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Autore: Iryael    17/06/2010    2 recensioni
“Hayen” è un nome musicale, suadente, che invita i più ingenui a chiedere cosa sia.
Ebbene, hayen è una droga. Una delle più raffinate. Uno zucchero rosa e amaranto dal quale non c'è scampo. Alastor Gazelle lo sa perfettamente, per questo sta bene attento a spacciarla senza farne uso.
Ma Gazelle non è solo il maggior produttore di hayen di tutta Rilgar, è anche il finanziatore di Zenas Dehyper, una stella nascente dell'hoverboard.
E chi meglio di Skid McMarxx, il Signore degli Hoverboard, può destreggiarsi nel mondo di Gazelle?
Giugno 5405.
Per avvicinarsi a Gazelle Skid dovrà rimettere piede in un mondo cui credeva di aver voltato le spalle. E, per portare a termine la missione, avrà a disposizione solo due armi: Nirmun, giovane soldata dalla lingua sciolta, e la sua esperienza.
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[Galassie Unite | Arco I | Schieramento] Rieditata nel gennaio 2014
[Personaggi: Clank, Nuovo Personaggio (Huramun Tetraciel, Nirmun Tetraciel), Skid McMarxx, Ratchet]
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ratchet & Clank - Avventure nelle Galassie Unite'
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[ 13 ]
Finale amaro
5 Luglio 5405-PF, ore 12:15
Orbita di Rilgar, astronave USS Phoenix
 
Le navette di Gazelle e di Ratchet atterrarono a pochi minuti una dall’altra. Due manipoli di Ranger presero in custodia Gazelle, Zenas ed i sei rilgarien ch’erano con loro e li condussero nel ponte penitenziario, in attesa di portarli in un posto più adatto.
Il problema sorse quando comparve Huramun. Fu l’ultimo ad uscire, a distanza di svariati secondi da Ratchet e Nirmun, e non appena mise piede nell’hangar, Sasha diede ordine di catturarlo. Un manipolo di Ranger lo circondò e, trovandosi con dodici armi puntate addosso, lo xarthar valutò di tenere le mani bene in vista.
«Ci deve essere un errore...» cominciò a dire. Non capiva: perché lo stavano tenendo sotto tiro?
«Nessun errore!» tuonò la cazar. Stava per entrare nel cerchio dei Ranger quando Nirmun le corse davanti e, ad un passo di distanza, si mise a braccia aperte, allarmata dalla situazione.
«Capitano, no!»
«Soldato, togliti. Costui ha finito di uccidere per conto di Gazelle.»
«Capitano, mio fratello è un poliziotto di Xartha!» esclamò l’altra, tentando una difesa. «Non ha mai lavorato davvero per lui!»
«Ah, sì?» chiese scettica la cazar, puntando lo sguardo in quello di Huramun. Quest’ultimo lo sostenne con un’espressione neutrale, senza battere ciglio, in attesa del giudizio del Capitano.
«Portatelo via.»
«Ma Capitano! Perché?!» chiese Nirmun «Si sta sbagliando!»
Huramun abbassò lo sguardo e dissimulò un sospiro.
«Nir, lascia stare. Si sistemerà tutto.» pronunciò con voce calma e ferma, la stessa che la xarthar ricordava di lui prima che fosse mandato su Rilgar, mentre due Ranger lo afferravano sottobraccio e lo scortavano fuori.
Nirmun guardò a mascelle serrate la scena, sentendo montare la rabbia dentro di sé. Li seguì con lo sguardo finché non sparirono al di fuori dell’hangar, e in quel momento la rabbia mutò in frustrazione.
«Non è giusto.» mormorò a capo chino. Sasha fece per porle una mano sulla spalla ma lei la evitò con un gesto brusco. «Non mi tocchi, Capitano. Non cerco conforto da lei.»
«Ti aspetto fra un’ora in plancia, Soldato.» replicò la cazar, secca, prima di rivolgersi a Ratchet, Clank e Skid. «E lo stesso vale per voi. Tra un’ora sul ponte di comando, e siate puntuali.»
Poi s’incamminò a lunghe falcate fuori dall’hangar.
* * * * * *
Quando le porte del ponte penitenziario si aprirono, per prima cosa Huramun fu condotto in uno stanzino dove fu scannerizzato in lungo e in largo. Fu privato di guanti e scarpe, e in cambio gli fu dato un paio di babbucce di un bianco acceso, che fu costretto ad indossare. Nessun Ranger gli aveva detto nulla, quindi lui ipotizzò che si trattasse della procedura standard.
Dopo di ciò fu scortato fino a una cella che, notò, era identica in tutto e per tutto a quella del seminterrato di Gazelle. Più piccola, ma della stessa fattura. E quando i Ranger se ne furono andati, lasciandolo chiuso dietro una grata laser, si scoprì di fronte al Sindaco, seduto sulla branda della cella davanti alla sua.
«Huramun, Huramun.» disse in tono calante, con la voce dolce di un padre intenzionato a dare una lezione di vita al figlio maldestro «Tu mi hai tradito, ma per cosa?»
«È qui quel bastardo?» si sentì chiedere. Era Zenas, rinchiuso nella cella a fianco a quella di Huramun.
«Ciao fattorino. Sì, sono qui anch’io.» rispose con finta allegria lo xarthar, prima di sdraiarsi sulla branda. Tra una cosa e l’altra, negli ultimi tre giorni aveva dormito quindici ore scarse, e vista la mole di lavoro compiuta si sentiva parecchio stanco.
Prima di cedere al sonno, però, volle dire un’ultima cosa.
«Io non ti ho tradito, Gazelle. Semplicemente, non sono mai stato dalla tua parte.»
«Tzé!» a sentire quella frase il Sindaco di Rilgar si fece una risata. «Hai la mia parola: io andrò a fondo, ma ti trascinerò con me, fosse l’ultima cosa che faccio.»
Parole dette con calma assoluta, ma che col tono cupo che aveva utilizzato suonarono come la campana di un funerale.
* * * * * *
Ore 13:15
USS Phoenix, ponte di comando
 
Puntuali, i partecipanti alla missione si ritrovarono in plancia, dove Sasha li attendeva. Ratchet era tornato un lombax, e ciascuno aveva rimesso la propria divisa.
«Innanzitutto, ragazzi, bentornati.» esordì il Capitano. «Sono felice che siate sani e salvi. Quand’ho scoperto che Al si era dimenticato di occultare le cartelle di Skid e del soldato Tetraciel ho temuto il peggio.»
«Scusa, Sasha, ma non avevi detto che ci avresti dato supporto comunque?» chiese Skid.
«Beh, sì, in effetti è vero.» ammise la cazar. «Però non avrei mandato loro se la situazione non fosse stata quella.»
«Già...i casini lasciali a chi di casini se ne intende.» intervenne Ratchet, la cui modestia evidentemente s’era nascosta sotto qualche consolle. Dal momento in cui era rientrato sulla Phoenix era cambiato: aveva perso l’aria seria – quasi musona – che aveva mostrato su Rilgar in favore della sua solita troppa sicurezza.
«Come se aveste risolto tutto voi, vero?» chiese Nirmun, tagliente. Nonostante avesse provato a convincersi che Huramun sarebbe uscito presto ed avrebbe ricevuto gli onori che gli spettavano, non era riuscita a placare le sensazioni negative che aveva provato quando lo avevano portato via. «Con tutto il rispetto, signore, ma tra tutti lei è proprio quello che ha fatto di meno. A parte farsi salvare.»
«Modera i termini, Soldato. Se sei ancora viva dipende anche da me.» replicò il lombax, piccato. «Su quella navetta non avevi l’aria di essere quella che dominava la situazione.»
«Ma se è stato lei a ordinarmi di andare disarmata!» ribatté la xarthar. «Fosse stato per me, lo avrei costretto a parlare con un’arma puntata addosso.»
«Sai anche tu che una cosa del genere avrebbe mandato al diavolo tutta la missione. Ci serviva qualcosa che ci permettesse di arrestarlo subito, o con la sua carica di Sindaco ci saremmo finiti noi, in galera!»
Quello scambio di battute stava somigliando pericolosamente a quello che Ratchet e Takami avevano avuto subito dopo la missione “Renforce”, a novembre, dialogo che il giorno dopo era sfociato in una rissa. Sasha se ne accorse e s’intromise con foga.
«Basta! Finitela!»
Parole che caddero nel vuoto.
«Ma per favore! Racconti la favola a qualcun altro!»
«La racconto a te, perché te la sei dimenticata!»
 
«HO DETTO BASTA!!!»
Quella volta l’urlo sortì l’effetto desiderato: Ratchet e Nirmun si zittirono, ma non cessarono di guardarsi in cagnesco.
«Cos’è, Rilgar da alla testa? Non voglio un’altra rissa, men che meno di nuovo qui!»
Nirmun non capì a cosa si riferisse la cazar. Anche Ratchet impiegò qualche secondo a comprendere il senso della frase, ma quando ci arrivò fece un gesto svogliato con il braccio.
«Ah, tranquilla. Questa non sarebbe diventata una rissa...» rispose «È qualcun altro che deve calmare i bollenti spiriti.»
«Già, e qualcuno non deve soffiare sulle braci che li scaldano.» replicò Sasha «Non vi ho convocato per assistere ad un incontro di lotta libera. Siete qui perché bisogna stendere un rapporto da inviare al Comando Centrale. E, siccome avete partecipato tutti, tutti mi dovete raccontare cos’è successo laggiù. E vorrei che cominciassero Skid ed il Soldato.»
Skid lanciò un’occhiata a Nirmun, ma lei distolse lo sguardo, arrabbiata.
«Okay, parto io.»
Raccontò del loro arrivo, della villa e di come Nirmun avesse sospettato di Zenas. Poi si inoltrò nei fatti dei giorni successivi, con gli allenamenti, la visita alla polizia ed a casa sua. Quando si arrivò all’incontro con Ratchet e Clank, fu il robottino a prendere la parola e descrivere cosa fosse successo all’Hotel Mahne, con vivaci puntualizzazioni del lombax. Nirmun parlò poco e di malavoglia, rifilando i fatti che la riguardavano come se stesse leggendo la lista della spesa.
Alla fine del racconto, quando tutti ebbero detto la propria sulla cattura di Zenas e Gazelle, Sasha ritenne di aver guadagnato abbastanza elementi per redigere il rapporto da inviare al Comando Centrale. Ordinò che le venisse consegnata la copia dei dati acquisiti da Nirmun e li congedò.
«Soldato, prima che te ne vada...»
La coniglia si fermò e si voltò.
«Sì signore?»
«Riguarda tuo fratello.» puntualizzò. «Alla luce di quanto è emerso la sua posizione ai miei occhi è un po’ meno pessima. Vaglierò i dati non appena me li consegnerai. Intanto contatterò la polizia di Xartha per vedere cosa potrò fare. Sin dall’inizio era stato chiarito: sarà il Comando Centrale a decidere per Gazelle ed i suoi, e loro non vedranno Huramun come lo vedi tu. Oggettivamente, per due anni è stato il cecchino di Gazelle, e nell’ultimo anno il suo braccio destro. Mi dispiace dirlo, ma non gli resta che augurarsi che le buone azioni valgano più di quelle cattive.»
«Aspettare e pregare?» chiese sarcasticamente Nirmun. «Non credo sia sua abitudine.»
«È l’unica cosa che può fare, se non vuole peggiorare la sua situazione.»
Calò un breve silenzio, interrotto quasi subito dalla xarthar.
«È tutto?»
«È tutto. Vai e riposa.»
Nirmun annuì ed uscì dalla plancia un po’ più rilassata.
Tzé! Altro che riposare! Lei doveva parlare con suo fratello, immediatamente!
 
Giunta al ponte penitenziario, chiese di parlare con Huramun e fu fatta accomodare in una sala, dove le fu chiesto di attendere che il prigioniero fosse condotto da lei. Nell’attesa, studiò l’ambiente, visto che non era mai stata in quella zona della nave. La sala era microscopica, sorvegliata da una telecamera in ogni angolo e con tavolo e sedie saldati al pavimento. Era quasi claustrofobica, con le pareti scure, su cui il tavolo spiccava come una sorgente luminosa.
Era così presa dallo studio dell’ambiente che si accorse di Huramun solo quando questo le rivolse la parola.
«La divisa ti sta meglio di quanto ricordassi.»
Nirmun tornò con lo sguardo a livello del tavolo, e davanti al complimento non riuscì a non arrossire.
«Beh, grazie...» biascicò, poi si fermò un momento per squadrare il fratello. Sembrava terribilmente stanco. «Io...sono qui perché volevo chiederti scusa per il trattamento che ti stanno riservando. Mi dispiace tanto, dopo tutto quello che hai fatto a Blackwater City...»
«Dai, su. Era più che normale una reazione del genere; una parte di me se l’aspettava.» rispose lui con gentilezza. «Chronodome ha sempre avuto una cura maniacale dei dettagli, soprattutto quando si tratta di infiltrati.»
«E poi volevo dirti anche che ho parlato con il Capitano.» disse ancora lei. «A dire il vero c’eravamo tutti, ma alla fine ha parlato di te solo con me... Vabbé, insomma, ha detto che ai suoi occhi la tua posizione è migliorata, e che contatterà la polizia di Xartha e vedrà cosa potrà fare per aiutarti.»
Lo xarthar si mostrò stupito. «Non mi può rilasciare dopo che avrà contattato la polizia?»
Nirmun denegò. «No, non può. La missione è stata data dal Comando Centrale, e da loro sarete giudicati tanto te quanto Gazelle, il bastardo ed i suoi tirapiedi.» rispose. «E io ho paura che ti gettino nel mucchio e ti sbattano in galera.» confessò poi. Huramun fece per incrociare le braccia ma, visto che le manette gli impedivano il gesto, rinunciò.
«Beh, speriamo proprio che non succeda. Forse, se il Comando Centrale ricevesse tutte le informazioni che ho raccolto...ma chi ci torna a Blackwater a questo punto?»
Doveva essere una domanda retorica, ma Nirmun lo stupì.
«Veramente...sono già tutte a bordo.»
La rivelazione lasciò di stucco Huramun, che spalancò gli occhi e batté più volte le palpebre, incredulo.
«Quando sono rimasta nascosta in casa tua ho guardato quello che avevi nel computer.» gli ricordò lei con un filo di voce. «E questo dovresti saperlo perché quando sei rientrato mi ci hai visto davanti. Quello che non sai è che ho fatto una copia integrale dell’hard disk e l’ho sempre portata con me.» ammise. «Volevo parlartene quella sera stessa, ma poi tu eri sfatto e il discorso è finito da altre parti e non abbiamo più detto nulla...»
«Dai, allora devo dire che sei stata provvidenziale!» replicò lui, mostrandole un sorriso d’incoraggiamento. «Anche se ti avrò ripetuto un miliardo di volte che le cose mie sono mie e basta!»
Nirmun sorrise, leggermente imbarazzata dal rimprovero che Huramun usava farle quando erano piccoli.
«Dai, Hura! Siamo un po’ cresciuti per quella frase, ti pare?»
«È sempre attuale, direi.» rispose lui, sorridendo. «Ma stavolta sono davvero contento che tu non mi abbia dato retta.»
«Comunque, tornando al discorso serio, spero che ciò che hai a tuo favore sia sufficiente per non farti finire in galera.» disse cupa lei. Il sorriso sparì dal viso di Huramun, e la cappa pesante di pensieri negativi tornò a opprimerli.
«Nir, ho bisogno di incoraggiamento, non di frasi disfattiste.» le rispose, fissandola dritta negli occhi. «Gazelle ha promesso di trascinarmi a fondo con lui...e io non ci voglio finire. Non devo mostrarmi impaurito di fronte a lui, ma se è così sicuro di farmela pagare e tu non mi sostieni...allora sarà dannatamente difficile tenere duro.»
Nirmun lo guardò allibita.
«Che cosa?!» sbottò. Huramun abbassò lo sguardo.
«Sono pur sempre un organico anch’io...per quante maschere possa indossare non è vero che non risento di nulla. E ad essere sinceri, per questa situazione avrei voglia di mettermi ad urlare e prendere a pugni il muro, ma non posso. Se mostrassi anche il più piccolo segno di cedimento...»
«Hura, andiamo, tira fuori le palle!» lo rimproverò lei, saltando in piedi. «Giuro che mi darò da fare al trecento percento, ma tu non dargliela vinta! Non azzardarti a cedere, capito?! Sennò ti sfondo di botte, e la mia è una promessa!» esclamò, minacciosa, puntandogli l’indice tra gli occhi. «Chiaro?!»
Huramun non rispose, ma si limitò a premere il pulsante sul tavolo, quello di chiamata delle guardie.
«Non perdere altro tempo dietro a me.» rispose, subito prima che un Ranger sbloccasse la serratura. «E ricorda: in questa promessa ci siamo impegnati in due. Mantieni la tua parte, che io mantengo la mia.»
Detto ciò il Ranger entrò nella sala con il suo solito rumore di ferraglia e prese lo xarthar nuovamente in custodia.
«Stanne certo, Hura!» rispose lei, con sicurezza, prima che lui lasciasse la sala.
* * * * * *
8 Luglio 5405-PF, ore 11:10
USS Phoenix, alloggio del Capitano
 
Sasha maledì la burocrazia come fosse il peggior demone dell’universo: non il giorno dopo, né quello seguente, ma addirittura al terzo dì venne messa in contatto video con il capo della polizia di Xartha, uno xarthar leone dal vello scuro e gli occhi verdi, il cui volto era attraversato verticalmente da una cicatrice.
«Buongiorno. Sono Sasha Phyronix, capitano della USS Phoenix. È lei il capo della polizia xarthar?» esordì la cazar.
«Buongiorno a lei, Capitano. Sono Derek Thran, capo della polizia di Xartha. In cosa posso aiutarla?» rispose lui con voce grave, pacato.
«Il nome Huramun Tetraciel le dice nulla?» lo xarthar parve sinceramente stupito dalla domanda, e Sasha si affrettò a spiegare «Dice di essere uno dei vostri, infiltrato su Rilgar, a Blackwater City. Xarthar coniglio, alto, vello biondo e castano, occhi azzurri.»
«Aspetti...il nome non mi dice nulla, però posso cercare sul database. Sa, sono qui da sette mesi, ed il mio predecessore non ha fatto in tempo a illustrarmi tutte le missioni esterne in cui sono implicati degli agenti...» rispose lui, digitando rapidamente qualcosa su una tastiera. «Aspetti ancora un momento, prego. Come mai tanto interesse per questo xarthar?»
«Alcuni giorni fa si è conclusa una missione che prevedeva l’arresto di Alastor Gazelle, Sindaco di Rilgar, e dei suoi tirapiedi più in alto. Tra questi si trova lo xarthar in questione, che al momento è alloggiato in una cella. Sono alla ricerca di una conferma del suo ruolo, eventualmente per difenderlo quando sarà giudicato dal Comando Centrale.» rispose Sasha. L’altro annuì, dimostrando di aver capito, poi il suo volto si illuminò.
«Ecco la scheda dello xarthar Huramun Tetraciel. Ventotto anni, vello biondo e castano ed occhi azzurri. Il nucleo familiare comprende solo una sorella di nome Nirmun. A quanto risulta qui è attualmente infiltrato alle dipendenze del Sindaco di Rilgar, Alastor Gazelle, per consentire alla nostra polizia di avere prove sufficienti al suo arresto per il traffico di hayen...» sintetizzò, digitando qualcosa sulla tastiera «Le sto inviando il file.»
«La ringrazio, signor Thran. Ha ancora un minuto?»
«Certo, mi dica.»
«Il suo sottoposto in questi due anni si è fatto strada fra i tirapiedi di Gazelle e ne è diventato il braccio destro...nonché il cecchino di maggior spicco. Ne è al corrente?»
«Non mi occupavo io della missione nello specifico, ma so che l’agente Tetraciel mandava rapporti regolari e dettagliati.»
«Ha intenzione di difenderlo in giudizio?»
Lo xarthar strizzò le labbra, dissimulando un motto di stizza. Forse si sentiva sotto interrogatorio, ragionò Sasha. Ma era anche vero che bisognava strappargli le parole d’in gola per poter sostenere una conversazione!
«Manderò qualcuno di adatto...ma sì, avrà l’appoggio della polizia di Xartha. In fondo stava lavorando per noi prima che interveniste.» rispose, con un tono di voce che lasciava intendere che quel caso era una seccatura per lui.
«La ringrazio.» rispose Sasha.
«Ha ricevuto il file?»
«Sì.»
«Allora, mi scusi, ma devo proprio lasciarla per altre questioni. Cordialità, Capitano.»
«Cordialità, signor Thran.» salutò Sasha, prima che il collegamento cessasse.
Ripensò alla discussione appena avuta.
Dopo sette mesi non sa chi ha sul pianeta e chi fuori? si chiese, stranita.
Quella puzzava di scusa a un anno luce di distanza.
* * * * * *
Ore 11:45
Ponte detenzione, sala colloqui
 
«Quindi manderanno qualcuno a difendermi?»
Stesso tavolo, stessa sedia, stessa postura. Ma stavolta davanti a Huramun c’era Sasha.
«Così ha detto, ma non ce n’è la certezza.» rispose la cazar. «Mi dica: conosce il suo nuovo capo, Derek Thran?»
Huramun increspò le sopracciglia, pensieroso.
«Eeehh, vediamo...non l’ho mai conosciuto di persona, ma quando sono partito – ricordo – faceva la corte a quella poltrona. Aveva la fama di essere un arrivista ed un leccapiedi di prima categoria, secondo certe voci. Quando sono partito io, il capo era Leon Chronodome. Ma dovrebbe esserci ancora lui in carica...cos’è successo mentre ero su Rilgar?»
«Non ne ho idea, signor Tetraciel. Da come ne ha parlato, è presumibile che sia morto.» fu la risposta di Sasha, corredata da spallucce.
Huramun fece due conti e, tratte le conclusioni, sospirò.
«Permette una cosa detta con franchezza, Capitano?» chiese. Sasha acconsentì. «Se ci fosse Chronodome non avrei di che preoccuparmi, ma da Thran non so cos’aspettarmi. Quindi, nel peggiore dei casi, le chiedo di non far sapere a Nirmun in quale carcere finirò.»
«Suvvia, non mi pare il caso di...» Huramun la interruppe con un gesto.
«So come lavora Gazelle, e so che ha una quantità di contatti da fare invidia ad una società telefonica. Ha giurato di tirarmi a fondo e posso assicurarle che lo farà senza risparmiarsi, visto che ve l’ho servito su un piatto d’argento. Se Nir si presenterà al carcere, poco ma sicuro qualcuno la farà fuori. Se invece non saprà nulla...beh, avrà più probabilità di sopravvivere. E io non potrò rimproverarmi nulla.»
Sasha annuì. Capiva quello che voleva dire lo xarthar, era un concetto che toccava più le corde del cuore che non la logica della sopravvivenza.
«Non saprà nulla, ha la mia parola.»
* * * * * *
Giunsero a Marcadia più o meno due settimane dopo, e di lì a tre giorni si tenne il processo a coloro che erano stati arrestati durante l’Hovermission. Sasha e i partecipanti alla missione furono ammessi al processo, che si svolse a porte chiuse.
Fu con amarezza che Sasha constatò come Huramun avesse ragione circa Derek Thran. Aspettarono fino all’ultimo secondo, ma nessun rappresentante della polizia di Xartha arrivò ad aiutare l’agente. Non mandarono nemmeno un avvocato, così lo xarthar dovette affidarsi ad uno assegnato d’ufficio che, da come parlava, doveva essere un novellino. E a giudicare da come Gazelle lo guardava divertito, si sarebbe potuto scommettere senza perdere un solo bolt sul fatto che c’entrasse la sua famosa lista di contatti.
 
Fu un processo lungo e snervante, rimandato a più riprese, in cui prove e testimoni furono viste ed ascoltati talmente tante volte che alla fine anche l’avvocato più incapace avrebbe potuto rigirare i fatti come meglio credeva, intorpidendo la giuria per imporre l’innocenza del proprio assistito.
Ed in un clima di intorpidimento generale, in quell’aula calda come una fornace, la giuria si pronunciò: tutti colpevoli.
Mentre il presidente di giuria leggeva i verdetti, Huramun sentì un peso scivolargli sul cuore. Alla fine aveva vinto Gazelle: aveva vinto con i suoi soldi, i suoi ricatti ed i suoi contatti.
Perché alla fine il Sindaco di Rilgar fu messo ai domiciliari lì a Marcadia, e lo stesso fu per Zenas mentre a lui furono commissionati sette anni di carcere duro senza condizionale.
Perché alla fine lui aveva dato tanto alla polizia di Xartha, e aveva ricevuto un calcio nel momento del bisogno.
Perché alla fine i suoi ideali di giustizia erano stati fatti brutalmente a pezzi dalla realtà dei fatti.
Perché alla fine, per quanto avesse lottato per non cedere, uscì dall’aula con le mascelle contratte ed un’espressione di rabbia pura che divertì Gazelle. E l’esortazione di Nirmun a non desistere, a non arrendersi alla situazione, l’unica voce che gli giunse al cervello nella confusione del momento, gli fece inumidire gli occhi e provare disprezzo per se stesso e per il mondo corrotto che lo circondava.
 
Perché alla fine, dopo tanta fatica, aveva perso su tutta la linea, tradito dall’unico alleato e lasciato in pasto al nemico come sacrificio per mantenere buoni i rapporti tra i vertici. E questo era quello che più lo minava in profondità.
* * * * * *
Dal giorno in cui fu pronunciato il verdetto, Nirmun Tetraciel smise di correre sull’hoverboard.
Perse anche gran parte della sua verve, soppiantata da un’espressione triste e persa nel vuoto, come se la sua anima fosse stata svuotata. A nulla valsero i tentativi di amici e conoscenti, a nulla valsero le sedute psicologiche. Tutto ciò che l’aveva legata alla Hovermission fu preso e buttato via per non avere crisi isteriche.
Ogni tanto, stesa sulla sua branda nelle ore normalmente dedite al sonno, ci ripensava e concludeva che chiunque si sarebbe accorto che suo fratello non era colpevole, che all’udienza doveva obbligatoriamente presenziare un rappresentante della polizia di Xartha e che il suo avvocato non era all’altezza delle due iene che erano state assegnate a Gazelle e Zenas Dehyper.
Concludeva che, per lontano che fosse, Huramun era tutta la sua famiglia e aveva bisogno di lui. Era inconcepibile che fosse dietro le sbarre al posto di Gazelle e del suo fido corriere, che dietro il paravento degli arresti domiciliari continuavano tranquillamente ad inviare ordini e messaggi.
Concludeva che aveva bisogno di parlare con suo fratello, ma per qualche motivo Sasha non le voleva dire dove fosse rinchiuso.
E allora si ritirava in palestra, davanti ad un sacco da boxe, e non ne aveva più per nessuno finché non aveva sfogato la sua frustrazione.
 
Se Gazelle era convinto di aver chiuso la partita con una vittoria, si sbagliava di grosso. Lo avrebbe raggiunto, prima o poi. Lo avrebbe punito lei per i suoi crimini.
E lo avrebbe fatto in maniera esemplare.

 

   
 
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