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Autore: AnnaBat    20/06/2010    1 recensioni
E se le cose fossero andate diversamente e Lois si fosse avvicinata troppo al segreto di Clark?
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Clark Kent, Lois Lane
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi sistemai la gonna infilata al volo sul retro del taxi dato che la mia auto sembrava più un camion per i traslochi che non un mezzo di trasporto.
Per questo mi ero dovuta rifare ai trasporti pubblici e soprattutto a un camerino improvvisato.
Durante il tragitto avevo dovuto riprendere un paio di volte il conducente che,
fingendo di sistemare lo specchietto retrovisore, mi aveva degnato di più di un’occhiatina
proprio quando avevo sostituito la minuscola maglietta rossa con la camicia rosa di cotone.
Alla mia ramanzina acida come una frustata in piena faccia era dovuto tornare con gli occhi a palla dritti sulla strada.
Poi era stato il turno della gonna e allora mi ero rannicchiata nell’angolo più remoto dietro al suo sedile sperando che almeno stavolta mi avrebbe risparmiata.
No!
Beccai il suo sguardo che mi analizzava con la cura di un gioielliere davanti ad un diamante del quale non è sicuro dell’autenticità.
Era là sbirciava sotto le pelose sopraciglia spioventi e troppo vicine l’una all’altra.
A quel punto avevo fatto passare il braccio oltre il suo sedile stringendogli il collo con l’interno del gomito.
Le sue guance erano diventate rosse scarlatte, la facciona gonfia e tonda.
Faceva fatica a respirare e puzzava di tabacco. Era un fumatore.

-Amico, questa non è una vetrina e qui dietro non c’è niente che tu possa avere quindi ti consiglio di guardare oltre-.
 
Annuì debolmente, con la bocca aperta per prendere fiato. Lo lasciai dandogli un paio di pacche sullo sterno.

-Ora andremmo d’accordo-.
 
Sì, anche perché ero praticamente pronta, mi ero ritrasformata nella Lois Lane giornalista.
Infilai i tacchi alti dodici centimetri, un altezza dolorosa e che portava sacrificio ma che mi serviva assolutamente.

Clark sembrava un gigante senza quelle magiche scarpe, inoltre più di un piede mi aveva lasciato passare dopo che il mio tacco si era fatto avanti.
Erano un’arma più che sfruttabile.

Il luogo della rapina era un vero disastro, se Carlos era convinto di avermi chiamata appena in tempo, si sbagliava.
Le camionette della polizia erano tante quante i mozziconi di sigaretta a terra.
C’era un susseguirsi di lampeggianti, di armi e divise, ma soprattutto… ciò che più odiavo: le transenne.

Ecco, quella però era l’occasione in cui invece i miei trampoli firmati mi sarebbero stati inutili.
Non mi avrebbero nemmeno fatta avvicinare. Mannaggia, dovevo escogitare qualcos’altro.

Un’esplosione. Fumo dalle finestre che erano state tutte serrate da dentro. Qualcosa tremò.

Era il momento di farmi avanti e buttarmi nella mischia, anche perché quella bastarda di Cindy Shepherd stava arrivando
e sapeva usare quei trucchetti quanto me.

Okay, okay. Tacchi inutili, secondo piano?

Mi guardai intorno sbirciando tra le divise tutte uguali, beh forse non erano poi così uguali.

Il viso del poliziotto accanto alla transenna ad est era l’esempio vivente di come una divisa potesse fare la differenza.
Era biondino, capelli sparati al vento. Labbra fini e poca barba.
Giovane, all’incirca poteva avere la mia età, forse addirittura un paio d’anni in meno.
Aveva l’aria da novellino. Lo sguardo ingenuo.

No! Forse i miei tacchi vertiginosi e incredibilmente costosi non erano così inutili.
Cominciai a camminare a falcate, dritta verso di lui.
Era distratto, ascoltava una ricetrasmittente con una certa indecisione.

-Mi scusi agente-.

Mormorai dolcemente, sbattendo le ciglia più che potei.
Fortuna che avevo portato con me proprio la borsa che conteneva quel completo,
la gonna aveva un ampio spacco che mi scopriva quasi tutta la gamba destra.

-Sì?-, rispose ancora immerso nei suoi pensiero. Rigido, fino a che non sollevò gli occhi su di me.

-Posso fare qualcosa, per lei?-.

E dopo gli uomini si lamentavano anche di venire criticati.
Gli uomini sono babbei, vedono una bella gamba scoperta, una voce languida e occhi da cerbiatta e puff!
Anzi, sarebbe servito molto meno per attirare la sua attenzione.

-A dire la verità una cosa ci sarebbe-.
Feci le labbra a cuore, slacciando con noncuranza il primo bottone della camicetta.

-Qualsiasi cosa-.

Aveva già gli occhi di fuori, balbettava e ben presto sarebbe crollato a terra.
Ah! Le forze dell’ordine non erano più quelle di una volta.
Risi dentro di me pensando che sarebbe stato esattamente quello che avrebbe detto papà.

-Vede, io vorrei…-.

-Lois!-.

Sussultai.

Non feci in tempo a terminare la mia frase, sapientemente modulata per dare quel giusto effetto d’ipnosi, che lui, la mia piaga d’Egitto, mi chiamò.
Strinsi i denti, infastidita.
No… incazzata!
Sollevai gli occhi al cielo.
L’effetto era svanito, il superiore di Phil, gli avevo letto il tesserino, lo aveva richiamato a prestare attenzione alle operazioni.

Clark mi prese per il braccio trascinandomi via.
Per poco non barcollai su quei trampoli ma riuscii comunque ad indirizzare una strizzata d’occhio a Phil,
sperando di tornare all’attacco non appena messo al suo posto Clark.

-Si può sapere che diavolo credevi di fare?-.

 Sembrava indignato. Infastidito. Geloso? Improbabile.

-Non criticare i miei metodi. Era tutto quello che avevo, visto che il mio partner si è volatilizzato proprio nel momento di andare in battaglia-.

-Volatilizzato?-.

-Non ho fatto nemmeno in tempo a finire la frase che te n’eri andato lasciandomi lì.
Se hai deciso di volare da solo, vai. Spicca il volo e trovati un tuo nido… la prima pagina è mia e si trova su quel faccino d’angelo-.

Accennai a Phil, che ancora mi osservava di nascosto.

-Lois, sei tu che sei troppo lenta e, sinceramente, credo che dovresti deciderti a cambiar metodo. Tra l’altro… hai la gonna al contrario?-.
Precisò lasciandomi a bocca aperta. Mi guardai. Ah spacco avanti o spacco dietro cosa cambiava.

-Mi sono vestita in macchina!-.

-Sì vede-. Ridacchiò rinfilando la manica della maglietta rossa dentro la mia borsa.

-Ah-ah! Molto simpatico, allora sappi che ho regalato la tua camicia al taxista-.

-Molto carina-. Sorrise. Dolce come solo lui sapeva essere.

La polizia d’un tratto rallentava i ritmi.
Alle mie spalle si sollevò un grande applauso.
Mi voltai di scatto e mi resi conto che la porta della banca era aperta,
ne usciva del fumo grigio ma nessuno aveva fatto irruzione con i fumogeni, non ancora.
Gli ostaggi uscivano tossendo, aggrappandosi l’uno all’altra per sorreggersi.
Uno di loro per aiutarsi spingeva una sedia d’ufficio con le ruote.

-Ma cosa… cosa sta accadendo-.

I poliziotti abbassarono immediatamente le armi, la maggior parte di loro rimise la ricetrasmittente allacciata alla cinta della divisa. Coloro che stavano dal lato più vicino cominciarono a correre incontro alla gente per prestare soccorso.

-La macchia!- gridò una donna dietro le transenne indicando la poltrona da ufficio.
La guardai, perplessa spalancando la bocca quando il suo simbolo marchiato a fuoco sbucò nella mia visuale.

-E’ stato lui-, sorrisi colpendo Clark al petto.
-E’ stato lui, sì!- ripetei entusiasta.

-A quanto pare-, disse solamente con molta meno enfasi di me.

-Nessuno è come la macchia-, mormorai tra le labbra.

-Ha fatto un buon lavoro-, aggiunse con un mezzo sorriso.

-Buon lavoro?-, lo ripresi con la voce di un paio di ottave superiore al normale.
-Io non sono un persecutore di eroi come te, però sì, ha fatto un ottimo lavoro. Nemmeno una vittima-.

Storsi le labbra scimmiottandolo.
-Nessuna vittima, nessuna vittima. Come lo sai tu? Sottuttoio che non sei altro-.

-Dico solo che…-.

Lo interruppi quando mi accorsi di essergli troppo vicina.

-Puzzi di fumo e di bruciato-, mi avvicinai ancora allungando il naso fino a quasi sfiorargli il collo.

-No…-, balbettò imbarazzato arretrando di un passo. Si allargò il colletto della camicia come se gli mancasse l’aria.

-Altrochè se è così-.
Ignorai il suo tentativo di mettere distanza tra noi.

-Hai della polvere sui capelli-.

A quel punto passai le mani sulla sua chioma morbida, scompigliandogliela.

-Il pick-up ha avuto dei problemi al motore, ho dovuto sistemarlo per strada-.

-Clark Kent! Sei sempre il solito!-.

Ci guardammo negli occhi per un istante, lui arrossì. Sospirai e presi il blocco dalla borsa decisa almeno a correre prima di lui ed accaparrarmi quell’articolo. La macchia era mia, e lui lo sapeva. Avrebbe fatto meglio a rimanere qualche passo indietro.
  
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