The White House
giovedì 21 dicembre
Aaahwn.
Che
sonno.
Il
mio primo desiderio stamattina è quello di cambiare posizione nel letto,
fregarmene della scuola e dormire per, vediamo, un altro giorno o due.
Il
primo desiderio di Theresa, stamattina, è quello di impedirmi di realizzare i
miei piani.
Entra
in camera con tutta la grazia di un mammut che scivola sui ghiacci primordiali
e spalanca le tende della porta finestra, sapete, come nei film. Anche se in
realtà il risultato è ben diverso, visto la luminosità del sole alle sette di
un mattino di dicembre.
“Lucrezia,
muoviti! Sono già le sette e cinque, devi ancora lavarti, vestirti, fare
colazione… Perciò alzati!” dice d’un fiato.
“Mmm”
è la mia risposta. Abbiate pazienza, quanto loquaci si può essere a un ora così
indecente?
“Ora!”
esclama.
“Sì,
ho capito! Ora mi alzo!” dice la mia bocca, che evidentemente non ha consultato
gli arti inferiori prima di parlare. Le mie gambe non hanno alcuna intenzione
di lavorare, oggi. Dai, che è l’ultimo
giorno, le incoraggia la mia testa.
Quando
finalmente riesco a mettere d’accordo tutti i componenti del mio corpo, mi
dirigo verso il bagno.
Questa
è un’altra delle cose che sono cambiate da quando siamo qui, la colazione.
Quando stavamo nella vecchia casa, a Mellin Street, il primo percorso
mattiniero era: letto-cucina. Adesso, anche se nessuno mi obbliga, preferisco
fare colazione con un aspetto presentabile piuttosto che arrivare in sala e
mangiare i miei brownies indossando un poco dignitoso pigiamino color lilla
davanti alle decine di persone che popolano la Casa Bianca.
Insomma,
cerco di conservare quel po’ di decoro che mi resta.
Quando
arrivo in sala, papà è già lì che legge il giornale, prende appunti e beve il
caffelatte bollente. Decisamente non ho preso da lui. Per me già camminare e
pensare allo stesso tempo è complicato…
Alza
lo sguardo verso di me e mi sorride “Buongiorno, tesoro. Pronta per l’ultimo
giorno di scuola?”
“Davanti
alla morte non si è mai preparati” sospiro sedendomi accanto a lui.
Ridacchia.
“Vedrai che andrà bene! Non farete nulla, di che ti preoccupi?”
Caro
papà, penso, va bene che andiamo d’accordo, ma non ti aspetterai mica che ti
racconto che il motivo per cui non ho voglia di andare a scuola è che oggi
David McGroenig, il famoso ragazzo più grande per cui mi sono presa una cotta,
deve “parlarmi di una cosa” che mi riguarda. Tanto so già cosa deve dirmi. Ha
scoperto di piacermi e vuole chiedermi se per favore posso non dirlo a nessuno
perché si vergogna.
Che
bello. Non vedo l’ora. Fare la figura della cretina è il sogno di chiunque, no?
Ecco,
mi è anche passata la fame.
Getto
uno sguardo ai brownies al cioccolato ancora caldi. Bè, dai, non sono depressa
fino a questo punto!, penso afferrando un biscotto.
Con
i brownies si affronta tutto. Anche un giorno di scuola.
***
Illusa.
Come
ho potuto riporre tutta la mia sicurezza in un biscotto?
Scendo
dalla macchina esattamente davanti al portone della scuola, e tutti si girano a
guardarmi. Che palle. Odio essere osservata senza motivo.
Mi
sto avviando all’interno dell’edificio, quando sento una voce familiare.
“Luz!
Luz, aspettami!”
Mi
volto.
Mary,
la mia migliore amica, corre verso di me come se fossi fatta di un milione di
dollari in contanti. Mi travolge con uno dei suoi abbracci, e per poco non mi
butta a terra.
Fantastico,
Mary. Anch’io ti voglio bene.
Mary
è il mio esatto contrario. Insomma, lei è la tipica ragazza americana. Bionda,
occhi grigio-azzurri, piccolina e cheerleader.
Mi
sorride radiosa, per un motivo a me sconosciuto.
“Mary,
perché fai quella faccia? È successo qualcosa di bello?” chiedo.
“Cosa?
No, no… allora, oggi vedi David?” dice, sempre con quel sorriso da beota
stampato sulla faccia.
“Bè,
sì. Purtroppo.”
Il
sorriso scompare. “Ma che dici?” Ora mi guarda come se fossi un ragno. Lei odia
i ragni. “Gli vai dietro da una vita e adesso ti lamenti perché hai
un’occasione per parlargli?”
“è
l’argomento che mi preoccupa” dico sconsolata.
Mary
alza gli occhi al cielo. “Sei impossibile! Non ti va mai bene niente!”
“Luz,
Mary! Ehi!”
Mi
volto, ma so già chi mi sta chiamando. Mio cugino ci raggiunge, facendo voltare
parecchie teste femminili al suo passaggio. La verità è che mio cugino è un
gran bel ragazzo. Alto, riccio, capelli scuri, occhi verdi. Forse perché è
italiano, di Napoli. Bè, in effetti non è proprio mio cugino. Diciamo che è il
figlio della fidanzata del fratello di mio padre. Quindi non siamo parenti, ma
è il mio migliore amico con Mary.
“Ciao
Matt” dico. Si chiama Mattia, ma dopo che tutti gli americani qui lo chiamavano
‘Meittaiei’, ha optato per il diminutivo. Saggia scelta. So cosa vuol dire
essere chiamata Liucressi.
“Ehi
ragazze!” dice appoggiando le braccia sulle nostre spalle “Pronte per le
vacanze?”
“Ceeerto”
dico ironica. “Carissimo cugino, ti devo ricordare che ci aspettano ben due
cerimonie di gala settimana prossima?” Anche mio zio è un politico, quindi alla
maggior parte delle cerimonie andiamo insieme. Con Matt, dico. Non con mio zio.
“Non
farla così tragica, ci divertiremo come sempre!”
“Sempre
quando? In un’altra vita, forse” sbuffo.
“Lasciamo
perdere… quando ti svegli con la luna storta è inutile parlare con te!”
Svegliarsi?
E chi si è svegliato?
“E
tu, Mary? Che fai?” domanda ancora mio cugino.
“Bahamas,
ragazzi. Papà deve inaugurare un nuovo punto di vendita, e ci scappa la
vacanza” sorride soddisfatta.
La
campana suona. Matt ha un anno più di noi, e la sua aula è dalla parte opposta
della nostra.
“A
dopo ragazze!” ci saluta.
Mary
lo osserva sognante. “Eh però… se non avessi già un ragazzo…”
La
guardo sconvolta.
Ossantocielo.
Questa
giornata è un casino.
***
All’intervallo,
decido di restare in classe. David potrebbe vedermi, è meglio se sto nascosta.
“Lucrezia
Nina Davies, alzati immediatamente da quella sedia!” mi ordina Mary perentoria.
“Neanche
per idea. Qui sto al sicuro.”
“Luz,
cosa credi che ti possa succedere? Da quanto ho capito, David deve parlarti,
non eliminarti!”
“Potrebbe
essere sottinteso. Mary, non voglio sapere cosa deve dirmi.”
“Sei
incredibile!” esclama. “Adesso vieni con me!” non faccio in tempo a rendermi
conto di quello che ha detto, che già mi ritrovo in mezzo al corridoio,
trascinata per un braccio. Fuori ci aspetta mio cugino.
“Ragazze,
tutto bene?”
“Certo.
Piuttosto, aiutami a portare questa benedetta ragazza da David McGroenig!” dice
Mary.
“Perché
la devi portare da quello lì?” chiede Matt sorpreso. E non sembra neanche tanto
contento. Okay, la verità è che Matt e David si detestano.
“Perché
lui le deve parlare, e lei, che ha una cotta per lui da anni, non ne vuole
sapere”
“Cosa?”
chiede mio cugino con un tono abbastanza… bè… non gentile, diciamo. “Luz, non
sapevo ti piacesse quello”.
“No,
infatti, non è che proprio mi piace, insomma, sì, è carino, ma…”
“Okay,
okay, ho capito. Lasciamo perdere. Luz, un consiglio, la prossima volta scegli
meglio.”
Lo
sapevo.
Lo
sapevo che si sarebbe arrabbiato. Per questo non gliel’ho mai detto.
“Grazie
tante, Mary”
“Cavoli,
Luz, ma io che ne so che non gliel’avevi detto!”
“Ma…
Non importa, lascia perdere.”
Mi
guarda con aria triste. “Mi dispiace, Luz. Davvero. E visto che ti ho già
rovinato la giornata, non posso fare altro che farmi perdonare.”
La
guardo sospettosa. “E che intendi fare?”
Lei
sorride. “Ti porto da David, ovvio!” e inizia a trascinarmi per il corridoio.
“No,
no, aspetta, non c’è bisogno Mary, sei già perdonata, davvero! Non devi…”
Mi
interrompo.
Non
di proposito. Avrei continuato, se non fossi andata a sbattere contro qualcuno
cadendo a terra.
Tutti
i miei libri sono sparsi a terra, e il sedere mi fa un male cane.
“Scusa,
Lucy! Non ti avevo vista! Aspetta, ti aiuto a rialzarti” dice una voce.
Alzo
la testa e vedo David McGroenig che mi tende una mano.
Non
c’è che dire, Mary sa proprio come farsi perdonare.
“Ah,
io… no, è colpa mia”
Ringrazio
mentalmente Dio per avermi dato una pelle scura. Altrimenti, in questo momento
sarei viola dalla vergogna.
“Ti
aiuto a raccogliere i libri” dice David chinandosi.
“Ah…Grazie”
“Senti,
Lucy, dovrei parlarti di una cosa” dice abbassando una cosa.
Oddio,
no, ti prego. Non in mezzo al corridoio.
“Sei
libera stasera?” chiede.
Blackout
totale nel mio cervello.
“Cos..
ah, io, veramente… c’è la festa di Natale della scuola, no?”
“Si,
lo so, e volevo chiederti se ti andrebbe di andarci con me.”
Non
è possibile.
Assolutamente
no.
Perché
lo chiede a una sfigata come me quando ci sono ragazze come Chelsea Livington
in giro per la scuola?
“Io…
Bè… Sì, insomma, mi farebbe piacere” sento rispondermi.
“Perfetto.
Ti passo a prendere alle otto?”
Certo.
Mi immagino David che entra alla Casa Bianca dicendo Scusate, devo uscire con
la figlia del presidente.
“Ah,
senti… penso che sarebbe un po’ problematico… forse è meglio se ci vediamo
direttamente qui” propongo.
“Già,
hai ragione. Allora a stasera!” mi sorride.
Che
carino che è. Potrei sciogliermi.
“Sì,
a stasera” dico.
Lui
si volta e se ne va.
Io
mi volto e per poco non svengo.
Ho
un appuntamento con David.
Stasera.
Ommioddio!
***