte. Forse era proprio per questo, per cercare di essere un po’ meno lì per tentare di non pensare che cercava di dare l’impressione di non avere niente da rimproverarsi, niente di triste a cui non pensare.

Ma quella sera era diverso. Quella sera non poteva mancare…l’Imperatore era venuto in visita all’esercito…e lei ci sarebbe stata. E allora non avrebbe avuto bisogno di sforzarsi di non pensare alle battaglie dei giorni precedenti.

 

Spostò il lembo leggero di stoffa rossa che lo separava dalla tenda dei generali, dove da qualche minuto essi si erano raccolti insieme con l’imperatore per aggiornarlo sulle vittorie degli ultimi 6 mesi. Marco Aurelio alzò gli occhi sul nuovo arrivato, e gli spuntò un sorriso. “Ah, Massimo…cosa dobbiamo fare con te? Tu ci togli ogni dubbio sulla riuscita della battaglia…da quando sei diventato generale, Roma dorme sonni fin troppo tranquilli.” Aggiunse bonariamente. Massimo sorrise di rimando, un sorriso che non aveva nulla di forzato o formale ma che conservava il dovuto rispetto. “Mi hai fatto chiamare, Cesare?” “Già…giusto. Il capo dei barbari ci ha fatto un dono, un dono che troverei ingiusto tenere per me. L’ho fatto portare nella tua tenda, volevo avvertirti per evitare spiacevoli conseguenze al trovarti un simile regalo senza avviso al tuo ritorno in tenda…suppongo che lo troverai meno insolito di quanto non l’ho trovato io…ma spero perdonerai la mia poca dimestichezza con queste cose…e in fondo tutte le cose a noi nuove sono insolite in terra straniera, ma mai quanto in patria…e gran parte di questa terra lo sta diventando, grazie a te… Ma non voglio tediarti oltre né trattenervi oltre dai festeggiamenti…mi stavate illustrando le nostre ultime conquiste, giusto?”

E Massimo si unì agli altri generali attorno alla tavoletta di cera con gli approssimativi tracciati di accampamenti e battaglie, scheggiata e indurita da tutto quello che aveva passato ma ancora intatta, che ricordava così tanto i soldati la fuori.

  
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