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Autore: BigMistake    20/06/2010    1 recensioni
Dal Prologo: "Un nano ed un elfo, in groppa allo stesso destriero. Definire tale cosa rara, sarebbe soltanto blasfemia. Eppure successe alla fine della Terza Era, quando la Quarta albeggiava altisonante sulle teste della Terra di Mezzo. [...] Proprio in quel viaggio conobbero, a caro prezzo un popolo nascosto, Gwath - Ombre, venivano chiamate, e si mostravano come spettri nella notte. Mai avevano agito al di fuori delle loro terre, ma i tumulti che avevano scosso Mordor e tutti gli abitanti delle Terre dell’Est, ovviamente le avevano costrette a “cacciare”, se così possiamo definire la loro una caccia, ben oltre il loro piccolo recinto fatto di alberi e oscurità." Sarìin, il bardo racconta una storia agl'avventori di una taverna, i cui protagonisti presero parte alla Compagnia che salvò la Terra di Mezzo da un'imminente fine. Grazie per la vostra attenzione e buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO V: Namarie mellonamin!

Le pareti dall’odore del faggio stringevano in una morsa tiepida il suo corpo e le sue stanze sembravano chiudersi su di lei. Dalla partenza di Aratoamin non si era ripresa. Quei giorni li aveva passati nel mutismo più assoluto, il più delle volte ad evitare la città alta adducendo scuse su i suoi doveri di guaritrice. Legolas la seguiva con l’angoscia di vederla così affranta, non aveva nemmeno più accennato all’episodio poco prima della fuga del suo cavallo lasciando insoluto il rivelare dei loro scalpitanti sentimenti. Quello era il suo modo di lasciarla libera di vivere l’aura di lutto che portava con sé. Spesso vedeva i suoi piedi strusciare sul terreno troppo pesanti per sollevarsi più dello stretto necessario ed ogni giorno vedeva il fuoco della Guaritrice spegnersi, abbandonarsi allo sconforto più tetro. La sua luce stava svanendo, i suoi occhi avevano perso vivacità era come se le avessero strappato la linfa vitale. Il fiore nato durante l’inverno non aveva molte speranze di sopravvivere quando è il fiore stesso a smettere di combattere ed Adamante iniziava ad appassire decretando la vittoria delle catene, la chiusura della gabbia, l’ufficiale dichiarazione della sconfitta contro legislazioni più grandi di lei. C’era una cosa di cui l’elfo non era a conoscenza, il coincidere dell’allontanamento di Aratoamin con una notizia nefasta per la fanciulla a cui non poteva sottrarsi in alcun modo. Alla luce tenue della sera Amarah aveva annunciato alla Guaritrice l’imminente Yavieba | S - Equinozio d’autunno | e con esso la venuta dei signori Variag. Kudrem, valente guerriero dal cuore nero, aveva espresso ulteriormente la sua disponibilità per la Guaritrice per cui nutriva una certa attrazione, rinnovando un patto già avvenuto molti inverni addietro. La Regina aveva sentenziato e Adamante non poteva replicare, visto la ritorsione mossa contro il povero nano. Se non avesse rispettato gli ordini della sua Regina chi ne avrebbe pagato le conseguenze sarebbe stato Gimli e questo non poteva assolutamente permetterlo. Era stata richiamata al dovere verso il suo popolo quando ogni anno si era rifiutata di prenderci parte, di nuovo costretta ad un compito ributtante per chi aveva assaporato il sentimento principe che solo cinque anni prima l’aveva resa un fantasma evanescente.  La piccola Ombra invece conosceva ciò che provocava la fiamma dell’amore, quello vero, capace di sconquassare anni di vita remissiva ed inerte. Lo aveva visto quando per pochi mesi aveva goduto della compagnia del proprio padre, l’unica che poteva dirlo in tutta la Taur en Gwaith | S - Foresta delle Ombre  |.  Con il sopraggiungere del volto di colui che aveva sempre dominato nel suo cuore sentì il letto farsi sempre meno confortevole. Si rigirava continuamente alla ricerca del riposo, attorcigliando le caviglie alle coperte. La sua ansia crebbe quando si accorse che il vero motivo per cui era agitata risiedeva nella piacevole condanna che tormentava i suo pensieri: Legolas non aveva mai abbandonato la mente di Adamante rimanendo sempre sullo sfondo delle sue memorie. Un fardello ulteriore, il pensiero dell’elfo che le aveva rubato il sonno ormai da settimane. Se fosse stata una semplice Amazzone avrebbe preso quelle sensazioni, a loro prettamente sconosciute, come un fuoco fatuo, un moto insolito di bizzarria. Cosa avrebbe pensato di lei finiti i rituali dello  Yavieba? Non meritava le sue attenzioni, non era una pura e candida fanciulla e nella sua vita, nonostante si fosse ribellata il più delle volte, aveva commesso degl’errori che le aveva sporcato anima e corpo, aveva ceduto alle ingiuste leggi del suo popolo quando conosceva benissimo il sapore della libertà provata con il suo devoto padre pronto a mettersi contro un intero esercito pur di estirpare la sua Tirinîr | S – Lacrima Brillante soprannome del padre ad Adamante di cui il nome significa diamante, pietra creduta la Lacrima della Dea Artemis sacra alle Amazzoni | da quel mondo crudele ed ingiusto. Si voltò nuovamente finendo supina con un braccio sopra la testa ed un altro che pendeva dal letto. Doveva levarsi di dosso il senso di oppressione scaturito dalle pareti e che sentiva accanirsi da ogni singolo anfratto della sua prigione dorata. Arresasi all’insonnia sollevò il suo busto protendendo le verso il cielo, si prodigò nel districarsi dall’intreccio delle lenzuola e prese il primo mantello trovato nelle sue stanze, la borsa in cui possedeva tutto il suo mondo ed il suo pugnale. L’aria fredda e umida della notte colpì il viso libero finalmente dalla maschera come uno schiaffo, tagliando con piccoli affondi affilati la pelle della ragazza. Inspirò il profumo dell’autunno che avanzava, la tristezza che emanavano le foglie caduche ai venti del Rhun era la giusta compagnia per un animo tormentato e stanco. Pochi gli anni che visse sulla terra ma molti quelli ancora che aveva da vivere indotta ad un’altra scelta di vita invece che di morte. Le guardie del palazzo percorrevano il perimetro lentamente in circoli di direzione opposta. Adamante salì sui rami dell’albero di fronte alla sua finestra ed aspettò che l’anello di controllo fosse sul punto più esterno per potersi calare e toccare il terreno. Il passo leggero e silente aiutato dalla notte buia priva dei raggi lunari a rischiararla  risultò invisibile ad occhi ed orecchie delle guardie. Adamante non si curò della inconsueta facilità con cui aveva eluso la sorveglianza e prese a dirigersi verso la parte retrostante la Città Alta. Camminava rasente agl’alberi sfruttando le ombre proiettate sul suolo, quando d’un tratto la bella guerriera udì un sibilo proveniente dal basso alla sua destra. Di scatto e senza pensare si voltò in direzione di esso. Da una fessura tra una imponente radice e la terra da cui un tempo traeva nutrimento vide due occhi incavati nella pelle ruvida del nano. Rimasero fissi a guardarsi lui per la sorpresa di trovarla senza occultamento alcuno del viso, lei per l’impulsività del suo gesto di uscire senza adeguata copertura. Il nano boccheggiava di fronte a quell’immagine che aveva stampato nella sua mente, ogni tratto di Adamante si riconduceva in una sola via ben conosciuta. Quando la lingua di Gimli che era quasi del tutto paralizzata riprese a muoversi ne uscì un balbettio sconnesso di ‘Ma’ e ‘Tu’, si era persino dimenticato dei buoni accorgimenti di un cavaliere verso la dama che aveva mostrato tanto buono spirito verso di lui.

“Si io sono quel che vedete!” ribadì la Guaritrice ostentando una sicurezza perduta negl’istanti prima. “Ma deve rimanere un segreto confessato nella notte, mastro nano, o sarà la fine per me!” con passo lento s’avvicinò a quel taglio della terra dove gli occhi di Gimli continuavano a fissarla irretiti.

“Legolas …” riuscì ad articolare mentre Adamante s’inginocchiava per parlare con toni più bassi per evitare che la sua evasione fosse scoperta così come la sua fatidica disattenzione.

“Non lo sa, non mi è concesso mostrarmi a lui!” disse con una nota spezzata nella voce.

“Perché? Non sarebbe quest’aspetto a renderlo più attaccato a voi di quanto non sia!” la ragazza si riscosse come da un torpore durato cento anni. Osservò quel lembo invisibile trasparente che li divideva e smise di respirare. L’incarnato smunto e cereo perse di colore diventando ancor più trasparente. Geldena l’aveva capito prima ancora di Adamante stessa, Raja l’aveva avvertita e persino il nano con cui aveva avuto pochissimi contatti, escluse visite saltuarie fatte di una manciata di minuti per aggiornarlo su Legolas, aveva appreso tale verità.   “Guardate che solo un pazzo o uno stolto avrebbe difficoltà a vedere cosa vi sta succedendo! Per quanto possa essere profondo il vostro senso di giustizia nessuno si esporrebbe così con uno sconosciuto se non fosse un’anima gemella! E per tutti le orecchie a punta! Eccome se lo siete! Ne ho avuto conferma proprio ora!” rispose il nano lanciando un pugno a fendere l’aria per dar conferma alle sue strampalate teorie. Adamante cominciò a vagare con lo sguardo nel vuoto, gli arti inferiori tremarono costringendola a voltarsi e posare la schiena contro il tronco accanto all’apertura dove Gimli continuava a guardarla.

“Se lo ritenete così evidente, vuol dire che sono morta!” bisbigliò al vento mentre le gambe si distesero inerti davanti alla sua persona. Il nano, seppur non comprendendo la ragione per tale affermazione, non se la sentì di contraddire la ragazza. Aveva imparato a sue spese quanto fossero irrazionali e privi di significato i comportamenti delle Ombre. Tutto tacque se non per il rumore del respiro appesantito del Portatore della Ciocca, il quale era incerto sul da farsi. Da giorni si arrovellava il cervello nella speranza di trovare una via di fuga da quella prigione, cercando qualche falla nel sistema di sorveglianza che purtroppo non presentava la minima imperfezione. Mentre rimuginava ancora sul da farsi un borbottio imbarazzante lo colse impreparato. Adamante scostò finalmente il volto per poter osservare meglio il nano che si massaggiava lo stomaco vuoto. Il cibo che gli passavano non era mai sufficiente a saziarlo ed ovviamente non era molto di suo gradimento il rancio quotidiano concesso ai prigionieri.

“Avete fame, mastro nano?” Gimli cominciò a borbottare sconnesso per poi alzare un po’ i toni, fornendo alla ragazza un po’ di allegria.

“Cosa? Che non si dica mai che un nano non possa sopportare gli stenti! Siamo creature tenaci e resistenti! Piuttosto pensate a rifocillarvi voi che siete tutta pelle ed ossa!” cominciò ad agitare le mani quasi a cacciare degl’insetti dal viso, per poi voltarlo con un gesto sprezzante ed un’espressione buffa che strappò una risata leggera sull’orlo dell’isteria alla ragazza. Scosse la testa lasciando ricadere i capelli rilucenti sul petto, rovistando nella borsa alla ricerca di un misterioso incarto.

“Quindi se non siete affamato non vi interessa questa carne secca che mi hanno donato stamane come pegno per i miei servigi?” la voce languida ed invitante era al pari del piccolo fagotto incartato dalle foglie di fico. L’intenso olezzo di maiale e sale gremì lo stomaco del nano che reagì alla domanda con un gorgoglio più forte e pronunciato. La ragazza allungò il pacchetto davanti alla fessura continuando a fissare con la coda dell’occhio il fagottino ancora tra le sue mani e poté percepire il deglutire dell’acquolina del nano, il quale stava per cedere al quell’orgoglio di razza così simpatico.

“Ahhh!” gridò sconfitto dal gioco d’astuzia di Adamante “Non si dica nemmeno che venga sprecato del buon cibo! Avanti, passatemi quella carne secca che non gradite per voi!”

“È solo per evitare lo spreco giusto?” accennò con fare sarcastico Adamante verso il nano mentre passava l’incarto attraverso l’apertura.

“Certo, mia signora! Io potrei resistere giorni, se non settimane senza cibo e acqua! Sono un discendente di Durin, per tutte le cave di Mithril! Non sono il principino con le orecchie a punta!” accennò addentando un pezzo di carne e, mentre masticava ancora, s’accorse di aver appena preso una cantonata.“Senza offesa, mia signora!” si riprese dall’evidente inciampo linguistico in cui era incappato.

“Nessuna offesa, nano!” quello scambio di battute aveva per un po’ distratto Adamante, ma il ricordo del suo fido destriero scappato ritornò impetuoso quando i suoi occhi si posarono su di una porzione della radura visibile dalla sua posizione, scenario del fatto avvenuto soltanto i due dì antecedenti a quella notte priva di luce. Il nano s’accorse dell’improvviso cambiamento d’umore della ragazza. Si sporse, per quanto la sua statura esigua glielo permettesse, e notò una piccola goccia di rugiada scendere lenta ed inesorabile sulla gota lattea.

“Ho assistito alla scena con il vostro destriero, mi dispiace per voi!” nonstante l'evidente dimostrazione di indulgenza, sbuffò incontenibile visto quella capacità insita della ragazza di spingerlo a compassione facendolo diventare incline ai sentimentalismi.

“Almeno ora uno dei due può godere della libertà! È una consolazione, seppur magra!” accennò ad un sorriso alquanto poco convincente visto che ancora lo stomaco del nano parve rimestarsi per la tenerezza che gli stava estorcendo.

“Sentite, so che potrà sembrare stupido, probabilmente non è poi così lontano da una definizione tale, però dovreste salutarlo!  Mi spiego meglio: è come se non l’avete lasciato andare veramente, quando avete detto che uno dei due può godere della libertà non sembravate persuasa dalle vostre stesse parole …” certo sentire parlare di sentimenti un nano poteva solo donare una profonda perplessità alla  Guaritrice che era rimasta basita dal tentativo di consolazione di Gimli. “… andate in un posto che ve lo ricorda e ditegli addio! Così alleviereste almeno una parte dei vostri tormenti!”

“Non  pensavo che i nani fossero così esperti di emozioni! Devo ammettere che ribaltate molte mie convinzioni, mastro Gimli!” era la prima volta che Adamante chiamava il nano con il suo nome il quale rispose con il viso in fiamme e brontolii sommessi, a mascherare una sorta di piacevole imbarazzo. “Vi ringrazio per la vostra gentilezza e per avermi ascoltata!” fu allora che il nano perse ogni barriera, quando con voce soffusa la ragazza aveva espresso tutta la sua gratitudine.

“Non è stato un peso, mia signora!” affermò con decisione.

“Credo che seguirò il vostro prezioso suggerimento!” si rialzò lesta per poi inginocchiarsi di nuovo sulla fenditura rivolgendosi ancora a Gimli che la osservava dall’oscurità “Quel du, san’ ! | S – Buona notte, allora! |” disse poi per risollevarsi eretta.

“Quel du, san’  anche a voi, qualsiasi cosa significhi!” borbottò con la folta barba a fare da barriera visiva agl’angoli della bocca sollevati verso il soffitto soprattutto quando la ragazza rise tra le labbra, coprendo con le affusolate dita la bocca purpurea. Adamante si sentiva stranamente rinvigorita dopo la conversazione con il nano, tanto che decise di inoltrare la notte stessa il proposito fatto nell'assecondare il consiglio dell' Amico degl'elfi. Superò abilmente i diversi controlli fino ad accedere alle stalle reali. Quello era il luogo dove per la prima volta Aratoamin le aveva permesso di avvicinarsi, da quando era stato acquistato non voleva saperne in alcun modo di guardare anche solo una delle Amazzoni. Rinchiuso in poco più che un metro quadro, scalciava come un forsennato cercando di abbattere le pareti costringenti. Adamante aveva poche cose del padre che custodiva gelosamente come fossero un tesoro prezioso tra cui un diario dove aveva annotato i suoi giorni presso Taur en Gwaith. Era attraverso quest’ultimo che aveva imparato la lingua dell’elfi e la Guaritrice ogni sera lo rileggeva quasi fosse un rituale per rievocare il ricordo dell’affetto strappato dal suo petto. Da quando il cavallo era arrivato a palazzo lei, si metteva in un angolo poco fuori la staccionata che serrava l’irrequieto destriero al sicuro. La voce di Adamante risuonava in tutta stalla mentre sussurrava gli antichi canti appuntati dalla mano del suo amato padre. Un giorno, durante questa abitudinaria consuetudine, sentì il suo respiro riverberarsi sul collo diventando definitivamente inseparabili. Quel quadrato fatto di legname e fieno era desolato senza la sua piccola ma ingombrante presenza. Tolse il fermo che apriva la staccionata ed entrò in esso carezzando con la punta delle dita le mura segnate. “Quante volte hai desiderato poterti liberare di queste pareti, amico mio. Erano per te un ingiusto fardello, mai mansueto come i tuoi fratelli, mai pronto ed attento se non ne avevi voglia. Odiavi i dettami di una vita in schiavitù per questo ci siamo trovati. Ora puoi correre, Aratoamin, puoi correre quando vuoi, puoi essere libero fallo anche per me!” Adamante si soffermò a guardare la foraggiera al lato mezza vuota. Presto un altro cavallo avrebbe preso il suo posto e quel fieno sarebbe diventato il suo pasto dopo aver subito le vessazioni dei propri padroni. Le venature lignee erano incise in più parte dagli zoccoli molesti e violenti del suo amico, ne assaporava con il tatto ogni piccola increspatura, ogni singola sfumatura. I polpastrelli avvertirono una mezzaluna più profonda delle altre, un intacco appena scolpito nel legno massello della stalla. Era l’ultimo colpo di Aratoamin ed a lui rivolse il suo saluto. “Aa' lasser en lle coia orn n' omenta gurtha, Aratoamin, amin estela ta nauva anlema … | S - Che le foglie del tuo albero della Vita mai appassiscano, Aratoamin, Spero che sarà un lungo viaggio … |” calde lacrime splendenti, abbellivano il volto pallido di Adamante, ma non tristi, felici perché aveva finalmente raggiunto la consapevolezza di quanto sarebbe stato meglio lontano dalle loro terre.  Aveva ragione il nano quando affermava che si sarebbe sentita sollevata nel salutare il suo Aratoamin ormai pronto a vivere per entrambi. Le sue mani lavarono le gote dal sapore salino irrorato dall’autunno dei suoi occhi “Namarie mellonamin! | S – Addio amico mio!  | ” portò le mani alla bocca come se prendesse le proprie parole con le dita, uno spiffero mosse l’aria attorno ad esse e muto trasportò il saluto di Adamante al suo spirito. Iniziò ad intonare un canto d’addio insegnatole dal padre e nell’assoluto silenzio della stalla le parve sentire un nitrito di Aratoamin, come ricordo riaffiorato di quando la sua voce faceva compagnia all’equino nei momenti di sconforto. Uno scrocchiare di sterpaglia però non era frutto dell’immaginazione, quindi non era l’unica a non giacere nella notte e accogliere il meritato riposo. Come un predatore percepisce un pericolo i muscoli della Guaritrice s’irrigidirono, pronti a scattare per difendersi.

“Il vostro canto era superlativo, Aratoamin avrà sicuramente apprezzato …” disse una voce che non riconobbe immediatamente dato lo stato confusionale in cui versava per le troppe emozioni vissute. Dallo stivale estrasse il pugnale e lo puntò verso il poco gradito ospite che stava irrompendo nei suoi pensieri. Il braccio teso gli occhi sgranati quando le iridi cerulee dell’elfo si distinsero nell’oscurità della stalla. Entrambi rimasero immobili come un masso incagliato colpito dall’irruenza del fiume, due statue ferme a riconoscersi per la prima volta come appartenenti alla stessa cava, due cuori in tumulto, due anime vicendevoli che non aspettavano altro che trovare spazio per vivere la loro esistenza. Legolas ora poteva ammirare la vera bellezza di Adamante: la bocca rosea socchiusa ed il respiro affannato per l’evidente sorpresa, un aspetto etereo e silvano caratterizzava quell’incantevole volto dai lineamenti delicati palesati dello splendore del suo incarnato quasi rilucente, i lunghi capelli castano dorati in parte sciolti a carezzare la schiena erano intrecciati all’indietro fino alla parte posteriore della testa lasciando scoperte le orecchie la cui forma sembrava quella di una foglia allungata. Quelle erano le stesse fattezze del popolo benedetto da Ilúvatar, la stirpe dei priminati giaceva in lei come in Legolas. “La mia vista non si sta ingannando …” sussurrò l’elfo guardando ancora quei tratti raffinati illuminati dalla splendore degl’Eldar. L'elfo era sicuro di poter affermare che nei suoi secoli passati non aveva mai avuto modo di dirsi veramente disorientato come allora.

“Sarà meglio che i vostri occhi credano ad un inganno! Fingiate che sia un sogno, questo non doveva accadere!” fredda ed aspra era la replica della Guaritrice. Quando le sue palpebre non avevano chiuso la mente alla notte sapeva che qualcosa l’avrebbe guidata al disonore degl’ordini. L’elfo, di suo canto, non riusciva a spiegarsi come non aveva fatto  a capirlo prima. Troppi segni gli avrebbero dovuto indicare il segreto di Adamante, troppe le sensazioni affini a quella diversa Amazzone che tormentava l’antico pensiero di un discendente dei Sindar. Il suo parlato sciolto e fluido, l’animo gentile, la sua cavalcata sbrogliata persino il pugnale ancora puntato al suo petto, fino ad allora ritenuto da lui un semplice bottino di guerra,  era una prova delle origini di Adamante forgiato dalle mani sofisticate degl’elfi e dalla lama bianca la quale riportava un’iscrizione di nota provenienza:

Nimril aen estar goth en gothamin | S – Nimril sono chiamata nemico del mio nemico |

Un elfo del suo Reame, amico di vecchia data, possedeva quell’arma in passato: Helluin, luminoso astro argenteo della notte, scomparso durante un’esplorazione quando l’ombra dell’Oscuro Signore aveva iniziato la sua avanzata e la mente dello Stregone Bianco era stata avvelenata.

“Da dove avete preso questo pugnale? E badate che non ritirerò la mia domanda!” disse perentorio verso la ragazza che a quel punto intensificò la stretta sull’impugnatura mostrando sul volto una maschera truce ed adirata.

“Questo non vi riguarda elfo!” esclamò sprezzante.

“Mi dovete delle risposte Guaritrice, quest’arma apparteneva ad un mio amico, come ne siete venuta in possesso?” Adamante si morse furiosamente il labbro cercando con il dolore fisico di mascherare quello del cuore. La lama bianca risplendeva al tocco della flebile luce della lampada ad olio accesa in un angolo, quando ruotando il polso cercò di riprendere la forza e non mostrarsi debole.

“Io non vi devo niente, la mia posizione e la mia vita sono a rischio a causa vostra!” sibilò verso Legolas immobilizzato sotto la minaccia incombente della punta.

“No voi mi dovete molto!” esclamò Legolas cercando di controllare la sua voce. “Vi siete presa la mia lucidità …” la fanciulla mostrò un primo segno di cedimento allargando le dita sull’impugnatura dell’arma “… la mia pazienza …” l'elfo avanzò di un passo vedendo i muscoli del volto rilassarsi e i denti smettere di tagliare con insistenza la bocca arrossata “ … la mia mente …” alzò il braccio avvicinandosi di più alla ragazza e con esso allontanò il pugnale dalla sua persona. Adamante non resistette, rimase immobile fissa negl’occhi di lui con un costante martellio che batteva prepotente sul costato quasi volesse sfondarlo, soprattutto quando Legolas ad un passo da lei aveva afferrato la mano libera per posarla sul petto “ … il mio cuore! Quindi come vedete avete molto da rendermi!” il pugnale tintinnò argentino a contatto con il pavimento come lo sguardo della fanciulla che cadde al suolo. Le mani di Legolas erano impazienti e tremanti a contatto con la mascella di velluto mentre sollevava quel viso splendido e privato di ogni occultazione alla sua bellezza. Lo studiò in ogni particolare dalla curva della fronte, ai grandi e profondi occhi castani, unica cosa a renderla dissimile dalla sua razza, seguendo il profilo del naso fino ai due petali vermigli che disegnavano le labbra. “Vanimle sila tiri, Adamante! | S – La tua bellezza risplende intensamente, Adamante! |”

“Perché mi state facendo questo? Perché mi state aprendo i vostri sentimenti? Non capite che a me non è concesso, non posso amare ed essere amata, non posso dirvi che siete il mio primo pensiero al canto dell’allodola e l’ultimo al crepuscolo, non posso confessarvi quanto ogni giorno che s’avvicina al Yavieba io mi senta morire, non posso confessarmi le mie vere origini! Perché mi state inducendo a tutto questo? Perché volete sapere a tutti costi cosa si cela nel mio passato? Perché non uscite dalla mia testa e dal mio petto? Mankoi? | S – Perché? | ” la parole accorate di Adamante erano semplici sussurri ma a quella distanza apparivano come urla.

“Non riesco a spiegarlo neanche a me stesso, mia piccola Guaritrice, so solo che da quando vi ho incontrato il mondo ha cambiato il suo moto, ogni cosa che pensavo importante ha perso significato di fronte alla vostra incolumità, tutto si è fatto irrazionale e sconsiderato!” Legolas non si trattenne prese ardentemente le mani della ragazza e le strinse al suo petto possessivo, trattenendola dall’andarsene “Amin naalle Adamante! | S – Sono tuo Adamante! | ”

“Amin naasen Legolas! | S – Sono [di] loro Legolas! |” rispose abbattendosi la Guaritrice, con una vena scoraggiata a fare da padrona. L’elfo serrò la mandibola infuriato emettendo uno schiocco secco. Quella era una triste verità d’affrontare: purtroppo Adamante apparteneva ancora a quel popolo dalle assurde regole.

“Fuggiremo insieme, melamin | S – amore mio |!” passò con il dorso della mano sulle gote lievemente rosate rimanendo allibito dal bisogno di sentirla vicino di poterla afferrare liberamente e tenerla a sé senza alcun timore alcuno. La ragazza chinò la testa accogliendo quella dolce carezza ed il cuore dell'elfo schizzò vedendosi assecondato. Si appartenevano sin da quel giorno in cui la prima volta i loro occhi si erano scontrati nel buio.

“Sut? | S – Come? | ”  sarebbe stata una lotta estenuante, forse la più dura da affrontare. Da soli conto un intero popolo. Legolas chiuse le palpebre e con delicatezza posò la sua fronte su quella della fanciulla, accostando l’esile corpo di lei al suo. Da quella posizione sentì la fanciulla scossa da deboli tremiti dovuti all’emozione, un misto di paura e gioia che anche lui sentiva scorrere forte nelle sue vene. Solo ora, con Adamante tra le braccia, si poteva dire completo. 

“Troveremo una soluzione, insieme mia piccola Guaritrice!” seguì la tacita promessa di non abbandonarsi firmata dalle labbra che si abbandonarono le une alle altre dolcemente come una brezza marina in una calda giornata estiva. I loro respiri congiunti in un unico alito di vita, creavano un amore più grande del tempo e dello spazio, due anime nate per essere unite nell’eternità. Quando si distaccarono Legolas vide negl’occhi di Adamante una nuova luce, la più vivida ed intensa che avesse mai visto in nessuno della sua specie, una nuova speranza era nata, alimentata dal fatto che per quanto impervia la via l’avrebbero percorsa in compagnia l’uno dell’altra.

“Credo che sia giunta l’ora di spiegarvi il mio passato e le mie origini!” disse con un sorriso la Guaritrice.

“Non è necessario ora …” prima che potesse finire la frase un dito della ragazza si andò a posare sulla bocca dell’elfo intimandogli il silenzio.

“Invece è necessario dovete sapere, perché tutto è collegato alla vostra presenza nelle nostre terre! E poi …” esitò un momento cercando con un soffio il coraggio per continuare “ … è giusto che voi sappiate tutto prima di decidere di avermi al vostro fianco!” all’elfo sembrarono assurde quelle parole, aveva visto Adamante l’aveva conosciuta nel profondo niente poteva macchiare la sua persona. “Ti prego …” quell’uso improvviso dei toni confidenziali erano segno che anche la fanciulla si era arresa all’evidenza, abbandonandosi ai propri sentimenti. “ … torna ai tuoi alloggi ed attendi il mio arrivo! Busserò alla tua porta per tre volte, così saprai che sono io!”

“Tu dove andrai?” chiese preoccupato.

“Io devo prendere una cosa dalle mie stanze, poi sarò subito da te! Ora sarà meglio andare prima che il favore della notte smetta di assisterci!” Si mossero più silenziosi del battito d’ali di una farfalla, agili come felini giungendo al palazzo dove si dovevano dividere.

 “Cormamin niuve tenna' ta elea lle au'! | S – Il mio cuore dormirà fino a che non ti rivedrà ancora!|” un bacio  a fior di labbra, una ripromessa di quanto appena detto.

“Tenna' ento lye omenta, Legolas! | S – Fino a che non ci rivedremo di nuovo, Legolas! |"

“Tenna' san'! | S – Fino ad allora!| ” ” confermò alla Guaritrice con un tenero sorriso. Si scambiarono ancora un po’ di effusioni al riparo da sguardi ed orecchie indiscreti. Avevano atteso troppo nel dichiararsi che ora non avrebbero voluto mai più separarsi.

“Devo andare …” sospirò Adamante restia a congedarsi ma con la gioia di ricongiungersi in un momento successivo. Legolas lasciò le sue mani e si arrampicò lungo la parete nodosa del palazzo lasciando la sua amata percorrere il sentiero opposto.

Preparatevi or dunque, miei signori, a conoscere la vera storia della Guaritrice. Le barriere sono state infrante e il potere dell’amore è stato sprigionato. L’elfo è trepidante ed impaziente, Adamante è definitivamente pronta a rivelarsi contro ogni ostilità, ma quello che non sapevano è che l’Ombra rema sempre nascosta nella via avversa.

 

Note dell'autrice: Saaalve salvino! Eccoci giunto ad un momento cruciale da qui in poi basta convenevoli Legolas ed Adamante sono innamorati e combatteranno per far trionfare questo sentimento (già sono una romanticona!).  Comunque nel prossimo sapremo la storia della nostra beniamina. Sorpresi? Adamante è un mezzelfo!!! Già! Per questo callial le aveva detto di non mostrarsi insomma LEgolas era attratto da lei così figuriamoci ora che sa di essere due anime affini.  Allora c'è da precisare una cosa: gli elfi, e quindi presumo anche i mezzelfi nati da un uomo+elfo, hanno la crescita rallentata (corregetemi se dico un'inesattezza) tanto che raggiungono la piena maturità tra i 50 ed i 100 anni tant'è che anche il loro aspetto esteriore dimostra un'età inferiore a quella anagrafica (tipo dimostrano 3 anni quando ne hanno 7).  E qui iniziano i miei ragionamenti fatti per far combaciare gli avvenimenti del mio scritto:questo per me vale e non vale per i mezz'elfi ovvero avranno si uno sviluppo rallentato ma, a mio parere,  l'influenza potrebbe condizionare la crescita di tali creature. Riportandolo nella nostra storia: Adamante ha 25 anni circa (alla fine di tutto sto costruendo un annale dove spiego tutti gli avvenimenti della storia in modo che abbiate una sorta di riassunto classificato di tutto ciò che succederà) ma ne dimostra sulla ventina. In realtà se avesse vissuto con il padre dovrebbe essere poco più che un adolescente in via di sviluppo ed invece avendo sempre vissuto in un ambiente umano ed ostile si trova a crescere quasi come sua madre. Un altro aspetto importante è quello che nonostante l'immortalità gli elfi possono morire in due modi: o se feriti mortalmente o se colti da un profondo dolore. In questo secondo caso si lasciano appassire in un certo qual modo ed alla fine muoiono. In Adamante sta succedendo una sorta di cosa simile, non vivendo bene tra le Amazzoni e colta da due profondi dolori di cui ne sapremo di più nel prossimo capitolo si lascia praticamente andare rincuorata solo dalla gente che aiuta. Anche questo ha contribuito alla crescita accelerata della mia Adamante o almeno alle giustificazioni che ho posto per far combaciare il tutto. Per concludere la mia elocubrazione finale vi dico che a livello mentale invece gli elfi sono molto più precoci degli uomini: nel primo anno di vita impararo a parlare camminare e leggere. Questa info sarà utile per dopo. Spero di aver chiarificato il mio punto di vista volto solo allo studio di uno dei popoli più affascinati creati da Tolkien (oddio esiste un popolo non affascinante creato dal professore?)

Purtroppo al capitolino scorso non ci sono state recensioni quindi non ho rispostine da dare ^^ però se volete comunque commentarlo non ci sono problemi! ^_^

Ovviamente vi ringrazio sempre e comunque per la vostra pazienza e per il vostro supporto anche solo leggendo silenziosamente la mia storia! Spero che continui a piacervi!

A presto ed un bacio!

Vostra Mally!!!

   
 
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