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Autore: kikkisan    22/06/2010    18 recensioni
"E’ una calda mattina d’estate.
Salgo sulla nostra collina preferita, dove da piccoli amavamo giocare a rincorrerci..." inizia cosi, questa che per me è la prima storia a capitoli, una storia iniziata più di un lustro fa, una storia che deve fare ancora un po’ di strada per arrivare alla fine, che forse zoppicherà qua e la, ma che spero possa trasmettere a Voi che la leggerete quello che ha trasmesso a me nello scriverla.
Dopo il prologo iniziale, cosa successe il giorno dell’accusa di tradimento? E se il messaggere di sua maestà arrivasse un attimo dopo...
Leggetela e se vi va ditemi che ne pensate nel bene e nel male.
E come sempre Carpe Diem.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una piccola premessa mi pare doverosa:
devo dire che ho creato un po’ di confusione, anche se quello che cercavo era più una sorta di suspense; chi sta scrivendo? Chi è che è stato ferito?
Tutte cose che col passare della lettura vengono alla luce.
Inoltre, non potevo scriverlo nella premessa altrimenti addio sorpresa, ma ho sempre odiato quel “Andrè io..” di Oscar nel momento in cui lui decide di morire per primo, è una cosa che non ho mai sopportato e quindi ecco a voi una nuova versione di quella notte. :-)
Spero che il resto della storia sia di vostro gradimento e grazie veramente a tutte coloro che hanno recensito o anche solo letto.
E come sempre Carpe Diem.


 
***

Un urlo provenente da fuori scuote tutti.
“Aprite sono un messaggero di sua Maestà. Aprite. Vengo da Versailles e ho un messaggio per Oscar Françoise de Jarjayes”.
Finalmente riescono a muoversi.
Il rumore pesante della spada gettata a terra riscuote anche me, mentre il generale esce dalla stanza come impazzito incrocio gli occhi di mia nonna.
Lo so nonna, avrei dovuto esserci io.
Lo so nonna, non sono stato capace di proteggerla.
Lo so, ma ti prego guardarmi cosi.
Non guardarmi come l’ultimo degli uomini.
Non guardarmi come se fossi stato io.
Ti prego.
Abbasso lo sguardo e sento solo il ticchettio delle sue scarpe scendere frettolosamente le scale.
Passano solo pochi attimi e il cavallo riprende la sua corsa.
Va corri.
A chiamare aiuto.
A chiamare un dottore.
A chiamare Dio se necessario.
Ma sbrigati.
Per favore.
Non oso muovermi, le mie mani sono ormai impregnate del suo sangue.
Ho paura.
Paura di non riuscire a salvarla.
Paura di farla morire.
Continuo a guardarla.
Continuo a piangere.
Continuo a implorare.
 “Oscar ti prego …. rimani con me, non mi lasciare…. ti prego Oscar guardami apri gli occhi .. ma perché? Ero io che dovevo morire… io dovevo salvare te. Ma perché Oscar? Perché ti sei messa in mezzo?”.
Continuo a farle la stessa domanda, per dieci, cento, mille volte, ma non ottengo nessuna risposta.
Sento il suo cuore battere, lo sento ancora sotto le mie mani, ma i suoi occhi sono chiusi, il suo respiro è rarefatto.
Una mano è inerme tra le mie, mentre l’altra è scivolata a terra.
Il suo viso è pallido ed esangue.
Le labbra livide.
Oscar.
Oscar.
La mia Oscar.
Non so quanto tempo è passato, un minuto, un’ora, una vita o un’eternità forse, ma finalmente vedo entrare il dottore.
Lo guardo con disperazione, non oso spostarmi.
Che devo fare.
Qualcuno mi aiuti.
Vi prego.
Lo vedo leggere nei miei occhi lo sconforto e mettere le sue mani sulle mie.
Lo sento stringere.
“Lascia Andrè, lasciala a me, ora ci penso io” – mi dice debolmente.
Resto immobile.
Senza parlare.
No.
Non tolgo le mani dal suo petto.
No.
Non lascio il suo cuore.
No.
Non voglio che muoia.
“Andrè ti prego, se non togli le mani io non posso curarla, morirà!”.
Un colpo di pistola.
Le sue parole sono come un colpo di pistola sparato alla schiena.
Un fremito percorrere le mie membra.
Mi sento morire.
Scosto lentamente le mani mentre le sue occupano il mio posto.
Tampona.
Più forte.
Tampona.
Più forte ti prego.
Tampona.
Si gira verso le persone venute con lui, non so neanche chi siano - “Dobbiamo portarla nella sua stanza, inoltre ho bisogno di acqua calda e di teli puliti.”
Tutti annuiscono.
Tutti si muovono tranne io.
Sono ancora in ginocchio accanto a lei.
Non riesco a emettere un suono.
Non riesco a staccare gli occhi dal suo viso.
Non riesco a lasciare la sua mano.
La stringo forte.
Sento qualcuno scansarmi bruscamente, qualcun altro spostarmi per farsi spazio, cosi da portarla via.
Mi accorgo di essere solo d’ingombro.
Ma non riesco a muovermi.
E’ tutto ovattato nella mia mente.
E’ tutto confuso dentro di me.
Riesco solo a percepire la pioggia che incessantemente continua la sua irrimediabile caduta.
Riesco solo ad avvertire il rombo dei tuoni che sconquassano questa notte infernale.
La sua mano scivola velocemente dalla mia, senza che possa far nulla per trattenerla.
La vedo dondolare morente.
Vi prego, rimettetela sulla lettiga.
Vi prego, è ancora viva, maledizione.
Vi prego, un po’ di pietà per me.
Vi prego.
La vedo portare via, velocemente, mentre mia nonna corre a preparare ciò che il medico le ha chiesto.
Sento ancora i suoi singhiozzi riecheggiare per le scale.
Nonna.
Si salverà
Te lo prometto.
Si salverà.
Dolore.
Lo sento nelle mani.
Lo sento nelle braccia.
Lo sento nella testa.
Mi alzo lentamente, trascinandomi verso la sua stanza.
Sento scendere dalle mie dita il suo sangue.
Goccia dopo goccia.
Le sento scivolare via come fuoco sulla mia pelle.
Le sento cadere come macigni nella mia testa.
Le sento conflagrare come esplosivi nel mio corpo.
Appoggio le mani alla sua porta.
Stringo i pugni.
Non morire Oscar.
Non morire.
Voglio vedere ancora il tuo sorriso Oscar.
Voglio vedere ancora i tuoi occhi azzurri illuminarsi Oscar.
Ancora una volta.
Ti prego.
Lascio scivolare le mani, e mi volto.
Sento l’aria tendersi e un colpo arrivarmi in pieno viso.
Il sapore dolciastro del sangue è nella mia bocca.
Lo asciugo con una mano e osservo chi mi è di fronte.
E la vedo io quasi cieco, ora riesco chiaramente a vedere.
La sua disperazione.
La sua angoscia.
La sua sofferenza.
Urla.
Lo so Generale, avreste voluto vedere me al suo posto.
Inveisce.
Avanti Generale, sfogate la vostra rabbia su di me.
Maledice.
Lo so Generale, sarò maledetto fino all’ultimo dei miei giorni.
Lo so, vi sento, non c’è bisogno che lo urliate.
Io vi sento benissimo.
Ma ora, sono io che vi domando Generale, avreste pianto anche per me?
Avreste ucciso lo stesso Oscar, dopo aver ucciso me?
O l’avreste risparmiata?
E cosa volete fare ora?
Volete uccidermi?
E allora fatelo.
Fatelo maledizione.
Fatelo dannazione.
FATELO!
Così non sentirò più questo dolore che mi trafigge il petto.
Cosi non sentirò più la disperazione consumarmi il cuore.
Cosi potrò accoglierla tra le mie braccia quando esalerà l’ultimo respiro.
Lo faccia.
Mi elimini.
Mi annienti.
Mi uccida.
Ma lo faccia ora.
ORA.
Ora che non sento più niente.
Ora che sono niente.
Vi prego generale, vi prego uccidetemi.
Perche se non lo fate voi, lo farò io.

Il rumore della porta interrompe i miei pensieri.
Vedo uscire il dottore e aggiustarsi i piccoli occhiali.
Lo vedo pulirsi le mani in un fazzoletto di seta.
E’ stanco.
Sembra sconfitto.
No.
Alza lo sguardo.
Vi prego.
E’ serio.
Ci dice che ha perso molto sangue.
Vi prego.
Ci dice che la lama è stata fermata da una costola, poco sopra il cuore.
Vi prego.
Ci dice che ora dipende tutto da lei.
Vi prego.
E ci dice che è viva.
Signore grazie.
Ma.
Ci dice che è malata.
No.
Ci dice che ha la tubercolosi.
No.
Ci dice che solo un miracolo la può salvare.
No.
Signore ti prego no.
Ti prego Signore prendi me.
Ti prego Signore non portarmela via.
Ti prego Signore non rubarmi l’unica luce della mia vita.
Vedere.
Sentire.
Vivere.
Amare.
Morire.
Non conta più niente.
Non esiste più niente.
Ora, avverto solo l’urlo incessante del mio cuore che sovrasta anche il fragore del vento.
Ora, avverto solo il suo sangue sulle mani, pronte a combattere in questa oscura notte, pronte a strappare, se necessario, le ali all’angelo della morte.

 
 
Appunti di viaggio
Sono molto critica con me stessa in fatto di date, tempi ecc ecc, sto sempre molto attenta che tutto torni, o almeno ci provo, quindi le critiche me le faccio anche da sola.
1° impasse: l’arrivo del dottore. Lo so all’epoca non c’erano macchine e immagino che una carrozza poteva metterci anche un’ora ad arrivare, soprattutto con quel tempaccio, quindi so che il lasso di tempo tra la partenza del messaggere e il suo arrivo non è credibile. Me ne scuso. 
   
 
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