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Autore: BigMistake    21/06/2010    1 recensioni
Dal Prologo: "Un nano ed un elfo, in groppa allo stesso destriero. Definire tale cosa rara, sarebbe soltanto blasfemia. Eppure successe alla fine della Terza Era, quando la Quarta albeggiava altisonante sulle teste della Terra di Mezzo. [...] Proprio in quel viaggio conobbero, a caro prezzo un popolo nascosto, Gwath - Ombre, venivano chiamate, e si mostravano come spettri nella notte. Mai avevano agito al di fuori delle loro terre, ma i tumulti che avevano scosso Mordor e tutti gli abitanti delle Terre dell’Est, ovviamente le avevano costrette a “cacciare”, se così possiamo definire la loro una caccia, ben oltre il loro piccolo recinto fatto di alberi e oscurità." Sarìin, il bardo racconta una storia agl'avventori di una taverna, i cui protagonisti presero parte alla Compagnia che salvò la Terra di Mezzo da un'imminente fine. Grazie per la vostra attenzione e buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO VI: Svelarsi.

Quante cose l’amore trasforma, miei signori. Alcune volte sono cambiamenti impercettibili, altre volte sono travolgenti e perenni. Questo era il caso di Legolas che contro ogni aspettativa aveva trovato l’amore nella situazione più ostica, trasformando ogni sua concezione, compreso il mutevole stato del tempo che aveva assunto una nuova importanza per l’elfo. Tentò in tutti i modi di fermare il suo continuo passeggiare per la stanza, un momento seduto sul ciglio del letto il momento dopo in piedi a rimirare la notte ancora alta. Le morbide fiamme delle candele fluttuavano sinuose puntando le loro virgole incandescenti verso l'alto, deviando i loro movimenti ad ogni passaggio inquieto dell’elfo. Non desiderava solamente conoscere ciò che bramava da settimane, voleva essere anche sicuro che non si fossero accorti di quello che stava accadendo tra di loro. E pensare che nei quasi tremila anni di vita più di una volta si era chiesto se avrebbe mai trovato il vero amore. Adesso si trovava colpito da una calamità, un terremoto dalla potenza devastante che aveva completamente ribaltato il suo io. Sua madre glielo ripeteva di continuo: se ne sarebbe accorto dal primo momento quando un giorno nel cammino della sua esistenza si sarebbe scontrato con la fanciulla che gli avrebbe trafitto irrimediabilmente il cuore. La bella Adamante era riuscita a rapirlo e soggiogarlo, perché ora era sicuro avrebbe fatto di tutto per lei e per salvarla. L’avrebbe amata e protetta, l’avrebbe venerata come fosse la più sacra delle reliquie, l’avrebbe resa principessa delle sue terre appena le avversità fossero state superate. Vero, gl’elfi erano soliti a lunghi fidanzamenti, a conoscenze profonde e reciproche, ma con Adamante lui sentiva di dovergli donare tutto sé stesso fin da subito. Era ciò che aveva sempre cercato gentilezza, grazia, forza e magia tutto contenuto nella stessa e speciale persona. Temeva solo un possibile rifiuto per quello spirito libero che albergava nel cuore della fanciulla, anche se lui mai le avrebbe negato i suoi bisogni, piuttosto si sarebbe mutilato tutti gli arti. Ripensare ad Adamante lo rendeva stranamente felice e gli faceva provare un piacevole senso benefico, che dalla sua spalla solcata dalla bianca cicatrice si irradiava come il calore del sole fino in tutto il corpo. Mai gli era capitato una cosa anche solo simile, era come se smettesse improvvisamente di dolergli  lasciando un senso d’intorpidimento. Prese a massaggiare proprio il punto dove il brulichio s’intensificava, quando tre rintocchi di nocche sommessi sopraggiunsero dalla porta. Si precipitò verso di essa aprendola con veemenza, desideroso di incontrare quelle iridi ladre dei caldi colori della terra e dell’oro. Adamante attese di avere uno spiraglio per sgattaiolare nella stanza e chiudere silenziosamente il battente dietro le sue spalle. Tra le mani teneva una sorta di libro rilegato in cuoio morbido e tenuto chiuso da un laccio, della cui copertura originaria riservava solo alcune scaglie usurato dai continui scioglimenti.

“Iniziavo a preoccuparmi …” sussurrò l’elfo avvicinandosi al viso della fanciulla per poterlo apprezzare ed accarezzare. Le era mancata da quando si erano separati, era come una boccata d’aria dopo essere stati immersi troppo a lungo. Se si ritorna in apnea subito se ne avverte la voglia di averne ancora.

“Scusami, ti ho fatto attendere molto?” rispose con tono affievolito Adamante, indietreggiando di un passo per sfuggire alle tenerezze dell’elfo, il quale rimase di stucco vedendo quel suo modo di ritrarsi come se gli stesse negando il riemergere dalle acque.

“Averti lontano anche solo per un secondo lo considero troppo! Quindi si, ho atteso molto!” la frase era più fredda di come la conversazione era cominciata. La Guaritrice s’irrigidì stringendo il libro che teneva tra le mani fino quasi a piegarlo mentre di nuovo il labbro inferiore veniva divorato. Legolas non sapeva cosa pensare vedendo quegl’atteggiamenti così contrastanti e altalenanti di Adamante, da cocente innamorata ad algida fanciulla, sino a bambina impacciata.

“Non credo che la penserete così dopo che saprete la verità!” L’elfo era sicuro che nulla avrebbe cambiato ciò che sentiva per lei nemmeno l’inimmaginabile, troppo pura e trasparente per aver compiuto nefandezze di alcun genere. Era perplesso da tutta quella paura dimostrata nel raccontargli il passato. Adamante gli voltò le spalle e con passo lento e cadenzato si sedette sul letto. Dopo qualche respiro, picchiettò con la mano sul giaciglio accanto a lei. “Tula sinome! | S – Siediti qui! | ” bisbigliò quasi a confessare un segreto. Legolas obbedì, frusciando con il passo leggero fino al letto dove prese posto. Irrefrenabilmente prese la sua mano intrecciando le dita con quelle della ragazza, la quale in un primo momento non mostrò resistenza cercando lei stessa il contatto, ritirandosi poi quasi nell'immediato per aprire il laccio del libro posato sulle sua ginocchia. “Ti devo chiedere un favore …” Adamante sentiva l’angoscia aumentare e la secchezza delle fauci, dovuta all’agitazione, peggiorare arrivando persino a faticare nella deglutizione. I suoi occhi avevano evitato abilmente lo sguardo accigliato di Legolas che invece non aveva fatto altro che studiare ogni sua mossa. “Qualsiasi cosa dobbiate dire o chiedere vorrei che non interrompeste il mio racconto! È la prima volta che ne parlo e mi rimane decisamente difficile fare un discorso con un filo logico. Molte sono le emozioni che si avvicendano e perlopiù dolorose. Probabilmente proverete disgusto verso la mia persona alla fine di tutto, spero solo che siate così galantuomo da non inveire contro di me …”

“Non dire assurdità!” sbottò l’elfo incredibilmente esasperato da quelle parole. Non tollerava che proprio la donna che aveva appena scoperto di amare pensasse anche solo lontanamente una cosa simile. “Non farei mai …” le lunghe ed esili dita si posarono delicate sulle labbra dell’elfo.

“Non fare promesse Legolas su questo punto, per quanto tu sia un uomo d’onore ed uno spirito gentile, so che quel che ho fatto potrebbe portarvi al disprezzo nei miei confronti! Promettetemi solo che ascolterete tutto prima di rispondere …” l’elfo prese delicatamente il polso di Adamante e dopo avere baciato la mano che ricopriva le sue labbra l’adagiò fra le sue annuendo con un cenno del capo. “Devi innanzitutto sapere che io e Callial abbiamo stessa madre ma i nostri padri hanno natali opposti, questo perché Amarah ha avuto due Tessalon differenti dalle quali unioni nacquero due figlie totalmente dissimili.” La Guaritrice prese di nuovo il manoscritto iniziando a sfogliare le prime pagine con la mano libera. Per quanto si era imposta di rimanere distanziata per non incappare in una cocente delusione al suo rifiuto, non riusciva a rimanere senza quel contatto che le infondeva sicurezza e la sedeva. “Questo è il diario di mio padre tenuto durante i giorni di prigionia qui a Taur en Gwaith, risale esattamente a venticinque inverni passati quando venni alla luce. Mia madre all’epoca era una Regina potente e temuta dalla bellezza straordinaria, una valente combattente e soprattutto una donna dalle mille risorse. Il nostro mondo stava cambiando e i potenti Signori della Guerra volevano molto di più dalle Amazzoni. Da sempre abbiamo intrattenuto commerci con i Variag del Khand, terre a sud di Mordor, quando un giorno portarono al cospetto di Amarah un elfo del Reame Boscoso, tributo pagato per ingraziarsi la regina ed approfondire vecchi accordi molto importanti per entrambe le fazioni. Quest’elfo era Helluin partito dalle Terre Selvagge per scoprire cosa si stava muovendo nell’Ombra, catturato da Kuzdo, primo Tessalon di Amarah e padre di Callial.” A quelle parole Adamante si rivolse all’elfo che ebbe un fremito, forse iniziava a capire quale fosse il suo ruolo da quando era prigioniero delle Ombre. Poi abbassò lo sguardo iniziando a percorrere le prime parole scritte dalla mano di colui che aveva amato e l'aveva amata. “ << Oggi finalmente mi hanno concesso di scrivere un diario. Ho convinto Amarah a darmi una possibilità di sfogo visto la mia reclusione in queste stanze. Non sono in una vera  prigione ma sono vincolato agli spostamenti tenuti dalla Regina la quale mi ha denominato suo Tessalon senza mai spiegarmi cosa fosse realmente questo ruolo. >>” Sollevò gli occhi dal diario per posarli nuovamente sull’elfo, perso ormai nei suoi ragionamenti e nelle ulteriori domande che avevano iniziato a scorrere nella sua mente.  “Amarah in realtà aveva un debole per Helluin, non poteva dimostrarlo in pubblico ma il suo assecondare alcune richieste era indubbio. Mai si era stata magnanima nei confronti di alcuno, sempre pronta a condannare per dare a vedere di essere la degna sovrana di un popolo così duro. Helluin di suo canto non ricambiava le attenzioni di Amarah, cosa che non intralciava la legge. Noi non ci facciamo assoggettare e prendiamo ciò che riteniamo più adatto alla nostra sopravvivenza. Mio padre analizzò a fondo la nostra popolazione durante il mese in cui è stato prigioniero, lascerò alle sue parole le spiegazioni di quello che siamo, spero che ti aiuti a capire cosa si nasconde in noi:  << Queste genti sono spaventose ed affascinanti allo stesso tempo: nessun uomo appartiene a questi boschi, nessun padre, figlio o fratello. Sono una comunità di donne, nate con il solo scopo di proteggere la loro indipendenza attraverso azioni militari. Questi boschi sono battuti da orchi e creature maligne di ogni genere, eppure non riescono a sorpassare la linea di confine che delimita le loro dimore suddivise in due città: la Città Alta, quella dedicata alle guerriere e alla famiglia reale,  e la Città Bassa, nascosta dalla parte alta e protetta da essa, esistente per i compiti atti allo sviluppo della comunità. Devo ammettere che mi sono scoperto interessato a questo strano mondo, dove vige la regola del cerchio. Tutte sono destinate ad essere delle guerriere, nascono praticamente con una spada tra le mani, addestrate fin da bambine al combattimento, pur mantenendo i propri interessi esterni come l’arte medica o lo studio. I primi anni di vita una Gwath li trascorre con la propria madre nella Città Bassa, dove viene iniziata all’arte della lotta e dove viene osservata per capire il campo in cui eccelle con giochi e piccole scuole rette dalle più anziane. Appena sopraggiunge un’età in cui possono brandire la spada si trasferiscono nella Città Alta ed in un paio d’anni diventano vere e proprie macchine di distruzione: ho visto la meno valente guerriera uccidere decine di orchi superando di gran lunga il più esperto capitano di un esercito. Restano tra le combattenti fino a quando la loro bellezza raggiunge l’apice poco prima della decadenza. A quel punto, se non appartiene alla famiglia reale, prende nuovamente dimora nella Città Bassa dove si trova a sostenere la popolazione con un mestiere e a fare da madre, partorendo più di una figlia in termine di pochi anni. Fabbri, maniscalchi, contadine, non c’è una funzione non coperta all’interno di questa complessa società. L’aspetto  più straordinario risiede nell’assoluta condivisione del proprio operato. Tutte lavorano per tutte come in una grande famiglia, anche le esigenze delle abitanti della Città Alta hanno la priorità. Una volta diventata anziana l'Ombra metterà a disposizione le proprie conoscenze alla nuova generazione addestrando le piccole guerriere, chiudendo così il cerchio. La curiosità nata dallo studio di quest’organizzazione minuziosa così affascinate, cominciai a voler sapere qualcosa in più di leggi e religione. Così, con il permesso di Amarah, mi sono recato nella loro biblioteca, fatta di pergamene e una manciata di manoscritti. Purtroppo la maggior parte erano trascritti nella loro lingua quindi per me incomprensibili. Solo un testo che ho trovato era vergato in lingua corrente, un testo religioso che parlava della nascita di questo strano popolo. Non era un grande paragrafo, poche righe appena accennate. Si narrava di una donna dell’Est chiamata Arhen, data in sposa ad un Signore della Guerra del Khand molti anni precedenti a quello odierno. Quella donna era una maga e sapeva tirar di spada, forte ed indipendente si ribellava al marito che voleva sottometterla. Un giorno prese con se alcune sue servitrici che non sostenevano la supremazia dell’uomo e scappò da palazzo stabilendosi nell’ombra della foresta per sfuggire alle ricerche disperate del marito. Ci vollero mesi perché si allontanasse a sufficienza, per poi stabilirsi in una foresta poco sopra il Mare del Rhûn dove decise di costruire le case all’interno degl’alberi occultati a viste poco attente. Poco dopo la fine dell’edificazione delle prime dimore Arhen diede alla luce una bambina che benedisse con un incantesimo e la chiamò Artemis. Si disse anche al suo primo pianto le lacrime che toccarono terreno divennero diamanti. Quando Artemis divenne donna incontrò nuovamente il padre, il quale tentò di sottometterla al suo volere con il risultato di uscirne sconfitto. Per la sua dimostrazione di forza e di caparbietà venne identificata come una Dea capace di sconfiggere il loro nemico e occultare la presenza delle Amazzoni al modo emerso. Da quel giorno gli uomini del Khand stipularono un trattato di non belligeranze e di contraccambio con le donne della Taur en Gwaith. Nel testo non era specificato in cosa consisteva questo contraccambio e non ho trovato alcun indizio su cosa potesse trattare. Ho solo potuto appurare che questo accordo è valido ancora oggi quando un emissario Variag è giunto qui parlando con Amarah. >>  A tutte queste teorie ne seguono altre Legolas, che io non mi attardo a leggerti perché troppo lunghe, ma Helluin si era posto una domanda fondamentale: chi erano i padri delle bambine che vedeva? La risposta sopraggiunse qualche giorno dopo: <<  Da più di un mese mi ripetono che quando avranno da me ciò che occorre e saranno certe dei risultati mi lasceranno andare, eppure io non vedo la luce. La prigionia qui sta diventando insostenibile, ogni giorno è sempre più duro, troppo vicino all’origine del male mi sto lentamente spegnendo. Ieri notte sono stato drogato ed indotto ad una cosa che non avrei mai fatto se non soggiogato da quel malefico infuso.  >>” Adamante si fermò un momento dal leggere osservando l’elfo che rimaneva totalmente immobile accanto lei. Le dita, ancora intrecciate fra di loro, si strinsero e gli occhi di Legolas furono attirati da quelli di Adamante. Sapeva che quello che lei stava leggendo rappresentava il suo futuro più prossimo. “Dopo molti più mesi di una normale gravidanza venni alla luce io: Adamante figlia di Helluin.” Il petto della Guaritrice si sollevò in un profondo respiro, atto al continuare con forza il resto del lungo racconto. Sfogliò nuovamente le pagine, soffermandosi in una in particolare dove abbandonò un sospiro carico di dolcezza, scorrendo con le dita sulla vellutata facciata. Quella era la sua parte preferita e la leggeva sempre con una felice nostalgia nel suo animo e con un tremolio delle labbra.“ << Mai un atto di cotanta tristezza poteva portare ad una tale gioia. Non mi hanno concesso di vederla ma io nonostante tutto sono riuscito a sentire un suo vagito. Era la musica più dolce che avessi mai ascoltato, con essa il mio cuore sapeva che non avrei mai permesso a questo mondo di rovinarla. Non posso sopportare di saperla costretta alla rinunzia dei sentimenti, non posso pensarla concupita da mani sporche di omicidi e sangue, non posso pensarla reclusa. >> Helluin non sapeva però che il nostro destino era quello di essere immediatamente separati. Finito il suo compito lui era destinato a dimenticare. Il giorno dopo la mia nascita venne portato via dalla foresta e costretto a bere un filtro a base di Ailwing vinya | S – Ninfea meglio conosciuto come Fiore di Loto | che serve a far scordare il passato più prossimo e a cancellare quei mesi che aveva vissuto nelle nostre Terre. Quando lo portarono al confine con le Terre Selvagge lui finse di bere la pozione e si lasciò abbandonare. Vagò per più di un anno alla ricerca della Foresta ossessionato dal volermi portare via. Quando finalmente trovò la città mi vide: ero così diversa di aspetto e di carattere da tutte le altre bambine che era sicuro che fossi sua figlia. Studiò tutti i miei movimenti fino ad un giorno in cui si decise ad agire. Mi attirò con un bagliore provocato dalla lama bianca del suo pugnale contro il sole. Io ero una bambina curiosa e così mi avvicinai a quel cespuglio da dove proveniva la luce. Quando lo vidi seppi immediatamente chi fosse; non so perché o per quale incantesimo, ma io sapevo che era mio padre. Viaggiammo come fuggiaschi assieme per molti mesi: con lui imparai il linguaggio della natura e quello degl’elfi, divenni un’esperta di piante ed arbusti. Ma presto quel meraviglioso idillio vissuto con Helluin divenne un incubo. Una notte ci trovavamo accampati tra gli alberi quasi al confine con le Terre Selvagge, la mia tenera età e il continuo nasconderci ci aveva rallentato notevolmente. Quella stessa notte le Ombre ci scovarono, mio padre venne ucciso ed io riportata alle cure della mia integerrima madre. L’ho amato tantissimo, dalla sua morte il mio cuore ne uscì lacerato e la mia sofferenza crebbe con il passare degl’anni. Di lui mi era rimasto solo questo diario e il suo pugnale, che mi vennero consegnati da Raja prima che fossero usati come merce di scambio per i commerci con i Variag. Da allora non feci altro che rileggerlo ogni sera imparando i canti, le preghiere ed ogni riga che vi era scritta, cercando sempre di mantenere nella mia memoria viva la sua immagine.” La Guaritrice si lasciò sfuggire una lacrima che brillò nella notte sulla sua guancia, sembrava composta della stressa materia dei sogni debole spiraglio di luce racchiuso nel cristallo della sofferenza passata. Legolas ne avvertì la presenza solo dopo che si posò sul dorso della sua mano ancora intrecciata a quella di Adamante.

“Quale immenso dolore in così tenera età devi aver provato …” sospirò l’elfo accarezzando il viso della ragazza, che invece di rispondere si discostò stringendo gli occhi soffocando altre lacrime luminose. La luce di Adamante si stava sprigionando era come se la sua natura di elfo si stesse palesando a lui.

“Non ho ancora finito, Legolas …” disse in un singhiozzo “Penso che tu abbia capito a cosa sei stato chiamato, cosa è un Tessalon e cosa vogliono da te!”

“Non importa cosa loro vogliono. Helluin era stato preso alla sprovvista io non …”

“Aspetta!” l’interruppe Adamante “Non sai tutto! Solo alla primogenita è concessa la scelta del proprio Tessalon, compresa l’eventuale cattura della creatura più adatta ad assicurare una stirpe forte e duratura. Callial voleva ripeter la storia di Helluin per avere un erede simile a me, savia e saggia. Gli elfi sono diventate creature rare, il Popolo delle Stelle sta lentamente lasciando la Terra di Mezzo e ciò ci ha spinte fino a Fangorn dove ti abbiamo incontrato. Questo trattamento però è solo per lei, in quanto sorella maggiore: per le altre madri i Tessalon vengono dai Variag con cui abbiamo un … accordo … ” i gomiti si puntarono sulle ginocchia, sciogliendo le mani da quelle dell’elfo per prendere la testa che parve diventare un peso eccessivo per il sottile collo.

“Adamante … ” esclamò Legolas preoccupato da quello che assumeva l'aspetto di un malore. Il pallore luminescente della fanciulla si fece cinereo e si spense. La Guaritrice sollevò la testa cercando di ritrovare l’ossigeno mancato per qualche secondo.

“Ogni Yavieba, un manipolo di guerrieri risale fino alle nostre terre per concepire il futuro dei guerrieri …” le iridi della fanciulla s’inondarono di un velo perlaceo mentre con determinazione si puntarono in quelle dell’elfo. “Dopo nove mesi ritornano per riprendere i frutti dei loro lombi: la progenie maschile è destinata ai Variag che così si assicurano una discendenza di soldati molto forti da istruire sin dalla nascita come noi stesse facciamo!”

“Non permetterò che ti costringano a giacere con un Variag solo per la loro supremazia, io non potrei sopportarlo … ”

“È già avvenuto!" disse amaramente verso l'elfo aspettando da lui una reazione che non arrivò "È successo molto tempo fa, non ero nemmeno consapevole di cosa mi stesse accadendo. Mia madre mi aveva detto di assecondare tutto quello che il Signore della Guerra voleva, la natura avrebbe fatto il resto. Per quello che sapevo stavo solo eseguendo gli ordini, nulla di quello che accadde era cosciente. Mi accorsi di quello che ero chiamata a fare troppo tardi: fui concessa secondo le usanze a Kudrem, giovane figlio del sovrano dei Variag e da lui concepì una nuova vita.” Un silenzio assordante piombò fra di loro, uno combattendo contro il disgusto l’altra contro il più forte dolore mai provato. Tutto rimase immobile nell’attesa che uno dei due muovesse il primo passo, persino la natura fuori dalla stanza tacque. “Cinque Yavieba si sono succeduti da quando Amarah volle far decadere l’eredità al trono di Callial. L’unico modo per le nostre leggi è che la seconda in linea di successione assicuri un erede prima della diretta discendente. Per molti mesi sono stata nascosta in isolamento, lontana dalla mia casa e dalle mie genti, affinché Callial non scoprisse i piani di nostra madre e ne impedisse l’adempimento. La gravidanza durò molto, privandomi quasi di tutte le forze. Ero così debole che il più delle volte mi ritrovavo costretta a letto per la troppa spossatezza. In me intanto nasceva una nuova consapevolezza: sapevo da sempre di essere diversa da tutte le altre, loro fin da bambine vedevano la nascita di un proprio figlio come un obbligo, iniziate al senso del dovere da tenera età non soffrivano nel momento della separazione. Io invece da sola rinchiusa in quattro mura sempre distesa, iniziai ad amare quella vita che stava crescendo in me: ero terrorizzata ma assolutamente felice ed aspettavo con trepidazione la sua venuta al mondo. Diedi alla luce un maschio, non mi fu concesso nemmeno di vederlo e lo strapparono dal mio seno senza curarsi della mia sofferenza. Rimasi immobile senza mangiare ne bere per una settimana, coricata nel mio nascondiglio. Mi avevano strappato dall’amore di mio padre, mi avevano preso il figlio che avevo custodito gelosamente lottando contro la stessa morte durante il parto e non avevo molto altro per cui vivere. Ero vuota, estraniata dal resto del mondo e temevo d’impazzire. Non ricordavo più nulla, né la mia vita passata, né il mio nome. Diventai praticamente una presenza evanescente sentivo esclusivamente la voglia di sdraiarmi nel bosco e lasciarmi andare fino a diventare io stessa parte della natura. Era questo il mio intento quando un giorno sono uscita dalla mia tana trascinandomi fino a fuori. Per quattro dì e quattro notti ho vagato come un fantasma sperando che un orchetto o un Warg si cibasse delle mie carni. Ciò non avvenne, qualcosa mi guidò verso la casa che mi era stata forzatamente affibbiata. Giunsi al confine sud con la Città Bassa nella notte mentre le urla di una puerpera irrompevano tra i rami flessuosi degl’alberi. Dalla mia mente ormai vuota iniziarono a sgorgare mille ricordi, i pensieri cominciarono a scuotersi come onde tormentate di un mare in tempesta. Il grigio diventò variopinto disegno: quelle erano le grida della sofferenza altrui. Le voci iniziarono ad avere significati, ad assumere proprietari fino a che l’immagine più forte divenne anche quella più importante: il volto di Raja che dava contro mia madre opponendosi per la mia troppo giovane età ai rituale dello Yavieba, le sue spalle quando fu costretta ad abbandonare la Città Alta, le sue urla quando stava anche lei compiendo il nostro destino di madre. Stava per dare alla luce una figlia delle Ombre. Rinvenni dal mio stato d’incoscienza e mi diressi frettolosamente nel lazzaretto da dove sentivo le levatrici muoversi. C’era sangue ovunque, ne calpestai la consistenza viscosa sotto i piedi nudi, ne captai l’odore di ruggine agrodolce, ne sentii l’essenza. Il parto era difficoltoso molto più del mio e sia madre che bambina stavano rischiando la vita. Non so cosa spinse le mie mani a posarsi sulla sua fronte madida, ma lo feci percependo il dolore passarmi attraverso le dita penetrando attraverso la barriera composta dalla mia epidermide. Era come se assorbissi il male che le stava procurando la morte mentre le contrazioni rischiavano di soffocare entrambe. Io non possiedo altri ricordi ma le levatrici mi dissero che nel momento in cui le mie mani emanarono una debolissima luce Raja smise di respirare, il corpo era esanime e privo di ogni segno di vita. Ad un tratto la sua bocca annaspò e la bambina venne data alla luce. Madre e figlia erano salve ed io diventai la Guaritrice. Dopo quel giorno affidai le mie capacità allo studio delle piante e delle loro proprietà, devolvendo la mia esistenza all’altrui benessere perché solo così riuscivo a ricavarne per me. Non vi furono più degl’episodi riguardanti il potere dimostrato durante la nascita di Ruin, forse perché non ve ne è stato più bisogno o forse perché le condizioni in cui versavo non si sono più ripresentate, io di mio canto ho ripreso a vivere solo per aiutare il prossimo e per questo ero restia dal ribellarmi alle regole, come invece avevo sempre fatto per rivalsa nei confronti di quelle leggi che avevano condizionato la mia vita, inducendomi in uno stato catatonico. Almeno fino al nostro incontro a Fangorn . Da quel momento in poi la storia la conosci, Legolas …” il viso della ragazza ormai era completamente invaso dalle lacrime di fiele che sgorgavano involontarie dai begl’occhi castani. Aspettava con ansia un responso, sempre che il suo cuore avrebbe retto ad una qualsiasi risposta. L’immobilità dell’elfo era come un’implicita confessione di disgusto per Adamante. La disperazione le prese come un nodo stretto alla gola, grattava crudele alle pareti dell’esofago fino a raggiungere lo stomaco sempre più attorcigliato su sé stesso. Le iridi grigie dell’elfo rimanevano fisse a rimirare un punto nel vuoto verso l’interessante pavimento. “Capisco! Il vostro silenzio vale più di mille parole!” la fanciulla sollevò una mano quasi volesse toccare la pelle dell’elfo che ancora non trovava modo di muoversi. Tremò di fronte a tale reazione e decise di ritirare il gesto lasciando le dita ad accarezzare l’aria per poi ricadere sul suo ginocchio. Avrebbe voluto soltanto un ultimo contatto ma non poteva deturpare con la sua sporca presenza quella di un animo nobile come Legolas. “Non lascerò che vi trattino come hanno fatto con mio padre, vi aiuterò a tornare a casa ma dovremmo sbrigarci perché fra pochi giorni arriveranno i Signori Variag e con loro lo Yavieba. Ed ora con il vostro permesso tornerei alle mie stanze …” la speranza che lui comprendesse era vana per la piccola Guaritrice, la quale si sollevò stancamente dal ciglio del letto tenendo ancora il diario stretto tra le sue mani. Mosse un passo ma una presa forte e vigorosa le bloccò il braccio stringendola quasi a farle male. Il quaderno, cimelio di un padre Astro splendente del firmamento, cadde soffocando il rumore dei battiti della ragazza.

“No!” disse l’elfo con ancora lo sguardo vacuo che l’aveva accompagnato per tutto il racconto. “Devi solo darmi un attimo per assorbire la mole d’informazioni che mi hai fornito Adamante!” del mistero che l’aveva accompagnata dal primo istante in cui si erano conosciuti ad allora, Legolas non aveva fatto altro che chiedersi cosa fosse quella tristezza così profonda che le offuscava la bellezza. Ebbene, ora che tutto gli era piombato addosso come una cascata si sentiva ubriaco, la sua ragionevolezza vacillava ondeggiando da un lato all’altro della sua ampia mente. Per un essere così poco travolto dalle emozioni subire cotanto spessore di sentimenti in poche ore risultava come uno stordimento confusionario, dove il peso dei suoi troppi anni era nulla a confronto di quelli appena fiorenti della ragazza, così intensi da sembrare secoli avanti. Ed insieme a quello di lei un nuovo turbinio nacque nell’elfo. Era difficile da tollerare per una creatura non abituata ad abbandonarsi allo sciabordare di emozioni proprie ed esterne. Tutte quelle sensazioni positive e negative che si alternavano con un trotto pesante e scoordinato lo avevano praticamente travolto: aveva provato collera per quando aveva assistito all’uccisione del padre, dolore quando l’amore per un figlio le era stato strappato per irrazionali leggi, gelosia quando aveva sentito delle impure mani di quel Kudrem appropriarsi della virtù di Adamante senza che se ne potesse nemmeno rendere conto, amarezza quando si era rivelata sola senza alcun appiglio alla vita, sconforto quando la sua Adamante voleva abbandonarsi cedendo al dolore, sollievo quando aveva ripreso a vivere, gioia quando la sua presenza si era rivelata importante. “Ho bisogno di stringerti a me e lavare via il passato, mi pento solo di non essere arrivato prima per poter impedire a te di vivere tutto questo dolore!” sollevò gli occhi incontrando quelli della ragazza estremamente commossa. “Ti giuro Adamante su tutto quello che possiedo, che solo la morte potrà separarmi da te! Non mi arrenderò finché non ti saprò lontana da tutto questo!” lentamente e con la solennità di un giuramento simile a quello nuziale si eresse sovrastandola con tutta la sua altezza. Rapì le sue candide mani e contemporaneamente quel formicolio piacevole sulla sua spalla tornò a farsi sentire. “ Adamante ti prego vieni con me, non potrei abbandonarti ai dolori ed alle sofferenze di questo popolo! Ora che so cosa ti affligge ne sono convinto più di prima!” negl’occhi della Guaritrice s’accese una nuova stella, grande ed iridescente protesa alla speranza di un futuro che aveva smesso di assisterla dalla sua venuta al mondo. Afferrò fra le mani il viso dell’elfo e con un bacio suggellò di nuovo quella promessa. “Khila amin, Adamante! | S – Seguimi, Adamante!|”

“Amin khiluva lle, mala en’ colamin!  | S – Ti seguirò, amore della mia vita! | ” bisbigliò allacciando le braccia al collo e nascondendo il viso contro il  suo petto. Legolas iniziò con dolci carezze ad incastrare le dita fra i capelli della Guaritrice, mentre dentro il suo cuore un profondo senso di quiete e pace iniziò a propagarsi come una macchia d’inchiostro su di una porosa pergamena. Era confortevole sentire il corpo della Guaritrice contro il suo, come se fosse lei a provocare quello stato di beatitudine che iniziava ad aleggiare nella stanza. “Sapessi quanto ti ho aspettato … ”

“Ora non dovrai più farlo!” rispose Legolas depositando le sue labbra sulla testa della ragazza.

“Come farò ad attendere fino a domani mattina per rivederti?” chiese con un sorriso la Guaritrice.

“Esta sinome! | S – riposati qui! | ” affermò l’elfo con decisione cercando d’imporle il proprio desiderio.

“Non pensi che sia sconveniente condividere il letto?” Adamante distese le labbra in una linea retta, posando le mani sui fianchi come stizzita da tale affermazione per scostanrsi dall’elfo colto da una strana sensazione d’imbarazzo. Alla sua espressione confusa la ragazza non resistette iniziando a sogghignare sempre più apertamente finendo a ridere coprendosi la bocca per soffocare il baccano.

“Ti stai prendendo gioco di me?” chiese l’elfo accigliato.

“Un pochino!” rispose la ragazza prima di tornare seria. Si riavvicinò lentamente all’elfo adagiando i suoi palmi sul petto per poi incatenare i suoi occhi a quelli di lui. “Ti conosco a sufficienza per sapere che nessuna malizia era nascosta nella tua proposta e so anche che in una situazione diversa non avresti mai azzardato una simile richiesta. Ma l’unica nostra amica è la notte e con essa l’oscurità che avvolge il nostro amore! Resterò qui con te ad attendere il mattino. Sono stanca ed immagino che il riposo ci aiuterà a riordinare le idee e ad elaborare un piano per liberarci e liberare Gimli!” con quella nuova speranza i due eredi dei Sindar si distesero sul materasso lasciando che il ventre buio accogliesse i loro cuori ormai pronti per risuonare all’unisono in una notte di vero sonno.

Ma miei signori né la bella Adamante né Legolas conoscevano cosa li stava seguendo in quell’interminabile notte che pensavano cieca e sorda. Un cuore più nero era vigile ed attento ed involontariamente stavano facendo il suo gioco. Per chi aspettava il passo falso l'attesa era giunta al termine. Ecco servita su un piatto d’argento all’Ombra in agguato un’occasione d’oro: i due amanti distesi in un abbraccio che separava l’instabile sorella dalla sua preda. Quali le conseguenze di due anime che per paura di perdersi avevano deciso di rimanere insieme per quelle poche ore rimaste?

 

Note dell'autrice: Buonaseeeeraaaa! Allora questa è la storia di Adamante. Il comportamento delle amazzoni prende spunto da quello vero: infatti le amazzoni greche avevano un'accordo con i Gargareni che si offrivano di accoppiarsi con le amazzoni ogni primavera. Gli incontri avvenivano al buio in modo che non si potessero riconoscere fra di loro. La sorte della prole era a seconda del sesso del nascituro: i maschi venivano rispediti al mittente le femmine venivano addestrate alla guerra. Diciamo che io ho reso solo più dura e crudele questa usanza romazandola. Spero che vi piaccia come si sta volgendo il tutto. Ed ora cosa accadrà?

Un'altra curiosità Helluin è la stella Sirio, la più bianca e luminosa della volta celeste. Per questo il padre di Adamante possedeva un coltello dalla lama bianca e lucente.

Thiliol: O mio Dio!!! La tua recensione... è ... è... non ho parole. Pensare ai miei personaggi anche solo minimamente affibiabili all'universo di Tolkien è un'emozione unica. Ti giuro sono con le lacrime agl'occhi perchè come ho già spiegato avevo il terrore di pubblicare sulla Terra di Mezzo. E poi i complimenti per il sindarin, o mio dio grazie anche questo un po' mi terrorizzava. Da sempre sono appassionata da questa lingua e spesso ho studiato la costruzione delle frasi con dizionari frasari e quant'altro potesse farmi apprendere il più possibile. Alcune cose le ho ricavate attraverso il Silmarillion altre attraverso frasari, altre costruendole io stessa (le più semplici lo ammetto!) Quindi sono stracontenta che apprezzi. Anche perchè è una cosa che accomuna Adamante e Legolas. Grazie per i complimenti per Sarin e la mia Guaritrice: Sariin apprezza e la guaritrice anche!!! Riguardo al discorso delle recensioni: non che io sia un'affamata di pareri, pur ammettendo che mi fa piacere quando esprimete questi pareri così entusiastici ed amo chi invece mi dice che c'è qualcosa di sbagliato perchè lo vedo come uno sprone a migliorarsi, però in questo caso ero davvero spaventata dallo scrivere di uno dei tomi simbolo del fantasy non chè mia personalissima bibbia soprattutto per il pubblico a cui è rivolto, molto più maturo e soddisfacente. Guarda a me basta quello che mi state dando perchè anche solo vedere che viene letto da sette persone mi fa sentire già soddisfatta. Ti ringrazio ancora per tutti i tuoi complimenti veramente mi inorgogliscono e comunque w la qualità! Baci e a presto!

Con questo vi ringrazio tutti quanti per seguirmi e sostenermi anche se in silenzio!

Sempre vostra Malice! 

   
 
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